Papa Francesco: cristiani rifiutino lotte, lavorare per l’unità nella Chiesa

Posté par atempodiblog le 21 octobre 2016

Papa Francesco: cristiani rifiutino lotte, lavorare per l’unità nella Chiesa
Umiltà, dolcezza, magnanimità. Nella Messa mattutina a Casa Santa Marta, Papa Francesco ha indicato questi tre punti chiave per costruire l’unità nella Chiesa. Ancora una volta, il Pontefice ha dunque esortato i cristiani a rifiutare le gelosie, le invidie e le lotte.
di Alessandro Gisotti – Radio Vaticana

 Papa Francesco: cristiani rifiutino lotte, lavorare per l'unità nella Chiesa dans Commenti al Vangelo Papa_Francesco

“Pace a voi”. Papa Francesco ha sviluppato la sua omelia sottolineando che il saluto del Signore “crea un vincolo”, un vincolo di pace.

Un saluto, ha ripreso, che “ci unisce per fare l’unità dello spirito”. “Se non c’è pace – ha osservato – se non siamo capaci di salutarci nel senso più ampio della parola, avere il cuore aperto con spirito di pace, mai ci sarà l’unità”.

Lo spirito del male semina guerre, i cristiani evitino lotte 
E questo, ha precisato Francesco, vale per “l’unità nel mondo, l’unità nelle città, nel quartiere, nella famiglia”:

“Lo spirito del male semina guerre, sempre. Gelosie, invidie, lotte, chiacchiere … sono cose che distruggono la pace e pertanto non può essere l’unità. E come è il comportamento di un cristiano per l’unità, per trovare questa unità? Paolo dice chiaramente: ‘Comportatevi in maniera degna, con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità’.

Questi tre atteggiamenti. Umiltà: non si può dare la pace senza l’umiltà. Dove c’è la superbia, c’è sempre la guerra, sempre la voglia di vincere sull’altro, di credersi superiore. Senza umiltà non c’è pace e senza pace non c’è unità”.

Riscoprire la dolcezza, il sopportarsi a vicenda
Il Papa ha quindi constatato con amarezza che abbiamo ormai “dimenticato la capacità di parlare con dolcezza, il nostro parlato è sgridarci. O sparlare degli altri … non c’è dolcezza”.

La dolcezza, invece, “ha un nocciolo che è la capacità di sopportare gli uni gli altri”: ‘Sopportandovi a vicenda’, dice Paolo. Bisogna avere pazienza, ha ripreso il Papa, “sopportare i difetti degli altri, le cose che non piacciono”:

“Primo: umiltà; secondo: dolcezza, con questo sopportarsi a vicenda; e terzo: magnanimità: cuore grande, cuore largo che ha capacità per tutti e non condanna, non si rimpiccolisce nelle piccolezze, ‘che ha detto questo’, ‘che ho sentito questo’, ‘che …’: no: largo il cuore, c’è posto per tutti. E questo fa il vincolo della pace, questo è il modo degno di comportarci per fare il vincolo della pace che è creatore di unità. Creatore di unità è lo Spirito Santo, ma favorisce, prepara la creazione dell’unità”.

Aiutiamo a costruire l’unità con il vincolo della pace
“Questa – ha detto ancora – è la maniera degna della chiamata del mistero al quale siamo stati chiamati, il mistero della Chiesa”. Il Papa ha così invitato tutti a riprendere il capitolo XIII della Lettera ai Corinzi che ci “insegna come fare lo spazio allo Spirito, con quali atteggiamenti nostri perché Lui faccia l’unità”:

“Il mistero della Chiesa è il mistero del Corpo di Cristo: ‘Una sola fede, un solo Battesimo’, ‘un solo Dio Padre di tutti che è al di sopra di tutti’, opera ‘per mezzo di tutti ed è presente in tutti’: questa è l’unità che Gesù ha chiesto al Padre per noi e che noi dobbiamo aiutare a fare, questa unità, con il vincolo della pace. E il vincolo della pace cresce con l’umiltà, con la dolcezza, con il sopportarsi l’uno con l’altro, e con la magnanimità”.

“Chiediamo che lo Spirito Santo – è stata la sua invocazione – ci dia la grazia non solo di capire, ma di vivere questo mistero della Chiesa, che è un mistero di unità”.

Publié dans Commenti al Vangelo, Fede, morale e teologia, Mormorazione, Papa Francesco I, Riflessioni, Stile di vita | Pas de Commentaire »

Papa Francesco: Pastorale vocazionale non un programma, ma incontro con Gesù

Posté par atempodiblog le 21 octobre 2016

Papa Francesco: Pastorale vocazionale non un programma, ma incontro con Gesù
La pastorale vocazionale non è un progetto, ma consiste nell’imparare lo stile di Gesù. Così, in sintesi, il Papa nel discorso ai partecipanti al Convegno Internazionale di Pastorale vocazionale, in corso da mercoledì scorso in Vaticano, promosso dalla Congregazione per il Clero. Ai circa 255 partecipanti, ricevuti stamani in Sala Clementina, Francesco ha chiesto di “essere pastori in mezzo al popolo”, capaci di ascolto e misericordia.
di Debora Donnini – Radio Vaticana

Papa Francesco: Pastorale vocazionale non un programma, ma incontro con Gesù dans Commenti al Vangelo Pastorale_vocazionale

La chiamata di Matteo. E’ l’episodio del Vangelo con cui il Papa spiega la pastorale vocazionale: Gesù esce a predicare, poi vede Levi, il pubblicano, seduto al banco delle imposte, quindi lo chiama. “Uscire, vedere, chiamare” sono i tre verbi che incarnano questo dinamismo. Il motto del suo Pontificato,  Miserando atque eligendo, si riferisce proprio alla chiamata di Matteo e costituisce il tema dello stesso Convegno vocazionale. Un motto che fa memoria degli anni giovanili del Papa, quando sentì la chiamata del Signore: non “a seguito di una conferenza”, ricorda, ma “per aver sperimentato l’amore misericordioso di Gesù »:

“Dunque, è bello che siate venuti qui, da molte parti del mondo, a riflettere su questo tema, ma, per favore, che non finisca tutto con un bel convegno! La pastorale vocazionale è imparare lo stile di Gesù, che passa nei luoghi della vita quotidiana, si ferma senza fretta e, guardando i fratelli con misericordia, li conduce all’incontro con Dio Padre”.

Bisogna uscire e ascoltare i giovani. Non è un compito da ufficio burocratico
Prima di tutto dunque bisogna “uscire”. Serve una Chiesa in movimento, ricorda Francesco, che non resti chiusa “nel comodo criterio pastorale del ‘si è fatto sempre così’”. Bisogna invece essere “audaci e creativi”, uscire dalle rigidità e “dalle formule standardizzate che spesso risultano anacronistiche”:

“Lo chiedo soprattutto ai pastori della Chiesa, ai vescovi e ai sacerdoti: voi siete i principali responsabili delle vocazioni cristiane e sacerdotali, e questo compito non si può relegare a un ufficio burocratico. Anche voi avete vissuto un incontro che ha cambiato la vostra vita, quando un altro prete – il parroco, il confessore, il direttore spirituale – vi ha fatto sperimentare la bellezza dell’amore di Dio”.

Il Papa esorta quindi i pastori a fare lo stesso: uscire, ascoltare i giovani, aiutarli a discernere. “E’ triste – nota – quando un prete vive solo per se stesso, chiudendosi nella fortezza sicura della canonica”:

“Al contrario, siamo chiamati a essere pastori in mezzo al popolo, capaci di animare una pastorale dell’incontro e di spendere tempo per accogliere e ascoltare tutti, specialmente i giovani”.

Il pastore deve avere lo stesso sguardo misericordioso di Gesù, senza fretta e con discernimento
Il secondo asse portante per Francesco è “vedere”: senza farsi prendere dalla fretta o dall’”attivismo organizzato”, bisogna invece trovare il tempo per incontrare le persone.

Il termine miserando infatti esprime proprio un abbracciare con gli occhi e col cuore. Così Gesù ha guardato Matteo: e questo pubblicano finalmente non ha percepito uno sguardo di disprezzo, ma d’amore:

“Gesù ha sfidato i pregiudizi e le etichette della gente; ha creato uno spazio aperto, nel quale Matteo ha potuto rivedere la propria vita e iniziare un nuovo cammino”.

Un pastore deve quindi essere “attento, non frettoloso, capace di fermarsi e leggere in profondità”, senza far sentire l’altro giudicato.

Deve avere uno sguardo “capace di suscitare stupore per il Vangelo”, “uno sguardo di discernimento, che accompagna le persone, senza né impossessarsi della loro coscienza, né pretendere di controllare la grazia di Dio”. Soprattutto Francesco vuole che ci sia discernimento “senza leggerezze o superficialità”:

“Lo dico in particolare ai fratelli vescovi: vigilanza e prudenza. La Chiesa e il mondo hanno bisogno di sacerdoti maturi ed equilibrati, di pastori intrepidi e generosi, capaci di vicinanza, ascolto e misericordia”.

Gesù non presenta un programma ma suscita il fascino di seguirLo
Il terzo punto è “chiamare”, il verbo tipico della vocazione cristiana:

“Gesù non fa lunghi discorsi, non consegna un programma a cui aderire, non fa proselitismo, né offre risposte preconfezionate. Rivolgendosi a Matteo, si limita a dire: ‘Seguimi!’. In questo modo, suscita in lui il fascino di scoprire una nuova mèta, aprendo la sua vita verso un ‘luogo’ che va oltre il piccolo banco dove sta seduto”.

Il Papa esorta quindi a non ridurre la fede “a un libro di ricette o a un insieme di norme”, ma ad aiutare i giovani a “mettersi in cammino e a scoprire la gioia del Vangelo”. Francesco sa che non è un compito facile e che i risultati possono essere scarsi e produrre scoraggiamento, ma il Signore dona il coraggio di “gettare le reti anche quando siamo stanchi e delusi per non aver pescato nulla”, sottolinea.

Ai vescovi e ai sacerdoti Francesco chiede dunque di farsi prossimi, uscire a seminare la Parola con sguardi di misericordia. Chiede di esercitare il discernimento dando impulso alle vocazioni, attraverso l’evangelizzazione. E soprattutto a mostrare, dice, “la vostra testimonianza gioiosa” che è bello donare al Signore la vita per sempre.

Publié dans Commenti al Vangelo, Discernimento vocazionale, Fede, morale e teologia, Papa Francesco I, Riflessioni, Sacramento dell’Ordine, Stile di vita | Pas de Commentaire »

Papa Francesco: no a “religione del maquillage”, respingere apparenze

Posté par atempodiblog le 12 octobre 2016

Papa Francesco: no a “religione del maquillage”, respingere apparenze
Gesù ci chiede di fare il bene con umiltà, rifuggendo l’apparire, il “far finta” di fare qualcosa. E’ quanto affermato da Papa Francesco nella Messa mattutina a Casa Santa Marta, nella memoria di San Giovanni XXIII. Il Pontefice ha dunque messo in guardia da una “religione del maquillage” ribadendo che la via del Signore è la via dell’umiltà.
di Alessandro Gisotti – Radio Vaticana

Papa Francesco: no a “religione del maquillage”, respingere apparenze dans Commenti al Vangelo Papa_Francesco

La libertà cristiana viene da Gesù, “non dalle nostre opere”. Papa Francesco ha sviluppato la sua omelia muovendo dalla Lettera di San Paolo ai Galati per rivolgere poi l’attenzione al Vangelo odierno laddove Gesù rimprovera un fariseo tutto concentrato sulle apparenze e non sulla sostanza della fede.

Gesù ci chiede di accettare la giustizia che viene da Dio
A quel dottore della legge che aveva criticato Gesù perché non aveva fatto le abluzioni prima del pranzo, ha detto il Papa, il Signore risponde in modo netto:

“‘Voi farisei pulite l’esterno del bicchiere e del piatto ma il vostro interno è pieno di avidità e di cattiveria’. E questo Gesù lo ripete tante volte nel Vangelo a questa gente: ‘Il vostro interno è cattivo, non è giusto, non è libero. Siete schiavi perché non avete accettato la giustizia che viene da Dio, la giustizia che ci ha dato Gesù’”.

In un altro passo del Vangelo, ha proseguito il Papa, Gesù chiede di pregare senza farsi vedere, senza apparire. Alcuni, ha notato, avevano “le facce toste”, “non avevano vergogna”: pregavano e facevano l’elemosina per farsi ammirare. Il Signore, invece, indica la strada dell’umiltà.

No alla “religione del maquillage”, rifuggire dalle apparenze
“Quello che importa, dice Gesù – è la riflessione di Francesco – è la libertà che ci ha dato la redenzione, che ci ha dato l’amore, che ci ha dato la ricreazione del Padre”:

“Quella libertà interna, quella libertà che si fa il bene di nascosto, senza far suonare la tromba perché la strada della vera religione è la stessa strada di Gesù: l’umiltà, l’umiliazione. E Gesù, Paolo lo dice ai Filippesi, umiliò se stesso, svuotò se stesso. E’ l’unica strada per togliere da noi l’egoismo, la cupidigia, la superbia, la vanità, la mondanità.

Al contrario questa gente che Gesù rimprovera è gente che segue la religione del maquillage: l’apparenza, l’apparire, fare finta di sembrare ma dentro… Gesù usa per questa gente un’immagine molto forte: ‘Voi siete sepolcri imbiancati, belli al di fuori ma dentro pieni di ossa di morti e marciume’”.

Chiediamo al Signore di respingere la religione dell’apparire
“Gesù – ha ripreso – ci chiama, ci invita a fare il bene con umiltà”. “Tu – ha detto – puoi fare tutto il bene che tu vuoi ma se non lo fai umilmente, come ci insegna Gesù, questo bene non serve, perché un bene che nasce da te stesso, dalla tua sicurezza non dalla redenzione che Gesù ci ha dato”. La redenzione, ha soggiunto, “viene per la strada dell’umiltà e delle umiliazioni perché non si arriva mai all’umiltà senza le umiliazioni. E vediamo Gesù umiliato in croce”:

“Chiediamo al Signore di non stancarci di andare su questa strada, di non stancarci di respingere questa religione dell’apparire, del sembrare, del fare finta di… E andare silenziosamente facendo il bene, gratuitamente come noi gratuitamente abbiamo ricevuto la nostra libertà interiore. E che Lui custodisca questa libertà interiore di tutti noi. Chiediamo questa grazia”.

Publié dans Commenti al Vangelo, Fede, morale e teologia, Papa Francesco I, Riflessioni, Stile di vita | Pas de Commentaire »

Papa: in un mondo in crisi di “orfanezza” c’è una Madre che ci difende

Posté par atempodiblog le 15 septembre 2016

Papa: in un mondo in crisi di “orfanezza” c’è una Madre che ci difende
In un “mondo che soffre la crisi di una grande orfanezza”, noi abbiamo una Madre che ci accompagna e ci difende: così il Papa nella Messa del mattino a Santa Marta nel giorno in cui la Chiesa celebra la memoria della Beata Vergine Maria Addolorata.

di Sergio Centofanti – Radio Vaticana

Papa: in un mondo in crisi di “orfanezza” c'è una Madre che ci difende dans Commenti al Vangelo IMG_3736

Il Vangelo del giorno ci porta sul Calvario. Tutti i discepoli sono fuggiti, tranne Giovanni e alcune donne. Ai piedi della Croce c’è Maria, la Madre di Gesù: tutti – afferma il Papa – la guardavano dicendo: “Quella è la madre di questo delinquente! Quella è la madre di questo sovversivo!”:

“E Maria sentiva queste cose. Soffriva umiliazioni terribili. E anche sentiva i grandi, alcuni sacerdoti, che lei rispettava, perché erano sacerdoti: ‘Ma Tu che sei tanto bravo, scendi! Scendi!’. Con suo Figlio, nudo, lì. E Maria aveva una sofferenza tanto grande, ma non se ne è andata. Non rinnegò il Figlio! Era la sua carne”.

Papa Francesco ricorda quando a Buenos Aires si recava nelle carceri a visitare i detenuti e vedeva sempre una fila di donne che aspettavano di entrare:

“Erano mamme. Ma non si vergognavano: la loro carne era lì dentro. E queste donne soffrivano non solo la vergogna di essere lì – ‘Ma guarda quella! Cosa avrà fatto il figlio?’ – ma anche soffrivano le più brutte umiliazioni nelle perquisizioni che venivano fatte loro prima di entrare. Ma erano madri e andavano a trovare la propria carne. Così Maria, era lì, col Figlio, con quella sofferenza tanto grande”.

Gesù – afferma il Papa – ha promesso di non lasciarci orfani e sulla Croce ci dona sua Madre come nostra Madre:

“Noi cristiani abbiamo una Madre, la stessa di Gesù; abbiamo un Padre, lo stesso di Gesù. Non siamo orfani! E Lei ci partorisce in quel momento con tanto dolore: è davvero un martirio. Col cuore trafitto, accetta di partorire tutti noi in quel momento di dolore. E da quel momento Lei diventa la nostra Madre, da quel momento Lei è nostra Madre, quella che si prende cura di noi e non si vergogna di noi: ci difende”.

I primi mistici russi – ricorda Francesco – consigliavano di rifugiarsi sotto il manto della Madre di Dio nel momento delle turbolenze spirituali: “Lì non può entrare il diavolo. Perché Lei è Madre e come Madre difende. Poi l’Occidente ha preso questo consiglio e ha fatto la prima antifona mariana ‘Sub tuum praesidium’ – ‘Sotto il tuo mantello, sotto la tua custodia, oh Madre!’. Lì siamo sicuri”.

“In un mondo che possiamo chiamare ‘orfano’ – conclude il Papa – in questo mondo che soffre la crisi di una grande orfanezza, forse il nostro aiuto è dire ‘Guarda a tua Madre!’. Ne abbiamo una che ci difende, ci insegna, ci accompagna; che non si vergogna dei nostri peccati. Non si vergogna, perché lei è Madre. Che lo Spirito Santo, questo amico, questo compagno di strada, questo Paraclito avvocato che il Signore ci ha inviato, ci faccia capire questo mistero tanto grande della maternità di Maria”. 

Publié dans Commenti al Vangelo, Fede, morale e teologia, Misericordia, Papa Francesco I, Riflessioni, Stile di vita | Pas de Commentaire »

L’infinita misericordia di Dio nel ricercare i peccatori e nell’accoglierli, in uno sguardo generale alle parabole di Gesù

Posté par atempodiblog le 13 septembre 2016

L’infinita misericordia di Dio nel ricercare i peccatori e nell’accoglierli, in uno sguardo generale alle parabole di Gesù
del servo di Dio don Dolindo Ruotolo

L'infinita misericordia di Dio nel ricercare i peccatori e nell'accoglierli, in uno sguardo generale alle parabole di Gesù dans Commenti al Vangelo don_Dolindo_Ruotolo

Si avvicinavano a Gesù i peccatori e i pubblicani per ascoltarlo. Il testo greco dice che gli si avvicinavano tutti i peccatori ed i pubblicani, per far rilevare che tutti erano attratti dalla bontà di Gesù, anche quelli che poi non si convertivano per loro colpa.

C’era, infatti, nel Redentore una potente attrattiva, perché Egli era venuto in terra per rigenerarli ed aveva in sé la delicatezza di una mamma, la premura di un pastore e l’espansione di un affettuosissimo padre. I peccatori, poi, standogli vicino, si sentivano migliori, perché in quell’immensa luce di santità l’anima loro spontaneamente si umiliava.

I farisei e gli scribi non potevano tollerare la bontà di Gesù, perché contrastava troppo con la loro durezza; premurosi com’erano della loro fama e della loro gloria, disprezzavano i peccatori per ostentare anche così la loro pretesa giustizia e riprovavano l’atteggiamento di Gesù, non tanto perché loro dispiacesse, ma per far rimarcare al popolo che Egli non era giusto come loro.

Credevano che la sua familiarità coi peccatori dipendesse per lo meno da superficialità e volevano far rilevare che Egli non sapeva conoscerli, e quindi non era profeta. C’era nel loro rimprovero un insieme di orgoglio, di malignità e di avversione che li rivelava.

Gesù Cristo non rispose smascherandoli, come avrebbe potuto fare, ma rivelò la misericordia di Dio e per conseguenza quella del suo Cuore, aprendo così maggiormente alla fiducia il cuore dei peccatori di tutti i tempi, e manifestando il grande segreto della sua missione divina, Gesù raccontò tre parabole che esprimono la bontà di Dio stesso nel cercare, nell’accogliere i peccatori, e rivelò così che Egli non cercava i traviati né per superficialità di valutazione delle loro colpe, né per semplice compassione naturale, ma perché era Dio e li cercava per usare loro misericordia.

Le tre parabole, poi, manifestavano la valutazione vera che Egli faceva dei peccatori di tutte le nazioni e di tutte le epoche, riguardandoli come pecorelle smarrite dell’ovile di Dio, come valori dell’umanità, perduti con danno comune, e come figli lontani dal cuore paterno. Un pastore cerca la pecorella smarrita per compassione, una donna cerca il valore perduto per interesse, un padre per amore tenerissimo sospira al figlio ribelle, che si è allontanato da lui.

Sono i tre grandi momenti della divina misericordia: il Signore chiama l’umanità peccatrice come pecorella smarrita, la redime pagando il prezzo del suo riscatto, e l’accoglie in un amore paterno immenso che la ridona alla primitiva grandezza. Accolse Israele e lo cercò nel deserto del mondo come pecorella smarrita, portandolo Egli stesso per le vie della vita come un pastore porta sulle spalle la sua pecorella. Venne dal cielo in terra e fece luce per cercare l’umanità perduta e ridonarle il valore perduto col peccato; aspetta al suo Cuore l’umanità traviata ed apostata, immersa nelle sozzure dell’impurità e ridotta ad uno stato di estremo squallore, e l’accoglie con amore paterno riabilitandola.

La misericordia di Dio è sempre ricerca amorosa, valutazione divina di un’anima ed amore immenso nell’accoglierla, ma si può dire che le tre parabole proposte da Gesù riguardassero le tre grandi manifestazioni della misericordia di Dio Uno e Trino: quella fatta al popolo eletto, pecorella sua, il Padre; quella fatta nella redenzione, pagando il prezzo del nostro riscatto, il Figlio, e quella che fa ogni giorno nella Chiesa, e farà in modo meraviglioso alla fine dei tempi, accogliendo al suo Cuore i figli traviati, corrotti ed apostati dal suo paterno amore, lo Spirito Santo.

Gesù parla della gioia del pastore nel ritrovare la pecorella smarrita, della gioia della donna nel rintracciare la dramma perduta, e della gioia del padre nel riabbracciare il figlio traviato, non per dire che Dio ama più i peccatori che i giusti, ma per dire che è così piena e completa la sua misericordia che Egli accoglie i peccatori pentiti come se fossero giusti. Egli parla della festa che si fa nel cielo per un peccatore che si converte, per dirci che è più grande la gioia attuale dei Beati per un’anima che si salva, che per quelle che sono già salve o giuste; anche un padre gode più attualmente della guarigione di un figlio infermo, che della sanità degli altri, il che non significa che egli apprezza più i malati che i sani, ma proprio perché apprezza la salute, gode che il figlio infermo l’abbia recuperata.

Nei peccatori che si convertono c’è poi sempre una ricchezza di umiltà, di riconoscenza e di amore che li rende più cari al Signore, e facilita in loro l’efflusso della grazia.

Il peccato è un male orribile che Dio aborre sempre; ma la vera penitenza può far fiorire il cuore dei peccatori anche più di quello dei giusti, e la tenerezza di Dio riguarda proprio questa fioritura di amore e di virtù.

Si deve notare che Gesù accennò semplicemente le parabole della pecorella smarrita e della dramma sperduta, mentre raccontò con minuti e bellissimi particolari quella del figliol prodigo, per dare maggiore risalto all’amore col quale Dio accoglie come padre i peccatori che vanno a Lui, pentiti.

Il suo Cuore divino non ebbe confini nella tenerezza quando parlò di ciò che l’anima fa per cercare Dio e, nell’esuberanza della parabola, rivelò l’esuberanza dell’amore di Dio. Si direbbe che la delicata sua carità abbia voluto dare più risalto al bisogno che il peccatore sente di Dio che a quello che fa Dio per un peccatore; l’amor suo nel cercarci è infinito, ma l’amor suo nell’accoglierci è tenerissimo, ed è divinamente psicologico che il Redentore si sia trattenuto di più sulla parabola del fìgliol prodigo. L’ampiezza di questa parabola, poi, può anche farci intendere quanto sarà esuberante la misericordia che Dio farà negli ultimi tempi ai figli apostati che ritorneranno al suo Cuore.

Publié dans Commenti al Vangelo, Don Dolindo Ruotolo, Fede, morale e teologia, Misericordia, Riflessioni, Stile di vita | Pas de Commentaire »

Il Papa all’Angelus: Dio ci aspetta sempre e ci perdona

Posté par atempodiblog le 12 septembre 2016

Il Papa all’Angelus: Dio ci aspetta sempre e ci perdona
“Non c’è peccato in cui siamo caduti da cui, con la grazia di Dio, non possiamo risorgere; non c’è una persona irrecuperabile”. E’ quanto ha affermato Papa Francesco riferendosi al Vangelo odierno e aggiungendo che “Dio non smette mai di volere il nostro bene, anche quando pecchiamo”.
di Amedeo Lomonaco – Radio Vaticana

Il Papa all’Angelus: Dio ci aspetta sempre e ci perdona dans Commenti al Vangelo Papa_Francesco_Angelus

Il capitolo 15 del Vangelo di Luca, considerato – ha detto il Papa – “il capitolo della misericordia”, raccoglie tre parabole con cui Gesù risponde alle mormorazioni di scribi e farisei. Nella prima parabola Dio è presentato come un pastore che lascia 99 pecore “per andare in cerca di quella perduta”. Nella seconda è paragonato ad “una donna che ha perso una moneta e la cerca fin quando non la trova”. Nella terza parabola Dio è immaginato come “un padre che accoglie il figlio che si era allontanato”. La festa di Dio per coloro che ritornano a Lui pentiti – ha detto il Papa – è quanto mai intonata all’Anno giubilare:

“Con queste tre parabole, Gesù ci presenta il volto vero di un Dio: un Padre dalle braccia aperte, che tratta i peccatori con tenerezza e compassione. La parabola che più commuove – commuove tutti -, perché manifesta l’infinito amore di Dio, è quella del padre che stringe a sé, e abbraccia il figlio ritrovato. ”.

Dio ci attende con pazienza
A colpire – ha affermato il Pontefice – non è tanto “la triste storia di un giovane che precipita nel degrado, ma le sue parole decisive:

“«Mi alzerò, andrò da mio padre» (v. 18). La via del ritorno verso casa è la via della speranza e della vita nuova. Dio aspetta sempre il nostro rimetterci in viaggio, ci attende con pazienza, ci vede quando ancora siamo lontani, ci corre incontro, ci abbraccia, ci bacia, ci perdona. Così è Dio! Così è il nostro Padre! E il suo perdono cancella il passato e ci rigenera nell’amore. Dimentica il passato: questa è la debolezza di Dio. Quando ci abbraccia e ci perdona, perde la memoria, non ha memoria! Dimentica il passato. Quando noi peccatori ci convertiamo il peccatore si converte e ci facciamo si fa ritrovare da Dio non lo ci attendono rimproveri e durezze, perché Dio salva, riaccoglie a casa con gioia e fa festa”.

Poi il Papa ha rivolto a tutti una domanda:

“Avete mai pensato che ogni volta che ci accostiamo al confessionale, c’è gioia e festa nel cielo? Avete pensato a questo? E’ bello! ».

La testimonianza del beato Bukowinski
Dopo l’Angelus, il Santo Padre ha ricordato che oggi a Karakanda, in Kazakhstan, viene proclamato beato Ladislao Bukowinski, sacerdote e parroco, perseguitato per la sua fede. “Nella sua vita – ha detto il Pontefice – ha dimostrato sempre grande amore ai più deboli e bisognosi e la sua testimonianza appare come un condensato delle opere di misericordia spirituali e corporali”.

Publié dans Commenti al Vangelo, Fede, morale e teologia, Misericordia, Papa Francesco I, Riflessioni, Stile di vita | Pas de Commentaire »

Udienza generale. Papa: la misericordia salva. Sintesi catechesi

Posté par atempodiblog le 7 septembre 2016

Udienza generale. Papa: la misericordia salva. Sintesi catechesi
No a una “fede fai da te” che falsa l’immagine dell’amore di Dio, riducendolo a un “idolo”, e dimentica o anzi si scandalizza della misericordia. “Beati invece coloro che, di fronte ai gesti e alle parole di Gesù, rendono gloria al Padre che è nei cieli”. Lo ha affermato Papa Francesco all’udienza generale dedicata al tema della misericordia “che salva”.
di Radio Vaticana

Udienza generale. Papa: la misericordia salva. Sintesi catechesi dans Commenti al Vangelo Papa_Francesco

Di seguito ampi stralci della catechesi del Papa:

“Nel brano del Vangelo di Matteo ascoltato all’inizio dell’udienza, “’intento dell’evangelista è quello di farci entrare più profondamente nel mistero di Gesù, per cogliere la sua bontà e la sua misericordia. L’episodio è il seguente: Giovanni Battista manda i suoi discepoli da Gesù – Giovanni era in carcere – per fargli una domanda molto chiara: ‘Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?’. Era proprio nel momento del buio… Il Battista attendeva con ansia il Messia e nella sua predicazione lo aveva descritto a tinte forti, come un giudice che finalmente avrebbe instaurato il regno di Dio e purificato il suo popolo, premiando i buoni e castigando i cattivi. Egli predicava così: ‘Già la scure è posta alla radice degli alberi; perciò ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco’. Ora Gesù ha iniziato la sua missione pubblica con uno stile diverso; Giovanni soffre e nel doppio buio – nel buio del carcere, nel buio della cella, e nel buio del cuore non capisce questo stile e vuole sapere se è proprio Lui il Messia, oppure se si deve aspettare un altro”.

“E la risposta di Gesù sembra a prima vista non corrispondere alla richiesta del Battista. Gesù, infatti, dice: ‘Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato colui che non trova in me motivo di scandalo!’. Questa è la risposta di Gesù. Qui diventa chiaro l’intento del Signore Gesù: Egli risponde di essere lo strumento concreto della misericordia del Padre, che a tutti va incontro portando la consolazione e la salvezza, e in questo modo manifesta il giudizio di Dio. I ciechi, gli zoppi, i lebbrosi, i sordi, recuperano la loro dignità e non sono più esclusi per la loro malattia, i morti ritornano a vivere, mentre ai poveri è annunciata la Buona Notizia. E questa diventa la sintesi dell’agire di Gesù, che in questo modo rende visibile e tangibile l’agire stesso di Dio”.

“La giustizia che il Battista poneva al centro della sua predicazione, in Gesù si manifesta in primo luogo come misericordia. E i dubbi del Precursore non fanno che anticipare lo sconcerto che Gesù susciterà in seguito con le sue azioni e con le sue parole. Si comprende, allora, la conclusione della risposta di Gesù. Dice: ‘Beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!’. Scandalo significa ‘ostacolo’. Gesù perciò ammonisce su un particolare pericolo: se l’ostacolo a credere sono soprattutto le sue azioni di misericordia, ciò significa che si ha una falsa immagine del Messia. Beati invece coloro che, di fronte ai gesti e alle parole di Gesù, rendono gloria al Padre che è nei cieli”.

“L’ammonimento di Gesù è sempre attuale: anche oggi l’uomo costruisce immagini di Dio che gli impediscono di gustare la sua reale presenza. Alcuni si ritagliano una fede “fai di te” che riduce Dio nello spazio limitato dei propri desideri e delle proprie convinzioni. Ma questa fede non è conversione al Signore che si rivela, anzi, gli impedisce di provocare la nostra vita e la nostra coscienza. Altri riducono Dio a un falso idolo; usano il suo santo nome per giustificare i propri interessi o addirittura l’odio e la violenza. Per altri ancora Dio è solo un rifugio psicologico in cui essere rassicurati nei momenti difficili: si tratta di una fede ripiegata su sé stessa, impermeabile alla forza dell’amore misericordioso di Gesù che spinge verso i fratelli. Altri ancora considerano Cristo solo un buon maestro di insegnamenti etici, uno fra i tanti della storia. Infine, c’è chi soffoca la fede in un rapporto puramente intimistico con Gesù, annullando la sua spinta missionaria capace di trasformare il mondo e la storia.

Noi cristiani crediamo nel Dio di Gesù, nel Dio di Gesù Cristo, e il suo desiderio è quello di crescere nell’esperienza viva del suo mistero di amore. Impegniamoci dunque a non frapporre alcun ostacolo all’agire misericordioso del Padre, ma domandiamo il dono di una fede grande per diventare anche noi segni e strumenti di misericordia”.

Publié dans Commenti al Vangelo, Fede, morale e teologia, Misericordia, Papa Francesco I, Riflessioni, Stile di vita | Pas de Commentaire »

Papa Francesco alla Porziuncola: Il mondo ha bisogno di perdono, troppi covano odio

Posté par atempodiblog le 5 août 2016

Papa Francesco alla Porziuncola: Il mondo ha bisogno di perdono, troppi covano odio dans Commenti al Vangelo Papa_Porziuncola

Perché dovremmo perdonare una persona che ci ha fatto del male? Perché noi per primi siamo stati perdonati, e infinitamente di più. Non c’è nessuno fra noi, qui, che non sia stato perdonato. Ognuno pensi… pensiamo in silenzio le cose brutte che abbiamo fatto e come il Signore ci ha perdonato. La parabola ci dice proprio questo: come Dio perdona noi, così anche noi dobbiamo perdonare chi ci fa del male. E’ la carezza del perdono. Il cuore che perdona. Il cuore che perdona accarezza.

Tanto lontano da quel gesto: “me la pagherai!”. Il perdono è un’altra cosa. Precisamente come nella preghiera che Gesù ci ha insegnato, il Padre Nostro, quando diciamo: «Rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori» (Mt 6,12). I debiti sono i nostri peccati davanti a Dio, e i nostri debitori sono quelli a cui anche noi dobbiamo perdonare.

[...]

Dio si impietosisce, cioè prova un sentimento di pietà unito alla tenerezza: è un’espressione per indicare la sua misericordia nei nostri confronti. Il nostro Padre, infatti, si impietosisce sempre quando siamo pentiti, e ci rimanda a casa con il cuore tranquillo e sereno dicendoci che ci ha condonato ogni cosa e perdonato tutto. Il perdono di Dio non conosce limiti; va oltre ogni nostra immaginazione e raggiunge chiunque, nell’intimo del cuore, riconosce di avere sbagliato e vuole ritornare a Lui. Dio guarda al cuore che chiede di essere perdonato.

Il problema, purtroppo, nasce quando noi ci troviamo a confrontarci con un nostro fratello che ci ha fatto un piccolo torto. La reazione che abbiamo ascoltato nella parabola è molto espressiva: «Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”» (Mt 18,28). In questa scena troviamo tutto il dramma dei nostri rapporti umani. Quando siamo noi in debito con gli altri, pretendiamo la misericordia; quando invece siamo in credito, invochiamo la giustizia! E tutti facciamo così, tutti. Non è questa la reazione del discepolo di Cristo e non può essere questo lo stile di vita dei cristiani. Gesù ci insegna a perdonare, e a farlo senza limiti: «Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette» (v. 22). Insomma, quello che ci propone è l’amore del Padre, non la nostra pretesa di giustizia. Fermarsi a questa, infatti, non ci farebbe riconoscere come discepoli di Cristo, che hanno ottenuto misericordia ai piedi della Croce solo in forza dell’amore del Figlio di Dio. Non dimentichiamo, dunque, le parole severe con le quali si chiude la parabola: «Così anche il mio Padre celeste farà a ciascuno di voi, se non perdonerete di cuore al vostro fratello» (v. 35).

[...]

Il mondo ha bisogno di perdono; troppe persone vivono rinchiuse nel rancore e covano odio, perché incapaci di perdono, rovinando la vita propria e altrui piuttosto che trovare la gioia della serenità e della pace.

Papa Francesco
La meditazione del Papa alla Porziuncola 2e2mot5 dans Diego Manetti testo integrale

Publié dans Commenti al Vangelo, Fede, morale e teologia, Misericordia, Papa Francesco I, Perdono, Riflessioni, Stile di vita | Pas de Commentaire »

Papa su strage Nizza: basta uccidere fratelli, costruire mondo su accoglienza

Posté par atempodiblog le 18 juillet 2016

Papa su strage Nizza: basta uccidere fratelli, costruire mondo su accoglienza
Appello del Papa all’Angelus in Piazza San Pietro, dopo la strage di Nizza. Francesco esprime la sua vicinanza al popolo francese e invoca la fine del terrore. Quindi, invita a costruire un mondo nuovo e fraterno praticando la virtù umana e cristiana dell’accoglienza, che oggi – osserva – rischia di essere trascurata.
di Sergio Centofanti – Radio Vaticana

Papa su strage Nizza: basta uccidere fratelli, costruire mondo su accoglienza dans Articoli di Giornali e News Nizza_omaggio_alle_vittime_dell_attentato

Subito dopo la strage di Nizza, il Papa aveva manifestato il suo sgomento per la “violenza cieca” che colpisce persone innocenti, incapace di avere pietà anche davanti alla vita di tanti bambini. All’Angelus, davanti a numerosi pellegrini giunti da tutto il mondo in Piazza San Pietro, torna ad esprimere il suo dolore per quanto accaduto e chiede un momento di silenzio per pregare:

“Nei nostri cuori è vivo il dolore per la strage che, la sera di giovedì scorso, a Nizza, ha falciato tante vite innocenti, persino tanti bambini. Sono vicino ad ogni famiglia e all’intera nazione francese in lutto. Dio, Padre buono, accolga tutte le vittime nella sua pace, sostenga i feriti e conforti i familiari; Egli disperda ogni progetto di terrore e di morte, perché nessun uomo osi più versare il sangue del fratello. Un abbraccio paterno e fraterno a tutti gli abitanti di Nizza e a tutta la nazione francese”.

Commentando il brano evangelico di Marta e Maria, proposto dalla liturgia domenicale, Papa Francesco invita a costruire un mondo nuovo, più fraterno, basato sull’accoglienza e non sull’emarginazione e l’esclusione. Le due sorelle che accolgono a casa il Signore, ci ricordano che l’ospitalità è “una virtù umana e cristiana”, una virtù – afferma Francesco – che purtroppo “nel mondo di oggi rischia di essere trascurata”:

“Infatti, si moltiplicano le case di ricovero e gli ospizi, ma non sempre in questi ambienti si pratica una reale ospitalità. Si dà vita a varie istituzioni che provvedono a molte forme di malattia, di solitudine, di emarginazione, ma diminuisce la probabilità per chi è straniero, emarginato, escluso di trovare qualcuno disposto ad ascoltarlo. Perché è straniero, profugo, migrante. Ascoltare quella dolorosa storia! Persino nella propria casa, tra i propri familiari, può capitare di trovare più facilmente servizi e cure di vario genere che ascolto e accoglienza”.

Oggi siamo presi da tanti problemi – e alcuni dei quali non importanti – sottolinea il Papa – e manchiamo della capacità di ascolto:

“Siamo indaffarati continuamente e così non abbiamo tempo per ascoltare. E io vorrei domandare a voi, farvi una domanda, ognuno risponda nel proprio cuore: ‘Tu, marito, hai tempo per ascoltare tua moglie? E tu, donna, hai tempo per ascoltare tuo marito? Voi genitori avete tempo, tempo da perdere, per ascoltare i vostri figli o i vostri nonni, gli anziani?’ – ‘Ma, i nonni sempre dicono le stesse cose, sono noiosi…’ – ‘Ma hanno bisogno di essere ascoltati!’. Ascoltare. Vi chiedo di imparare ad ascoltare e di dedicargli più tempo. Nella capacità di ascolto c’è la radice della pace”.

Nel passo evangelico Maria ascolta la parola di Gesù, mentre Marta, presa dalle cose da preparare, si lamenta col Maestro perché la sorella non l’aiuta. Il Signore la esorta a non affannarsi ma a scegliere come Maria la parte migliore, l’unica cosa necessaria:

“Nel suo affaccendarsi e darsi da fare, Marta rischia di dimenticare. E questo è il problema: rischia di dimenticare la cosa più importante, cioè la presenza dell’ospite, che era Gesù in questo caso. Si dimentica della presenza dell’ospite. E l’ospite non va semplicemente servito, nutrito, accudito in ogni maniera. Occorre soprattutto che sia ascoltato.

Ricordate bene questa parola: ascoltare! Perché l’ospite accolto come persona, con la sua storia, il suo cuore ricco di sentimenti e di pensieri, così che possa sentirsi veramente in famiglia. Ma se tu accogli un ospite a casa tua e continui a fare le cose, lo fai sedere lì, muto lui e muto te, è come se fosse di pietra, l’ospite di pietra. No! L’ospite va ascoltato”.

L’unica cosa di cui c’è bisogno – spiega il Papa – rimanda certamente all’ascolto della parola di Gesù, “che illumina e sostiene tutto ciò che siamo e che facciamo »:

“Se noi andiamo a pregare – per esempio – davanti al Crocifisso e parliamo, parliamo, parliamo e parliamo e poi ce ne andiamo: non ascoltiamo Gesù! Non lasciamo parlare Lui al nostro cuore. Ascoltare: quella parola è chiave. Non dimenticatevi! Ma non dobbiamo dimenticare che anche nella casa di Marta e Maria, Gesù, prima di essere Signore e Maestro, è pellegrino e ospite.

Dunque, la sua risposta ha questo primo e più immediato significato: Marta, Marta, perché ti dai tanto da fare per l’ospite fino a dimenticare la sua presenza? L’ospite di pietra! Per accoglierlo non sono necessarie molte cose; anzi, necessaria è una cosa sola: ascoltarlo – la parola: ascoltarlo – dimostrargli un atteggiamento fraterno, in modo che si accorga di essere in famiglia, e non in un ricovero provvisorio”.

Il Papa eleva la sua preghiera a Maria:

“La Vergine Maria, Madre dell’ascolto e del servizio premuroso, ci insegni ad essere accoglienti e ospitali verso i nostri fratelli e le nostre sorelle”.

Infine, Francesco rivolge un saluto caloroso anche a un gruppo di pellegrini cinesi.

Publié dans Articoli di Giornali e News, Commenti al Vangelo, Fede, morale e teologia, Misericordia, Papa Francesco I, Riflessioni, Stile di vita | Pas de Commentaire »

La pagliuzza e la trave: suggestioni diaboliche

Posté par atempodiblog le 20 juin 2016

La pagliuzza e la trave: suggestioni diaboliche dans Citazioni, frasi e pensieri La_pagliuzza_e_la_trave

Chi può giudicare mai giustamente, se le azioni dipendono dalle intenzioni, dalla coscienza, dallo stato particolare di responsabilità di ciascuno, e tutto questo ci è nascosto?

Come si può giudicare se spesso siamo soggetti alle allucinazioni della fantasia e dei preconcetti, e vediamo quello che non è, o lo apprezziamo in una falsa luce?

Possiamo dire con assoluta verità che giudicando, sbagliamo sempre, e che viene il tempo nel quale ci accorgiamo con rammarico di avere per lo meno esorbitato.

Giudichiamo o in base di nostre fallaci osservazioni o in base a relazioni fatteci dagli altri, le quali sono anch’esse frutto di giudizi fallaci. Tra queste ombre ingannatrici facilmente vediamo il male dove non c’è, o lo vediamo in una falsa luce ed erriamo.

Tendiamo all’esagerazione nel valutare i difetti altrui, perché l’orgoglio vuol farci credere migliori degli altri e osserviamo con cura anche le minime mancanze, quasi pagliuzze nell’occhio, mentre non guardiamo le nostre che sono grosse come travi.

Gesù condanna perciò la radice stessa dei giudizi, che sta tutta nel voler osservare le debolezze altrui e nel presumere di eliminarle.

Egli parlava dei farisei, censori spietati del prossimo, i quali non vedevano le loro gravi mancanze, ma parlava anche di quelli che in tutti i tempi li avrebbero imitati.

di don Dolindo Ruotolo

Publié dans Citazioni, frasi e pensieri, Commenti al Vangelo, Correzione fraterna, Don Dolindo Ruotolo, Fede, morale e teologia, Mormorazione, Riflessioni, Stile di vita | Pas de Commentaire »

La “tentazione” di provare fastidio nei confronti di profughi e rifugiati

Posté par atempodiblog le 16 juin 2016

L’indifferenza e l’ostilità “rendono ciechi e sordi” e impediscono “di vedere i fratelli”
La “tentazione” di provare fastidio nei confronti di profughi e rifugiati

Tutti abbiamo la “tentazione” di provare fastidio nei confronti di profughi e rifugiati. Anche il Papa. Lo ha detto egli stesso in Piazza San Pietro all’udienza generale dedicata al tema: “La misericordia è luce”. L’indifferenza e l’ostilità, ha sottolineato, “rendono ciechi e sordi”: Francesco ha esortato ad avere “la sensibilità e il desiderio” di venire incontro a chi ha bisogno: seguendo Cristo, ha aggiunto, possiamo porre “al centro” della nostra strada “colui che ne era escluso”.
di Giada Aquilino – Radio Vaticana

La “tentazione” di provare fastidio nei confronti di profughi e rifugiati dans Commenti al Vangelo Papa_e_migranti

La tentazione del fastidio
Indifferenza, ostilità, fastidio nei confronti di “tante persone che, anche oggi, si trovano emarginate a causa di uno svantaggio fisico o di altro genere”.

Papa Francesco osserva le nostre società in cui, nota, possiamo incontrare “uomini che, per diverse cause, sono stati spinti ai margini sociali” e “spesso senza parole” gridano “la salvezza, l’aiuto, un po’ di interesse, di compassione, un gesto di solidarietà e di inclusione nella vita della società”.

Da Piazza San Pietro invita quindi ad un esame di coscienza sui nostri atteggiamenti nei confronti dei bisognosi, dei malati, degli affamati, ma anche dei profughi e dei rifugiati. Commentando il brano evangelico di Gesù che ridona la vista al cieco di Gerico, invita a riflettere sulla folla che non provava compassione per lui:

“Quante volte noi, quando vediamo tanta gente nella strada – gente bisognosa, ammalata, che non ha da mangiare – sentiamo fastidio. Quante volte, quando ci troviamo davanti a tanti profughi e rifugiati, sentiamo fastidio. È una tentazione che tutti noi abbiamo. Tutti, anch’io”!

Indifferenza e ostilità diventano aggressione e insulto
Il Papa esorta ad avere “la sensibilità e il desiderio” di venire incontro a chi ha bisogno.

La Parola di Dio – prosegue – “ci insegna” a capire che l’indifferenza e l’ostilità “rendono ciechi e sordi”, impediscono “di vedere i fratelli” e di riconoscere “in essi il Signore”.

“A volte questa indifferenza e ostilità diventano anche aggressione e insulto: ‘ma cacciateli via tutti questi!’, ‘metteteli in un’altra parte’! Quest’aggressione è quello che faceva la gente quando il cieco gridava: ‘ma tu vai via, dai, non parlare, non gridare’”.

Gesù dona la salvezza
D’altra parte, quando passa Gesù – come a Gerico – c’è sempre “liberazione” e “salvezza”. Al cieco, che Lo cerca, Lo invoca, che vede “con gli occhi della fede” e così la sua supplica ha una “potente efficacia”, di fatto Cristo annuncia “la sua Pasqua”: si ferma e lo pone al centro dell’attenzione:

“Pensiamo anche noi, quando siamo stati in situazioni brutte, anche situazioni di peccato, com’è stato proprio Gesù a prenderci per mano e a toglierci dal margine della strada e donarci la salvezza”.

L’invito a seguire Cristo
In tal modo, Gesù “obbliga” tutti a prendere coscienza che “il buon annuncio implica porre al centro della propria strada colui che ne era escluso”: il passaggio del Signore – spiega il Papa – è un “incontro di misericordia che tutti unisce intorno a Lui” per permettere di riconoscere chi ha bisogno “di aiuto e di consolazione”:

“Anche nella nostra vita Gesù passa; e quando passa Gesù, e io me ne accorgo, è un invito ad avvicinarmi a Lui, a essere più buono, a essere un cristiano migliore, a seguire Gesù”.

La nostra strada: da mendicanti a discepoli
Al cieco, Cristo chiede cosa desideri: si fa dunque – nota Francesco – “servo dell’uomo peccatore”. E il cieco, che Lo chiama “Signore”, “il titolo che la Chiesa fin dagli inizi applica a Gesù Risorto”, chiede di poter vedere. Il suo desiderio viene esaudito: ha mostrato la sua fede invocando Gesù e volendo assolutamente incontrarlo e questo, aggiunge, “gli ha portato in dono la salvezza”. Così “si sente amato da Gesù” e comincia a seguirlo, “si fa discepolo”:

“Da mendicante a discepolo, anche questa è la nostra strada: tutti noi siamo mendicanti, tutti. Abbiamo bisogno sempre di salvezza. E tutti noi, tutti i giorni, dobbiamo fare questo passo: da mendicanti a discepoli”.

La misericordia su tutti
Ciò che è accaduto al cieco, aggiunge, fa sì che anche la gente finalmente veda, perché Gesù “effonde la sua misericordia su tutti coloro che incontra”: li chiama, li fa venire da sé, li raduna, li guarisce e li illumina”, creando un nuovo popolo che celebra “le meraviglie del suo amore misericordioso”:

“Lasciamoci anche noi chiamare da Gesù, e lasciamoci guarire da Gesù, perdonare da Gesù, e andiamo dietro Gesù lodando Dio”.

I saluti
Al termine dell’udienza, un saluto particolare il Papa lo rivolge tra gli altri ai fedeli provenienti dalla Siria e a una sessantina di ragazzi dell’Istituto penale per minorenni di Airola. Tra i presenti in piazza, anche un centinaio di pellegrini provenienti dalla Cina.

Publié dans Commenti al Vangelo, Fede, morale e teologia, Misericordia, Papa Francesco I, Riflessioni, Stile di vita | Pas de Commentaire »

Papa Francesco: pregare per i nemici, la perfezione della vita cristiana

Posté par atempodiblog le 14 juin 2016

Papa Francesco: pregare per i nemici, la perfezione della vita cristiana
Saper pregare “per quelli che ci vogliono male” farà migliorare i nemici e renderà noi “più figli del Padre”. Con questa riflessione il Papa ha concluso l’omelia della Messa del mattino, celebrata in Casa S. Marta. Francesco ha affrontato il brano del Vangelo in cui Gesù esorta i discepoli a tendere alla perfezione di Dio, “che  fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni”.
di Alessandro De Carolis – Radio Vaticana

Papa Francesco

“Avete inteso che fu detto, ma io vi dico”. La Parola di Dio e due modi inconciliabili di intenderla: un arido elenco di doveri e divieti o l’invito ad amare il Padre e i fratelli con tutto il cuore, arrivando al culmine di pregare per il proprio avversario.

Legge senza cuore
È la dialettica del confronto tra i dottori della legge e Gesù, tra la Legge proposta in modo schematico al popolo ebraico dai suoi capi e la “pienezza” di quella stessa Legge che Cristo afferma di essere venuto a portare. Papa Francesco ribadisce sul punto una convinzione già espressa più volte. Quando Gesù inizia la sua predicazione, osteggiato dai suoi avversari, “la spiegazione della Legge in quel tempo – osserva – era in crisi”:

“Era una spiegazione troppo teorica, casistica… Diciamo che era una legge in cui non c’era il cuore proprio della Legge, che è l’amore di Dio, che ha dato a noi. Per questo il Signore ripete quello che era nell’Antico Testamento: il Comandamento più grande qual è? Amare Dio con tutto il cuore, con tutte le tue forze, con tutta l’anima, e il prossimo come te stesso. E nella spiegazione dei Dottori della Legge questo non era tanto al centro. Al centro c’erano i casi: ma si può fare questo? Fino a che punto si può fare questo? E se non si può?… La casistica proprio della Legge. E Gesù prende questo e riprende il vero senso della Legge per portarlo alla sua pienezza”.

Il Papa mette in evidenza come Gesù offra “tanti esempi” per mostrare i Comandamenti sotto una luce nuova.

“Non uccidere”, afferma, può voler dire anche non insultare un fratello e avanti e su fino a porre in risalto come l’amore sia “più generoso della lettera della Legge”, nel mantello aggiunto in dono a chi aveva domandato il vestito e nei due chilometri fatti con chi aveva chiesto di essere accompagnato per uno:

“E’ un lavoro che non è solo un lavoro per il compimento della Legge, ma è un lavoro di guarigione del cuore. In questa spiegazione che Gesù fa sui Comandamenti – nel Vangelo di Matteo soprattutto – c’è un cammino di guarigione: un cuore ferito dal peccato originale – tutti noi abbiamo il cuore ferito dal peccato, tutti – deve andare per questa strada di guarigione e guarire per assomigliare al Padre, che è perfetto: ‘Siate perfetti come è perfetto il Padre Vostro Celeste’. Una strada di guarigione per essere figli come il Padre”.

E la perfezione che Gesù indica è quella contenuta nel brano del giorno del Vangelo di Matteo: “Avete inteso che fu detto: ‘Amerai il tuo prossimo’ e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano”. “È l’ultimo scalino” di questa strada, afferma il Papa, il più difficile. Francesco ricorda che da ragazzo, pensando a uno dei grandi dittatori dell’epoca, si era soliti pregare che Dio gli riservasse presto l’inferno. Invece, conclude, Dio chiede un esame di coscienza:

“Che il Signore ci dia la grazia, soltanto questa: pregare per i nemici, pregare per quelli che ci vogliono male, che non ci vogliono bene. Pregare per quelli che ci fanno del male, che ci perseguitano. E ognuno di noi sa il nome e il cognome: prego per questo, per questo, questo, per questo…

Io vi assicuro che questa preghiera farà due cose: a lui lo farà migliorare, perché la preghiera è potente, e a noi ci farà più figli del Padre”.

Publié dans Commenti al Vangelo, Fede, morale e teologia, Papa Francesco I, Riflessioni, Stile di vita | Pas de Commentaire »

Giubileo disabili. Il Papa: i malati vanno amati, non messi in un “recinto”

Posté par atempodiblog le 12 juin 2016

Giubileo disabili. Il Papa: i malati vanno amati, non messi in un “recinto”
Un appello all’accoglienza di disabili e malati: Papa Francesco lo ha rivolto stamani, alla Messa celebrata in Piazza San Pietro per il Giubileo a loro dedicato. Davanti alle migliaia di disabili, volontari e accompagnatori, il Pontefice ha messo in guardia la società dal ghettizzare i malati e sottolineato che la vera strada per essere felici è amare.
di Debora Donnini – Radio Vaticana

Vangelo rappresentato da disabili

L’amore di Francesco per i malati
E’ indimenticabile la tenerezza che Francesco riserva sempre a malati, bimbi, adulti o anziani. Un linguaggio di gesti e parole, che si è manifestato anche al termine della Messa quando il Papa si è avvicinato ad alcuni malati e accompagnatori presenti. Un linguaggio che esprime cosa sia la misericordia per il Papa: abbracciare, sorridere, in una parola accogliere:

“La felicità che ognuno desidera, d’altronde, può esprimersi in tanti modi e può essere raggiunta solo se siamo capaci di amare. Questa è la strada! E’ sempre una questione di amore, non c’è un’altra strada. La vera sfida è quella di chi ama di più. Quante persone disabili e sofferenti si riaprono alla vita appena scoprono di essere amate! E quanto amore può sgorgare da un cuore anche solo per un sorriso! La terapia del sorriso…”

Gesù comprende le nostre infermità perché Lui stesso le ha provate ed è un medico che guarisce con la medicina dell’amore. “Che cosa potremmo rimproverare a Dio per le nostre infermità e sofferenze  - afferma – che non sia già impresso sul volto del suo Figlio crocifisso”? E le migliaia di ammalati e disabili, convenuti in piazza San Pietro, hanno sfidato il brutto tempo pur di incontrare Francesco, il suo sguardo che quando si posa su ciascuno lo fa sentire unico e la sua parola che esprime l’amore di Dio per ciascuno.

Non ghettizzare i malati ma accoglierli
Nell’omelia il Papa mostra un’estrema comprensione per la realtà umana: tutti prima o poi  – nota – ci scontriamo con “le malattie nostre o altrui”, “esperienze drammaticamente umane”. Il Papa sa che di fronte a queste sofferenze può subentrare un atteggiamento cinico, come se tutto si potesse risolvere subendo, contando solo sulle nostre forze oppure riponendo tutta la fiducia nella medicina, che però magari non è in grado di guarire quella malattia:

“Nell’epoca in cui una certa cura del corpo è divenuta mito di massa e dunque affare economico, ciò che è imperfetto deve essere oscurato, perché attenta alla felicità e alla serenità dei privilegiati e mette in crisi il modello dominante”.

“Meglio tenere queste persone separate”, si potrebbe essere tentati di pensare, o in qualche “recinto”, “magari dorato”, o nelle « riserve » dell’assistenzialismo perché non si intralci “il ritmo del falso benessere”, quando addirittura non si arriva a ipotizzare che sia “meglio sbarazzarsene quanto prima”, perché i malati possono diventare un peso economico insostenibile. Papa Francesco svela la grande illusione che si accovaccia in questi pensieri:

“Ma, in realtà, quale illusione vive l’uomo di oggi quando chiude gli occhi davanti alla malattia e alla disabilità! Egli non comprende il vero senso della vita, che comporta anche l’accettazione della sofferenza e del limite. Il mondo non diventa migliore perché composto soltanto da persone apparentemente ‘perfette’, per non dire ‘truccate’ ma quando crescono la solidarietà tra gli esseri umani, l’accettazione reciproca e il rispetto”.

Una Messa dedicata, anche nel linguaggio, ai disabili
La Messa è stata scandita dalla presenza di un linguaggio dedicato alla disabilità: tutte le letture sono state tradotte da persone sorde, di diverse nazioni, in Lingua Internazionale dei Segni. Malati e disabili hanno proclamato le letture e recitato le preghiere. Ma la grande novità è stato il Vangelo: per la prima volta in Piazza San Pietro mentre veniva proclamato, un gruppo di persone disabili intellettive lo ha « rappresentato » indossando i costumi dell’epoca di Gesù, e questo per permettere che il testo venisse compreso anche dai pellegrini con disabilità intellettiva.

Un Vangelo che, ricorda il Papa, è dedicato alla figura della peccatrice che viene “giudicata” mentre Gesù la accoglie. “La sua tenerezza – dice – è segno dell’amore che Dio riserva per coloro che soffrono e sono esclusi”. E la sofferenza non è solo quella fisica ma una delle patologie più frequenti oggi è quella che tocca lo spirito, “la patologia della tristezza”, la chiama Francesco. Una sofferenza che rende tristi perché ci si sente privi di amore o traditi nelle relazioni importanti:

“La tentazione di rinchiudersi in sé stessi si fa molto forte, e si rischia di perdere l’occasione della vita: amare nonostante tutto. Amare nonostante tutto …”

In Cristo la sofferenza trova senso
Il mistero della vita cristiana si riassume, infatti, nel dinamismo pasquale di morte e risurrezione, ricevuto nel Battesimo. Con l’immersione nell’acqua è come se ognuno fosse sepolto con Cristo e quando riemerge si manifesta la vita nuova, così anche la malattie e la morte in Cristo trovano il loro senso ultimo. Papa Francesco sottolinea, quindi, che “il modo in cui viviamo la malattia e la disabilità è indice dell’amore che siamo disposti a offrire »:

“Il modo in cui affrontiamo la sofferenza e il limite è criterio della nostra libertà di dare senso alle esperienze della vita, anche quando ci appaiono assurde e non meritate. Non lasciamoci turbare, pertanto, da queste tribolazioni”.

Al termine della Celebrazione, il Papa ha salutato alcuni malati e accompagnatori presenti. Quindi, ha voluto rivolgere il suo saluto alla folla, facendo un giro in Piazza a bordo della papamobile. L’attesa della Messa, invece, è stata scandita da testimonianze di fede anche nel dolore, come quella di Enrico Petrillo, marito di Chiara Corbella deceduta a soli 28 anni per un tumore scoperto durante la gravidanza, e del noto padre Cyril Axerold, redentorista, sordo-cieco, che ha messo in risalto come ancora resti molto da fare per l’accoglienza delle persone disabili.

Insomma, davvero una Celebrazione eucaristica segnata dall’accoglienza, dall’inclusione e in una parola dalla misericordia.

Publié dans Commenti al Vangelo, Fede, morale e teologia, Misericordia, Papa Francesco I, Riflessioni, Stile di vita | Pas de Commentaire »

Papa: è eretico dire “questo o niente”, Gesù insegna sano realismo

Posté par atempodiblog le 9 juin 2016

Papa: è eretico dire “questo o niente”, Gesù insegna sano realismo
Volere “questo o niente” non è cattolico, è “eretico”. E’ il monito di Francesco nella Messa mattutina a Casa Santa Marta tutta incentrata sul “sano realismo” che il Signore ha insegnato ai suoi discepoli. Il Papa ha messo l’accento sul male che arrecano al popolo di Dio gli uomini di Chiesa che fanno il contrario di ciò che dicono. Quindi, ha esortato a liberarsi da un idealismo rigido che non permette di riconciliarci tra noi.
di Alessandro Gisotti – Radio Vaticana

Gesù Sacerdote

“La vostra giustizia deve superare quella degli scribi e dei farisei”. Papa Francesco ha preso spunto da questa esortazione di Gesù, nel Vangelo del giorno, per soffermarsi sull’importanza del realismo cristiano. Il popolo, ha affermato il Pontefice, era “un po’ sbandato” perché “quelli che insegnavano la legge non erano coerenti” nella loro “testimonianza di vita”. Gesù chiede dunque di superare questo, di “andare in su”. Prende dunque come esempio il primo Comandamento: “Amare Dio e amare il prossimo”. E sottolinea che chiunque si adira con suo fratello dovrà essere sottoposto al giudizio.

Insultare il fratello è come dare uno schiaffo alla sua anima
“Questo – ha detto il Papa – fa bene sentirlo, in questo tempo dove noi siamo tanto abituati ai qualificativi e abbiamo un vocabolario tanto creativo per insultare gli altri”.

Questo, ha ripreso, “è peccato”, è “uccidere, perché è dare uno schiaffo all’anima del fratello”, alla sua “dignità”. E con amara ironia ha aggiunto che spesso diciamo tante parolacce “con molta carità, ma le diciamo agli altri”.

Ancora il Papa, riferendosi alla presenza dei bambini a Messa, ha esortato a rimanere “tranquilli”, “perché la predica di un bambino in chiesa è più bella di quella del prete, di quella del vescovo e di quella del Papa”. Lasciarlo fare, è stato il suo invito, “che è la voce dell’innocenza che ci fa bene a tutti”.

Dà scandalo un uomo di Chiesa che fa il contrario di ciò che dice
Gesù, ha poi affermato il Papa, a “questo popolo disorientato” chiede di guardare “in su” e andare “avanti”. Ma non manca di rilevare quanto male faccia al popolo la contro-testimonianza dei cristiani:

“Quante volte noi nella Chiesa sentiamo queste cose: quante volte! ‘Ma, quel prete, quell’uomo, quella donna dell’Azione Cattolica, quel vescovo, quel Papa ci dicono: ‘Dovete fare così!’, e lui fa il contrario. Quello è lo scandalo che ferisce il popolo e non lascia che il popolo di Dio cresca, che vada avanti. Non libera.

Anche, questo popolo aveva visto la rigidità di questi scribi e farisei e anche quando veniva un profeta che dava loro un po’ di gioia lo perseguitavano e anche lo ammazzavano: non c’era posto, per i profeti, lì. E Gesù dice a loro, ai farisei: ‘Voi avete ucciso i profeti, avete perseguitato i profeti: quelli che portavano l’aria nuova’”.

Seguire il sano realismo della Chiesa, no a idealismi e rigidità
“La generosità, la santità”, che ci chiede Gesù, “è uscire ma sempre, semprein su. Uscire in su”. Questa, ha detto Francesco, è la “liberazione” dalla “rigidità della legge e anche dagli idealismi che non ci fanno bene”. Gesù, ha poi commentato, “ci conosce bene”, “conosce la nostra natura”. Ci esorta dunque a metterci d’accordo quando abbiamo un contrasto con l’altro. “Gesù – ha detto il Papa – ci insegna anche un sano realismo”. “Tante volte – ha soggiunto – non si può arrivare alla perfezione, ma almeno fate quello che potete, mettetevi d’accordo”:

“Questo sano realismo della Chiesa cattolica: la Chiesa cattolica mai insegna ‘o questo, o questo’. Quello non è cattolico. La Chiesa dice: ‘Questo e questo’. ‘Fai la perfezione: riconciliati con tuo fratello. Non insultarlo. Amalo. Ma se c’è qualche problema, almeno mettiti d’accordo, perché non scoppi la guerra’. Questo sano realismo del cattolicesimo. Non è cattolico ‘o questo, o niente’: quello non è cattolico. Quello è eretico.

Gesù sempre sa camminare con noi, ci dà l’ideale, ci accompagna verso l’ideale, ci libera da questo ingabbiamento della rigidità della legge e ci dice: ‘Ma, fate fino al punto che potete fare’. E lui ci capisce bene. E’ questo il nostro Signore, è questo quello che insegna a noi”.

Riconciliarsi tra noi, è la “santità piccolina” del negoziato
Il Signore, ha detto ancora, ci chiede di non essere ipocriti: di non andare a lodare Dio con la stessa lingua con la quale si insulta il fratello. “Fate quello che potete”, ha soggiunto, “è l’esortazione di Gesù”, “almeno evitate la guerra fra di voi, mettetevi d’accordo”:

“E mi permetto di dirvi questa parola che sembra un po’ strana: è la santità piccolina del negoziato. ‘Ma, non posso tutto, ma voglio fare tutto, ma mi metto d’accordo con te, almeno non ci insultiamo, non facciamo la guerra e viviamo tutti in pace’. Gesù è un grande! Ci libera di tutte le nostre miserie. Anche da quell’idealismo che non è cattolico

Chiediamo al Signore che ci insegni, primo, a uscire da ogni rigidità, ma uscire in su, per poter adorare e lodare Dio; che ci insegni a riconciliarci fra noi; e anche, che ci insegni a metterci d’accordo fino al punto che noi possiamo farlo”.

Publié dans Commenti al Vangelo, Fede, morale e teologia, Papa Francesco I, Riflessioni, Sacramento dell’Ordine, Stile di vita | Pas de Commentaire »

Papa Francesco: la batteria del cristiano per fare luce è la preghiera

Posté par atempodiblog le 7 juin 2016

Papa Francesco: la batteria del cristiano per fare luce è la preghiera
La batteria del cristiano per fare luce è la preghiera. E’ quanto affermato da Papa Francesco nella Messa mattutina a Casa Santa Marta. Il Pontefice ha ammonito i cristiani dal diventare sale insipido ed ha aggiunto che bisogna vincere la tentazione della “spiritualità dello specchio” per cui si è più impegnati ad illuminare se stessi che a portare agli altri la luce della fede.
di Alessandro Gisotti – Radio Vaticana

Papa Francesco: la batteria del cristiano per fare luce è la preghiera dans Commenti al Vangelo dzgs3l

Luce e sale. Gesù, ha detto Francesco commentando il Vangelo del giorno, parla sempre “con parole facili, con comparazioni facili, perché tutti possano capire il messaggio”. Di qui la definizione del cristiano che deve essere luce e sale. Nessuna delle due cose, ha osservato il Papa, è per se stessa: “La luce è per illuminare altro; il sale è per insaporire, conservare altro”.

La batteria del cristiano per fare luce è la preghiera
Ma come può dunque il cristiano far sì che il sale e la luce non vengano meno, si chiede Francesco, far sì che non finisca l’olio per accendere le lampade?

“Qual è la batteria del cristiano per fare la luce? Semplicemente la preghiera. Tu puoi fare tante cose, tante opere, anche opere di misericordia, tu puoi fare tante cose grandi per la Chiesa – un’università cattolica, un collegio, un ospedale… – e anche ti faranno un monumento da benefattore della Chiesa, ma se non preghi quello sarà un po’ oscuro o buio. Quante opere diventano buie, per mancanza di luce, per mancanza di preghiera. Quello che mantiene, quello che dà vita alla luce cristiana, quello che illumina, è la preghiera”.

La preghiera “sul serio”, ha ammonito, “la preghiera di adorazione al Padre, di lode alla Trinità, la preghiera di ringraziamento, anche la preghiera di chiedere le cose al Signore, ma la preghiera dal cuore”.

Il cristiano insaporisce la vita degli altri con il Vangelo
Quello, ha detto, “è l’olio, quella è la batteria, che dà vita alla luce”. Anche il sale, ha proseguito, “non insaporisce se stesso”:

“Il sale diventa sale quando si dà. E questo è un altro atteggiamento del cristiano: darsi; insaporire la vita degli altri, insaporire tante cose col messaggio del Vangelo. Darsi. Non conservare se stesso. Il sale non è per il cristiano, è per darlo. Lo ha il cristiano per darlo, è sale per darsi, ma non è per sè. Tutti e due – è curioso questo – luce e sale, sono per gli altri, non per se stessi. La luce non illumina se stessa; il sale non insaporisce se stesso”.

Certo, ha osservato, ci si potrebbe chiedere fino a quando potranno durare il sale e la luce se continuiamo a darci senza sosta. Lì, è la risposta di Francesco, “entra la forza di Dio, perché il cristiano è un sale donato da Dio nel Battesimo”, è “una cosa che ti è data in dono e continua ad esserti data in dono se tu continui a darla, illuminando e dando. E non finisce mai”.

Guardarsi dalla tentazione della “spiritualità dello specchio”
Questo è proprio quello che succede nella Prima Lettura alla vedova di Zarepta che si fida del profeta Elia e così la sua farina e l’olio non si esauriscono mai. Quindi, il Papa ha rivolto un pensiero alla vita presente dei cristiano:

“Illumina con la tua luce, ma difenditi dalla tentazione di illuminare te stesso. Questa è una cosa brutta, è un po’ la spiritualità dello specchio: illumino me stesso. Difenditi dalla tentazione di curare te stesso. Sii luce per illuminare, sii sale per insaporire e conservare”.

Il sale e la luce, ha affermato ancora, “non sono per se stessi”, sono per dare agli altri “in buone opere”. E così, ha esortato, “risplenda la vostra luce davanti agli uomini. Perché? Perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei Cieli. Cioè: ritornare a Colui che ti ha dato la luce e ti ha dato il sale”. “Che il Signore ci aiuti in questo – ha ripreso il Papa – sempre avere cura della luce, non nasconderla, metterla in alto”. E il sale, “darlo il giusto, quello che è necessario, ma darlo”, perché così cresce. “Queste – ha concluso – sono le buone opere del cristiano ».

Publié dans Commenti al Vangelo, Fede, morale e teologia, Papa Francesco I, Riflessioni, Stile di vita | Pas de Commentaire »

1...678910...15