“Io resto disarmato”

Posté par atempodiblog le 16 mars 2013

“Io resto disarmato” dans Charles Péguy Charles-Peguy

“Padre nostro che sei nei Cieli. Evidentemente quando un uomo ha cominciato così, quando Mi ha rivolto queste tre o quattro parole, quando ha cominciato col far avanzare davanti a sé queste tre o quattro parole, dopo può continuare, può dirMi quello che vuole. Lo capite, Io resto disarmato. E mio Figlio lo sapeva bene, Lui che ha tanto amato questi uomini”.

di Charles Péguy

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Il Padre

Posté par atempodiblog le 11 mars 2013

Il Padre dans Charles Péguy 15zpagy

«Il padre è colui che è chiamato ad attraversare il mare controcorrente, prendendosi sulle proprie spalle il peso di un pezzo di mondo».

Charles Péguy

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Affidarsi

Posté par atempodiblog le 31 octobre 2012

Il “contadino” di Charles Péguy disperato perché i suoi bambini erano malati decide di affidarli, anzi di metterli fra le braccia della Madonna, perché in realtà sono figli “suoi”. E se ne va poi “sgravato” da una troppo grande “angoscia”: comunque certo ora, per quei figli, di un destino “buono”. (Marina Corradi)

Affidarsi dans Charles Péguy bambinia

Affidarsi

Egli pensa ai suoi bambini che ha messo particolarmente sotto la protezione della Santa Vergine.
Un giorno che erano malati.
E che aveva avuto una grande paura.
E pensa ancora fremendo a quel giorno.
Che aveva avuto così paura.
Per loro e per sé.
Perché erano malati.
Ne aveva tremato nella sua carne.
All’idea soltanto che fossero malati.
Aveva ben capito che non poteva vivere così.
Con dei bambini malati.
E sua moglie che aveva una tale paura.
Così spaventosamente.
Che aveva lo sguardo fisso al di dentro e la fronte sbarrata
e non diceva più una parola.
Come una bestia che ha male.
Che tace.
Perché aveva il cuore serrato.
La gola strozzata come una donna che viene strozzata.
Il cuore in una morsa.
La gola nelle dita; nelle mascelle della morsa.
Sua moglie che serrava i denti, che serrava le labbra.
E che parlava raramente e con un’altra voce.
Con una voce che non era la sua.
Tanto aveva spaventosamente paura.
E non voleva dirlo.
Ma lui, per Dio, era un uomo. Non aveva paura di parlare.
Aveva perfettamente capito che le cose non potevano andare così.
Non poteva durare.
Così.
Non poteva vivere con dei bambini malati.
Allora aveva fatto un colpo (un colpo d’audacia), ne rideva
ancora quando ci pensava.
Si ammirava anche un po’. Ed era anche un po’ il caso. E ne fremeva ancora
Bisogna dire che era stato piuttosto ardito e che era un colpo
ardito.
Eppure tutti i cristiani possono fare altrettanto.
Ci si domanda perfino perché non lo facciano.
Come si prendono tre bambini da terra e come li si mettono
tutti e tre.
Insieme. Contemporaneamente.
Per divertirsi. Per una specie di gioco.
Nelle braccia della loro madre e della loro nutrice che ride.
E dà in esclamazioni.
Perché gli se ne mettono troppi.
E non avrà la forza di portarli.
Lui, ardito come un uomo.
Aveva preso, con la preghiera aveva preso.
(Bisogna che Francia, bisogna che cristianità continui.)
I suoi tre bambini nella malattia, nella miseria in cui giacevano.
E tranquillamente te li aveva messi.
Con la preghiera te li aveva messi.
Molto tranquillamente nelle braccia di Colei che è carica di
tutti i dolori del mondo.
E che ha già le braccia così cariche.
Perché il Figlio ha preso tutti i peccati.
Ma la Madre ha preso tutti i dolori.
Lui aveva detto, con la preghiera aveva detto: Non ne posso più.
Non ci capisco più nulla. Ne ho fin sopra la testa.
Non voglio saperne più nulla.
La cosa non mi riguarda.
(Bisogna che Francia, bisogna che cristianità continui.)
Prendili. Te li do. Fanne quel che vorrai.
Io ne ho abbastanza.
Colei che è stata la madre di Gesù Cristo può ben essere anche la madre di questi due maschietti e di questa bambina.
Che sono i fratelli di Gesù Cristo.
E per i quali Gesù Cristo è venuto al mondo.
Cosa ti può fare questo. Ne hai tanti altri.
Cosa ti può fare, uno di più uno di meno.
Hai avuto il piccolo Gesù. Ne hai avuti tanti altri.
(Voleva dire nei secoli dei secoli, tutti i bambini degli uomini,
tutti i fratelli di Gesù, i fratellini, e ne avrà talmente tanti
nei secoli dei secoli.)…

…E’ perfino curioso che non tutti i cristiani facciano altrettanto.
E’ così semplice.
Non si pensa mai a ciò che è semplice.
Si cerca, si cerca, ci si dà da fare, non si pensa mai alla cosa
più semplice.
Insomma si è sciocchi, tanto vale dirlo subito….
…E’ il contrario di un uomo che ha ingaggiato i suoi figli in
una fattoria.
Resta il proprietario dei suoi figli.
Ed è il fattore che ne diventa l’affittuario. Il fattore.
Lui al contrario non vuole più essere che l’affittuario dei suoi
figli.
Non ne ha più che l’usufrutto.
Ed è il buon Dio che ne ha la nuda (e la piena) proprietà.
Ma è un buon proprietario, il buon Dio.
Ammira come quest’uomo è saggio.
Quest’uomo che non vuole più essere che il fattore dei suoi
figli.
Quest’uomo che se ne va, che se ne ritorna a mani vuote.
Perché Dio non è geloso, né la santa Vergine.
Gli lasceranno tranquillamente tutto il godimento dei suoi figli.

Charles Péguy – Il mistero dei santi innocenti

Tratto da: La Roccia Splendente

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L’Ave Maria è l’ultimo soccorso

Posté par atempodiblog le 11 septembre 2012

L'Ave Maria è l'ultimo soccorso dans Charles Péguy

“La Madonna mi ha salvato dalla disperazione. Era il pericolo più grave: le persone come noi hanno sempre fede e carità quanto è necessario. Ma è la speranza che può mancare…Per diciotto mesi non ho potuto dire il Padre Nostro… Non potevo dire: “Sia fatta la tua volontà”. Non potevo proprio. Comprendete? Non si trattava di dire le preghiere in un modo qualsiasi. Si trattava di dire con verità quello che dicevo. E non potevo dire con verità: “Sia fatta la tua volontà”.
Allora ho pregato Maria. Le preghiere a Maria sono le preghiere di riserva… Non ce n’è una in tutta la liturgia, una, capite, una che il peggiore dei peccatori non possa dire con verità. Nel meccanismo della salvezza, l’Ave Maria è l’ultimo soccorso. Con essa non si può essere perduti”.

di Charles Péguy

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Santa Giovanna d’Arco

Posté par atempodiblog le 30 mai 2012

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Hauviette diceva a Giovanna d’Arco: Tu vedi. Tu vedi. Quello che sappiamo, noi altri, tu lo vedi. Quello che c’insegnano, a noi altri, tu lo vedi. Il catechismo, tutto il catechismo, e la chiesa, e la messa, tu non lo sai, tu lo vedi, e la tua preghiera non la dici, non la dici soltanto, tu la vedi. Per te non ci sono settimane. E non ci sono giorni. Non ci sono giorni nella settimana; e non ore nella giornata. Tutte le ore per te suonano come la campana dell’Angelus. Tutti i giorni sono domeniche e più che domeniche e le domeniche più che domeniche”.

Charles Peguy – Il mistero della Carità di Giovanna d’Arco

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Il mistero della carità di Giovanna d’Arco

Posté par atempodiblog le 30 mai 2012

Il cardinale Roger Etchegaray ricorda la Pulzella d’Orléans nel giorno della sua festa
Fonte: 30Giorni

Il mistero della carità di Giovanna d’Arco dans Charles Péguy 15ydc0j
Giovanna conduce le truppe francesi alla battaglia di Orléans, miniatura tratta da La Vie des femmes célèbres (1505) di Antoine Dufour, Musée Dobrée, Nantes

30 maggio, memoria di santa Giovanna d’Arco, vergine

La pietà di Jeannette
Secoli ci separano da Giovanna d’Arco ma, come mai prima, ella sembra esserci contemporanea, perché sono la stessa Francia e la stessa Chiesa, ambedue così straziate, a risvegliare il nostro interesse per lei. Il cuore di Giovanna d’Arco si è colmato di pietà a contatto con la miseria del suo tempo: una Francia lacerata ed incerta del proprio destino. Era mossa da una pietà per il regno di Francia. E questo per umile adesione alla volontà di Dio. Si pensi alla pena con cui, mentre prendeva le armi a Vaucouleurs, ammise: «Preferirei piuttosto filare accanto alla mia povera madre, perché questo non è il mio mestiere».
Giovanna sa che la patria non è un’astrazione o un pregiudizio, è una realtà molto concreta. Non è con le idee che si costruisce una patria, ma con la terra che si attacca alla suola delle scarpe.
Non c’è storia più francese della sua. Non vi è una sola francese che possa considerarsi più francese di lei per quella sua vivacità spontanea, che resta tale persino durante la sua prigionia, per quel suo meraviglioso equilibrio che ne rivela le umili origini. A detta di un critico letterario «il capolavoro più commovente e più puro della lingua francese» è nato nel corso dei suoi processi, da un «prodigioso dialogo tra la santità e la viltà» (R. Brasillach, Le procès de Jeanne d’Arc, 1932).
Di Giovanna, della sua pietà di umile contadina, della simpatia e commozione che suscitò nel popolo è stata testimone Rouen. Che non è soltanto la città del processo e di un rogo crepitante di infamia, ma è soprattutto il luogo del «processo al processo» (Régine Pernoud) e di una riabilitazione in cui riecheggia tutta l’esistenza della Pulzella. Senza quelle testimonianze di amici di infanzia, di compagni d’armi, di ex giudici, non sapremmo quasi nulla della sua storia cristallina.
E questo processo al processo, che illumina una vita così breve, ha potuto aprirsi e svolgersi con tanta rapidità grazie alla simpatia popolare degli abitanti di Rouen che non hanno mai dubitato di colei che bruciava davanti ai loro occhi sulla piazza del Mercato Vecchio. Non conosco omaggio più commovente che sia stato reso al popolo di Rouen di quest’affresco di volti pieni di compassione inquadrati in primo piano dalla cinepresa muta di Dreyer nella sua Passione di Giovanna d’Arco.

«Io mi rimetto a Dio»
«Da quando il caro Péguy se n’è andato vorremmo che Giovanna d’Arco appartenesse soltanto ai bambini». Così scrisse Bernanos. E aveva colto nel segno, quando suggeriva che solo lo sguardo dei bambini, come quello che aveva Charles Péguy, poteva comprendere la vicenda della Pulzella d’Orléans.
Alla missione che Dio le indica, Giovanna non aggiunse nulla di suo. «Mi rimetto a Dio, il Re del cielo e della terra», dichiarò a Giovanni di Chatillon che la torturava.
Péguy non ha mai smesso di guardare stupito questo mistero:

«E quel gran generale che adunava intorno a sé città
Come si bacchian noci con una gran pertica
Non era altro in mezzo al rumore e alle guerre civili
Che un’umile fanciulla immersa nel suo amore per Dio».
Se è vero che Giovanna d’Arco è santa, non è certo perché ha salvato la Francia, né tantomeno perché è salita al rogo (che la Chiesa non ha mai riconosciuto come martirio), ma semplicemente perché tutta la sua vita sembra essere in perfetta adesione a quella che lei afferma essere la volontà di Dio. Ciò che lei fa, è ciò che Dio vuole e unicamente questo: «Poiché era Dio ad ordinarlo» ha dichiarato con forza «anche se avessi avuto cento padri e cento madri, anche se fossi stata figlia di re, sarei partita».

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1429. L’ncoronazione di Carlo VII a Reims In questo affresco di Jules Lenepveu conservato al Panthéon di Parigi, alle spalle del re è raffigurata Giovanna d’Arco

Il limite di ogni politica
Giovanna, eroina della propria patria perché santa di Dio, ci indica che è la carità che viene da Dio che ci fa amare la concretezza del particolare. È proprio questa carità frutto di grazia a stabilire il limite di ogni progetto politico, così che sia alieno da pretese totalizzanti.
Il cristiano può anche felicitarsi del fatto che la politica attuale non determini soltanto obiettivi e mezzi, ma promuova finalità e valori, una concezione dell’uomo. Ma in tal caso, il rischio di una sopravvalutazione si fa grande, molto più di quello di una sacralizzazione, di una venerazione della politica. Niente è più temibile di una politica dalle pretese totalizzanti. Come cristiani, qualunque sia il nostro impegno politico, abbiamo il dovere di denunciare il carattere limitato di tutte le ideologie, non appena hanno la pretesa di presentarsi come via di salvezza; accettandole senza riserve, gli uomini rischiano di veder sacrificata la propria integrità.
La missione profetica della Chiesa, di tutti i suoi figli e figlie, consiste in primo luogo nell’affermare che Dio soltanto è Dio, fonte e termine della storia; consiste nella denuncia della sacralizzazione di ogni azione politica, soprattutto in un’epoca in cui rischia di perder vigore il valore assoluto della fede.
La Chiesa diverrebbe presto insignificante se cercasse di confondersi con gli interessi di un progetto politico. Essa non deve temere di impregnare di fermento evangelico la società offrendo la propria originalità, cioè la vita di uomini riconciliati in Cristo attenti ai bisogni concreti innanzitutto dei poveri. Coscienti, come Giovanna d’Arco di Péguy, che solo per grazia riaccade nella storia degli uomini un nuovo inizio di vita cristiana: «Forse ci vorrebbe altro, mio Dio, tu sai tutto. Sai quello che ci manca. Ci vorrebbe forse qualcosa di nuovo, qualcosa di mai visto prima. Qualcosa che non fosse ancora mai stato fatto. Ma chi oserebbe dire, mio Dio, che ci possa essere ancora del nuovo dopo quattordici secoli di cristianità, dopo tante sante e tanti santi, dopo tutti i tuoi martiri, dopo la passione e morte di Tuo Figlio. Insomma quello che ci vorrebbe, mio Dio, ci vorrebbe che tu mandassi una santa… che riuscisse».

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Il privilegio dei Santi Innocenti

Posté par atempodiblog le 4 janvier 2012

Il privilegio dei Santi Innocenti dans Charles Péguy santiinnocenti

[...] Questa festa è collegata col Natale, ma colpisce per il suo contenuto cruento: la liturgia non lasci adagiare la nostra attenzione sul cuscino di un buonismo dolciastro, di un infantilismo retorico (quanti richiami al ritornare un po’ bambini, a rivestirci di purezza infantile sono comparsi sui media in questi giorni!).
La vicenda celebrata è crudele. Il re Erode, allarmato per quanto ha sentito dai Magi, si informa su dove sarebbe dovuto nascere questo nuovo pretendente al trono che egli intendeva difendere ad ogni costo, come del resto aveva già fatto uccidendo alcuni figli troppo intraprendenti. Ingannato dal Magi che se la svignano senza dirgli più nulla, decide di sradicare la minaccia alla radice: fa uccidere tutti i bambini al di sotto dei due anni nati nei dintorni di Betlemme. Sono loro i Santi Innocenti.
La ricerca storica parla oggi di alcune decine di vittime, ma l’antichissima tradizione liturgica ne evoca un numero molto più alto, fino a farli coincidere con centoquarantaquattromila di cui parla il quattordicesimo capitolo dell’Apocalisse di san Giovanni.
Proprio da questa identificazione prende spunto Charles Péguy nella parte finale del suo mistero dedicato proprio ai Santi Innocenti. Sono loro gli unici, in tutto il paradiso celeste, che «seguono l’Agnello ovunque egli vada» e che possono «cantare un canto nuovo» che nessun altro, fosse pure stato un grandissimo santo, può comprendere.
Da dove viene questo inaudito privilegio? Il fatto è, spiega Péguy, che quei bambini sono stati bambini e basta, cioè sono rimasti come la mano creatrice plasma originariamente ogni uomo. E se la moralità, la santità, consiste proprio nella tensione a questa originalità, essi sono i più grandi tra i santi.
Dice Péguy: «Ognuno di noi è strappato alla terra troppo tardi, quando già la terra ha fatto presa. / Ognuno di noi è strappato alla terra quando è già terroso. / Quando la sua memoria è terrosa e la sua anima è terrosa. / Quando la terra s’è incollata a lui ed ha lasciato su di lui un marchio incancellabile». Quei bambini no, non hanno «questa piega e questo sapore d’ingratitudine. / Di un’amarezza. / Terrosa».
Ma questo a noi sembra un’ingiustizia. E infatti il poeta francese mette sulla bocca di Dio stesso le sette ragioni che giustificano un simile privilegio, un comportamento così scandaloso. Le prime tre sprofondano nell’insondabile mistero della libertà divina: «Perché li amo. Perché mi piacciono. Perché così mi piace». E questo, aggiunge Péguy, «può bastare».
Ma, venendo in soccorso al nostro desiderio di capire, aggiunge le altre. Perché non conoscono l’amarezza. Perché «per una specie di equivalenza / questi innocenti hanno pagato per mio figlio […] / Essi furono presi per lui. Furono massacrati per lui. Invece di lui. Al suo posto». La sesta ragione è che «erano coetanei di mio figlio» ed è «una grande fortuna o una grande sfortuna per ogni uomo. / Nascere o non nascere a un dato momento del tempo». Da ultimo essi «erano simili a mio figlio. / E lui era simile a loro». Cioè anche lui era bambino. Quello di Natale.
Ma lui sarebbe cresciuto e avrebbe conosciuto, come tutti noi, «l’ingratitudine umana» e avrebbe avuto «agli angoli delle labbra la piaga dell’amarezza e dell’ingratitudine […] la piega del pianto e dell’averne vedute troppe».
Quest’ultima considerazione ci riappacifica: la salvezza non è solo per chi non ha assaggiato le tristezze della vita, ma anche per noi con tutte le nostre amarezze e pieghe di pianto. Anche per noi è preparato il cielo insieme a quei bambini privilegiati, che giocano con le loro palme di martiri e corone di fiori. «E la palma sempre verde serve loro, a quanto pare, di bacchetta».

di Pigi Colognesi – Il Sussidiario

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La preghiera dei bambini

Posté par atempodiblog le 4 janvier 2012

La preghiera dei bambini
di Charles Péguy – Il mistero dei santi innocenti

La preghiera dei bambini dans Charles Péguy Preghiera-bimbi

[...]
Nulla è bello come un bambino che s’addormenti nel dire la preghiera, dice Dio.
Vi dico, nulla è così bello al mondo.
E dire che ne ho viste di bellezze, nel mondo.
E me ne intendo. La mia creazione trabocca di bellezze.
La mia creazione trabocca di meraviglie.
Ce n’è tante da non sapere dove metterle.
Ho visto milioni e milioni d’astri ruotare sotto i miei piedi come le sabbie del mare.
Ho visto giornate ardenti come fiamme.
Giorni d’estate, di giugno, luglio, agosto.
Ho visto sere d’inverno distese come un mantello.
Ho visto sere d’estate calme e dolci come una pioggia di Paradiso,
Tutte disseminate di stelle.
Ho visto queste colline della Mosa e queste chiese che sono le mie case.
E Parigi e Reims e Rouen e cattedrali che sono i miei palazzi, i miei castelli.
Così belli che li conserverò nel cielo.
Ho visto la capitale del regno a Roma, capitale della cristianità.
Ho sentito cantare la messa e i vespri trionfali.
Ho visto queste pianure e queste valli di Francia che sono la cosa più bella.
Ho visto il mare profondo, e la profonda foresta, e il cuore profondo dell’uomo.
Ho visto cuori divorati d’amore
Durante l’intera vita
Estatici di carità.
Che bruciavano come fiamme:
Ho visto martiri così animati di fede
Saldi come roccia sul cavalletto
Sotto i denti di ferro.
Come un soldato che resista da solo per tutta la vita
Per fede
Per il suo generale - apparentemente - assente.
Ho visto martiri in fiamme come torce
Prepararsi così le palme sempre verdi.
Ho visto stillare sotto gli uncini di ferro
Gocce di sangue splendenti come diamanti.
Ho visto stillare lacrime d’amore
Che dureranno più a lungo delle stelle del cielo.
E ho visto sguardi di preghiera, di tenerezza,
Estatici di carità
Che brilleranno in eterno per notti e notti.
Ho visto vite intere dalla nascita alla morte,
Dal battesimo al viatico,
Svolgersi come una bella matassa di lana.
Ora vi dico - dice Dio – non conosco nulla di così bello in tutto il mondo
Come un piccolo bimbo che s’addormenti nel dir la preghiera
Sotto l’ala dell’angelo custode
E che sorride da solo scivolando nel sonno.
E già mescola tutto insieme e non ci si capisce più nulla
E arruffa le parole del Padre Nostro e le infila alla rinfusa tra le parole dell’Ave Maria
Mentre già un velo gli cala sulle palpebre,
Il velo della notte sul suo sguardo, sulla sua voce.
Ho visto i santi più grandi. - dice Dio - Ebbene, io vi dico:
Non ho mai visto nulla di più buffo e quindi di più bello al mondo
Di questo bimbo che s’addormenta nel dir la preghiera
(Di quest’esserino che s’addormenta fiducioso)
E che mescola Padre Nostro e Ave Maria.
Nulla è più bello, e in questo perfino
La Santa Vergine è d’accordo con me.
Su quest’argomento.
E posso ben dire che sia il solo punto su cui andiamo d’accordo. Perché generalmente siamo di parere contrario.
Perché lei è per la misericordia.
E io, bisogna pure che io sia per la giustizia.

Così - dice Dio - come capisco mio figlio. Mio figlio l’ha detto e ridetto. (Perché bisogna intendere alla lettera ogni parola di mio figlio). Ha detto: Sinite parvulos. Lasciate che vengano.
Sinite parvulos venire ad me. Lasciate che i piccoli vengano a me.
I piccoli bimbi.

Allora gli furono offerti dei piccini perché imponesse loro le mani e pregasse. Ora i discepoli li rimproveravano.
Ma Gesù disse loro: Lasciate i piccoli, e non impedite che vengano a me: talium est enim regnum coelorum. Infatti di costoro è il regno dei cieli. A loro, a quelli come loro appartiene il regno dei cieli.
E dopo avere imposto loro le mani, se ne andò.
[...]

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Si è cristiani quando si appartiene alla Chiesa

Posté par atempodiblog le 2 janvier 2012

Si è cristiani quando si appartiene alla Chiesa dans Charles Péguy manipace

Chi non è affatto cristiano, chi non capisce niente di cristianesimo, chi gli è veramente estraneo è colui che non è peccatore, letteralmente è colui che non commette alcun peccato. Invece il peccatore, insieme con il santo, entra nel sistema, è del sistema del cristianesimo. Chi non entra in questo sistema, chi non dà la mano è quello che non è affatto cristiano, che non capisce niente di cristianesimo. Il peccatore tende la mano al santo, dà la mano al santo, poiché il santo dà la mano al peccatore. E tutti insieme, l’uno attraverso l’altro, l’uno tirando l’altro, risalgono fino a Gesù, fanno una catena che risale fino a Gesù. Una catena inestricabile di dita. Chi non è cristiano, chi non capisce niente di cristianesimo, in cristianità, in materia di cristianità, è chi non dà la mano. Poco importa cosa ci faccia poi dopo con quella mano. Quand’anche un uomo potesse compiere anche l’azione più alta del mondo senza essere stato immerso nella grazia, quest’uomo sarebbe uno stoico, non un cristiano. E quando un uomo può commettere la più bassa azione del mondo precisamente senza commettere un peccato, quest’uomo non è un cristiano. Il cristiano non si definisce affatto per il livello che raggiunge, ma per la comunione. Non si è affatto cristiani perché si è ad un certo livello, morale, intellettuale, anche spirituale. Si è cristiani perché si appartiene ad una certa razza ascendente, ad una certa razza mistica, ad una certa razza spirituale e carnale, temporale ed eterna, ad un certo sangue”.

Charles Péguy

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L’avvento di Dio nel cuore dell’uomo

Posté par atempodiblog le 26 novembre 2011

L'avvento di Dio nel cuore dell’uomo dans Avvento avvento

Così dormiva il bambino il suo primo sonno profondo.
Stava per cominciare l’immenso evento.
Stava per cominciare l’immenso avvento.
L’avvento dell’ordine e della salvezza dell’uomo.

Assorto, il bambino dormiva un sonno profondo.
Stava per cominciare il grande comando.
Stava per cominciare il grande avvento,
l’avvento di Dio nel cuore dell’uomo.

Charles Péguy

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« …ecco il luogo del mondo dove tutto diviene facile, anche l’avvenimento »

Posté par atempodiblog le 3 novembre 2011

[...] le grazie che la Vergine di Chartres ha silenziosamente seminato nella vita di Péguy germogliano anche in frutti di poesia. Alla fine del 1912 scrive la Présentation de la Beauce à Notre-Dame de Chartres. In seguito compone quattro Prières dans la Cathédrale de Chartres. Tutte queste opere poetiche seguono la rievocazione del cammino in aperta campagna ed esprimono l’esperienza vissuta nel santuario. Verranno pubblicate insieme sul Cahier dell’11 maggio 1913, in un solo volume intitolato La Tapisserie de Notre-Dame. La prima delle Prières dans la Cathédrale, intitolata Prière de résidence (preghiera di residenza), descrive il primo umile moto di gratitudine del peccatore Péguy: il semplice stare, il rimanere in ginocchio davanti alla Madonna è già segno di un dono ricevuto, indizio di una speranza certa che già si affaccia all’orizzonte della propria vita:

«Ecco il luogo del mondo dove tutto diviene facile,
Il rimpianto, la partenza e anche l’avvenimento.
E l’addio temporaneo e anche la separazione
Il solo angolo della terra dove tutto si fa docile. […]
Ciò che dappertutto altrove è un’aspra lotta
E una lama da macello tesa alla gola,
Ciò che dappertutto altrove è la potatura e l’innesto
Qui non è che il fiore e il frutto del pesco […].
Ciò che dappertutto altrove è la noiosa abitudine
Seduta accanto al fuoco, le mani sotto il mento,
Ciò che dappertutto altrove è solitudine
Qui non è che un vivace e forte germoglio […].
Ce ne han dette tante, regina degli apostoli,
Abbiamo perso il gusto per i discorsi
Non abbiamo più altari se non i vostri
Non sappiamo nient’altro che una preghiera semplice».

Così, anche soltanto le briciole della grazia possono eccezionalmente bastare a riempire la vita, per chi come lui vive la dolorosa condizione di non potersi avvicinare ai sacramenti. Scrive in una lettera a Lotte: «Vivo senza sacramenti. È un’impresa folle. Ma godo del dono della grazia, di una sovrabbondanza di grazia inconcepibile. Obbedisco alle indicazioni».

di Gianni Valente – 30 Giorni

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Si sono nascosti tutti dietro di Lui

Posté par atempodiblog le 28 octobre 2011

Si sono nascosti tutti dietro di Lui dans Charles Péguy 2ynroes

«Ecco cosa ha raccontato loro mio figlio. Mio figlio ha svelato loro il segreto del giudizio stesso. Ed ecco come mi sembrano, ecco come li vedo; ecco come sono obbligato a vederli. Come la scia di un bel vascello va allargandosi fino a sparire e a perdersi. Ma comincia con una punta, che è la punta stessa del vascello. Così la scia immensa dei peccatori s’allarga fino a sparire e a perdersi. Ma comincia con una punta, ed è questa punta che viene verso di me, che è volta verso di me.

Comincia con una punta, che è la punta stessa del vascello. E il vascello è il mio stesso figlio, carico di tutti i peccati del mondo. E la punta del vascello son le due mani giunte di mio figlio.

E davanti allo sguardo della mia collera e davanti allo sguardo della mia giustizia si sono nascosti tutti dietro di lui».

Charles Péguy

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La piccola Speranza

Posté par atempodiblog le 31 octobre 2009

La piccola Speranza dans Charles Péguy hopej

« La Fede è quella che tiene duro nei secoli dei secoli. La Carità è quella che dà se stessa nei secoli. Ma è la piccola Speranza che si leva tutte le mattine. La Fede è una cattedrale radicata nel suolo di un paese. La Carità è un ospedale che raccoglie tutte le miserie del mondo. Ma senza Speranza, tutto questo non sarebbe che un cimitero ».

Charles Péguy

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