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La porta stretta

Posté par atempodiblog le 21 août 2022

Il Vangelo della XXI domenica del tempo ordinario (Lc 13, 22-30)
La porta stretta
di Fulvia Sieni – L’Osservatore Romano

La porta stretta dans Beato Charles de Foucauld La-porta-stretta

Arrivando oggi a Betlemme e volendo entrare nella Basilica della Natività, siamo costretti ad abbassarci, quasi ad inchinarci poiché il portale di ingresso alla grande chiesa, sorta sul luogo dove si fa memoria della nascita di Gesù, è piccolo, basso e stretto. Le ragioni delle sue dimensioni sono rintracciabili nella necessità di evitare che crociati o nemici entrassero nel luogo sacro sulle loro cavalcature, ma la teologia simbolica, che sempre precede la costruzione dei luoghi di culto, ci ricorda due cose importanti tra tutte: la kenosi, la discesa e il farsi piccolo di Gesù nella sua incarnazione e la necessità di imitarlo in questa via di umiltà, di farci piccoli come Lui per entrare nel Regno dei Cieli.

È la porta stretta annunciata da Gesù nel Vangelo quella da attraversare per essere accolti dal Padrone di casa, colui che «quando apre nessuno può chiudere e quando chiude nessuno può aprire» (cf. iv Antifona Maggiore di Avvento O Clavis David nella Novena di Natale).

«Dio non ha vincolato la salvezza alla scienza, all’intelligenza, alla ricchezza, ad una lunga esperienza, a particolari doti che non tutti hanno ricevuto. No. L’ha vincolata a ciò che tutti possono avere, che è alla portata di tutti […]. Questo è ciò che ci vuole per guadagnare il cielo: Gesù lo vincola qui, all’umiltà, al farsi piccoli, al cercare l’ultimo posto, all’obbedienza o, come dice altrove, alla povertà di spirito, alla purezza del cuore, all’amore della giustizia, allo spirito di pace» (C. De Foucauld).

La Parola della pagina del Vangelo di questa xxi domenica del tempo ordinario non si può addomesticare, dobbiamo riconoscerglielo: «Sforzatevi» (agonízesthe), più propriamente «“lottate” per entrare per la porta stretta, perché molti — ve lo dico — cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno» (Lc 13,24). Gesù va dritto al punto e ci ricorda che c’è una lotta da fare, un combattimento da affrontare per varcare la soglia benedetta del Regno dei Cieli.

È molto di più che un’esortazione: il Signore ci sta dando un’indicazione di cammino, ci sta suggerendo la modalità con cui affrontare la vita.

In fondo il Regno dei Cieli è come la Terra Promessa per Israele: era un dono per il popolo da parte del Dio che l’aveva promessa ad Abramo e aveva liberato il popolo dalla schiavitù in Egitto, ma era anche un compito, una conquista che Israele ha ottenuto un pezzettino alla volta, combattendo e contro i popoli che già la abitavano.

«Nell’ultimo giorno molti che si ritenevano dentro si scopriranno fuori, mentre molti che pensavano di essere fuori saranno trovati dentro» (Agostino).

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Santità: Il primato di Dio sull’io

Posté par atempodiblog le 15 mai 2022

SANTA MESSA E CANONIZZAZIONE DEI BEATI
Titus Brandsma – Lazzaro, detto Devasahayam – César de Bus – Luigi Maria Palazzolo – Giustino Maria Russolillo -
Charles de Foucauld - Maria Rivier – Maria Francesca di Gesù Rubatto – Maria di Gesù Santocanale – Maria Domenica Mantovani

OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO
Santità: Il primato di Dio sull’io

Piazza San Pietro
Domenica, 15 maggio 2022

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Santità: Il primato di Dio sull’io dans Beato Charles de Foucauld Canonizzazione-don-Giustino-Maria-Russolillo


Abbiamo ascoltato alcune parole che Gesù consegna ai suoi prima di passare da questo mondo al Padre, parole che dicono che cosa significa essere cristiani: «Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri» (Gv 13,34). Questo è il testamento che Cristo ci ha lasciato, il criterio fondamentale per discernere se siamo davvero suoi discepoli oppure no: il comandamento dell’amore. Fermiamoci sui due elementi essenziali di questo comandamento: l’amore di Gesù per noi – come io ho amato voi – e l’amore che Lui ci chiede di vivere – così amatevi gli uni gli altri.

Anzitutto come io ho amato voi. Come ci ha amato Gesù? Fino alla fine, fino al dono totale di sé. Colpisce vedere che pronuncia queste parole in una notte tenebrosa, mentre il clima che si respira nel cenacolo è carico di emozione e preoccupazione: emozione perché il Maestro sta per dare l’addio ai suoi discepoli, preoccupazione perché annuncia che proprio uno di loro lo tradirà. Possiamo immaginare quale dolore Gesù portasse nell’animo, quale oscurità si addensava sul cuore degli apostoli, e quale amarezza vedendo Giuda che, dopo aver ricevuto il boccone intinto dal Maestro per lui, usciva dalla stanza per inoltrarsi nella notte del tradimento. E, proprio nell’ora del tradimento, Gesù conferma l’amore per i suoi. Perché nelle tenebre e nelle tempeste della vita questo è l’essenziale: Dio ci ama.

Fratelli, sorelle, che questo annuncio sia centrale nella professione e nelle espressioni della nostra fede: «non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi» (1 Gv 4,10). Non dimentichiamolo mai. Al centro non ci sono la nostra bravura, i nostri meriti, ma l’amore incondizionato e gratuito di Dio, che non abbiamo meritato. All’inizio del nostro essere cristiani non ci sono le dottrine e le opere, ma lo stupore di scoprirsi amati, prima di ogni nostra risposta. Mentre il mondo vuole spesso convincerci che abbiamo valore solo se produciamo dei risultati, il Vangelo ci ricorda la verità della vita: siamo amati. E questo è il nostro valore: siamo amati. Così ha scritto un maestro spirituale del nostro tempo: «prima ancora che qualsiasi essere umano ci vedesse, siamo stati visti dagli amorevoli occhi di Dio. Prima ancora che qualcuno ci sentisse piangere o ridere, siamo stati ascoltati dal nostro Dio che è tutto orecchie per noi. Prima ancora che qualcuno in questo mondo ci parlasse, la voce dell’amore eterno già ci parlava» (H. Nouwen, Sentirsi amati, Brescia 1997, 50). Lui ci ha amato per primo, Lui ci ha aspettato. Lui ci ama, Lui continua ad amarci. E questa è la nostra identità: amati da Dio. Questa è la nostra forza: amati da Dio.

Questa verità ci chiede una conversione sull’idea che spesso abbiamo di santità. A volte, insistendo troppo sul nostro sforzo di compiere opere buone, abbiamo generato un ideale di santità troppo fondato su di noi, sull’eroismo personale, sulla capacità di rinuncia, sul sacrificarsi per conquistare un premio. È una visione a volte troppo pelagiana della vita, della santità. Così abbiamo fatto della santità una meta impervia, l’abbiamo separata dalla vita di tutti i giorni invece che cercarla e abbracciarla nella quotidianità, nella polvere della strada, nei travagli della vita concreta e, come diceva Teresa d’Avila alle consorelle, “tra le pentole della cucina”.  Essere discepoli di Gesù e camminare sulla via della santità è anzitutto lasciarsi trasfigurare dalla potenza dell’amore di Dio. Non dimentichiamo il primato di Dio sull’io, dello Spirito sulla carne, della grazia sulle opere. A volte noi diamo più peso, più importanza all’io, alla carne e alle opere. No: il primato di Dio sull’io, il primato dello Spirito sulla carne, il primato della grazia sulle opere.

L’amore che riceviamo dal Signore è la forza che trasforma la nostra vita: ci dilata il cuore e ci predispone ad amare. Per questo Gesù dice – ecco il secondo aspetto – «come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri». Questo così non è solo un invito a imitare l’amore di Gesù; significa che possiamo amare solo perché Lui ci ha amati, perché dona ai nostri cuori il suo stesso Spirito, lo Spirito di santità, amore che ci guarisce e ci trasforma. Per questo possiamo fare scelte e compiere gesti di amore in ogni situazione e con ogni fratello e sorella che incontriamo, perché siamo amati e abbiamo la forza di amare. Così come io sono amato, posso amare. Sempre, l’amore che io compio è unito a quello di Gesù per me: “così”. Così come Lui mi ha amato, così io posso amare. È così semplice la vita cristiana, è così semplice! Noi la rendiamo più complicata, con tante cose, ma è così semplice.

E, in concreto, che cosa significa vivere questo amore? Prima di lasciarci questo comandamento, Gesù ha lavato i piedi ai discepoli; dopo averlo pronunciato, si è consegnato sul legno della croce. Amare significa questo: servire e dare la vitaServire, cioè non anteporre i propri interessi; disintossicarsi dai veleni dell’avidità e della competizione; combattere il cancro dell’indifferenza e il tarlo dell’autoreferenzialità, condividere i carismi e i doni che Dio ci ha donato. Nel concreto, chiedersi “che cosa faccio per gli altri?” Questo è amare, e vivere le cose di ogni giorno in spirito di servizio, con amore e senza clamore, senza rivendicare niente.

E poi dare la vita, che non è solo offrire qualcosa, come per esempio alcuni beni propri agli altri, ma donare sé stessi. A me piace domandare alle persone che mi chiedono consiglio: “Dimmi, tu dai l’elemosina?” – “Sì, Padre, io do l’elemosina ai poveri” – “E quando tu dai l’elemosina, tocchi la mano della persona, o butti l’elemosina e fai così per pulirti?”. E diventano rossi: “No, io non tocco”. “Quando tu dai l’elemosina, guardi negli occhi la persona che aiuti, o guardi da un’altra parte?” – “Io non guardo”. Toccare e guardare, toccare e guardare la carne di Cristo che soffre nei nostri fratelli e nelle nostre sorelle. È molto importante, questo. Dare la vita è questo. La santità non è fatta di pochi gesti eroici, ma di tanto amore quotidiano. Sei una consacrata o un consacrato? – ce ne sono tanti, oggi, qui – Sii santo vivendo con gioia la tua donazione. Sei sposato o sposata? Sii santo e santa amando e prendendoti cura di tuo marito o di tua moglie, come Cristo ha fatto con la Chiesa. Sei un lavoratore, una donna lavoratrice? Sii santo compiendo con onestà e competenza il tuo lavoro al servizio dei fratelli, e lottando per la giustizia dei tuoi compagni, perché non rimangano senza lavoro, perché abbiano sempre lo stipendio giusto. Sei genitore o nonna o nonno? Sii santo insegnando con pazienza ai bambini a seguire Gesù. Dimmi, hai autorità? – e qui c’è tanta gente che ha autorità – Vi domando: hai autorità? Sii santo lottando a favore del bene comune e rinunciando ai tuoi interessi personali» (Cfr Esort. ap. Gaudete et exsultate, 14). Questa è la strada della santità, così semplice! Sempre guardare Gesù negli altri.

Servire il Vangelo e i fratelli, offrire la propria vita senza tornaconto – questo è un segreto: offrire senza tornaconto –, senza ricercare alcuna gloria mondana: a questo siamo chiamati anche noi. I nostri compagni di viaggio, oggi canonizzati, hanno vissuto così la santità: abbracciando con entusiasmo la loro vocazione – di sacerdote, alcuni, di consacrata, altre, di laico – si sono spesi per il Vangelo, hanno scoperto una gioia che non ha paragoni e sono diventati riflessi luminosi del Signore nella storia. Questo è un santo o una santa: un riflesso luminoso del Signore nella storia. Proviamoci anche noi: non è chiusa la strada della santità, è universale, è una chiamata per tutti noi, incomincia con il Battesimo, non è chiusa. Proviamoci anche noi, perché ognuno di noi è chiamato alla santità, a una santità unica e irripetibile. La santità è sempre originale, come diceva il beato Carlo Acutis: non c’è santità di fotocopia, la santità è originale, è la mia, la tua, di ognuno di noi. È unica e irripetibile. Sì, il Signore ha un progetto di amore per ciascuno, ha un sogno per la tua vita, per la mia vita, per la vita di ognuno di noi. Cosa volete che vi dica? Portatelo avanti con gioia. Grazie.


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Il cardinale Semeraro: per essere santi serve semplicità e purezza di cuore

Posté par atempodiblog le 14 mai 2022

“Ogni vita di santo ci fa conoscere meglio Gesù, poiché è insieme una pagina della vita di Gesù, il quale vive nei santi suoi”.
di San Giustino Maria della Santissima Trinità Russolillo

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Il cardinale Semeraro: per essere santi serve semplicità e purezza di cuore
La diversità delle biografie dei 10 beati, che verranno canonizzati domani in Piazza San Pietro, conferma che la santità rappresenta semplicemente la risposta alla chiamata di Gesù, sebbene in modalità e tempi differenti. Lo ribadisce il prefetto della Congregazione delle cause dei santi
di Eugenio Bonanata  – Vatican News

Numerosi i fedeli e i pellegrini in arrivo a Roma per partecipare alla celebrazione di domani in Piazza San Pietro per la canonizzazione di 10 beati. “Ciascuno di loro è il riflesso del volto di Cristo”, afferma il cardinale Marcello Semeraro, prefetto della Congregazione delle cause dei santi, che a Telepace ricorda come tutti i nuovi santi abbiano vissuto in epoche e regioni geografiche diverse. Citando Benedetto XVI, il porporato ribadisce che c’è un solo filo che unisce la santità: “è sempre la risposta a Gesù, che avviene in tempi e modi differenti”. Nell’elenco – prosegue – figurano grandi biografie e persone umili se non addirittura “impotenti”. E questo vuol dire “che la chiamata alla santità non è spinta né dal clamore né dalla potenza, bensì dalla semplicità e dalla purezza di cuore di cui si parla nelle beatitudini”.

La chiamata del popolo di Dio
Visto l’alto numero dei canonizzati c’era da aspettarsi una massiccia partecipazione. Secondo il cardinale questa è la reazione del popolo di Dio che esprime così il suo cuore e la sua preghiera al cospetto del Signore. “Papa Francesco ci tiene tanto alla pietà popolare”: una dimensione dove è importante il corpo, il canto e lo stare insieme. “La santità – spiega Semeraro – è qualcosa che germoglia sul terreno della Chiesa, non viene coronata dall’alto. E me ne sono accorto recandomi nelle Chiese particolari per presiedere a nome del Santo Padre i riti di beatificazione”. Quella di domenica, dunque, è un’autentica espressione di fede radicata nella dimensione locale.

La fama di santità
Per altri versi è anche il punto di arrivo di un lungo lavoro svolto dalla Congregazione. Un percorso fondato soprattutto sull’ascolto delle testimonianze, teso essenzialmente ad appurare la fama di santità. Un concetto da spiegare – afferma il cardinale – che non deve essere confuso con la pubblicità o la notorietà, tipica di quanti hanno ad esempio una intensa esposizione sui media che poi svanisce di colpo. “Invece – precisa – bisogna discernere osservando anche se attorno a queste figure si sviluppa una risposta da parte del popolo di Dio, in termini di preghiere e di richieste di intercessione, che spesso è spontanea e inattesa”.

Tutto pronto per la celebrazione
Intanto, lo sguardo dalla finestra dello studio del cardinale, che si affaccia su Piazza San Pietro, riporta ai preparativi del rito. Uno scenario tipico di questi ultimi giorni, caratterizzato dalla mobilitazione di mezzi e di dipendenti vaticani impegnati a completare l’allestimento dell’altare e la sistemazione delle sedie sul sagrato. “Anche sotto l’aspetto logistico questi eventi sono molto impegnativi per la Santa Sede”, dice il porporato che sottolinea l’importanza di accogliere adeguatamente i pellegrini. Una dimensione che include anche i prossimi appuntamenti in calendario nei mesi a venire, a cominciare dalla beatificazione di Papa Luciani del 4 settembre. “Ancora non è stato deciso se la celebrazione avverrà in basilica o in piazza”, afferma Semeraro che in conclusione rassicura sulle condizioni di salute del Santo Padre. “Sono buone, basta sentirlo parlare: ha sempre la stessa verve, come dimostra anche nelle udienze. Ci auguriamo che la difficoltà fisica possa essere presto superata. Ma, scherzando un po’, dico che per guarire dal disturbo al ginocchio occorre stare fermi. E il Papa è un po’ difficile tenerlo fermo”.

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Saranno beati due missionari che difesero gli indigeni in Argentina

Posté par atempodiblog le 13 octobre 2021

Saranno beati due missionari che difesero gli indigeni in Argentina
I nuovi decreti della Congregazione delle Cause dei Santi, autorizzati dal Papa, riguardano quattro prossimi Beati, tra cui Giovanni Paolo I, e quattro nuovi Venerabili tra di loro la Serva di Dio Maddalena di Gesù, fondatrice delle Piccole Sorelle di Gesù, ispirata a Charles de Foucauld
di Benedetta Capelli – Vatican News

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Papa Francesco ha autorizzato la Congregazione delle Cause dei Santi a promulgare i decreti che riguardano 4 beati e 4 venerabili. E’ stato riconosciuto il miracolo attribuito all’intercessione di Papa Luciani, Pontefice per 33 giorni, si tratta della guarigione di una bambina a Buenos Aires, in Argentina, avvenuta il 23 luglio 2011.

Uccisi mentre testimoniavamo il Vangelo
Missionari, evangelizzatori, pronti a servire Gesù in ogni luogo del mondo. E’ la storia di fede di due preti, vissuti nel 1600, Pietro Ortiz de Zárate, sacerdote diocesano, e Giovanni Antonio Solinas, sacerdote professo della Compagnia di Gesù, entrambi uccisi in odio alla fede il 27 ottobre 1683 a Valle del Zenta (Argentina). Erano in quella zona insieme a 18 laici, tra di loro anche alcuni indios convertiti, e vennero colpiti dagli aborigeni appartenenti alle tribù di Tobas e Mocovíes, avevano appena celebrato la Messa. Sui loro corpi segni di violenza e di tortura. Riguardo al martirio formale ex parte persecutoris, molte tribù erano in lotta tra loro e i missionari, che portavano il messaggio di pace del Vangelo, si trovarono al centro di tali contrasti. L’odium fidei fu la motivazione prevalente dell’agire dei carnefici.

Pietro Ortiz de Zárate era nato il 29 giugno 1626 a San Salvador de Jujuy (Argentina), in una famiglia di origine basca, a 17 anni si sposò con una donna benestante ed ebbe due figli. Dopo la morte della moglie, seguì la vocazione al sacerdozio, venne ordinato nel 1657. La sua vita fu segnata da un’intensa attività apostolica tra gli indigeni, dall’impegno nella preghiera, dall’attenzione al culto divino e alla musica sacra e per l’amministrazione dei sacramenti ai poveri e ai malati.

Giovanni Antonio Solinas era nato ad Oliena, in provincia di Nuoro e nel 1663 entrò nella Compagnia di Gesù. Dopo il noviziato trascorso a Cagliari, emise la professione religiosa il 16 giugno 1665. Nei primi mesi del 1672 manifestò ai superiori la vocazione missionaria, orientata verso gli aborigeni americani. Il suo primo campo di apostolato fu nella Reducción di Itapúa (Paraguay), dove si distinse per lo zelo apostolico e la carità verso i nativi. Nel 1683 venne destinato alla missione del Chaco, insieme al Servo di Dio Pietro Ortiz de Zárate con il quale condivise la morte.

Beata una Piccola Suora dell’Annunciazione
Era colombiana suor Maria Berenice Duque Hencker, nata il 14 agosto 1898 a Salamina. La sua vita religiosa iniziò nella Congregazione delle Suore Domenicane della Presentazione e poi con il permesso dell’arcivescovo di Medellín, il 14 maggio 1943, pose le basi della Congregazione delle Suore dell’Annunciazione, diventandone superiora. Al 2004 risale il miracolo attribuito alla sua intercessione e riguardante un giovane colombiano che in gravi condizioni di salute ricevette in ospedale una medaglia di Madre Maria Berenice e un’immaginetta con la preghiera.

Sui passi di Charles de Foucauld
Riconosciute le virtù eroiche di due suore e due sacerdoti: diventano quindi venerabili. La prima è la fondatrice delle della Fraternità delle Piccole Sorelle di Gesù, Maddalena di Gesù, nata il 26 aprile 1898 a Parigi. La sua storia si intreccia con quella del Beato Charles de Foucauld, leggendo una sua biografia rimase colpita e iniziò un discernimento compromesso però dalla sua fragile salute. Su indicazione dei medici scelse di trasferirsi in un luogo più consono alle sue condizioni e scelse l’Algeria. Si distinse per l’assistenza ai poveri ma si fece strada in lei anche l’importanza della contemplazione per essere segno della tenerezza di Dio verso i poveri e gli esclusi. È nel 1947 che la Fraternità delle Piccole Sorelle di Gesù viene approvata, suor Maddalena si impegna a diffondere le piccole comunità contemplative soprattutto in Medio Oriente, l’ecumenismo diventò una delle sue priorità. Ebbe un’amicizia profonda con i futuri papi Paolo VI e Giovanni Paolo II. L’espressione, cara al Beato de Foucauld – “Gesù è il Maestro dell’Impossibile” – ritornava spesso in lei soprattutto nei momenti più difficili.

L’abbandono a Gesù
Anche suor Elisabetta Martinez aveva una salute precaria ma venne incoraggiata da diversi Pontefici a continuare la sua opera caritativa, intrapresa con la fondazione della Congregazione delle Figlie di Santa Maria di Leuca. Nata il 25 marzo 1905 a Galatina, in provincia di Lecce, fondò numerose comunità in Italia, Svizzera, Belgio e Stati Uniti e, nel 1946, trasferì la sede della casa generalizia e del noviziato a Roma. La sua fede si nutriva dell’adorazione eucaristica, la speranza per lei era capacità di attendere, senza lamentarsi e senza abbattersi, confidando nei tempi del Signore per portare a termine i suoi progetti. Fu calunniata anche da alcune sue consorelle che lei perdonò accompagnandole con la preghiera.

Arrestato perché mise in salvo le Ostie consacrate
Diego Hernández González, era un sacerdote diocesano nato il 3 gennaio 1915 a Javalí Nuevo, in Spagna, vivendo nel periodo della guerra civile e in piena persecuzione religiosa. Venne arrestato da seminarista perché aveva messo in salvo le Ostie consacrate durante l’incendio doloso della chiesa parrocchiale, fu sottoposto ai lavori forzati presso un campo di lavoro a Orihuela e poi in Andalusia. Il 9 giugno 1940 venne ordinato sacerdote a Barcellona, diventò direttore della Casa sacerdotale di Alicante. La virtù della carità verso Dio plasmò tutta la sua vita in totale disponibilità verso gli altri, in particolare verso gli ammalati, i bambini e i giovani. Per questi creò anche un cinema nella parrocchia. Fondò una scuola per ragazze che avevano bisogno di imparare a leggere e a scrivere.

Un confessore misericordioso
Attratto dalla spiritualità francescana, Giuseppe Spoletini nato il 16 agosto 1870 a Civitella, oggi Bellegra, fu ordinato sacerdote il 22 settembre 1894 a Palestrina. Nei primi anni di ministero, si dedicò in modo instancabile al sacramento della Riconciliazione nella chiesa romana di San Francesco a Ripa dove tornò nel 1944. Uomo di pietà e di preghiera esortava a vivere una vita buona, operosa e piena di carità. Soprattutto nel confessionale mostrò misericordia nell’accogliere le persone in qualsiasi momento, anche quando era stanco e spossato. Durante la Seconda Guerra Mondiale si prodigò nel dare rifugio a ricercati dai nazisti e dai fascisti.

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Il decreto. Charles de Foucauld, il «fratello universale», sarà Santo

Posté par atempodiblog le 27 mai 2020

Il decreto. Charles de Foucauld, il «fratello universale», sarà Santo
Nell’udienza al cardinale Becciu il Papa autorizza i Decreti che porteranno alla Chiesa tre nuovi santi. Tra le figure di spicco quella di de Foucauld, esempio di vita evangelica e di preghiera
di Mimmo Muolo e Redazione internet – Avvenire

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Un uomo nel deserto del Sahara custodisce da solo un “tesoro”. Alcuni predoni lo vengono a sapere e per rubarglielo lo uccidono. No, non è lo spunto per un romanzo, ma una storia vera. Avvenuta nel 1916 ai confini nella profonda Algeria. Ed è la storia dell’uccisione di Charles de Foucauld, il “fratello universale”, che presto sarà santo. Il Papa ha infatti autorizzato la Congregazione per le cause dei Santi a promulgare il decreto sul miracolo attribuito al beato Carlo di Gesù (questo il suo nome religioso) e questo svela definitivamente qual era il “tesoro” che egli custodiva, al punto da non temere nemmeno per la sua vita: Gesù Cristo nel tabernacolo.

A partire da quella morte, la vicenda umana e religiosa di Charles de Foucauld ha affascinato e attratto generazioni su generazioni. Al punto che quello che non gli riuscì in vita si realizzò dopo la sua nascita al Cielo. Nel corso degli anni, ben diciannove differenti famiglie di laici, sacerdoti, religiosi e religiose sono scaturite dalla sua spiritualità e dal suo modo di vivere il Vangelo (tra le maggiori, le fraternità dei Piccoli fratelli e delle Piccole sorelle di Gesù). Un uomo “che ha dato una testimonianza che ha fatto bene alla Chiesa”, ha affermato Papa Francesco nella Messa in casa Santa Marta del primo dicembre 2016, nel centenario della morte. E Benedetto XVI al momento della beatificazione, il 13 novembre 2005, affermò che la sua vita è « un invito ad aspirare alla fraternità universale ».

Sicuramente l’esistenza terrena di de Foucauld ha spunti di grande attualità, sia nella prima parte, vissuta in maniera non certo esemplare dal punto di vista cristiano (ma in questo è in buona compagnia di altri santi, Agostino per esempio), sia soprattutto dopo la conversione che lo trasformò in uno dei più grandi cercatori di Dio. Lui grande esploratore anche dal punto di vista geografico, dedicò in pratica il resto dei suoi anni a esplorare l’immenso territorio del rapporto tra il Creatore e le creature.

Nato a Strasburgo il 15 settembre 1858 da una famiglia nobile ed egli stesso insignito del titolo di visconte di Pontbriand, trascorre la prima infanzia a Wissembourg, ma perde entrambi i genitori all’età di 6 anni e viene allevato dal nonno materno, che gli lascia anche una cospicua eredità. Il giovane Charles, gaudente e salottiero, la dilapida tuttavia in poco tempo e nel 1876 entra alla Scuola militare di Saint Cyr. Si distingue di più per le qualità di soldato che di studente, anche perché impegnato in una relazione con una fanciulla di dubbia reputazione. Lascia successivamente l’esercito per dedicarsi a spedizioni geografiche in Marocco e si dedica a studiare l’arabo e l’ebraico. Come esploratore si dimostra validissimo, al punto che nel 1885 riceve la medaglia d’oro dalla Società francese di geografia.

L’anno successivo torna in patria e la sua vita ha la svolta decisiva, quando il futuro santo (che comunque da piccolo era stato battezzato) sente il bisogno di riavvicinarsi alla Chiesa cattolica. E’ rimasta famosa la sua invocazione “Mio Dio, se esisti, fa’ che Ti conosca”. E così avviene che Dio si lascia conoscere. Come dirà egli stesso un giorno: “Non appena ho creduto che ci fosse un Dio, ho capito che non potevo vivere che per lui”. La svolta diventa sempre più radicale. Nel 1890 entra fra i trappisti in Francia, ma ben presto chiede di ritirarsi in una trappa molto più povera in Siria. Risale a questo periodo anche un primo progetto di congregazione religiosa. L’ormai trentaduenne Charles sente il bisogno di essere dispensato dai voti e qualche anno dopo viene esaudito. Nel 1897 l’abate generale dei Trappisti lo lascia libero di seguire la sua vocazione. Per un po’ resta in Terra Santa, quindi tornato in Francia, nel 1901 viene ordinato prete. Nello stesso anno si trasferisce in Africa e prende a dimorare in un’oasi del deserto del Sahara profondo. Indossa una tunica bianca sulla quale è cucito un cuore di stoffa rossa, sormontato da una croce. Ospita chiunque passi da lui, cristiani, musulmani, ebrei, pagani e trascorre altri 13 anni nel villaggio tuareg di Tamanrasset. Prega 11 ore al giorno, si immerge nel mistero dell’Eucaristia, redige un grande dizionario di lingua francese-tuareg ancora oggi in uso in quella zona. E naturalmente non manca di impegnarsi nella difesa delle popolazioni locali dagli assalti dei predoni. E sono proprio loro, il primo dicembre 1916, a prendere alla lettera la notizia del grande “tesoro” che custodisce e di cui parla a tutti. Perciò, nel tentativo di impadronirsene (non sapendo che in realtà si tratta delle particole consacrate durante la Messa), i laviventi saccheggiano la sua povera dimora e uccidono “Carlo di Gesù”, come si fa chiamare dagli abitanti del luogo.

Il fiore del deserto, reciso, irradia comunque le sue spore in giro nel mondo. E la spiritualità di Charles de Foucauld fiorisce attraverso la sua famiglia religiosa. Che presto avrà anche un santo in paradiso.

Nei Decreti autorizzati da Francesco figurano anche i miracoli che porteranno alla canonizzazione del beato francese Cesare de Bus (1544-1607), fondatore della Congregazione dei Padri della Dottrina Cristiana (Dottrinari) e della beata italiana Maria Domenica Mantovani (1862-1934). Inoltre nel documento viene riconosciuto anche il miracolo che porterà agli altari il Venerabile Servo di Dio statunitense Michele McGivney (1852-1890), fondatore dell’Ordine dei Cavalieri di Colombo, e il miracolo attribuito all’intercessione della Venerabile Serva di Dio francese Paolina Maria Jaricot (1799-1862), fondatrice delle Opere del “Consiglio della Propagazione della Fede” e del “Rosario Vivente”.
Inoltre, i Decreti promulgati dalla Congregazione per le Cause dei Santi porteranno alla beatificazione anche i martiri Servi di Dio Simeone Cardon e 5 Compagni, Religiosi professi della Congregazione Cistercense di Casamari – uccisi a Casamari, in odio alla Fede, tra il 13 e 16 maggio 1799 – e il martire Servo di Dio Cosma Spessotto, italiano, (1923-1980), sacerdote professo dell’Ordine dei Frati Minori, ucciso a San Juan Nonualco (El Salvador).

Infine i Decreti riconoscono le virtù eroiche del vescovo francese Servo di Dio Melchiorre Maria de Marion Brésillac, già Vicario Apostolico di Coimbaore e Fondatore della Società delle Missioni Africane, nato nel 1813 a Castelnaudary (Francia) e morto a Freetown (Sierra Leone) nel 1859.

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Il prete è un ostensorio

Posté par atempodiblog le 3 juillet 2016

Il prete è un ostensorio dans Beato Charles de Foucauld Beato-Ch-De-Foucauld

“Il prete è un ostensorio,  suo compito  è di mostrare Gesù.

Egli deve sparire e lasciare che si veda solo Gesù”.

Beato Carlo di Gesù (Charles de Foucauld) 

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Quello che abbiamo imparato da Gesù

Posté par atempodiblog le 30 mai 2014

Quello che abbiamo imparato da Gesù dans Beato Charles de Foucauld Beato-Charles-De-Foucauld-e-Ges

Ogni cristiano deve guardare ogni essere umano come un fratello amato; se è un peccatore, nemico di Dio, si tratta di un fratello malato, molto malato; bisogna avere per lui profonda pietà e cure fraterne come per un fratello insensato… I non-cristiani possono essere nemici di un cristiano, un cristiano è sempre un tenero amico di ogni essere umano, egli ha per ogni essere umano i sentimenti del Cuore di Gesù. Essere caritatevoli, dolci, umili verso tutti gli uomini: è questo che abbiamo imparato da Gesù. Non essere militanti verso nessuno: Gesù ci ha insegnato ad andare “come agnelli tra i lupi”, non a parlare con asprezza, con durezza, a insultare, a prendere le armi.

Beato Charles de Foucauld

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L’amore è… voler amare

Posté par atempodiblog le 14 septembre 2012

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«L’amore consiste non nel sentire che si ama, ma nel voler amare; quando si vuol amare, si ama; quando si vuol amare sopra ogni cosa, si ama sopra ogni cosa. Se accade che si soccomba a una tentazione, è perché l’amore è troppo debole, non perché esso non c’è: bisogna piangere, come san Pietro, pentirsi, come san Pietro, umiliarsi, come lui, ma sempre come lui dire tre volte: “Io ti amo, io ti amo, tu sai che malgrado le mie debolezze e i miei peccati io ti amo».

Beato Charles de Foucauld

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L’uomo di fede

Posté par atempodiblog le 1 décembre 2010

L'uomo di fede dans Beato Charles de Foucauld Charles-De-Foucauld

“Chi vive di fede ha l’anima piena di pensieri nuovi, di gusti nuovi, di giudizi nuovi: sono nuovi orizzonti che si aprono al suo sguardo [...] Quasi fasciato da queste verità così nuove, di cui il mondo non si dà pena, egli comincia necessariamente a vivere una vita nuova, opposta a quella del mondo, che giudica le sue azioni pura follia. Il mondo è in una notte profonda, l’uomo di fede è nella piena luce; la strada luminosa lungo la quale egli avanza non appare agli occhi degli uomini: sembra loro che egli voglia camminare nel vuoto come un folle”.

Beato Charles De Foucauld

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La pace verrà

Posté par atempodiblog le 15 novembre 2009

La pace verrà dans Beato Charles de Foucauld Beato-Charles-de-Foucauld-Immagine

LA PACE VERRA’

Se tu credi che un sorriso è più forte di un’arma,

Se tu credi alla forza di una mano tesa,

Se tu credi che ciò che riunisce gli uomini è più importante di ciò che li divide,

Se tu credi che essere diversi è una ricchezza e non un pericolo,

Se tu sai scegliere tra la speranza o il timore,

Se tu pensi che sei tu che devi fare il primo passo piuttosto che l’altro, allora…

LA PACE VERRA’

Se lo sguardo di un bambino disarma ancora il tuo cuore,

Se tu sai gioire della gioia del tuo vicino,

Se l’ingiustizia che colpisce gli altri ti rivolta come quella che subisci tu,

Se per te lo straniero che incontri è un fratello,

Se tu sai donare gratuitamente un po’ del tuo tempo per amore,

Se tu sai accettare che un altro, ti renda un servizio,

Se tu dividi il tuo pane e sai aggiungere ad esso un pezzo del tuo cuore, allora…

LA PACE VERRA’

Se tu credi che il perdono ha più valore della vendetta,

Se tu sai cantare la gioia degli altri e dividere la loro allegria,

Se tu sai accogliere il misero che ti fa perdere tempo e guardarlo con dolcezza,

Se tu sai accogliere e accettare un fare diverso dal tuo,

Se tu credi che la pace è possibile, allora…

LA PACE VERRA’

Beato Charles de Foucauld

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