San Silvestro
Non è stato padre della chiesa, né un martire, né un fondatore. È stato anche un papa ordinario. Ma sorprendentemente la tradizione romana lo ha esaltato. Per un semplice battesimo
di Antonio Socci - 30 Giorni
All’inizio del cristianesimo si trova una lunghissima serie di persecuzioni e di campagne diffamatorie. Da Crescente a Frontone, a Luciano, a Elio Aristide, a Marco Aurelio e Galeno, le accuse che ricorrono sono: ateismo, immoralità, odio del genere umano, disprezzo della religione tradizionale, atti turpi, affarismo e promiscuità, culti sanguinari e oscuri, infanticidio, antropofagia.In realtà i periodi di persecuzione di massa sono stati pochi. Nel III secolo, sotto la dinastia dei Severi, i cristiani sono tollerati (e si moltiplicano). Ma la Chiesa resta sempre fuorilegge e lo Stato può sempre procedere contro i singoli cristiani equiparandoli, solo per la loro fede, a criminali. È noto che ormai anche molte famiglie di patrizi e senatori sono state “contagiate”: in ciascuna ci sono dei cristiani, talora i figli, tal’altra le mogli, oppure i servi o qualche amico… Ma come e perché, attorno al 313, lo stesso imperatore abbracci il cristianesimo creando i presupposti per una delle più grandi rivoluzioni della storia, è ancora un affascinante enigma storico. Uno dei più straordinari.
Secondo lo Schulze, al tempo dell’Editto di Milano, promulgato da Costantino e Licinio, i cristiani ammontano a circa dieci milioni in un Impero popolato complessivamente da cento milioni di persone. Un decimo, quindi, della popolazione. Le comunità cristiane più fiorenti e più diffuse si trovano nelle province orientali (Asia, Siria, Egitto). Nell’Africa romana si contano circa centomila cristiani su nove milioni di abitanti e -più o meno- le stesse proporzioni valgono anche per l’Italia.
Nella città di Roma, per lo Schulze, vi sono circa diecimila cristiani su settecentomila abitanti. Sono cifre discutibili, ma comunque orientative. Al tempo dell’Editto di Milano il vescovo di Roma è Milziade. Ma muore in quello stesso anno. Nel gennaio del 314 si elegge il successore e viene scelto Silvestro, che vedrà identificato il suo pontificato con la grande rivoluzione di Costantino, perché, secondo la leggenda, fu lui che lo battezzò. Così, secondo la tradizione cattolica, il battesimo di un uomo, nella storia di Silvestro, si rivela più importante della sua stessa funzione ecclesiastica. È stato scritto: «Nel battesimo è l’unica sorgente di una personalità nuova, di protagonismo nuovo nella storia: tutto il resto sarà ruolo, mestiere, compito. Nel battesimo, l’“Uomo Nuovo” con cui incomincia l’eternità (l’eterno non è un lungo filo di tempo ma la verità delle cose), cioè Cristo, si comunica a chi sceglie. E chi è scelto è reso parte della creazione nuova, quella cui tutti sono destinati e che esploderà alla fine nell’evidenza universale. Chi è battezzato è chiamato da subito a far parte di un flusso, di una corrente contraria al grande movimento della palude mortale che urge le cose verso il nulla, l’insignificanza e la morte».
Silvestro era romano, figlio di un tal Rufino, che fu prete al tempo di papa Marcellino. Si può dire con una relativa certezza che al tempo dell’ultima persecuzione, quella di Diocleziano, si era dichiarato cristiano. Infatti, in tutte le regioni dove essa aveva imperversato, dopo non fu eletto vescovo se non chi aveva coraggiosamente affermato la sua fede in Cristo.
Il suo pontificato durerà più di venti anni (la morte lo coglierà infatti il 31 dicembre del 335), ma nulla di certo si conosce attorno alla sua persona e al suo ministero. Gli storici sono concordi nel ritenere il suo un pontificato di basso profilo, subissato dalla grandiosa azione di Costantino. Eppure è sotto di lui che si compie una delle svolte più importanti della storia della Chiesa. Forse per questo nei secoli successivi i cristiani riempiono di leggende quella storia che mancava. Secondo una di queste leggende, appena eletto, Silvestro dovette rifugiarsi sul monte Soratte per sfuggire a una persecuzione scatenata da Costantino dopo il suo editto. Costantino si sarebbe per questo ammalato di lebbra, perciò avrebbe fatto chiamare dal Soratte Silvestro che, battezzando l’imperatore, lo avrebbe miracolosamente guarito dal morbo.
Inoltre Silvestro avrebbe convertito la madre di Costantino, che aveva aderito al giudaismo, sostenendo pubblicamente una disputa con dodici scribi. Ma la leggenda più nota è quella riguardante la «Donatio Constantini», un falso probabilmente dell’VIII secolo con il quale si fece risalire alla volontà dell’imperatore -che aveva trasferito a Costantinopoli la capitale- il governo del Papa sulla città di Roma, ovvero il potere temporale della Chiesa.
Questo straordinario falso. contro cui inveì Dante e molti dopo di lui, ebbe una enorme importanza storica: il potere temporale è stato una garanzia di libertà per la Chiesa, durante i secoli (peraltro il documento può essere falso, ma è assolutamente vero che il popolo di Roma, abbandonato dagli imperatori, fin dalla calata dei barbari si pose nelle mani -anche politiche- del suo vescovo). La verità storica però è che Silvestro e Costantino si videro al massimo una o due volte e probabilmente non ebbero mai occasione di parlarsi.
Costantino, inoltre, fu battezzato solo nell’imminenza della sua morte, nel 337, e non da Silvestro, che era già morto, bensì dal vescovo Eusebio di Nicomedia. Ciononostante la Chiesa greca lo onora come santo e la tradizione lo definisce “il primo imperatore cristiano”.
Sicuramente non si può dire che il 28 ottobre del 312, quando sconfigge Massenzio riconquistando Roma, dopo aver fatto imprimere sugli scudi dei soldati il monogramma cristiano sognato la notte precedente, Costantino fosse o si definisse cristiano.
Era un grande condottiero e un grande riformatore. Ma le cronache dicono che, almeno inizialmente, Costantino non abiurò, pur parlandone con fastidio, la religione imperiale. Alcuni storici sostengono che Costantino fosse mosso esclusivamente da scaltrezza politica, per accattivarsi il sostegno dei cristiani. Ma, in mancanza di documenti, tutte le ipotesi sono possibili.
Quel che è certo è che, appena entrato in Roma, Costantino scrive a Massimino Daia chiedendo la fine delle persecuzioni contro i cristiani. Poi, dopo l’Editto di Milano, intima la restituzione alla Chiesa di tutti i beni confiscati sotto le persecuzioni e la riparazione dei danni. Dona inoltre alla Chiesa la sua residenza del Laterano – la residenza dei pontefici fino al XIV secolo -, gettando lì a fianco le fondamenta della grande Basilica Lateranense, che sarà la “madre di tutte le chiese”. È sotto il pontificato di Silvestro che si realizza il programma edilizio di Costantino con l’edificazione delle grandi basiliche romane. A poco a poco tutte le leggi vengono cristianizzate (si introduce anche il giorno festivo domenicale).
Soprattutto è gravida di conseguenze positive la decisione di Costantino di concedere l’immunità ecclesiastica, cioè l’esonero dei chierici dai «munera».
Costantino riconosce ufficialmente per questo solo la Chiesa “cattolica”, cioè quella che conserva la comunione con le altre chiese cristiane, la “grande Chiesa”, sanzionando così per autorità statale un diverso trattamento verso haeretici e scismatici (ad esempio i donatisti).
Le dispute teologiche che imperversano in questi anni fra le comunità cristiane diventano così un affare di Stato e in qualche modo Costantino vi si trova coinvolto in prima persona. Eccolo dunque alle prese con il conflitto fra i donatisti africani e le altre Chiese cattoliche: egli decreta, in base al pronunciamento del Vescovo di Roma, la distruzione delle chiese dei donatisti. Ma il Vescovo di Roma sembra quasi restare ai margini delle grandi scosse che agitano la cristianità. È Costantino a convocare i due importanti Concili di Arles, nel 314, e di Nicea, nel 325. Silvestro, che pure era stato invitato dall’imperatore, non vi partecipò e si fece rappresentare da alcuni legati (secondo la consuetudine era il vescovo della Chiesa ospite che presiedeva l’assemblea).
Silvestro dunque non prese parte nemmeno alla disputa lacerante aperta nella Chiesa dalle teorie di Ario, il presbitero di Alessandria che metteva in dubbio che Gesù fosse «vero Dio e vero uomo» e che pur avendo assunto in tutto la natura umana egli fosse Dio «della stessa sostanza del Padre».
Ario trovava filosoficamente inconcepibile ammettere questo paradosso. Com’è noto la sua terribile eresia devastò la Chiesa, la quale, però, proprio al Concilio di Nicea, lo condannò, definendo il Simbolo che professa e proclama ancora oggi nella liturgia.
«Il Concilio deliberò altresì sulla definitiva organizzazione episcopale della Chiesa, affidando ai supremi seggi metropoliti di Roma, Alessandria e Antiochia la giurisdizione sugli ecclesiastici rispettivamente di Occidente, di Egitto, della diocesi orientale escluso l’Egitto» (Mazzarino). Deliberò sui seggi episcopali, sul celibato dei chierici e proibì definitivamente le celebrazioni giudaizzanti della Pasqua (“protopaschite”). Solo quattro o cinque furono i vescovi occidentali che parteciparono a quel Concilio, che tuttavia assunse un’importanza straordinaria. Lo scarso rilievo che vi ebbe papa Silvestro non mette in dubbio la posizione di preminenza riconosciuta al Vescovo di Roma (emersa già con chiarezza sotto i pontificati di Vittore I e di Stefano I). Così non deve sorprendere la convocazione fatta da Costantino (il Concilio del 680, il sesto Concilio ecumenico, è il primo ad essere convocato insieme dal Papa e dall’imperatore).
Il primato del Vescovo di Roma, che siede sulla cattedra di Pietro, è sempre oggettivamente riconosciuto a prescindere dal fatto che sia un uomo straordinario come Callisto oppure uno ordinario come Silvestro.
La grandezza di Silvestro, in fondo, fu quella riconosciuta dalla tradizione cristiana, il battesimo di Costantino, l’accettare che un imperatore romano facesse per la Chiesa le cose grandi che fece Costantino, anche se -almeno nel 313, il momento della grande svolta- non si può certo dire che egli sapesse cosa era il cristianesimo, che professasse i suoi dogmi e che si fosse lasciato dietro le spalle il “mondo”.
Quel che è certo è che a Costantino «qualcosa di nuovo e di eccezionale era avvenuto in quell’anno» (Sordi). E su questo la testimonianza del biografo, Eusebio, concorda con quella di un pagano autore di un Panegirico su quegli eventi. Costantino, alla vigilia dello scontro con Massenzio, era molto preoccupato perché costui usava certe arti magiche in battaglia. Aveva anche capito che le divinità tradizionali, Giove o Ercole, invocate in precedenza da Severo e Galerio, contro Massenzio stesso nulla avevano potuto.
Egli decideva così di confidare nel summus deus che suo padre, Costanzo Cloro, aveva adorato per tutta la vita. Era il Sole, ma, dicono le cronache, Costantino si rivolse a questo unico signore «chiedendogli di rivelargli chi fosse e di stendergli la sua destra». E qui accade un fatto eccezionale. Eusebio dice: «Se non fosse stato lo stesso Costantino a riferirmi come andarono le cose, non ci avrei creduto». Al declinare del giorno nel cielo, davanti agli occhi esterrefatti di Costantino e di tutto il suo esercito, apparve un trofeo di luce, una croce, e una scritta: «Con questo segno vincerai». Arrivata la notte gli appare in sogno il Cristo di Dio con il segno visto nel cielo e lo esorta ad accettarlo come unica difesa contro i suoi nemici.
Costantino, svegliatosi, corse subito a discuterne con gli amici e decise «di non onorare nessun altro dio se non quello che aveva visto». Fu poi Osio, vescovo di Cordova, mandato subito a chiamare, che gli rivelò il nome di colui che aveva visto. Così, dopo la vittoria, per la prima volta un imperatore romano si rifiutava di salire il Campidoglio per ringraziare Giove.
Costantino non rinunciò al potere, anzi lo usò come nessun altro prima di lui. Si concepì come servo della Chiesa e ricevette il battesimo in punto di morte. Ma già Silvestro lo aveva accolto come cristiano (certo, un cristiano molto esuberante e… potente).
Per questo la tradizione cristiana ci ha consegnato la leggenda del battesimo di Silvestro. Il grande obelisco innalzato davanti la basilica di san Giovanni in Laterano ce lo ricorda. Il monolite fu scolpito in Egitto 3.500 anni fa. È un esemplare unico al mondo. Costantino decise di portare a Costantinopoli questo immenso monolite. Dopo la sua morte il figlio Costanzo cambiò la sua destinazione portandolo a Roma. Ma fu papa Sisto V, nel 1587, a recuperarlo ed erigerlo dove adesso si trova. Il 10 agosto del 1588, festa di San Lorenzo, fu benedetta la croce posta sulla sommità della stele. In una delle facciate della base Sisto fece scrivere: «Flavio Costantino Massimo Augusto / vindice ed assertore della fede cristiana / quest’obelisco, da un re egizio dedicato al Sole / con impuro voto, toltolo dalla sua sede, fece condurre attraverso il Nilo…». E nella quarta facciata: «Costantino, vincitore per intercessione della Croce / battezzato da san Silvestro in questo luogo / propagò la gloria della Croce».