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Nulla osta del Dicastero per la Dottrina della Fede sulla Madonna dello Scoglio

Posté par atempodiblog le 17 juillet 2024

Nulla osta del Dicastero per la Dottrina della Fede sulla Madonna dello Scoglio
In base alle nuove norme, il Dicastero ha reso pubblica la decisione positiva relativa ai frutti spirituali seguiti alle apparizioni raccontate dal veggente Cosimo Fragomeni, in Calabria. Anche in questo caso non c’è pronunciamento sull’origine soprannaturale ma i fedeli sono autorizzati a dare la loro adesione
della Redazione di Vatican News

Nulla osta del Dicastero per la Dottrina della Fede sulla Madonna dello Scoglio dans Apparizioni mariane e santuari Nostra-Signora-dello-Scoglio-in-Calabria

“Nel mondo secolarizzato in cui viviamo, nel quale in tanti trascorrono le loro esistenze senza alcun riferimento alla trascendenza, i pellegrini che si avvicinano al Santuario dello Scoglio sono un potente segno di fede”. È quanto scrive il cardinale Victor Manuel Fernández, prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede, che – in risposta ad una lettera del vescovo di Locri-Gerace, Francesco Oliva, del 3 giugno scorso – “conferma la determinazione di Nihil obstat” proposta dal presule in riferimento alle vicende inerenti al Santuario Diocesano di Nostra Signora dello Scoglio, situato in Santa Domenica di Placanica, in Calabria.

Riconoscimento di un’esperienza dello Spirito
Qui, l’11 maggio 1968, la Vergine Maria sarebbe apparsa per la prima volta a Cosimo Fragomeni, un umile contadino di 18 anni. Secondo le nuove Norme pubblicate il 17 maggio scorso dal Dicastero per la Dottrina della Fede, il nulla osta – precisa nella lettera il cardinale Fernández – non va inteso “come un’approvazione del carattere soprannaturale del fenomeno” ma come il riconoscimento di una “esperienza dello Spirito”, per cui si incoraggia il vescovo diocesano ad apprezzare il valore pastorale e a promuovere la diffusione di questa proposta spirituale, anche mediante pellegrinaggi, mentre “i fedeli sono autorizzati” a dare la loro adesione a questi eventi “in forma prudente”.

Un luogo per incontrare la misericordia di Dio
La prima apparizione del 1968, racconta Cosimo, sarebbe stata preceduta da un fascio di luce proveniente da uno scoglio di pietra arenaria situato vicino all’abitazione del giovane e si sarebbe ripetuta per i quattro giorni successivi. Nei messaggi riferiti da Cosimo, la Vergine invita alla conversione e alla preghiera, esprimendo il desiderio di vedere la località calabrese trasformata in un grande centro di spiritualità dove le persone possano incontrare la misericordia di Dio. Cosimo disbosca la zona intorno allo scoglio, ne fa un terrapieno e scava la pietra arenaria per ricavarne una nicchia in cui riporre una statuina mariana di marmo, comprata a Carrara.

Da una semplice cappella a un Santuario diocesano
La località diventa ben presto meta di pellegrinaggi da tutta Italia e anche dall’estero. All’inizio c’è una semplice cappella, ma il flusso crescente di pellegrini spinge a costruire un grande Santuario. Nel frattempo, nel 1987, Cosimo diventa terziario francescano. Il 7 dicembre 2008, l’allora vescovo di Locri-Gerace, monsignor Giuseppe Fiorini Morosini, stabilisce che la realtà religiosa “Madonna dello Scoglio” venga posta sotto la cura pastorale del vescovo di questa diocesi. Il 22 maggio 2013, nel corso dell’udienza generale in piazza San Pietro, fratel Cosimo, accompagnato dal presule, chiede a Papa Francesco di benedire la prima pietra dell’erigendo santuario dello “Scoglio”. L’11 febbraio 2016, il nuovo vescovo di Locri-Gerace, monsignor Francesco Oliva, eleva il luogo di culto a “Santuario diocesano” con il titolo di “Nostra Signora dello Scoglio”, mentre il 10 luglio 2017 ne affida la cura pastorale ai Missionari dell’Evangelizzazione.

Evidenti frutti di vita cristiana
Nella sua lettera, il cardinale Fernández sottolinea come questa località attiri l’interesse di molti fedeli “di tutte le categorie, specie dei sofferenti e degli ammalati. Nel corso degli anni successivi il luogo, con tutto quanto lo riguarda – aggiunge – è sempre più diventato oggetto di attenzione, devota frequentazione e pellegrinaggi, sotto la vigilanza del competente Ordinario”, venendosi “così a consolidare un’intensa attività spirituale di preghiera e di ascolto”. Cita quindi le parole del vescovo Oliva che afferma: “Sono evidenti i frutti di vita cristiana in quanti frequentano lo Scoglio, quali l’esistenza dello spirito di preghiera, conversioni, qualche vocazione sacerdotale e alla vita religiosa, testimonianze di carità, nonché una sana devozione ed altri frutti spirituali”, senza la comparsa di “elementi critici o rischiosi né tanto meno problematici”.

La richiesta del vescovo di Locri
Il vescovo di Locri, nella sua lettera del giugno scorso al Dicastero per la Dottrina della Fede, proponeva il nulla osta come il riconoscimento necessario di questa realtà per continuare ad operare in modo che quanti vi si recano si sentano confortati e stimolati a proseguire, sapendo di essere in comunione con la Chiesa cattolica. Così il Dicastero – scrive il cardinale Fernández – ha preso atto della “positiva relazione” del presule circa il bene spirituale che si svolge in questo luogo nonché della sua “vigilanza perché non si verifichino manipolazioni delle persone, profitti economici indebiti, gravi errori dottrinali, che potrebbero provocare scandali, nuocere ai fedeli e minare la credibilità ecclesiale”.

Fernández: venerare Maria in una chiara prospettiva cristologica
Il porporato ricorda “che la corretta venerazione verso Maria, Madre di Gesù, Madre della Chiesa e Madre nostra, deve essere espressa in modo da escludere inappropriate forme di venerazione e l’uso di impropri titoli mariani. Sarà invece importante manifestare una venerazione in chiara prospettiva cristologica, come insegna il magistero ecclesiale: «quando è onorata la Madre, il Figlio […] sia debitamente conosciuto, amato, glorificato» (LG, 66)”.

La presenza dei pellegrini davanti alla Vergine, che “per loro diventa espressione limpida della misericordia del Signore – conclude il prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede – è un modo di riconoscere la propria insufficienza a portare avanti le fatiche della vita e il loro ardente bisogno e desiderio di Dio. In un tale contesto di fede davvero così prezioso, un rinnovato annuncio del kerygma potrà ancora di più illuminare ed arricchire quest’esperienza dello Spirito”.

Il decreto
Contestualmente alla pubblicazione della lettera del Dicastero è stato reso noto il decreto del vescovo di Locri-Gerace, che sancisce il nulla osta «per apprezzare per il valore pastorale e promuovere pure la diffusione di questa proposta spirituale, anche mediante eventuali pellegrinaggi, raduni ed incontri di preghiera». I fedeli «sono autorizzati a dare» al «predetto culto», «in forma prudente la loro adesione». Tutto questo tuttavia «non implica una dichiarazione di carattere soprannaturale del fenomeno» e «i fedeli non sono obbligati a credervi». Ogni ulteriore messaggio da parte delle persone coinvolte sarà reso pubblico solo dopo il giudizio del vescovo. Monsignor Oliva invita i fedeli a partecipare alla solenne celebrazione prevista presso il santuario nel pomeriggio del 5 agosto.

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La Betlemme di Roma

Posté par atempodiblog le 17 juillet 2024

La Betlemme di Roma
La Porta Santa di Santa Maria Maggiore sarà aperta dal Papa il 1° gennaio 2025. La Basilica sorta per volere di Papa Liberio sul luogo in cui nell’agosto 359 avvenne una nevicata miracolosa custodisce al suo interno le reliquie della Sacra Culla e per questo è conosciuta anche come Sancta Maria ad Praesepem. Capolavoro dell’arte medievale è il presepe di Arnolfo di Cambio, una delle rappresentazioni artistiche più antiche della Natività
di Paolo Ondarza – Vatican News

La Betlemme di Roma dans Apparizioni mariane e santuari Porta-santa

Un evento prodigioso: una nevicata in piena estate a Roma. Proprio come la Madonna aveva rivelato in sogno a Papa Liberio, 36mo Successore di Pietro.

Il perimetro segnato dalla neve
È il 5 agosto 359. Il Colle Esquilino si imbianca. I fiocchi caduti a terra segnano il perimetro su cui edificare un tempio dedicato alla Vergine. È la Basilica di Santa Maria Maggiore, detta “Liberiana”.

“Il tempio originario, certamente non era così. Era una basilica molto più modesta, con una sola navata”, spiega a Vatican News monsignor Ivan Ricupero, Maestro delle Celebrazioni Liturgiche della Basilica Papale di Santa Maria Maggiore.

“Tutto il resto è stato aggiunto lungo i secoli. La Basilica infatti è stata riedificata nel 432 con Papa Sisto III. I mosaici dell’arco trionfale ricordano quel momento storico”.

Seconda Betlemme
Con Sisto III la Basilica assunse da subito simbolicamente il carattere di una “Seconda Betlemme”. Al suo interno infatti venne costruito un Oratorio del Presepe, ovvero una riproduzione fedele della grotta in cui nacque Gesù, realizzata con pietre provenienti dalla Terra Santa. Inoltre intorno alla metà del VII secolo, precisamente nel 644 qui giunse il prezioso dono che l’allora Patriarca di Gerusalemme, san Sofronio, fece a Papa Teodoro I, oriundo di Gerusalemme: la reliquia della Sacra Culla o cunabulum.

La preziosa reliquia
All’epoca numerose incursioni persiane avevano devastato molti luoghi legati al ricordo della vita di Cristo. Il futuro santo, monaco e teologo, ardente difensore dell’ortodossia, donò al Pontefice, cinque asticelle in legno di sicomoro provenienti dalla greppia di Betlemme, assieme alle fasce in cui secondo la tradizione fu avvolto il piccolo corpo di Gesù. Si conservano oggi all’interno del prezioso reliquiario in cristallo, ornato da bassorilievi in argento, realizzato da Giuseppe Valadier nei primi anni dell’Ottocento.

È posto nella Confessio fatta decorare con oltre 70 marmi differenti da Pio IX, commemorato da una gigante statua inginocchiata e con lo sguardo verso il mosaico absidale dove è raffigurata l’Incoronazione della Vergine.

La prima Messa della Notte di Natale
Non è dunque un caso se la Basilica Liberiana,  chiamata da secoli Sancta Maria ad Praesepem, sia divenuta meta dei pellegrini “romei” in occasione delle festività natalizie, oltre che oggetto di grande devozione e munificenza da parte di pontefici e sovrani. “Da allora in questa Basilica – prosegue monsignor Ricupero – viene celebrata la Messa della Notte della Vigilia. Pochi sanno che la prima veglia di Natale si è svolta qui. Successivamente questa consuetudine si è trasmessa ed è diventata una tradizione liturgica della Chiesa cattolica in tutto il mondo.

Per secoli la notte del 24 dicembre il Papa veniva qui a presiedere la Messa stazionale e fino a prima dell’emergenza pandemica la reliquia veniva portata in processione lungo le navate al canto del Gloria.  “Dallo scorso anno”, precisa il sacerdote, “abbiamo deciso di esporla nuovamente fuori dalla sua teca, sollevata in alto, in maniera tale che possa essere venerata la notte di Natale e fino al giorno dell’Epifania”.

La traslazione dell’Oratorio del Presepe
L’antico Oratorio del Presepe che originariamente si trovava nella navata destra della Basilica, grazie ad un sofisticato sistema d carrucole ed argani ideato dall’architetto Domenico Fontana, venne traslato al di sotto dell’imponente Tabernacolo in bronzo dorato della monumentale Cappella del Santissimo Sacramento, fatta edificare nel 1590 da Papa Sisto V Peretti in ossequio alle norme del Concilio di Trento.

La prima messa di sant’Ignazio e la visione di san Gaetano da Thiene
Circondato da affreschi dedicati agli antenati di Cristo e alle storie della Vergine, il Pontefice rinascimentale è rappresentato sulla parete sinistra della cappella nel monumento funebre a lui dedicato: in preghiera, con gli occhi diretti all’altare medievale dell’Oratorio del Presepe dove, nelle notti di Natale rispettivamente del 1517 e del 1538, san Gaetano da Thiene ebbe la visione mistica del Bambino Gesù e Sant’Ignazio di Loyola celebrò la sua prima Messa. “Il fondatore della Compagnia di Gesù”, spiega ancora monsignor Ivan Ricupero, “avrebbe voluto celebrarla a Betlemme, ma non riuscì per una serie di contingenze. Sciolse questo voto qui a Santa Maria Maggiore, considerata la Betlemme di Roma”.

Il presepe di Arnolfo
In questo luogo venne collocato quello è considerato il più antico presepe in scultura della storia, realizzato da Arnolfo Di Cambio nel 1289 su commissione del primo Papa francescano Niccolo IV, a meno di settant’anni dalla rappresentazione vivente della Natività voluta da San Francesco a Greccio.

Di questo capolavoro unico dell’arte plastica medievale, ricordato anche da Vasari, sono sopravvissute almeno cinque statue originali in marmo con le figure di san Giuseppe, due Magi Stanti, un Magio orante inginocchiato, le teste del bue e dell’asino, alle quali si aggiunge una Madonna con Bambino, seduta su una roccia, e di dimensioni maggiori: circa un metro di altezza. Controversa l’attribuzione ad Arnolfo di quest’ultima, secondo alcuni studiosi pesantemente rimaneggiata nel Cinquecento. Tracce di pigmento presenti sulla pietra testimoniano come l’originario presepe in pietra, di cui non si conosce il numero esatto di sculture, dovesse essere colorato.

Santa Maria Maggiore verso il Giubileo
Come i pastori richiamati dall’angelo per la nascita del Salvatore, nell’Anno Santo 2025 tanti pellegrini giungeranno nella Basilica Liberiana, la Betlemme d’Occidente.

Percorrendo l’ampio spazio liturgico il loro sguardo sarà attratto da innumerevoli mosaici, dipinti e sculture di grande valore; dalle preziose reliquie del manto della Vergine, della paglia e del panniculum, le fasce che avvolsero il corpo del Bambino Gesù.

La Salus Populi Romani e Matteo Ricci
Infine non potrà mancare una sosta alla Salus Populi Romani, l’icona che la tradizione attribuisce alla mano di San Luca, patrono dei pittori, ma che studi più recenti hanno ricondotto ad un periodo tra il IX e l’XI secolo. “È un’immagine tanto cara alla devozione dei Papi e in particolare di Francesco che qui si reca all’inizio e al termine di ogni suo viaggio apostolico”, commenta monsignor Ricupero. “La devozione è molto diffusa tra i Gesuiti: pochi sanno che Matteo Ricci quando iniziò la sua missione in Cina, ricevette dal Papa una piccola copia dell’icona della Salus che portò con sé”.

Gli esami sulla reliquia
Centrale nella visita giubilare a Santa Maria Maggiore sarà la sosta in preghiera, sotto l’altare maggiore, sulle reliquie della Sacra Culla, il cui valore storico e devozionale è stato avvalorato da recenti studi scientifici.

I pollini prelevati all’interno delle asticelle di sicomoro sono stati ricondotti alla zona geografica di Betlemme e al tempo di Gesù. Una conferma di quanto attestato per secoli, fra gli altri anche da San Girolamo le cui spoglie mortali si conservano proprio a Santa Maria Maggiore.

“I rilievi – ricorda il Maestro delle Celebrazioni Liturgiche di Santa Maria Maggiore  –  sono stati effettuati nel 2018. L’occasione è stata data dalla decisione di Papa Francesco di donare un frammento delle venerate asticelle alla Custodia di Terra Santa nel novembre 2019″.

La Porta che introduce al mistero dell’Incarnazione
Il Pontefice aprirà la Porta Santa di Santa Maria Maggiore il 1° gennaio 2025, solennità di Maria santissima Madre di Dio. “Già a partire dal 1390 – conclude monsignor Ivan Ricupero – ci sono attestazioni che qui ci fosse una Porta Santa che i fedeli potevano attraversare per ricevere il dono dell’indulgenza. Visitare questa Basilica legata alla Natività è per i pellegrini e i turisti un’opportunità per avvicinarsi al grande mistero dell’Incarnazione”.

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Santa Maria in Portico, un’icona con 1500 anni di storia

Posté par atempodiblog le 17 juillet 2024

Santa Maria in Portico, un’icona con 1500 anni di storia
Oggi, 17 luglio, ricorrono 1500 anni da quando, secondo la tradizione, l’icona di Santa Maria in Portico venne affidata dal Cielo a san Giovanni I e a santa Galla. Un’immagine che s’intrecciò poi con la vita di san Giovanni Leonardi.
di Antonio Tarallo – La nuova Bussola Quotidiana

Santa Maria in Portico, un’icona con 1500 anni di storia dans Antonio Tarallo Santa-Maria-in-Portico-in-Campitelli

A pochi passi dalla famosa Piazza Venezia sorge una delle chiese più belle di Roma: Santa Maria in Portico in Campitelli, perla del barocco romano. Qui, il marmo si sposa in perfetta armonia con l’oro. E la preghiera si concilia divinamente con tanta bellezza. Si entra in questo luogo sacro e subito lo sguardo è rapito dall’altare maggiore: un trionfo di stucchi dorati fa da cornice a una delle immagini più venerate a Roma, l’icona di Santa Maria in Portico. Oggi ricorrono 1500 anni da quel 17 luglio 524 quando l’immagine mariana venne affidata dal Cielo a papa san Giovanni I (Toscana, 470 – Ravenna, 18 maggio 526) e a santa Galla (si conosce solo la data della morte, 550 circa), figlia del console romano Simmaco che, una volta rimasta vedova dopo appena un anno di matrimonio e aver rifiutato nuove nozze, dedicherà la propria vita al digiuno e alle opere di carità.

È importante precisare che il luogo dell’apparizione non avvenne dove ora sorge questo magnifico tempio mariano. Dobbiamo spostarci a pochi metri di distanza, nella zona compresa tra Monte Savello e il tempio di Portuno (o della dea Fortuna). Era in questo spazio che era collocata la casa di santa Galla, pronta ad accogliere sempre i poveri della Città Eterna: il suo portico, il centro di tanta carità. Quel 17 luglio, mentre santa Galla era intenta a preparare l’ennesima tavola per i bisognosi, vide un lampo illuminare il portico della casa. Sorpresa, la santa romana si recò subito da papa Giovanni I nel Palazzo del Laterano (allora sede papale) che volle andare a constatare immediatamente la veridicità del racconto. Si narra che accorse una moltitudine di fedeli, oltre alla curia romana. Un’antica pergamena ci racconta la scena: nessun rumore, tutto attorno viveva nel silenzio; papa Giovanni I pregò il Signore affinché manifestasse la Sua potenza. Il papa voleva comprendere il significato di tale prodigioso evento. Fu così che apparvero due piccoli angeli, due serafini, con in mano la preziosa icona mariana che fu consegnata al pontefice. Papa Giovanni I la prese in mano e con questa sacra effigie benedisse tutto il popolo romano accorso nel portico di santa Galla. In quel momento avvenne il tanto atteso miracolo: la peste che imperversava all’epoca nelle strade della Capitale scomparve. Roma era salva dal morbo mortale.

Le notizie raccolte intorno a tale immagine hanno come riferimento due momenti redazionali. Il primo è dovuto alla trascrizione da parte di san Giovanni Leonardi, fondatore dell’Ordine dei Chierici Regolari della Madre di Dio, di una pergamena che affisse poi alla porta del santuario mariano: è la famosa Narratione della Miracolosa Imagine della Beatissima Vergine (1605). Il secondo è fornito dai padri leonardini che svilupparono le memorie storiche e devozionali riguardo alla piccola icona. Ma perché proprio san Giovanni Leonardi e successivamente tutto l’Ordine della Madre di Dio fu così attento a tale immagine? C’è un legame profondo tra l’Ordine leonardino e l’immagine mariana. E per comprenderne il perché bisogna fare un salto nel tempo: dal 524 si deve correre velocemente al 1600.

Il 1600 era anno giubilare. Alcuni confratelli di san Giovanni Leonardi giunsero da Lucca a Roma perché da tempo si pensava di costituire nella Città Eterna una comunità leonardina. Fra le diverse chiese “in lizza” si scelse, alla fine, quella di Santa Maria in Portico. Il 14 agosto 1601, vigilia dell’Assunzione di Maria, san Giovanni Leonardi e i suoi compagni approdarono nel “porto” sicuro della chiesa romana di Santa Maria in Portico. Ludovico Marracci, teologo dell’Ordine, nelle sue Memorie di santa Maria in Portico del 1675, ci dona questa suggestiva immagine: «Se n’uscì, come un altro Abramo, dal nativo terreno, povero di tutte le cose, sbattuto dalla tempesta delle persecuzioni, senza trovare chi lo consolasse. E mentre andava cercando nella metropoli del mondo, luogo dove posarsi e fermare il piè, ritrovò un saldissimo fondamento di quiete sopra il zaffiro della celeste effigie di Santa Maria in Portico».

Per questa icona, Leonardi trovò una devozione popolare mariana già ampiamente diffusa. Se ne innamorò subito. Quell’immagine, così materna, suscitò in lui sentimenti di affetto profondo e filiale: la piccola icona – in lamina di rame dorato, alta 26 centimetri e larga quasi 21 – che rappresenta la Vergine col Bambino Gesù in braccio, nella tipica iconografia bizantina dell’Odigitria (Colei che indica la Via), diventò per il santo lucchese un tesoro da custodire e soprattutto da diffondere ancora di più presso tutto il popolo romano. Riguardo a ciò, è interessante leggere cosa scrive Carlo Antonio Erra, religioso dell’Ordine leonardino, nella sua Storia dell’Imagine, e Chiesa di Santa Maria in Portico di Campitelli (Stamperia del Komarek al Corfo, 1750): «Fece venire altri confratelli da Lucca e ampliò l’abitazione: introdusse la frequenza dei Santissimi Sacramenti con l’utilissimo esercizio della Dottrina Christiana e nel predicare la parola di Dio in tutte le Domeniche. Con che, e con il suo esempio della sua vita, non solo si tolsero via da quella contrada molti peccati e abusi di già invecchiati, ma ancora cominciò la chiesa per addietro sconosciuta ad essere anco da persone nobili e principali molto frequentata. Di più, acciò un tesoro sì grande, quale era la veneranda immagine, non istesse come nascosto, e sepolto, ma venisse a notizia di tutti, e da tutti fosse onorato, raccolse in compendio l’istoria di quella, e la pubblicò per mezzo delle stampe». «L’istoria» a cui si fa riferimento è La Narratione della Miracolosa Imagine della Beatissima Vergine del 1605.

I secoli passano, così come i volti delle donne e degli uomini di Dio che si sono rivolti alla miracolosa immagine di Santa Maria in Portico. L’effigie rimane lì, ormai impressa nella gloria d’oro della chiesa barocca romana. Ancora oggi viene vegliata da san Giovanni Leonardi, il cui corpo riposa in una delle cappelle laterali.

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