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Lacrime di gioia nella sconfitta

Posté par atempodiblog le 30 juillet 2024

Lacrime di gioia nella sconfitta
di don Antonello Iapicca

Lacrime di gioia nella sconfitta dans Don Antonello Iapicca Benedetta-Pilato-Olimpiadi
Foto: la Repubblica

Non c’entra la fede, almeno non c’era nelle parole di Benedetta. C’entra l’autentico restare umani, che di questi tempi è molto più duro di qualsiasi disciplina olimpica. E noi sappiamo che qualunque cosa sia autenticamente umana ha a che fare con Dio che si è fatto uomo.

Restare semplicemente quel che siamo, fragili e impotenti nella maggior parte dei casi, ma restare lì, sbattendo sui limiti e non restarne schiacciati, perché in quei limiti c’è quello che siamo, ma anche il desiderio indomito di superarli, per diventare ciò per cui siamo nati. Che non è solo per una medaglia all’Olimpiade, è per il compimento della vita nell’amore.

Le lacrime di Benedetta hanno lavato, inconsapevolmente forse, la bruttura dell’antiumana e ideologicamente falsa cerimonia di apertura. Lacrime di gioia che incastonano una solo apparente sconfitta nella vittoria più bella, quella di chi, colmo di gratitudine, sa che anche sfiorare una medaglia è bello, perché quest’oggi  lo ha detto Benedetta  è stato bellissimo, di una bellezza impensabile ieri.

C’è infatti una trama spesso nascosta che conduce le nostre vite, un disegno divino che ci conduce al bene attraverso ogni evento. Saperla riconoscere, anche in mezzo alla zizzania che spesso sembra soffocarci, fa piangere lacrime di gioia, anche nella sconfitta.

“Ma dici davvero?”, ha chiesto a Benedetta la cronista della Rai, sorpresa dalle sue lacrime e dalle sue parole. Perché la gioia nella sconfitta è un ossimoro per una società che fa del successo il suo unico obbiettivo.

“Dici davvero” che si può piangere di gioia nella sconfitta? Sì, certo che si può, basta guardare la Croce, identificata dai più come zizzania da estirpare, come la sconfitta più umiliante, con gli occhi purificati dalla Grazia e dall’esperienza del perdono e dell’amore di Dio che essa significa.

Perché ogni Croce, ogni dolore, ogni sconfitta, risplende con i colori dell’unica vittoria capace di cambiare la vita e renderla un prodigio, e ogni suo giorno come il più bello. La vittoria sulla morte e il peccato, il frutto più bello e più buono del Grano che su ogni Croce è stato crocifisso.

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La devozione mariana di san Leopoldo Mandić

Posté par atempodiblog le 30 juillet 2024

La devozione mariana di san Leopoldo Mandić
Il progetto di convertire i paesi balcani per mezzo della devozione mariana che lo guidò in tutto il suo apostolato di confessore instancabile di anime; il suo amore per la Vergine Maria; il miracolo della carrozza per mano della Madonna di ritorno da Lourdes e le parole che lo unirono alla Madre Celeste alla fine della vita.
di Antonio Tarallo – La nuova Bussola Quotidiana

La devozione mariana di san Leopoldo Mandić dans Antonio Tarallo san-leopoldo-mandic

Nel settembre del 1914, san Leopoldo Mandić, scriveva: “II fine della mia vita deve essere quello di procurare il ritorno dei dissidenti orientali all’unità cattolica. (…) Per questo, sino a quando l’ubbidienza dei superiori mi lascerà direttore dei nostri giovani, cercherò con tutti i mezzi di preparare gli apostoli che, a suo tempo, si occuperanno di tanta opera”. All’epoca, il frate cappuccino studiava gli idiomi balcanici e confidava di convertire quei popoli mediante  soprattutto  la devozione mariana. Si passa per Maria, per arrivare a Gesù. Sempre.

Questa devozione mariana avrebbe voluto diffonderla con la parola e con la stampa, andando ad evangelizzare  in prima persona  proprio in quei luoghi dove l’unità cristiana era in pericolo. Ma Dio, invece, aveva stabilito per lui altra missione: quella di essere confessore instancabile, espressione della Misericordia del Signore. Nessun viaggio, dunque, verso le terre balcaniche, bensì molti itinerari all’interno delle migliaia di anime che a lui si sono confidate e affidate durante il suo ministero condotto nel confessionale. E, in questo suo tragitto, non è mai mancata l’antica devozione mariana che lo ha accompagnato per tutta la sua intera esistenza.

Mandić, infatti, ha avuto verso la Madonna una particolare attenzione. Da sempre. Un docile sentimento di figlio tenero verso lo sguardo di sua Madre. E’ stata Lei ha guidare i suoi passi, a “dettare” le preghiere della sua anima e le azioni della sua vita, tanto da chiamarla amorevolmente “Padrona Benedetta”. E’ noto che il padre cappuccino congedasse i penitenti con queste parole: “Preghi sempre la Vergine santissima, la quale è fonte morale di ogni bene. Nel buio della vita, la fiaccola della fede e la devozione alla Madonna ci guidano ad essere fortissimi nella speranza. Come abbiamo in cielo un divino Intercessore, abbiamo anche un cuore di Madre”. E concludeva con questa semplice preghiera: “O Maria, mostraci di essere Madre”.

E proprio alla Vergine Maria, San Leopoldo, dovrà la stessa sua vita. Perché? C’è un episodio  non molto conosciuto  della vita del santo, in cui il manto di Maria si è steso su di lui, come benevole protezione. Il frate cappuccino si era recato in pellegrinaggio a Lourdes. Era nel luglio del 1934. Fece ritorno assieme a don Luigi Callegaro, suo amico. Alla stazione ferroviaria di Padova, il frate e il sacerdote trovarono un passaggio sulla carrozza di uomo  si chiamava Augusto Formentin  che si era offerto di dargli un passaggio. Durante questo viaggio, passarono per via Dante, una piccola strada di Padova. Fu proprio in questa via che “incontrarono” la Madonna. L’incontro prese il nome di “soccorso”. In questa stretta via, infatti, la carrozza incrociò un convoglio del tram. Lo spazio tra le rotaie del tram e i pilastri dei portici della strada era talmente stretto da non permettere alla carrozza il passaggio senza esserne schiacciata. Ma, venne in soccorso la fede di San Leopoldo. Il frate  si racconta  chiuse gli occhi e pregò la Vergine Maria. Fu alla Celeste Madre che chiese soccorso in quel momento in cui già si vedeva morto. I passanti per quella strada avevano già decretato la tragedia. Cominciarono a gridare intimando al conduttore di fermarsi, ma il cavallo, imbizzarrito, proseguì la corsa. Fu in questo momento che intervenne la mano della Vergine Maria: la carrozza miracolosamente passò illesa. Quando la folla si accorse che fra le persone che erano sopra la carrozza vi era Padre Leopoldo Mandić  la cui santità già era nota a Padova  esclamò, senza alcun dubbio: “Non è successo nulla perché c’è padre Leopoldo!”. E, invece, lui stesso, ancora confuso dall’incidente: “Torniamo da Lourdes. Siamo qui due sacerdoti. È stata la Madonna a salvarci!”.

Il 30 luglio del 1942, il frate cappuccino, mentre si preparava a celebrare la Santa Messa, fu colto da uno sbocco di sangue e cadde a terra. Sarà la sua ultima celebrazione eucaristica. Trasportato a letto, gli fu subito amministrata l’estrema unzione. Il superiore gli raccomandò l’anima e gli fece recitare la Salve Regina. Morì appena alle parole: “O clemente, o pia, o dolce Vergine Maria”. In quel momento madre e figlio furono in un solo abbraccio.

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Giuste disposizioni per leggere la Bibbia

Posté par atempodiblog le 26 juillet 2024

“Oggi vi invito a leggere ogni giorno la Bibbia nelle vostre case: collocatela in un luogo ben visibile, in modo che sempre vi stimoli a leggerla e a pregare”. (Messaggio della Regina della Pace di Medjugorje del 18 ottobre 1984)

Giuste disposizioni per leggere la Bibbia dans Fede, morale e teologia La-Santa-Bibbia

Giuste disposizioni per leggere la Bibbia
del venerabile sac. Francesco Chiesa

La Bibbia, abbiam detto fin da principio, è la lettera scritta da Dio agli uomini per indicar loro la via del Paradiso. Or ecco l’atteggiamento in cui si deve collocare l’uomo.
Noi dobbiamo considerare quello che è la nostra vera natura. Dinanzi alla S. Scrittura noi non siamo, né la ricca signora che presiede alla casa, né il padrone dell’azienda, o capo ufficio, o il capitano, o il generale che comanda all’esercito, o il giudice d’appello, o pretore, o segretario comunale, o lo studente di terza liceo, o di ginnasio, o lo sposo sposa nuova, o la presidente, o dirigente del circolo e gruppo, o che di simile.
Io sono una creatura umana che, uscita dalla mano di Dio per ritornare a Lui, faccio presentemente la mia prova su questa terra d’esilio.
Tutto questo mondo col suo fracasso, colle sue pompe, colle sue vanità, non è nulla. Una sola cosa è degna del mio sguardo: Dio che è nei cieli, che mi ha creato, che mi chiama per rendermi felice: ed una cosa sola mi deve interessare: la mia anima, che, creata da Dio, non potrà esser felice che in lui… né camminare a quella felicità, se non nella via dei comandamenti di Dio.
Ora questo Dio, affinché io non mi lasci ingannare dalle illusioni di questo mondo, mi fa luce dal cielo. Come ha creato il sole per illuminare le tenebre fisiche della terra, così fa splendere per me una luce più viva di tutti i soli, nella sua Rivelazione: e questa Egli si degna mandare a me, per mezzo di quella lettera che si chiama Bibbia.
lo dunque aprirò con amore la lettera del mio Padre Celeste per sapere come posso andare a Lui.
Ecco la posizione generale in cui mi debbo mettere, prima di aprire il sacro libro. Dico posizione generale, perché questa si può meglio determinare e rendere più adatta con le parole che soggiunge la citata Imitazione di Cristo.
Si vis profectum aurire, lege humiliter, simpliciter et fideliter (lm. di Cristo, I).

L’Umiltà. È la prima delle disposizioni richieste. Nella S. Scritura si nasconde una verità divina. Essa procede da Dio, e Dio è colui che deve introdurla nell’anima.
Se si trattasse di un libro di matematica, di fisica, di filosofia, chi è più istruito sarebbe meglio disposto a capirlo. Non così avviene della Sacra Scrittura. Ecco una grande ed importantissima verità!
Chi ci fa capire la verità della scienza è il lume naturale della ragione, aiutato dall’ingegno e dalla fatica dello studio. Invece chi ci fa intendere la verità della Sacra Scrittura è il lume della fede, acceso dalla grazia dello Spirito Santo.
Nella scienza intende più chi ha più ingegno e studia di più. Nella Bibbia capisce più profondamente chi ha più lume dello Spirito Santo.
Ora a questo lume apre la porta l’umiltà. L’umiltà sta alla luce divina, come l’ingegno e lo studio al la luce della scienza.
Ecco il perché delle parole: Abscondisti haec sapientibus et prudentibus, et revelasti ea parvulis (Lc. 10,21). Queste cose hai nascoste ai saggi e prudenti e hai manifestate ai piccoli, ossia agli mili.

Simpliciter. La semplicità riguarda l’intenzione.
Chi legge la Sacra Bibbia per fare sfoggio di erudizione, si mette fuor di linea… lege simpliciter… nec unquam velis habere nomen scientiae. Anche lo scopo di studio, in quanto è mezzo di acquisto di una scienza che serve a superare una prova e a prendere una laurea, non basta. Che dico? la stessa voluttà di penetrare curiosamente i segreti di Dio e lo sforzo di intendere le cose più difficili per saperle, nuoce al vero effetto che tale lettura deve produrre in chi la fa. Non plus sapere quam oportet sapere, sed sapere ad sobrietatem (Rom. 12,3). Perché per guardar troppo direttamente il sole, si può anche essere acciecati: Qui scrutator est maiestatis opprimetur a gloria (Prov. 25,27).
La vera semplicità consiste nell’aver la sola intenzione di intendere nelle parole della S. Scrittura la voce di Dio che ci manifesta le sue perfezioni e la sua volontà, perché noi possiamo camminare nella via della vita, per andare a Lui. In questa precisa disposizione era il Salmista quando diceva: Da mihi intellectum ut sciam testimonia tua: dammi intelletto, affinché intenda i tuoi precetti. Da mihi intellectum et scrutabor legem tuam et custo diam illam in toto corde meo.

Lege… Fideliter. L’umiltà e la semplicità sono ordinate alla fedeltà e questa consiste nella volontà di mettere in pratica quello che si legge e si intende. La sola intenzione, o proposito, di servircene per infiorare i nostri discorsi, o prediche, o articoli che scriviamo, o libri che possiamo comporre, non è sufficiente. Certo è anche bene leggere per tal fine, specialmente quando si fa con serietà e retta intenzione. Ma questo serve per gli altri.
Si possono anche tessere discorsi con parole scritturali, come un Origene e un S. Bernardo, ed intanto fare una vita pagana.
La fedeltà di cui parliamo è il proposito di mettere la parola della Bibbia, non solo sulla nostra bocca, o nei nostri scritti, ma nella nostra condotta, conformando la nostra vita alle parole che leggiamo; come disse Paolo: Domine, quid me vis facere (Act. 9,5), o il Salmista: Dammi intelligenza della tua parola, affinché possa farne l’anima della mia vita: Intellectum da mihi, et vivam (Ps. 118,144).
Ah quando un’anima, desiderosa di ascoltare la voce di Dio, si mette nel santo raccoglimento, e poi con tutta umiltà prende in mano il libro santo, nel sincero desiderio di aiutarsi a staccare il cuore dall’amore disordinato alle vanità del mondo; di conoscere meglio Iddio, o di accendere più viva la fiamma dell’amore verso di Lui; e col proposito di realizzare per quanto è possibile, colla grazia di Dio, quello che legge; ah sì allora che quest’anima e nella vera disposizione di ricevere dalla lettura della Bibbia frutti abbondanti di salute e di vita!
Com’è evidente, per tale scopo è necessario scegliere il tempo, il luogo, la stessa posizione del corpo (che dev’essere una posizione di rispetto, mentre si legge la lettera di Dio) e soprattutto è necessario mettersi alla presenza di Dio, nel più grande raccoglimento possibile. Ricordiamo la posizione della persona dinanzi all’obiettivo della macchina fotografica. Noi non dovremmo posar lo sguardo sulle parole del Libro Santo, finché la nostra anima, nella calma del raccoglimento, non sente in quelle parole la voce viva di Dio.

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Giornata Mondiale dei Nonni e degli Anziani, indulgenza plenaria per chi la celebra

Posté par atempodiblog le 26 juillet 2024

Giornata Mondiale dei Nonni e degli Anziani, indulgenza plenaria per chi la celebra
Nel giorno della ricorrenza, il 28 luglio, la Penitenzieria Apostolica concede il beneficio ai rappresentanti della terza età e ai fedeli “che, motivati da vero spirito di penitenza e di carità” prenderanno parte alle diverse funzioni, in tutto il mondo e pure ai malati, a chi li assiste e coloro che, impossibilitati ad uscire da casa, “si uniranno spiritualmente alle funzioni sacre”, con distaccamento dal peccato e l’intenzione di adempiere appena possibile alle consuete condizioni
della Redazione di Vatican News

Giornata Mondiale dei Nonni e degli Anziani, indulgenza plenaria per chi la celebra dans Articoli di Giornali e News festa-nonni

In occasione della Quarta Giornata Mondiale dei Nonni e degli Anziani, istituita da Papa Francesco la quarta domenica del mese di luglio, e che avrà come tema “Nella vecchiaia non abbandonarmi”, la Penitenzieria Apostolica concede “l’indulgenza plenaria alle consuete condizioni (confessione sacramentale, comunione eucaristica e preghiera secondo le intenzioni del Sommo Pontefice) ai nonni, agli anziani e a tutti i fedeli che, motivati da vero spirito di penitenza e di carità, il 28 luglio 2024”, prenderanno parte “alle diverse funzioni che si svolgeranno in tutto il mondo”. Lo stabilisce un decreto firmato dal penitenziere maggiore, il cardinale Angelo De Donatis.

L’indulgenza plenaria, elargita, accogliendo la richiesta del cardinale Kevin Joseph Farrell, prefetto del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, “al fine di accrescere la devozione dei fedeli e di procurare la salvezza delle anime”, potrà anche “essere applicata anche come suffragio alle anime del Purgatorio” e viene concessa anche ai fedeli che il 28 luglio “dedicheranno del tempo adeguato a visitare i fratelli anziani bisognosi o in difficoltà (come i malati, le persone sole, i disabili…)”. Altresì, specifica il decreto, potranno ottenerla “premesso il distaccamento da qualsiasi peccato e l’intenzione di adempiere appena possibile le tre consuete condizioni, gli anziani malati nonché coloro che li assistono e tutti coloro che, impossibilitati ad uscire dalla propria casa per grave motivo, si uniranno spiritualmente alle funzioni sacre della Giornata Mondiale”, tutto ciò, “offrendo a Dio Misericordioso le loro preghiere, i dolori e le sofferenze della propria vita, soprattutto mentre le varie celebrazioni verranno trasmesse attraverso i mezzi di comunicazione”.

Perché “l’opportunità di conseguire la grazia divina” possa attuarsi più facilmente “per mezzo della carità pastorale”, la Penitenzieria Apostolica chiede “ai sacerdoti, muniti delle opportune facoltà per ascoltare le confessioni, di rendersi disponibili, con spirito pronto e generoso, alla celebrazione del Sacramento della Penitenza”.

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Consacrazione alla Devozione e Relazione Mariana

Posté par atempodiblog le 25 juillet 2024

26 luglio  Santi Gioacchino e Anna, genitori della Beata Vergine Maria
Consacrazione alla Devozione e Relazione Mariana
di San Giustino Maria Russolillo Apostolo delle Vocazioni

Consacrazione alla Devozione e Relazione Mariana dans Don Giustino Maria Russolillo Sant-Anna-e-San-Gioacchino-e-Maria

Ci uniamo, o ss. Maria, ai santi, agli angeli, specialmente ai tuoi santi genitori: Gioacchino e Anna, al tuo santo sposo Giuseppe, inchinandoci a te nel salutarti, da parte della ss. Trinità, piena di grazia.

O Maria, o Maria! O piena di grazia, o piena di gloria, riguarda clementissima a questa corona di tuoi schiavi d’amore, fedeli d’amore, figli d’amore.

Ti salutiamo regina, ti acclamiamo regina, e ti incoroniamo regina! Riconoscendo con gioia immensa tutti i tuoi diritti regali su ogni creatura, o Maria. Tu sei regina di merito, per sovranità di ogni perfezione.

Tu sei la regina figlia, la regina madre, la regina sposa del re Dio. Tu sei, con uguale verità, regina per la libera elezione dei tuoi sudditi che tale ti salutano, ti acclamano e ti incoronano, o Maria.

Tu sei regina per natura, come la madre nella famiglia, perché nel mondo delle anime sei madre della divina grazia, ch’è vita soprannaturale di tutti gli eletti.

Gradisci, o augustissima, l’omaggio della nostra sudditanza d’amore. Ratificalo nel cielo al cospetto della ss. Trinità. Riconoscici e facci tuoi fedelissimi in tutto.

Prendi direttamente il governo e il magistero delle intelligenze, la chiave del nostro cuore, la direzione dei nostri affari, delle nostre vite per sempre.

Ricordati sempre di noi, o regina di tutti i santi, o madre del bell’amore, o mediatrice di tutte le grazie, ricordati sempre di noi, ora che sei nella tua gloria.

Chiediamo alla clemenza, munificenza e potenza tua, di essere pieni di grazia in questa vita, per poter essere altrettante stelle di gloria, nella corona del tuo dolce cuore, in paradiso, o Maria.

A onore e unione dei tuoi santi genitori, Gioacchino e Anna, noi ci consacriamo alla conoscenza, pratica e apostolato della devozione e relazione mariana.

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L’efficacia di san Gioacchino presso Dio

Posté par atempodiblog le 25 juillet 2024

L'efficacia di san Gioacchino presso Dio dans Fede, morale e teologia San-Gioacchino-Posillipo

“Il mio nome non è abbastanza invocato e la mia figura è poco conosciuta. Eppure io voglio venire in aiuto ai bisognosi e spargere molte grazie. Edificate un Santuario in mio onore; tutti quelli che a me faranno ricorso sperimenteranno l’efficacia del mio potere presso Dio”. Erano le parole che san Gioacchino, in visione, rivolse a Giuseppe Epifani umile fratello della Congregazione della Missione San Vincenzo de’ Paoli.

La Provvidenza dispose che nell’opera instancabile di diffusione della devozione del Santo Patriarca, l’umile Epifani incontrasse il Commendatore Ernesto Lancellotti, vivamente impressionato delle grazie che il Santo elargiva a chi impetrava la sua intercessione presso Dio e dell’efficacia, sulla sua famiglia, della devozione verso il Santo. Il commendatore, nel 1945 donò alla Congregazione della Missione, di cui il fratello Epifani era membro, la più bella porzione di terra della sua proprietà a condizione che vi fosse costruito un edificio di culto dedicato a san Gioacchino. La domenica 4 agosto 1946 il Cardinale di Alessio Ascalesi procedé alla posa della prima pietra, la pietra fondamentale del Santuario, simbolo di Crosto pietra angolare di tutta la Chiesa.

Fonte: Parrocchia San Gioacchino – Missionari Vincenziani – Posillipo

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Cotignac, l’apparizione più famosa di san Giuseppe

Posté par atempodiblog le 18 juillet 2024

Cotignac, l’apparizione più famosa di san Giuseppe
7 giugno 1660, Cotignac, sud della Francia: san Giuseppe appare a un giovane pastore assetato e gli fa scoprire una sorgente dalle proprietà miracolose. Un’apparizione, riconosciuta dalla Chiesa, che non smette di dare i suoi frutti.
di Ermes Dovico – La nuova Bussola Quotidiana
Tratto da: Radio Maria

Cotignac, l’apparizione più famosa di san Giuseppe dans Apparizioni mariane e santuari San-Giuseppe

Siamo in un piccolo comune nel sud della Francia (regione Provenza-Alpi-Costa Azzurra). È il 7 giugno 1660 e un giovane pastore, di nome Gaspard Ricard, pascola le sue pecore sul monte Bessillon. È circa l’una di pomeriggio e il caldo è intenso. Esausto per la sete, Gaspard si sdraia a terra. All’improvviso vede apparire un uomo dall’aspetto imponente e venerabile, che gli indica un grande masso lì vicino e gli dice: «Io sono Giuseppe, solleva questa roccia e berrai».

Gaspard, alla vista di quel masso, esita (più tardi, la sera di quel 7 giugno, otto uomini insieme riusciranno a spostarlo con notevole difficoltà). Ma Giuseppe gli ripete il comando. Stavolta il pastore obbedisce, solleva la roccia con estrema facilità e vede scorrere abbondante acqua dolce. Beve con gusto a quell’inaspettata sorgente, ma quando rialza il capo si accorge di essere rimasto solo.

Verso le tre di pomeriggio Gaspard si reca alla piazza principale di Cotignac e racconta quanto gli è accaduto. La notizia dell’apparizione di san Giuseppe si diffonde rapidamente e i pellegrini scoprono che quella sorgente sul Bessillon ha proprietà fuori dall’ordinario: non pochi ne tornano guariti da febbri, malattie agli occhi e altre infermità; soprattutto, non si contano le grazie spirituali, di guarigione e fortificazione interiore.

Con le donazioni dei devoti si deciderà di costruire una cappella. Due mesi dopo l’apparizione, il 9 agosto, venne benedetta la posa della prima pietra. I lavori furono completati nell’ottobre del 1660. Ma già l’anno seguente, vista l’insufficienza della chiesa per l’afflusso di fedeli, fu avviata una costruzione più grande. Si tratta del santuario consacrato nel 1663 – tuttora esistente e meta di pellegrinaggi – che sorge accanto al luogo della fonte miracolosa, dove è inciso nella lingua locale [vedi foto accanto, di Marina Cristea] un significativo passo del profeta Isaia: Haurietis aquas in gaudio de fontibus Salvatoris, «Attingerete acqua con gioia alle sorgenti della salvezza» (Is 12, 3).

L’apparizione avvenne mentre imperversava in Francia il giansenismo, che con la sua durezza e la sua errata idea della Misericordia divina allontanava le persone dai sacramenti, in primis Confessione ed Eucaristia, criticando pure il culto dei santi e della stessa Vergine Maria.

Al riguardo va ricordato che a Cotignac si è manifestata nello spazio di meno di un secolo e mezzo l’intera Sacra Famiglia. Nel 1519, dunque agli albori della crisi religiosa avviata da Lutero, il piccolo comune francese era stato infatti teatro di due apparizioni – avvenute il 10 e 11 agosto (a circa tre chilometri di distanza dal luogo dove poi sarebbe apparso da solo san Giuseppe) – della Madonna con Gesù Bambino in braccio. La Madre di Dio aveva chiesto al veggente, il boscaiolo Jean de la Baume (talvolta indicato come “de la Saque” o “de la Mire”, per via del fatto che all’epoca i cognomi erano raramente fissati), di riferire al clero e ai consoli di Cotignac di adoperarsi per la costruzione di una cappella sotto il titolo di Nostra Signora delle Grazie e di andarvi «in processione, per ricevere i doni che voglio diffondervi». E tempo dopo quella chiesa, presto edificata in obbedienza al comando celeste (la prima pietra fu posta il 14 settembre, giorno dell’Esaltazione della Santa Croce, del 1519), era stata affidata alle cure degli Oratoriani.

Si tratta della stessa famiglia religiosa a cui nel secolo successivo, a seguito dei fatti legati alla sorgente sul Bessillon, il vescovo di allora, l’italiano Giuseppe Zongo Ondedei, in una lettera datata 31 gennaio 1661, affidò la cura del luogo e della cappella in onore di san Giuseppe. «Noi, volendo seguire (…) le vie che la Divina Provvidenza ci ha tracciato e per non separare le cose che ha voluto unire, abbiamo creduto che non ci fosse niente di meglio di affidare l’amministrazione della cappella dello sposo [Giuseppe] a coloro che assolvono così bene quella della sposa [Maria]», scrisse il vescovo Ondedei. Accanto al santuario, sorse anche un piccolo monastero.

Più di un secolo dopo, la Rivoluzione francese indusse ad un abbandono di quel luogo benedetto. Il monastero cadde in rovina, mentre la cappella rimase in piedi, curata dai parroci di Cotignac e aperta due-tre volte l’anno ai fedeli, in particolare per la solennità del 19 marzo.

Il XX è stato il secolo della rinascita del culto sul Bessillon. Nella lettera pastorale dell’1 febbraio 1971, in cui ricordava l’eccezionalità della visita di san Giuseppe, monsignor Gilles-Henri-Alexis Barthe, vescovo di Fréjus-Tolone (1962-1983), scriveva: «Abbiamo indubbiamente dimenticato troppo il privilegio di questa visita del Santo Patriarca a uno dei giovani più umili del nostro Paese. [Giuseppe] si è ritirato di nuovo nel suo silenzio, ma la primavera continua a scorrere, assistendo al suo passaggio. C’è stato un tempo in cui più pellegrini venivano a pregarlo. Nelle gioie e nelle speranze, nei dolori e nelle angosce di questo tempo, quante lezioni possiamo imparare da san Giuseppe, il benefattore giusto, attento e silenzioso. Quante grazie dobbiamo chiedergli per l’umanità, per la Chiesa di cui è Patrono, per il nostro Paese, per la nostra diocesi».

Nell’Anno Santo 1975, il ritorno in Francia dei benedettini del monastero di San Benedetto di Médéa (Algeria) si è rivelato provvidenziale per Cotignac: i religiosi hanno acquisito il santuario di San Giuseppe e ricostruito il monastero (affidandosi all’architetto Fernand Pouillon), avendo cura di armonizzare i nuovi edifici con quelli del XVII secolo. Il resto è storia recente.

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Nulla osta del Dicastero per la Dottrina della Fede sulla Madonna dello Scoglio

Posté par atempodiblog le 17 juillet 2024

Nulla osta del Dicastero per la Dottrina della Fede sulla Madonna dello Scoglio
In base alle nuove norme, il Dicastero ha reso pubblica la decisione positiva relativa ai frutti spirituali seguiti alle apparizioni raccontate dal veggente Cosimo Fragomeni, in Calabria. Anche in questo caso non c’è pronunciamento sull’origine soprannaturale ma i fedeli sono autorizzati a dare la loro adesione
della Redazione di Vatican News

Nulla osta del Dicastero per la Dottrina della Fede sulla Madonna dello Scoglio dans Apparizioni mariane e santuari Nostra-Signora-dello-Scoglio-in-Calabria

“Nel mondo secolarizzato in cui viviamo, nel quale in tanti trascorrono le loro esistenze senza alcun riferimento alla trascendenza, i pellegrini che si avvicinano al Santuario dello Scoglio sono un potente segno di fede”. È quanto scrive il cardinale Victor Manuel Fernández, prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede, che – in risposta ad una lettera del vescovo di Locri-Gerace, Francesco Oliva, del 3 giugno scorso – “conferma la determinazione di Nihil obstat” proposta dal presule in riferimento alle vicende inerenti al Santuario Diocesano di Nostra Signora dello Scoglio, situato in Santa Domenica di Placanica, in Calabria.

Riconoscimento di un’esperienza dello Spirito
Qui, l’11 maggio 1968, la Vergine Maria sarebbe apparsa per la prima volta a Cosimo Fragomeni, un umile contadino di 18 anni. Secondo le nuove Norme pubblicate il 17 maggio scorso dal Dicastero per la Dottrina della Fede, il nulla osta – precisa nella lettera il cardinale Fernández – non va inteso “come un’approvazione del carattere soprannaturale del fenomeno” ma come il riconoscimento di una “esperienza dello Spirito”, per cui si incoraggia il vescovo diocesano ad apprezzare il valore pastorale e a promuovere la diffusione di questa proposta spirituale, anche mediante pellegrinaggi, mentre “i fedeli sono autorizzati” a dare la loro adesione a questi eventi “in forma prudente”.

Un luogo per incontrare la misericordia di Dio
La prima apparizione del 1968, racconta Cosimo, sarebbe stata preceduta da un fascio di luce proveniente da uno scoglio di pietra arenaria situato vicino all’abitazione del giovane e si sarebbe ripetuta per i quattro giorni successivi. Nei messaggi riferiti da Cosimo, la Vergine invita alla conversione e alla preghiera, esprimendo il desiderio di vedere la località calabrese trasformata in un grande centro di spiritualità dove le persone possano incontrare la misericordia di Dio. Cosimo disbosca la zona intorno allo scoglio, ne fa un terrapieno e scava la pietra arenaria per ricavarne una nicchia in cui riporre una statuina mariana di marmo, comprata a Carrara.

Da una semplice cappella a un Santuario diocesano
La località diventa ben presto meta di pellegrinaggi da tutta Italia e anche dall’estero. All’inizio c’è una semplice cappella, ma il flusso crescente di pellegrini spinge a costruire un grande Santuario. Nel frattempo, nel 1987, Cosimo diventa terziario francescano. Il 7 dicembre 2008, l’allora vescovo di Locri-Gerace, monsignor Giuseppe Fiorini Morosini, stabilisce che la realtà religiosa “Madonna dello Scoglio” venga posta sotto la cura pastorale del vescovo di questa diocesi. Il 22 maggio 2013, nel corso dell’udienza generale in piazza San Pietro, fratel Cosimo, accompagnato dal presule, chiede a Papa Francesco di benedire la prima pietra dell’erigendo santuario dello “Scoglio”. L’11 febbraio 2016, il nuovo vescovo di Locri-Gerace, monsignor Francesco Oliva, eleva il luogo di culto a “Santuario diocesano” con il titolo di “Nostra Signora dello Scoglio”, mentre il 10 luglio 2017 ne affida la cura pastorale ai Missionari dell’Evangelizzazione.

Evidenti frutti di vita cristiana
Nella sua lettera, il cardinale Fernández sottolinea come questa località attiri l’interesse di molti fedeli “di tutte le categorie, specie dei sofferenti e degli ammalati. Nel corso degli anni successivi il luogo, con tutto quanto lo riguarda – aggiunge – è sempre più diventato oggetto di attenzione, devota frequentazione e pellegrinaggi, sotto la vigilanza del competente Ordinario”, venendosi “così a consolidare un’intensa attività spirituale di preghiera e di ascolto”. Cita quindi le parole del vescovo Oliva che afferma: “Sono evidenti i frutti di vita cristiana in quanti frequentano lo Scoglio, quali l’esistenza dello spirito di preghiera, conversioni, qualche vocazione sacerdotale e alla vita religiosa, testimonianze di carità, nonché una sana devozione ed altri frutti spirituali”, senza la comparsa di “elementi critici o rischiosi né tanto meno problematici”.

La richiesta del vescovo di Locri
Il vescovo di Locri, nella sua lettera del giugno scorso al Dicastero per la Dottrina della Fede, proponeva il nulla osta come il riconoscimento necessario di questa realtà per continuare ad operare in modo che quanti vi si recano si sentano confortati e stimolati a proseguire, sapendo di essere in comunione con la Chiesa cattolica. Così il Dicastero – scrive il cardinale Fernández – ha preso atto della “positiva relazione” del presule circa il bene spirituale che si svolge in questo luogo nonché della sua “vigilanza perché non si verifichino manipolazioni delle persone, profitti economici indebiti, gravi errori dottrinali, che potrebbero provocare scandali, nuocere ai fedeli e minare la credibilità ecclesiale”.

Fernández: venerare Maria in una chiara prospettiva cristologica
Il porporato ricorda “che la corretta venerazione verso Maria, Madre di Gesù, Madre della Chiesa e Madre nostra, deve essere espressa in modo da escludere inappropriate forme di venerazione e l’uso di impropri titoli mariani. Sarà invece importante manifestare una venerazione in chiara prospettiva cristologica, come insegna il magistero ecclesiale: «quando è onorata la Madre, il Figlio […] sia debitamente conosciuto, amato, glorificato» (LG, 66)”.

La presenza dei pellegrini davanti alla Vergine, che “per loro diventa espressione limpida della misericordia del Signore – conclude il prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede – è un modo di riconoscere la propria insufficienza a portare avanti le fatiche della vita e il loro ardente bisogno e desiderio di Dio. In un tale contesto di fede davvero così prezioso, un rinnovato annuncio del kerygma potrà ancora di più illuminare ed arricchire quest’esperienza dello Spirito”.

Il decreto
Contestualmente alla pubblicazione della lettera del Dicastero è stato reso noto il decreto del vescovo di Locri-Gerace, che sancisce il nulla osta «per apprezzare per il valore pastorale e promuovere pure la diffusione di questa proposta spirituale, anche mediante eventuali pellegrinaggi, raduni ed incontri di preghiera». I fedeli «sono autorizzati a dare» al «predetto culto», «in forma prudente la loro adesione». Tutto questo tuttavia «non implica una dichiarazione di carattere soprannaturale del fenomeno» e «i fedeli non sono obbligati a credervi». Ogni ulteriore messaggio da parte delle persone coinvolte sarà reso pubblico solo dopo il giudizio del vescovo. Monsignor Oliva invita i fedeli a partecipare alla solenne celebrazione prevista presso il santuario nel pomeriggio del 5 agosto.

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La Betlemme di Roma

Posté par atempodiblog le 17 juillet 2024

La Betlemme di Roma
La Porta Santa di Santa Maria Maggiore sarà aperta dal Papa il 1° gennaio 2025. La Basilica sorta per volere di Papa Liberio sul luogo in cui nell’agosto 359 avvenne una nevicata miracolosa custodisce al suo interno le reliquie della Sacra Culla e per questo è conosciuta anche come Sancta Maria ad Praesepem. Capolavoro dell’arte medievale è il presepe di Arnolfo di Cambio, una delle rappresentazioni artistiche più antiche della Natività
di Paolo Ondarza – Vatican News

La Betlemme di Roma dans Apparizioni mariane e santuari Porta-santa

Un evento prodigioso: una nevicata in piena estate a Roma. Proprio come la Madonna aveva rivelato in sogno a Papa Liberio, 36mo Successore di Pietro.

Il perimetro segnato dalla neve
È il 5 agosto 359. Il Colle Esquilino si imbianca. I fiocchi caduti a terra segnano il perimetro su cui edificare un tempio dedicato alla Vergine. È la Basilica di Santa Maria Maggiore, detta “Liberiana”.

“Il tempio originario, certamente non era così. Era una basilica molto più modesta, con una sola navata”, spiega a Vatican News monsignor Ivan Ricupero, Maestro delle Celebrazioni Liturgiche della Basilica Papale di Santa Maria Maggiore.

“Tutto il resto è stato aggiunto lungo i secoli. La Basilica infatti è stata riedificata nel 432 con Papa Sisto III. I mosaici dell’arco trionfale ricordano quel momento storico”.

Seconda Betlemme
Con Sisto III la Basilica assunse da subito simbolicamente il carattere di una “Seconda Betlemme”. Al suo interno infatti venne costruito un Oratorio del Presepe, ovvero una riproduzione fedele della grotta in cui nacque Gesù, realizzata con pietre provenienti dalla Terra Santa. Inoltre intorno alla metà del VII secolo, precisamente nel 644 qui giunse il prezioso dono che l’allora Patriarca di Gerusalemme, san Sofronio, fece a Papa Teodoro I, oriundo di Gerusalemme: la reliquia della Sacra Culla o cunabulum.

La preziosa reliquia
All’epoca numerose incursioni persiane avevano devastato molti luoghi legati al ricordo della vita di Cristo. Il futuro santo, monaco e teologo, ardente difensore dell’ortodossia, donò al Pontefice, cinque asticelle in legno di sicomoro provenienti dalla greppia di Betlemme, assieme alle fasce in cui secondo la tradizione fu avvolto il piccolo corpo di Gesù. Si conservano oggi all’interno del prezioso reliquiario in cristallo, ornato da bassorilievi in argento, realizzato da Giuseppe Valadier nei primi anni dell’Ottocento.

È posto nella Confessio fatta decorare con oltre 70 marmi differenti da Pio IX, commemorato da una gigante statua inginocchiata e con lo sguardo verso il mosaico absidale dove è raffigurata l’Incoronazione della Vergine.

La prima Messa della Notte di Natale
Non è dunque un caso se la Basilica Liberiana,  chiamata da secoli Sancta Maria ad Praesepem, sia divenuta meta dei pellegrini “romei” in occasione delle festività natalizie, oltre che oggetto di grande devozione e munificenza da parte di pontefici e sovrani. “Da allora in questa Basilica – prosegue monsignor Ricupero – viene celebrata la Messa della Notte della Vigilia. Pochi sanno che la prima veglia di Natale si è svolta qui. Successivamente questa consuetudine si è trasmessa ed è diventata una tradizione liturgica della Chiesa cattolica in tutto il mondo.

Per secoli la notte del 24 dicembre il Papa veniva qui a presiedere la Messa stazionale e fino a prima dell’emergenza pandemica la reliquia veniva portata in processione lungo le navate al canto del Gloria.  “Dallo scorso anno”, precisa il sacerdote, “abbiamo deciso di esporla nuovamente fuori dalla sua teca, sollevata in alto, in maniera tale che possa essere venerata la notte di Natale e fino al giorno dell’Epifania”.

La traslazione dell’Oratorio del Presepe
L’antico Oratorio del Presepe che originariamente si trovava nella navata destra della Basilica, grazie ad un sofisticato sistema d carrucole ed argani ideato dall’architetto Domenico Fontana, venne traslato al di sotto dell’imponente Tabernacolo in bronzo dorato della monumentale Cappella del Santissimo Sacramento, fatta edificare nel 1590 da Papa Sisto V Peretti in ossequio alle norme del Concilio di Trento.

La prima messa di sant’Ignazio e la visione di san Gaetano da Thiene
Circondato da affreschi dedicati agli antenati di Cristo e alle storie della Vergine, il Pontefice rinascimentale è rappresentato sulla parete sinistra della cappella nel monumento funebre a lui dedicato: in preghiera, con gli occhi diretti all’altare medievale dell’Oratorio del Presepe dove, nelle notti di Natale rispettivamente del 1517 e del 1538, san Gaetano da Thiene ebbe la visione mistica del Bambino Gesù e Sant’Ignazio di Loyola celebrò la sua prima Messa. “Il fondatore della Compagnia di Gesù”, spiega ancora monsignor Ivan Ricupero, “avrebbe voluto celebrarla a Betlemme, ma non riuscì per una serie di contingenze. Sciolse questo voto qui a Santa Maria Maggiore, considerata la Betlemme di Roma”.

Il presepe di Arnolfo
In questo luogo venne collocato quello è considerato il più antico presepe in scultura della storia, realizzato da Arnolfo Di Cambio nel 1289 su commissione del primo Papa francescano Niccolo IV, a meno di settant’anni dalla rappresentazione vivente della Natività voluta da San Francesco a Greccio.

Di questo capolavoro unico dell’arte plastica medievale, ricordato anche da Vasari, sono sopravvissute almeno cinque statue originali in marmo con le figure di san Giuseppe, due Magi Stanti, un Magio orante inginocchiato, le teste del bue e dell’asino, alle quali si aggiunge una Madonna con Bambino, seduta su una roccia, e di dimensioni maggiori: circa un metro di altezza. Controversa l’attribuzione ad Arnolfo di quest’ultima, secondo alcuni studiosi pesantemente rimaneggiata nel Cinquecento. Tracce di pigmento presenti sulla pietra testimoniano come l’originario presepe in pietra, di cui non si conosce il numero esatto di sculture, dovesse essere colorato.

Santa Maria Maggiore verso il Giubileo
Come i pastori richiamati dall’angelo per la nascita del Salvatore, nell’Anno Santo 2025 tanti pellegrini giungeranno nella Basilica Liberiana, la Betlemme d’Occidente.

Percorrendo l’ampio spazio liturgico il loro sguardo sarà attratto da innumerevoli mosaici, dipinti e sculture di grande valore; dalle preziose reliquie del manto della Vergine, della paglia e del panniculum, le fasce che avvolsero il corpo del Bambino Gesù.

La Salus Populi Romani e Matteo Ricci
Infine non potrà mancare una sosta alla Salus Populi Romani, l’icona che la tradizione attribuisce alla mano di San Luca, patrono dei pittori, ma che studi più recenti hanno ricondotto ad un periodo tra il IX e l’XI secolo. “È un’immagine tanto cara alla devozione dei Papi e in particolare di Francesco che qui si reca all’inizio e al termine di ogni suo viaggio apostolico”, commenta monsignor Ricupero. “La devozione è molto diffusa tra i Gesuiti: pochi sanno che Matteo Ricci quando iniziò la sua missione in Cina, ricevette dal Papa una piccola copia dell’icona della Salus che portò con sé”.

Gli esami sulla reliquia
Centrale nella visita giubilare a Santa Maria Maggiore sarà la sosta in preghiera, sotto l’altare maggiore, sulle reliquie della Sacra Culla, il cui valore storico e devozionale è stato avvalorato da recenti studi scientifici.

I pollini prelevati all’interno delle asticelle di sicomoro sono stati ricondotti alla zona geografica di Betlemme e al tempo di Gesù. Una conferma di quanto attestato per secoli, fra gli altri anche da San Girolamo le cui spoglie mortali si conservano proprio a Santa Maria Maggiore.

“I rilievi – ricorda il Maestro delle Celebrazioni Liturgiche di Santa Maria Maggiore  –  sono stati effettuati nel 2018. L’occasione è stata data dalla decisione di Papa Francesco di donare un frammento delle venerate asticelle alla Custodia di Terra Santa nel novembre 2019″.

La Porta che introduce al mistero dell’Incarnazione
Il Pontefice aprirà la Porta Santa di Santa Maria Maggiore il 1° gennaio 2025, solennità di Maria santissima Madre di Dio. “Già a partire dal 1390 – conclude monsignor Ivan Ricupero – ci sono attestazioni che qui ci fosse una Porta Santa che i fedeli potevano attraversare per ricevere il dono dell’indulgenza. Visitare questa Basilica legata alla Natività è per i pellegrini e i turisti un’opportunità per avvicinarsi al grande mistero dell’Incarnazione”.

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Santa Maria in Portico, un’icona con 1500 anni di storia

Posté par atempodiblog le 17 juillet 2024

Santa Maria in Portico, un’icona con 1500 anni di storia
Oggi, 17 luglio, ricorrono 1500 anni da quando, secondo la tradizione, l’icona di Santa Maria in Portico venne affidata dal Cielo a san Giovanni I e a santa Galla. Un’immagine che s’intrecciò poi con la vita di san Giovanni Leonardi.
di Antonio Tarallo – La nuova Bussola Quotidiana

Santa Maria in Portico, un’icona con 1500 anni di storia dans Antonio Tarallo Santa-Maria-in-Portico-in-Campitelli

A pochi passi dalla famosa Piazza Venezia sorge una delle chiese più belle di Roma: Santa Maria in Portico in Campitelli, perla del barocco romano. Qui, il marmo si sposa in perfetta armonia con l’oro. E la preghiera si concilia divinamente con tanta bellezza. Si entra in questo luogo sacro e subito lo sguardo è rapito dall’altare maggiore: un trionfo di stucchi dorati fa da cornice a una delle immagini più venerate a Roma, l’icona di Santa Maria in Portico. Oggi ricorrono 1500 anni da quel 17 luglio 524 quando l’immagine mariana venne affidata dal Cielo a papa san Giovanni I (Toscana, 470 – Ravenna, 18 maggio 526) e a santa Galla (si conosce solo la data della morte, 550 circa), figlia del console romano Simmaco che, una volta rimasta vedova dopo appena un anno di matrimonio e aver rifiutato nuove nozze, dedicherà la propria vita al digiuno e alle opere di carità.

È importante precisare che il luogo dell’apparizione non avvenne dove ora sorge questo magnifico tempio mariano. Dobbiamo spostarci a pochi metri di distanza, nella zona compresa tra Monte Savello e il tempio di Portuno (o della dea Fortuna). Era in questo spazio che era collocata la casa di santa Galla, pronta ad accogliere sempre i poveri della Città Eterna: il suo portico, il centro di tanta carità. Quel 17 luglio, mentre santa Galla era intenta a preparare l’ennesima tavola per i bisognosi, vide un lampo illuminare il portico della casa. Sorpresa, la santa romana si recò subito da papa Giovanni I nel Palazzo del Laterano (allora sede papale) che volle andare a constatare immediatamente la veridicità del racconto. Si narra che accorse una moltitudine di fedeli, oltre alla curia romana. Un’antica pergamena ci racconta la scena: nessun rumore, tutto attorno viveva nel silenzio; papa Giovanni I pregò il Signore affinché manifestasse la Sua potenza. Il papa voleva comprendere il significato di tale prodigioso evento. Fu così che apparvero due piccoli angeli, due serafini, con in mano la preziosa icona mariana che fu consegnata al pontefice. Papa Giovanni I la prese in mano e con questa sacra effigie benedisse tutto il popolo romano accorso nel portico di santa Galla. In quel momento avvenne il tanto atteso miracolo: la peste che imperversava all’epoca nelle strade della Capitale scomparve. Roma era salva dal morbo mortale.

Le notizie raccolte intorno a tale immagine hanno come riferimento due momenti redazionali. Il primo è dovuto alla trascrizione da parte di san Giovanni Leonardi, fondatore dell’Ordine dei Chierici Regolari della Madre di Dio, di una pergamena che affisse poi alla porta del santuario mariano: è la famosa Narratione della Miracolosa Imagine della Beatissima Vergine (1605). Il secondo è fornito dai padri leonardini che svilupparono le memorie storiche e devozionali riguardo alla piccola icona. Ma perché proprio san Giovanni Leonardi e successivamente tutto l’Ordine della Madre di Dio fu così attento a tale immagine? C’è un legame profondo tra l’Ordine leonardino e l’immagine mariana. E per comprenderne il perché bisogna fare un salto nel tempo: dal 524 si deve correre velocemente al 1600.

Il 1600 era anno giubilare. Alcuni confratelli di san Giovanni Leonardi giunsero da Lucca a Roma perché da tempo si pensava di costituire nella Città Eterna una comunità leonardina. Fra le diverse chiese “in lizza” si scelse, alla fine, quella di Santa Maria in Portico. Il 14 agosto 1601, vigilia dell’Assunzione di Maria, san Giovanni Leonardi e i suoi compagni approdarono nel “porto” sicuro della chiesa romana di Santa Maria in Portico. Ludovico Marracci, teologo dell’Ordine, nelle sue Memorie di santa Maria in Portico del 1675, ci dona questa suggestiva immagine: «Se n’uscì, come un altro Abramo, dal nativo terreno, povero di tutte le cose, sbattuto dalla tempesta delle persecuzioni, senza trovare chi lo consolasse. E mentre andava cercando nella metropoli del mondo, luogo dove posarsi e fermare il piè, ritrovò un saldissimo fondamento di quiete sopra il zaffiro della celeste effigie di Santa Maria in Portico».

Per questa icona, Leonardi trovò una devozione popolare mariana già ampiamente diffusa. Se ne innamorò subito. Quell’immagine, così materna, suscitò in lui sentimenti di affetto profondo e filiale: la piccola icona – in lamina di rame dorato, alta 26 centimetri e larga quasi 21 – che rappresenta la Vergine col Bambino Gesù in braccio, nella tipica iconografia bizantina dell’Odigitria (Colei che indica la Via), diventò per il santo lucchese un tesoro da custodire e soprattutto da diffondere ancora di più presso tutto il popolo romano. Riguardo a ciò, è interessante leggere cosa scrive Carlo Antonio Erra, religioso dell’Ordine leonardino, nella sua Storia dell’Imagine, e Chiesa di Santa Maria in Portico di Campitelli (Stamperia del Komarek al Corfo, 1750): «Fece venire altri confratelli da Lucca e ampliò l’abitazione: introdusse la frequenza dei Santissimi Sacramenti con l’utilissimo esercizio della Dottrina Christiana e nel predicare la parola di Dio in tutte le Domeniche. Con che, e con il suo esempio della sua vita, non solo si tolsero via da quella contrada molti peccati e abusi di già invecchiati, ma ancora cominciò la chiesa per addietro sconosciuta ad essere anco da persone nobili e principali molto frequentata. Di più, acciò un tesoro sì grande, quale era la veneranda immagine, non istesse come nascosto, e sepolto, ma venisse a notizia di tutti, e da tutti fosse onorato, raccolse in compendio l’istoria di quella, e la pubblicò per mezzo delle stampe». «L’istoria» a cui si fa riferimento è La Narratione della Miracolosa Imagine della Beatissima Vergine del 1605.

I secoli passano, così come i volti delle donne e degli uomini di Dio che si sono rivolti alla miracolosa immagine di Santa Maria in Portico. L’effigie rimane lì, ormai impressa nella gloria d’oro della chiesa barocca romana. Ancora oggi viene vegliata da san Giovanni Leonardi, il cui corpo riposa in una delle cappelle laterali.

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La Festa Liturgica della Vergine del Monte Carmelo

Posté par atempodiblog le 16 juillet 2024

La Festa Liturgica della Vergine del Monte Carmelo
La Festa Liturgica della Vergine del Monte Carmelo, ecco come è nata e le curiosità
di Veronica Giacometti – ACI Stampa
Tratto da: Radio Maria

La Festa Liturgica della Vergine del Monte Carmelo dans Fede, morale e teologia Vergine-del-Monte-Carmelo

Iniziamo un “piccolo viaggio” tra le festività liturgiche di questo tempo d’estate. Ci sono le vacanze, ci dedichiamo giorni di relax o di svago, ma allo stesso tempo luglio e agosto sono caratterizzati da alcune festività liturgiche importanti.

Cosa è una festività liturgica? Secondo cathopedia nella liturgia si usa il termine “Festa” per indicare quelle celebrazioni dei misteri della vita di Cristo o dei santi che hanno importanza liturgica media. Le feste hanno la precedenza sulle memorie, mentre sono “sorpassate” dalle solennità e dalle domeniche; ma le feste del Signore prevalgono sulla domenica.

La “festa liturgica” della Vergine del Monte Carmelo ricorre il 16 luglio.

“Anch’io ho portato sul mio cuore, per tanto tempo, lo Scapolare del Monte Carmelo! Per questo chiedo a Nostra Signora del Monte Carmelo di aiutare tutti i religiosi e le religiose del Carmelo e i pii fedeli che la venerano filialmente, a crescere nel suo amore e ad irradiare nel mondo la presenza di questa Donna del silenzio e della preghiera, invocata come Madre di misericordia. Madre di speranza e di grazia”. Queste le parole di San Giovanni Paolo II che testimoniano l’amore dei papi e della Chiesa per la Vergine del Monte Carmelo.

La devozione è molto antica. Il Carmelo era senza dubbio la montagna dove numerosi profeti adoravano Dio. Il principale era il profeta Elia che un giorno ebbe la visione della Vergine, che si alzava come una piccola nube dalla terra verso il monte, “portando la pioggia e salvando Israele dalla siccità”. La festa del 16 luglio ricorda invece l’apparizione mariana a San Simone Stock, proprio quel giorno del 1251. A lui donò lo scapolare citato da Giovanni Paolo II, con la promessa che chiunque lo avesse indossato avrebbe ottenuto la liberazione dalle pene del Purgatorio.

Lo scapolare della Vergine del Carmelo ha ricevuto il riconoscimento ufficiale dal Papa Sisto V nel 1587 ed è stato successivamente approvato da numerosi pontefici nel corso dei secoli. Oggi l’ordine dei Carmelitani – sia uomini che donne – hanno una presenza importante nei cinque continenti.

È impossibile elencare i luoghi dedicati alla Madonna del Monte Carmelo. La devozione nel mondo è tantissima. Rintracciare tutte le feste in Italia dedicate alla Madonna del Carmelo sarebbe un lavoro molto arduo. Da nord a sud sono tante le chiese e le feste a Lei dedicate. La Madonna asserisce di assicurare ai suoi devoti in vita la protezione dai pericoli e in morte la liberazione dalle pene del Purgatorio.

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