Casa del Volto Santo/ Il 31 maggio 2022 ricorre il 53° anniversario della nascita al Cielo di Madre Flora

Posté par atempodiblog le 30 mai 2022

Casa del Volto Santo/ Il 31 maggio 2022 ricorre il 53° anniversario della nascita al Cielo di Madre Flora
Nella moderna chiesa del quartiere Ponti Rossi si venera un’immagine di Gesù che ispirò la missione di Madre Flora, una mistica laica che si adoperò per i più poveri nell’ultimo dopoguerra
di Nicola Nicoletti – Credere

Casa del Volto Santo/ Il 31 maggio 2022 ricorre il 53° anniversario della nascita al Cielo di Madre Flora dans Apparizioni mariane e santuari Madre-Flora-de-Santis-e-il-Volto-Santo-di-Ges

È mattina presto a Napoli e nello spazio davanti al santuario c’è già gente. Tanti sono italiani, ma diversi anche gli stranieri: immigrati da India, Nordafrica ed Europa dell’Est sono ormai degli habitués della chiesa del Volto Santo e il loro numero è in crescita. Sanno che, come tutti gli altri, riceveranno un aiuto materiale, abiti e alimenti, oltre a una parola di solidarietà e amicizia. Da qui si domina dall’alto la parte moderna della città. Non lontano dall’incantevole reggia e dal parco di Capodimonte, icone dell’epoca borbonica, nel quartiere Ponti Rossi sorge questo complesso sacro dedicato a un’immagine del volto di Gesù capace di attirare migliaia di fedeli.

LA MISSIONE DI MADRE FLORA
Non si può pensare al Volto Santo senza ripercorrere la vita di Florinda Romano, impegnata – non senza difficoltà – a diffondere questa devozione tra i napoletani in un periodo difficile come la fine della Seconda guerra mondiale, tra disperazione e povertà.

Flora, come tutti la chiamano, nasce nel 1899 a Napoli. La sua infanzia – racconta Ulderico Parente in Madre Flora, una vita per il Volto Santo – è dura: povertà e umiliazioni sono all’ordine del giorno per la bambina. Deve occuparsi dei fratellini più piccoli prima di andare a scuola. Anche l’esperienza del collegio dove studia non è felice, come racconta lei stessa nell’autobiografia. Dopo 3 anni torna a casa, contenta di abbandonare l’istituto. Frequenta la parrocchia e inizia a lavorare. Nel 1918 si sposa con Ernesto de Santis, un vedovo più grande di lei. Il marito lavora in banca a Meta di Sorrento, è sensibile all’infanzia abbandonata e promuove iniziative missionarie. De Santis diffonde diversi giornali religiosi, come Crociata Missionaria. Nella sala della loro casa, sopra la radio, i coniugi appendono una dolce immagine di Cristo ritagliata dalla copertina di una di quelle riviste. È la riproduzione di un’opera di Rina Maluta ispirata a un crocifisso della cattedrale di Lucca, il Volto Santo.

L’ESPERIENZA MISTICA
 Il 10 febbraio del 1932 è una data speciale per Flora. Mentre in casa sta rassettando, si sente chiamare: è il ritratto del volto di Gesù. L’immagine, secondo quanto percepisce la donna, le si rivolge parlando della guerra, della cattiva condotta della gente e della necessità di purificazione da parte della Chiesa. «Flora, guarda questo Volto tanto offeso e ingiuriato. Amalo e fallo amare», è il messaggio. Da quel momento la sua vita cambia. Passata la sorpresa e lo spavento, la donna comincia a pregare e a far pregare i suoi amici. Indosserà sul vestito, sino alla morte, un crocifisso e vivrà in maniera ascetica la fede, con forti sacrifici personali. Le persone vanno a chiederle consigli, a volte va in estasi e ha delle visioni. Flora inizia a diffondere la devozione al Volto Santo distribuendo le copie dell’immagine. Lei è una persona semplice, non ha compiuto grandi studi e il popolo le si rivolge con fiducia: chi per chiedere se il figlio tornerà dalla guerra, chi per domandare guarigioni. Alcuni atti dei fedeli che rasentano la superstizione rischiano di esasperare la vicenda, mentre la Curia decide di cercare di capire cosa sta accadendo. La donna ha un carattere forte ma si lascia guidare da un padre spirituale e ottiene la fiducia delle autorità ecclesiastiche.

Madre Flora – oramai tutti la chiamano così – matura quindi un grande progetto: la costruzione di un tempio per il Volto Santo. Acquista una villa sulla collina di Capodimonte, dove le verrà data la possibilità di far celebrare l’Eucaristia. Modifica in cappella alcune stanze dell’abitazione che diventa la Casa del Volto Santo in cui riceve i fedeli in cerca di un incontro con Cristo.

Alla morte del marito trasforma la casa ai Ponti Rossi in un orfanotrofio e chiama a gestirlo le Piccole Ancelle di Cristo Re. I fedeli crescono e anche le opere. Apre altri due orfanotrofi per le vittime della guerra e i poveri ad Aversa e Brusciano. Il cardinale Corrado Ursi, arcivescovo di Napoli dal 1966 al 1987, le dà fiducia e autorizza la costruzione del santuario; non pochi preti da tutta Italia la incoraggiano ad andare avanti.

Madre Flora muore il 31 maggio 1969 e lascia tutto alle suore. Il 10 marzo 1996 si celebra la prima Messa nel moderno santuario in cui, al centro dell’altare, viene collocata l’immagine del Volto Santo.

LUOGO DI GRAZIE
«Oggi i pellegrini arrivano desiderosi di ritirarsi in preghiera, ascoltare la Messa e dedicare del tempo allo spirito», spiega suor Elvira, della comunità delle Piccole Ancelle di Cristo Re che proseguono l’opera di Madre Flora. Il profilo della chiesa è moderno, luminoso; all’interno, proprio al centro dell’aula sacra sopra l’altare, è incorniciata la sacra immagine del volto di Cristo. Sul lato destro della chiesa, in una cappellina, si trova la tomba di Madre Flora, dove sorgeva la stanzetta che l’ha vista accogliere e confortare tante persone. Furono i fedeli a decidere che doveva rimanere lì. Ancora oggi lasciano messaggi, preghiere o richieste d’aiuto sulla parete della struttura. Gli innumerevoli ex voto giunti da ogni parte d’Italia, inoltre, testimoniano le grazie ottenute con le preghiere al Volto Santo di Gesù. «Devo la mia guarigione alle preghiere di Madre Flora», testimonia oggi padre Gianni Manco, missionario del Pime. «Avevo pochi mesi e delle crisi continue. Mia mamma si rivolse a lei disperata. Madre Flora l’ascoltò e, con poche parole, le disse di rasserenarsi, io sarei guarito». Gli oggetti che arrivano al santuario diventano anche solidarietà, li chiamano «i doni della misericordia»: dalle culle agli abiti da sposa o per la prima Comunione e regali per chi deve vivere un evento importante e non ha sufficienti risorse.

Accanto al santuario le suore portano avanti anche la missione della Casa del Volto Santo: la scuola, l’accoglienza di bambini appartenenti a famiglie in difficoltà e un centro di spiritualità dal quale il messaggio del Volto Santo continua a diffondersi in tutto il mondo.

ORGANIZZARE LA VISITA
Il santuario Casa del Volto Santo si trova in via Ponti Rossi 54 a Napoli. Si raggiunge con il filobus 254 (www.anm.it) dalla Stazione Centrale (www.trenitalia.it) o con i bus C63 e C66. In auto uscire della tangenziale a Capodimonte. Telefono: 081/74.10.746. Un’ampia sala del pellegrino è disponibile per i visitatori provenienti da lontano che desiderano consumare in loco i loro pasti.

ORARI E CELEBRAZIONI
Il santuario è aperto tutti i giorni dalle 7 alle 20. La Sala offerte dalle 8.30 alle 20. Messe festive 7.30; 9; 10.30; 11.30; 12.30, 17.30; 19. Il 10 di ogni mese, nella giornata di particolare devozione al Volto Santo, le Messe sono celebrate dalle 7.30 alle 19. Per gli orari di Confessioni, Liturgia delle ore, Rosario, adorazione eucaristica e benedizione delle auto si può consultare il sito www.casadelvoltosanto.it. È possibile visitare il museo dedicato a Madre Flora previa prenotazione. La festa del Santo Volto si celebra il 6 agosto.

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Partecipare alla diffusione del Vangelo nel mondo

Posté par atempodiblog le 22 mai 2022

Oggi pomeriggio, a Lione, sarà beatificata Paolina Maria Jaricot, fondatrice dell’Opera della Propagazione della Fede, per il sostegno alle missioni. Questa fedele laica, vissuta nella pima metà dell’Ottocento, è stata una donna coraggiosa, attenta ai cambiamenti dei tempi con una visione universale della missione della Chiesa. Il suo esempio susciti in tutti il desiderio di partecipare, con la preghiera e la carità, alla diffusione del Vangelo nel mondo. Un applauso alla nuova Beata!

Papa Francesco

Partecipare alla diffusione del Vangelo nel mondo dans Beata Pauline Marie Jaricot Pauline-Marie-JARICOT

Pauline Mare Jaricot aveva Gesù Cristo come “il migliore amico”

Lyon (Agenzia Fides– Suor Pauline, della Famiglia Missionaria di Nostra Signora, fa parte della comunità che abita e vive nella casa di Pauline Jaricot, la Maison de Lorette, oggi luogo per scoprire la vita della fondatrice dell’Opera per la Propagazione della Fede ma anche e soprattutto luogo di preghiera che custodisce il carisma della prossima beata.

Qual è la spiritualità di Pauline Jaricot?
Ci sarebbero mote cose da dire. Fin da piccola amava pregare nelle chiese, davanti a Gesù Eucarestia: a lei piaceva andare a parlargli in modo molto semplice, come se fosse il suo miglior amico. Tra l’altro, da qui possiamo vedere la chiesa di san Nizier, dove lei andava spesso a pregare: lì Gesù le ha addirittura parlato, lei sentiva la sua voce. Gesù l’ha aiutata molto.

Pauline quanti anni aveva in quel momento?
Tutto ciò è avvenuto dopo la sua conversione. Lei si è convertita a 17 anni. Andava spesso a pregare nella cappella di Fourvière. La basilica attuale non esisteva ancora, c’era solamente una piccola cappella con una statua dorata della Vergine, installata nel 1852. Quando Pauline aveva 17 anni non c’era neppure questa statua, ma lei andava spesso a pregarci nella cappella in cui lei si è consacrata a Gesù. Lei ha fatto voto di castità e si è consacrata anche alla Vergine Maria a 17 anni, dopo la sua conversione.

Meditava molto?
Sì, lei contemplava. Contemplava Gesù e Maria perché poi possa viverne anche lei, perché passi nella sua vita. E questo per lei era molto importante.

Per Pauline cosa significava l’Eucarestia?
Pauline ha scritto un libretto quando aveva circa 20 anni sull’ “Amore infinito nella Divina Eucarestia” in cui mostra il suo amore per l’Eucarestia e il suo amore per la Chiesa e per i sacerdoti, per far comprendere loro la grande missione che hanno davanti a Gesù. L’Eucarestia… Per lei si trattava di avere più fiducia. Gesù non lo vediamo, è nascosto nell’ostia consacrata. Non lo vediamo. Lui può anche comunicarsi a noi senza che noi sentiamo la sua voce ma può ispirarci delle buone azioni da fare, delle buone idee. Ed è importante questo dialogo, questo incontro con Gesù, che è presente e che può guidarci. Che vuole guidarci nella nostra vita.

Come Gesù parlava a Pauline attraverso l’Eucarestia? Come lei sentiva questa presenza?
Quando entriamo in una chiesa non è difficile, basta fare silenzio in sé e pensare a Gesù che è presente davanti a noi, pregarlo semplicemente e di dirgli quello che abbiamo nel nostro cuore, quello che abbiamo voglia di condividere con Lui, come a un amico. E poi… a volte è un po’ misterioso. Restiamo nel silenzio e poi a volte Gesù… abbiamo l’impressione che non succeda nulla… e a volte Gesù agisce in modo invisibile nella nostra vita. Ed è questo che Pauline sentiva in modo così intenso, è per questo che le piaceva passare del tempo in chiesa.

Qual era il ruolo di Maria in tutto questo?
Maria è quella che ci conduce fino a Gesù, più concretamente, possiamo dire, perché è una creatura umana, anche se è l’Immacolata Concezione, è veramente umana come noi. Lei ci guida verso Gesù per aiutarci a conoscerlo meglio, ad amarlo meglio. È veramente nostra madre, che ci accompagna passo a passo per avvicinarci.

Cos’era la felicità per Pauline?
Penso che la felicità per Pauline fosse fare la volontà di Dio: in ogni cosa – come tutti i santi – ha voluto lasciarsi guidare da Lui. Lei aveva molte idee, era molto intraprendente, ma al tempo stesso chiedeva sempre aiuto per poter fare veramente quello che Dio voleva, per fare quello che Lui aspettava da lei.

E quindi lei ha passato molto tempo nella sua vita a cercare di unificare la sua personalità e le sue capacità con la volontà di Dio?
Esattamente, quello che Dio si aspettava da lei. D’altra parte, è così che troviamo la pace, perché siamo sicuri di ricoprire una missione che Dio ci affida. Su questa terra non siamo che di passaggio, siamo fatti per il cielo e l’obiettivo è di amare come Dio, di lasciarsi guidare da lui per quanto più bene possibile perché è per questo che siamo stati creati. Questo le ha permesso di mantenere una grande pace in mezzo a tutte le prove che ha vissuto, perché Pauline ha sofferto molto e ha incontrato molto contraddizioni. Il fatto di avere consapevolezza che aveva chiesto aiuto e che voleva fare la volontà di Dio e che aveva fatto del suo meglio, le dava una grande pace e le ha anche permesso di perdonare tutti quelli che l’hanno fatta soffrire, perché sapeva che era permesso da Dio e che nulla accade senza il suo permesso.

(CD/EG)  (Agenzia Fides)

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Santità: Il primato di Dio sull’io

Posté par atempodiblog le 15 mai 2022

SANTA MESSA E CANONIZZAZIONE DEI BEATI
Titus Brandsma – Lazzaro, detto Devasahayam – César de Bus – Luigi Maria Palazzolo – Giustino Maria Russolillo -
Charles de Foucauld - Maria Rivier – Maria Francesca di Gesù Rubatto – Maria di Gesù Santocanale – Maria Domenica Mantovani

OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO
Santità: Il primato di Dio sull’io

Piazza San Pietro
Domenica, 15 maggio 2022

[Multimedia]

Santità: Il primato di Dio sull’io dans Beato Charles de Foucauld Canonizzazione-don-Giustino-Maria-Russolillo


Abbiamo ascoltato alcune parole che Gesù consegna ai suoi prima di passare da questo mondo al Padre, parole che dicono che cosa significa essere cristiani: «Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri» (Gv 13,34). Questo è il testamento che Cristo ci ha lasciato, il criterio fondamentale per discernere se siamo davvero suoi discepoli oppure no: il comandamento dell’amore. Fermiamoci sui due elementi essenziali di questo comandamento: l’amore di Gesù per noi – come io ho amato voi – e l’amore che Lui ci chiede di vivere – così amatevi gli uni gli altri.

Anzitutto come io ho amato voi. Come ci ha amato Gesù? Fino alla fine, fino al dono totale di sé. Colpisce vedere che pronuncia queste parole in una notte tenebrosa, mentre il clima che si respira nel cenacolo è carico di emozione e preoccupazione: emozione perché il Maestro sta per dare l’addio ai suoi discepoli, preoccupazione perché annuncia che proprio uno di loro lo tradirà. Possiamo immaginare quale dolore Gesù portasse nell’animo, quale oscurità si addensava sul cuore degli apostoli, e quale amarezza vedendo Giuda che, dopo aver ricevuto il boccone intinto dal Maestro per lui, usciva dalla stanza per inoltrarsi nella notte del tradimento. E, proprio nell’ora del tradimento, Gesù conferma l’amore per i suoi. Perché nelle tenebre e nelle tempeste della vita questo è l’essenziale: Dio ci ama.

Fratelli, sorelle, che questo annuncio sia centrale nella professione e nelle espressioni della nostra fede: «non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi» (1 Gv 4,10). Non dimentichiamolo mai. Al centro non ci sono la nostra bravura, i nostri meriti, ma l’amore incondizionato e gratuito di Dio, che non abbiamo meritato. All’inizio del nostro essere cristiani non ci sono le dottrine e le opere, ma lo stupore di scoprirsi amati, prima di ogni nostra risposta. Mentre il mondo vuole spesso convincerci che abbiamo valore solo se produciamo dei risultati, il Vangelo ci ricorda la verità della vita: siamo amati. E questo è il nostro valore: siamo amati. Così ha scritto un maestro spirituale del nostro tempo: «prima ancora che qualsiasi essere umano ci vedesse, siamo stati visti dagli amorevoli occhi di Dio. Prima ancora che qualcuno ci sentisse piangere o ridere, siamo stati ascoltati dal nostro Dio che è tutto orecchie per noi. Prima ancora che qualcuno in questo mondo ci parlasse, la voce dell’amore eterno già ci parlava» (H. Nouwen, Sentirsi amati, Brescia 1997, 50). Lui ci ha amato per primo, Lui ci ha aspettato. Lui ci ama, Lui continua ad amarci. E questa è la nostra identità: amati da Dio. Questa è la nostra forza: amati da Dio.

Questa verità ci chiede una conversione sull’idea che spesso abbiamo di santità. A volte, insistendo troppo sul nostro sforzo di compiere opere buone, abbiamo generato un ideale di santità troppo fondato su di noi, sull’eroismo personale, sulla capacità di rinuncia, sul sacrificarsi per conquistare un premio. È una visione a volte troppo pelagiana della vita, della santità. Così abbiamo fatto della santità una meta impervia, l’abbiamo separata dalla vita di tutti i giorni invece che cercarla e abbracciarla nella quotidianità, nella polvere della strada, nei travagli della vita concreta e, come diceva Teresa d’Avila alle consorelle, “tra le pentole della cucina”.  Essere discepoli di Gesù e camminare sulla via della santità è anzitutto lasciarsi trasfigurare dalla potenza dell’amore di Dio. Non dimentichiamo il primato di Dio sull’io, dello Spirito sulla carne, della grazia sulle opere. A volte noi diamo più peso, più importanza all’io, alla carne e alle opere. No: il primato di Dio sull’io, il primato dello Spirito sulla carne, il primato della grazia sulle opere.

L’amore che riceviamo dal Signore è la forza che trasforma la nostra vita: ci dilata il cuore e ci predispone ad amare. Per questo Gesù dice – ecco il secondo aspetto – «come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri». Questo così non è solo un invito a imitare l’amore di Gesù; significa che possiamo amare solo perché Lui ci ha amati, perché dona ai nostri cuori il suo stesso Spirito, lo Spirito di santità, amore che ci guarisce e ci trasforma. Per questo possiamo fare scelte e compiere gesti di amore in ogni situazione e con ogni fratello e sorella che incontriamo, perché siamo amati e abbiamo la forza di amare. Così come io sono amato, posso amare. Sempre, l’amore che io compio è unito a quello di Gesù per me: “così”. Così come Lui mi ha amato, così io posso amare. È così semplice la vita cristiana, è così semplice! Noi la rendiamo più complicata, con tante cose, ma è così semplice.

E, in concreto, che cosa significa vivere questo amore? Prima di lasciarci questo comandamento, Gesù ha lavato i piedi ai discepoli; dopo averlo pronunciato, si è consegnato sul legno della croce. Amare significa questo: servire e dare la vitaServire, cioè non anteporre i propri interessi; disintossicarsi dai veleni dell’avidità e della competizione; combattere il cancro dell’indifferenza e il tarlo dell’autoreferenzialità, condividere i carismi e i doni che Dio ci ha donato. Nel concreto, chiedersi “che cosa faccio per gli altri?” Questo è amare, e vivere le cose di ogni giorno in spirito di servizio, con amore e senza clamore, senza rivendicare niente.

E poi dare la vita, che non è solo offrire qualcosa, come per esempio alcuni beni propri agli altri, ma donare sé stessi. A me piace domandare alle persone che mi chiedono consiglio: “Dimmi, tu dai l’elemosina?” – “Sì, Padre, io do l’elemosina ai poveri” – “E quando tu dai l’elemosina, tocchi la mano della persona, o butti l’elemosina e fai così per pulirti?”. E diventano rossi: “No, io non tocco”. “Quando tu dai l’elemosina, guardi negli occhi la persona che aiuti, o guardi da un’altra parte?” – “Io non guardo”. Toccare e guardare, toccare e guardare la carne di Cristo che soffre nei nostri fratelli e nelle nostre sorelle. È molto importante, questo. Dare la vita è questo. La santità non è fatta di pochi gesti eroici, ma di tanto amore quotidiano. Sei una consacrata o un consacrato? – ce ne sono tanti, oggi, qui – Sii santo vivendo con gioia la tua donazione. Sei sposato o sposata? Sii santo e santa amando e prendendoti cura di tuo marito o di tua moglie, come Cristo ha fatto con la Chiesa. Sei un lavoratore, una donna lavoratrice? Sii santo compiendo con onestà e competenza il tuo lavoro al servizio dei fratelli, e lottando per la giustizia dei tuoi compagni, perché non rimangano senza lavoro, perché abbiano sempre lo stipendio giusto. Sei genitore o nonna o nonno? Sii santo insegnando con pazienza ai bambini a seguire Gesù. Dimmi, hai autorità? – e qui c’è tanta gente che ha autorità – Vi domando: hai autorità? Sii santo lottando a favore del bene comune e rinunciando ai tuoi interessi personali» (Cfr Esort. ap. Gaudete et exsultate, 14). Questa è la strada della santità, così semplice! Sempre guardare Gesù negli altri.

Servire il Vangelo e i fratelli, offrire la propria vita senza tornaconto – questo è un segreto: offrire senza tornaconto –, senza ricercare alcuna gloria mondana: a questo siamo chiamati anche noi. I nostri compagni di viaggio, oggi canonizzati, hanno vissuto così la santità: abbracciando con entusiasmo la loro vocazione – di sacerdote, alcuni, di consacrata, altre, di laico – si sono spesi per il Vangelo, hanno scoperto una gioia che non ha paragoni e sono diventati riflessi luminosi del Signore nella storia. Questo è un santo o una santa: un riflesso luminoso del Signore nella storia. Proviamoci anche noi: non è chiusa la strada della santità, è universale, è una chiamata per tutti noi, incomincia con il Battesimo, non è chiusa. Proviamoci anche noi, perché ognuno di noi è chiamato alla santità, a una santità unica e irripetibile. La santità è sempre originale, come diceva il beato Carlo Acutis: non c’è santità di fotocopia, la santità è originale, è la mia, la tua, di ognuno di noi. È unica e irripetibile. Sì, il Signore ha un progetto di amore per ciascuno, ha un sogno per la tua vita, per la mia vita, per la vita di ognuno di noi. Cosa volete che vi dica? Portatelo avanti con gioia. Grazie.


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Il cardinale Semeraro: per essere santi serve semplicità e purezza di cuore

Posté par atempodiblog le 14 mai 2022

“Ogni vita di santo ci fa conoscere meglio Gesù, poiché è insieme una pagina della vita di Gesù, il quale vive nei santi suoi”.
di San Giustino Maria della Santissima Trinità Russolillo

Il cardinale Semeraro: per essere santi serve semplicità e purezza di cuore dans Articoli di Giornali e News Nuovi-santi

Il cardinale Semeraro: per essere santi serve semplicità e purezza di cuore
La diversità delle biografie dei 10 beati, che verranno canonizzati domani in Piazza San Pietro, conferma che la santità rappresenta semplicemente la risposta alla chiamata di Gesù, sebbene in modalità e tempi differenti. Lo ribadisce il prefetto della Congregazione delle cause dei santi
di Eugenio Bonanata  – Vatican News

Numerosi i fedeli e i pellegrini in arrivo a Roma per partecipare alla celebrazione di domani in Piazza San Pietro per la canonizzazione di 10 beati. “Ciascuno di loro è il riflesso del volto di Cristo”, afferma il cardinale Marcello Semeraro, prefetto della Congregazione delle cause dei santi, che a Telepace ricorda come tutti i nuovi santi abbiano vissuto in epoche e regioni geografiche diverse. Citando Benedetto XVI, il porporato ribadisce che c’è un solo filo che unisce la santità: “è sempre la risposta a Gesù, che avviene in tempi e modi differenti”. Nell’elenco – prosegue – figurano grandi biografie e persone umili se non addirittura “impotenti”. E questo vuol dire “che la chiamata alla santità non è spinta né dal clamore né dalla potenza, bensì dalla semplicità e dalla purezza di cuore di cui si parla nelle beatitudini”.

La chiamata del popolo di Dio
Visto l’alto numero dei canonizzati c’era da aspettarsi una massiccia partecipazione. Secondo il cardinale questa è la reazione del popolo di Dio che esprime così il suo cuore e la sua preghiera al cospetto del Signore. “Papa Francesco ci tiene tanto alla pietà popolare”: una dimensione dove è importante il corpo, il canto e lo stare insieme. “La santità – spiega Semeraro – è qualcosa che germoglia sul terreno della Chiesa, non viene coronata dall’alto. E me ne sono accorto recandomi nelle Chiese particolari per presiedere a nome del Santo Padre i riti di beatificazione”. Quella di domenica, dunque, è un’autentica espressione di fede radicata nella dimensione locale.

La fama di santità
Per altri versi è anche il punto di arrivo di un lungo lavoro svolto dalla Congregazione. Un percorso fondato soprattutto sull’ascolto delle testimonianze, teso essenzialmente ad appurare la fama di santità. Un concetto da spiegare – afferma il cardinale – che non deve essere confuso con la pubblicità o la notorietà, tipica di quanti hanno ad esempio una intensa esposizione sui media che poi svanisce di colpo. “Invece – precisa – bisogna discernere osservando anche se attorno a queste figure si sviluppa una risposta da parte del popolo di Dio, in termini di preghiere e di richieste di intercessione, che spesso è spontanea e inattesa”.

Tutto pronto per la celebrazione
Intanto, lo sguardo dalla finestra dello studio del cardinale, che si affaccia su Piazza San Pietro, riporta ai preparativi del rito. Uno scenario tipico di questi ultimi giorni, caratterizzato dalla mobilitazione di mezzi e di dipendenti vaticani impegnati a completare l’allestimento dell’altare e la sistemazione delle sedie sul sagrato. “Anche sotto l’aspetto logistico questi eventi sono molto impegnativi per la Santa Sede”, dice il porporato che sottolinea l’importanza di accogliere adeguatamente i pellegrini. Una dimensione che include anche i prossimi appuntamenti in calendario nei mesi a venire, a cominciare dalla beatificazione di Papa Luciani del 4 settembre. “Ancora non è stato deciso se la celebrazione avverrà in basilica o in piazza”, afferma Semeraro che in conclusione rassicura sulle condizioni di salute del Santo Padre. “Sono buone, basta sentirlo parlare: ha sempre la stessa verve, come dimostra anche nelle udienze. Ci auguriamo che la difficoltà fisica possa essere presto superata. Ma, scherzando un po’, dico che per guarire dal disturbo al ginocchio occorre stare fermi. E il Papa è un po’ difficile tenerlo fermo”.

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La pia pratica del mese di maggio

Posté par atempodiblog le 1 mai 2022

La pia pratica del mese di maggio
Ogni incontro con la Madonna non può non risolversi in un incontro con Cristo stesso

La pia pratica del mese di maggio dans Citazioni, frasi e pensieri Maggio-mese-di-Maria-nostra-Madre

Maggio [...] il mese in cui, nei templi e fra le pareti domestiche, più fervido e più affettuoso dal cuore dei cristiani sale a Maria l’omaggio della loro preghiera e della loro venerazione. Ed è anche il mese nel quale più larghi e abbondanti dal suo trono affluiscono a noi i doni della divina misericordia.

Ci riesce pertanto assai gradita e consolante questa pia pratica del mese di maggio, così onorifica per la Vergine e così ricca di frutti spirituali per il popolo cristiano. Giacché Maria è pur sempre strada che conduce a Cristo. Ogni incontro con lei non può non risolversi in un incontro con Cristo stesso. E che altro significa il continuo ricorso a Maria, se non un cercare fra le sue braccia, in lei e per lei e con lei, Cristo Salvatore nostro, al quale gli uomini, negli smarrimenti e nei pericoli di quaggiù, hanno il dovere e sentono senza tregua il bisogno di rivolgersi, come a porto di salvezza e come a fonte trascendente di vita?

Paolo VI

Divisore dans San Francesco di Sales

Freccia dans Viaggi & Vacanze Lettera enciclica “Mense Maio” di Paolo VI

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