Bassetti (Cei): «Anche in Italia un’indagine sugli abusi nella Chiesa. Nelle Diocesi centri di ascolto»
Posté par atempodiblog le 30 janvier 2022
Bassetti (Cei): «Anche in Italia un’indagine sugli abusi nella Chiesa. Nelle Diocesi centri di ascolto»
Il cardinale Gualtiero Bassetti, 79 anni, presidente della Conferenza episcopale italiana: serve un cambiamento autentico, ma no al giustizialismo
di Gian Guido Vecchi – Corriere della Sera
«Per la tutela dei minori, è iniziato da diverso tempo un cammino progressivo e inarrestabile in cui le Chiese che sono in Italia sono impegnate con forza e convinzione». Il cardinale Gualtiero Bassetti, 79 anni, presidente della Cei, misura con attenzione le parole. È la prima volta che interviene in risposta alle domande nate, anche nel nostro Paese, dopo la pubblicazione dei rapporti sugli abusi sessuali su minori in vari Paesi europei.
Eminenza, da ultimo la diocesi di Monaco ha presentato un rapporto indipendente che era stato commissionato dallo stesso arcivescovo, il cardinale Marx. Ci sono stati altri report in Germania, in Francia e altrove, sempre commissionati dalla Chiesa. Come mai in Italia non è stato fatto? Ne avete parlato, è prevedibile ci sia un’inchiesta indipendente anche in Italia?
«Già da qualche tempo stiamo riflettendo sull’avvio di una ricognizione approfondita e seria della situazione italiana. Nell’esaminare le possibilità e le modalità di esecuzione dell’indagine, non possiamo non tener conto della differenza strutturale, culturale ed ecclesiale del nostro Paese rispetto ad altri, a partire dal numero molto elevato di diocesi. Per questo, oltre ai dati numerici che sono fondamentali per guardare la realtà con obiettività, pensiamo sia importante impostare un’indagine anche qualitativa che aiuti a determinare, ancora di più e meglio, l’attività di prevenzione e di formazione dei nostri preti e dei laici. Intanto, vogliamo raccogliere le informazioni che arrivano dai nostri Servizi diocesani per la tutela dei minori, per avere un riscontro dell’attività di questa rete del tutto nuova in Italia. Questo tipo di approccio metodologico “dal basso” ci consentirà di avere un quadro che non fa leva su proiezioni o statistiche, ma sul vissuto delle Chiese locali. Il nostro intento, nel segno della presa di coscienza e della trasparenza, è infatti quello di arrivare ai numeri reali».
Qualche mese fa aveva detto che «è pericoloso affrontare la piaga della pedofilia in base a proiezioni statistiche». Che cosa intendeva? C’è qualcosa che non la convince nei report come quelli presentati in Francia e Germania?
«Ribadisco: noi vorremmo arrivare a fornire dati ed elementi effettivi e, soprattutto, far emergere la consapevolezza di un cambiamento autentico che ci renda credibili nella nostra vicinanza rispettosa alle vittime, nella loro accoglienza. L’obiettivo è non ripetere errori e omissioni del passato e rendere giustizia agli abusati. Ma giustizia non è giustizialismo, e non si renderebbe un buon servizio né alla comunità ferita né alla Chiesa se si operasse in maniera sbrigativa, tanto per dare dei numeri. La Chiesa che è in Italia sta lavorando da anni sulla prevenzione e sull’ascolto. L’impegno c’è, e il futuro si costruisce fondando buone pratiche nel presente: i nostri Centri di ascolto, ormai piuttosto diffusi, sono disponibili ad accogliere chi sente il bisogno di trovare un luogo in cui raccontare la sua sofferenza e a ricevere segnalazioni. Non sarà facile né rapido cambiare mentalità e modo di operare in questo ambito, ma è la sfida principale in questo momento storico: c’è di mezzo la fiducia delle famiglie e l’integrità dei ragazzi».
Che idea si è fatto della situazione in Italia? In Germania Marx ha parlato di una «catastrofe». Da noi sarebbe diverso o è inevitabile che le proporzioni si ripetano?
«Non è una questione di proporzioni, perché stiamo parlando della vita di una persona che si porterà sempre dentro le ferite per gli abusi subiti. Dobbiamo tener conto degli abusi avvenuti e agire di conseguenza, con fermezza, nel presente e per il futuro perché non si ripetano più. Quello che è sicuramente cambiato in questi anni è che si va imponendo la coscienza della gravità del reato oltre che del peccato: da un lato i vescovi e gli ordinari religiosi fanno molte più indagini e processi canonici, dall’altro, chi subisce un abuso trova una comunità più preparata ad ascoltarlo e a sostenerlo».
Come procedono i Centri per la tutela dei minori aperti nelle diocesi?
«È iniziato da diverso tempo un cammino progressivo e inarrestabile in cui le Chiese che sono in Italia sono impegnate con forza e convinzione. Tutte le diocesi italiane hanno costituito il proprio Servizio diocesano per la tutela dei minori, con un referente dedicato: sono 56 donne e 47 uomini, in prevalenza professionisti preparati in campo giuridico, psicologico, medico-psichiatrico, assistenziale, educativo, e 124 presbiteri o religiosi. Il referente diocesano è affiancato da un’équipe di esperti che progettano iniziative di sensibilizzazione e prevenzione, anche in collaborazione con le associazioni e le istituzioni del territorio. Accanto alla rete dei Servizi diocesani e interdiocesani, coordinati per ogni Regione ecclesiastica da un coordinatore regionale e un vescovo delegato, stanno sorgendo i Centri di ascolto, diocesani e interdiocesani, che sono presenti in circa il 40 per cento delle Diocesi, in attesa, nel minor tempo possibile, di essere istituiti in ogni comunità diocesana».
E come funzionano?
«Ricordiamo che i Centri di ascolto non sono sportelli, perché non si tratta di uffici burocratici, ma di strutture predisposte che si avvalgono di volontari formati all’ascolto e all’accoglienza di persone che portano con sé le ferite di traumi psicologici e non solo. Sono laici, sacerdoti, religiosi e religiose; uomini e donne che sanno andare incontro al dolore delle vittime e dei sopravvissuti accogliendoli con competenza e delicatezza. I responsabili degli sportelli di prima accoglienza, inoltre, non sono sostitutivi né dell’azione della magistratura né dell’eventuale accompagnamento psicologico. Abbiamo tante belle figure, molti professionisti, che stanno rendendo un grande servizio per la sicurezza dei minori e che ci fanno ben sperare per il futuro».
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