• Accueil
  • > Archives pour novembre 2020

26 marzo 1989: il giorno in cui Maradona andò a Lourdes

Posté par atempodiblog le 30 novembre 2020

26 marzo 1989: il giorno in cui Maradona andò a Lourdes
Diego Armando Maradona, la leggenda del calcio nata in Argentina, è morto per una crisi cardio-respiratoria il 25 novembre. Si sa che è sempre rimasto fedele alla patria e al calcio… ma è meno noto che era uomo di parola, e che le sue promesse erano talvolta lontane dall’immagine del genio dannato…
di Louise Alméras – Aleteia
[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]

26 marzo 1989: il giorno in cui Maradona andò a Lourdes dans Apparizioni mariane e santuari Diego-Armando-Maradona-a-Lourdes-dalla-Beata-Vergine-Maria-Rifugio-dei-Peccatori

Ragazzo dai piedi d’oro e dalla testa bruciata nei sogni di gloria, Diego Maradona sbarcò a Napoli negli anni ’80 del XX secolo. Vale molto e lo sa. Ogni domenica, tutti i Napoletani andavano allo stadio per assistere alle sue prodezze. Eppure, il 26 marzo 1989 il campione lasciò il suo paese adottivo per andare a onorare una promessa fatta alla moglie Claudia. El Pibe de Oro le aveva promesso di recarsi al santuario di Lourdes per ringraziare la Vergine della nascita della loro figlia, chiamata per l’occasione Dalma-Lourdes.

Era già l’uomo della “mano de Dios” e la sua celebrità era all’apice: tutto il mondo ha pure visto i suoi segni di croce e le sue genuflessioni sui campi di calcio (perché nutriva una fede sincera e una grande devozione per la Vergine Maria, amatissima in America Latina – non ne ha mai fatto mistero). Quando però arrivò a Lourdes i pellegrini si accalcarono attorno a lui per toccarlo, fino a impedirgli di avvicinarsi alla grotta.

Solo la moglie (di nuovo incinta) e la figlia riuscirono ad arrivarvi per fare una preghiera, mentre Maradona indispettito si grattava la rogna della celebrità, da solo, dall’altra parte del Gave. Tornò comunque in aeroporto con due taniche piene di acqua della grotta, che si riportò a Napoli. E se quel giorno non fu bello come il campione l’avrebbe voluto, tutti a Lourdes ancora se ne ricordano… come di un’apparizione!

Publié dans Apparizioni mariane e santuari, Articoli di Giornali e News, Lourdes, Sport | Pas de Commentaire »

Con Maria Immacolata verso il Santo Natale…

Posté par atempodiblog le 28 novembre 2020

Con Maria Immacolata verso il Santo Natale... dans Avvento Con-Maria-Immacolata-verso-il-Santo-Natale

“Tota pulchra es Maria, bellezza e dolcezza, bellezza nell’intelletto, fede e umiltà. Dolcezza nella volontà, carità e attività. Cima dello stelo, fiore. Cima della fede, cima dell’amore, cima dei giorni, cima delle opere, cima della preghiera, cima del paradiso”.

del Beato Giustino Maria della Santissima Trinità Russolillo

Botti di Capodanno, l'appello dei medici degli ospedali: “E' una tradizione negativa e pericolosa” dans Articoli di Giornali e News Santo-Natale

Novena a Maria SS. Immacolata (da recitarsi dal 29 novembre al 7 dicembre)

Vi segnalo quella del Beato Giustino Maria Russolillo, per recitarla cliccare  Freccia dans Stile di vita Novena a Maria SS. Immacolata

Publié dans Avvento, Citazioni, frasi e pensieri, Don Giustino Maria Russolillo, Fede, morale e teologia, Santo Natale | Pas de Commentaire »

Il Papa e i cardinali in visita da Benedetto XVI

Posté par atempodiblog le 28 novembre 2020

Il Papa e i cardinali in visita da Benedetto XVI
In un breve incontro nella Cappella del Monastero “Mater Ecclesiae” i neo porporati sono stati presentati singolarmente al Papa emerito che ha pregato con loro e li ha benedetti
di Vatican News

Il Papa e i cardinali in visita da Benedetto XVI dans Articoli di Giornali e News Papa-Francesco-con-Benedetto-XVI

Al termine della celebrazione del Concistoro Ordinario Pubblico, che questo pomeriggio si è svolto nella Basilica di San Pietro, “il Santo Padre e gli 11 nuovi cardinali presenti a Roma si sono recati in visita al Papa emerito, Benedetto XVI, nella cappella del monastero Mater Ecclesiae”. E’ quanto si legge nel comunicato divulgato dalla Sala Stampa vaticana. “In un clima di affetto – riporta ancora la nota – i cardinali sono stati presentati individualmente al Papa emerito che ha espresso la propria gioia per la visita e, dopo il canto del Salve Regina, ha impartito loro la benedizione”. La visita si è conclusa poco dopo le 17.00.

Nel solco della tradizione
La visita al monastero Mater Ecclesiae in Vaticano è divenuta ormai una consuetudine, sempre rinnovata a partire dal Concistoro del 2016. Nelle prime due occasioni del 2014 e del 2015, il Papa emerito aveva preso parte alla celebrazione nella Basilica di San Pietro. Lo scorso anno, accogliendo le nuove porpore, Benedetto XVI aveva ricordato loro il valore della fedeltà al Papa.

Publié dans Articoli di Giornali e News, Fede, morale e teologia, Papa Francesco I, Riflessioni | Pas de Commentaire »

Papa Francesco ricorda Maradona nella preghiera

Posté par atempodiblog le 26 novembre 2020

Papa Francesco ricorda Maradona nella preghiera
Secondo Radio Mitre di Buenos Aires papa Francesco ha inviato alla famiglia del campione un rosario e una lettera di condoglianze
della Redazione Internet di Avvenire

Papa Francesco ricorda Maradona nella preghiera dans Articoli di Giornali e News Diego-Armando-Maradona-e-Papa-Francesco

Il mondo dello sport è in lutto per la morte del calciatore argentino Diego Armando Maradona, da molti considerato il più grande giocatore di tutti i tempi, ma uomo dalle molte fragilità.

Papa Francesco – ha detto il direttore della Sala Stampa vaticana Matteo Bruni – informato della morte di Maradona, “ripensa con affetto alle occasioni di incontro di questi anni e lo ricorda nella preghiera, come ha fatto nei giorni scorsi da quando ha appreso delle sue condizioni di salute”. Gli incontri con Maradona si sono verificati nel 2014, in occasione della Partita per la pace, e poi nel 2015, nell’ambito delle iniziative e i progetti di Scholas Occurentes.

La famiglia di Diego Maradona inoltre, secondo quanto riferito da Radio Mitre di Buenos Aires, ha ricevuto un rosario e una lettera di condoglianze inviati da papa Francesco. Non solo: dedicata a Diego Armando Maradona c’è anche una “storia” sull’account Instagram Franciscus, nella sezione storie, con una foto di un loro incontro in Vaticano. La storia è accompagnata dall’hashtag #RIPMaradona.

Solo qualche giorno fa, raccontando di sé nel libro “Ritorniamo a sognare”, Francesco ha parlato del suo soggiorno in Germania e dell’aver vissuto nella solitudine il trionfo dell’Argentina ai mondiali nel 1986. Una vittoria nel segno di Diego Armando Maradona che ha consegnato all’Albiceste, per la seconda volta nella sua storia, la coppa del Mondo. E quella maglia numero 10, “El pibe de oro” la porta in Vaticano anni dopo, il primo settembre 2014. In Aula Paolo VI, Francesco ringrazia i campioni del calcio che avevano aderito alla partita interreligiosa per la pace che si sarebbe disputata in serata allo Stadio Olimpico di Roma. Una sfida tutta nel segno della solidarietà, organizzata da “Scholas occurrentes”, promossa dal Papa, e dall’associazione di Xavier Zanetti, altro importante campione argentino, “Fondazione P.u.p.i Onlus”.

Risale ad allora l’abbraccio commosso di Maradona al Papa, la consegna della maglia con su scritto “Francisco” e la dedica: “A Papa Francesco con tutto il mio affetto e molta pace per tutto il mondo”. Ai microfoni di molti giornalisti, Diego Armando dice che tra loro due “il vero fuoriclasse” è il Pontefice. E confessa di essersi allontanato dalla Chiesa ma di aver sentito profonda vicinanza con Francesco per la sua attenzione verso i poveri. “Cosa mi ha detto il Papa? Che mi stava aspettando”.

Publié dans Articoli di Giornali e News, Papa Francesco I, Sport | Pas de Commentaire »

Radio Maria e il divieto di avanzare ipotesi

Posté par atempodiblog le 19 novembre 2020

Radio Maria e il divieto di avanzare ipotesi
In un mondo che mette in discussione ogni cosa, avanzare delle ipotesi crea reazioni spropositate, anche fra cattolici
di Marco Invernizzi – Alleanza Cattolica

Radio Maria e il divieto di avanzare ipotesi dans Anticristo Fanzaga

Improvvisamente, una domenica pomeriggio, i giornali online hanno scoperto che padre Livio Fanzaga, direttore di Radio Maria, avrebbe denunciato un “complotto” dietro la diffusione del Covid-19 e hanno riempito i rispettivi media con articoli scandalizzati. Avevo ascoltato l’intervento di padre Livio, peraltro precedente di diversi giorni, e avevo notato come il direttore di Radio Maria si preoccupasse di sottolineare che la sua è una ipotesi, e che le ipotesi sono opinioni che si possono cambiare di fronte a nuovi fatti che mutassero il quadro della situazione.

L’impressione che ho, anche questa è una ipotesi mi raccomando, è che il mondo dei media, i “giornaloni“ come li chiama padre Livio, detesti Radio Maria e cerchi sempre l’occasione per metterla in cattiva luce presso l’opinione pubblica. Diversamente non si spiegherebbe tanto accanimento e l’andare a ripescare una trasmissione precedente di diversi giorni, che per un quotidiano significano mesi se non anni.

Ma che cosa ha detto padre Livio di tanto politicamente scorretto?

  1. Ha detto che il virus potrebbe essere stato diffuso in modo non casuale. Queste le parole esatte, affidate all’agenzia Adnkronos per precisare meglio il contenuto delle sue trasmissioni sul tema e che tutti possono leggere sul sito di Radio Maria: «Per quanto riguarda l’origine della pandemia ho avuto fin dall’inizio l’impressione che non fosse casuale. Mi è parso un fenomeno troppo grosso per essere tale. Mi ha inoltre fatto pensare il fatto che proprio l’Occidente sia la parte del mondo più colpita di altre. Probabilmente non sapremo mai qual è l’origine della pandemia ma, fino a prova contraria, a mio parere resta sul tavolo l’ipotesi che possa essere stata provocata volutamente. Mi auguro di no e vorrei essere smentito. Può anche essere che l’uscita del virus da qualche laboratorio di armi biologiche sia stata un infortunio».

  2. La seconda cosa scandalosa che il direttore di Radio Maria ha detto riguarda Satana, una parola impronunciabile nel mondo del giornalismo e, in generale, fra gli intellettuali che scrivono sui “giornaloni”, tutti succubi del laicismo: «Se fosse vero (e spero di no) che la pandemia sia un progetto provocato da chi vuole costruire un “uomo nuovo” e “un mondo nuovo” sulle nostre spalle e a nostra insaputa, è ovvio che per un cristiano la mente ispiratrice non può essere che il maligno».

Siamo di nuovo di fronte a una ipotesi, ma frutto di un ragionamento. Che il male esista, nel caso specifico che il virus sia un male, anche un ateo non può non riconoscerlo. E allora qui si apre un tema antico quanto l’uomo, cioè quale sia l’origine del male. Il male può essere provocato o casuale, voluto o frutto di un incidente di laboratorio. Poi ci sono delle varianti: può essere casuale ma venire sfruttato da qualcuno per accrescere il proprio potere. Certamente esiste un altro dato di fatto, e cioè che il sistema sociale del mondo occidentale sta cambiando sotto la spinta della diffusione del virus. I piccoli chiudono e le grandi multinazionali guadagnano sempre maggiori spazi commerciali. Per fare un esempio, le librerie chiudono e Amazon aumenta il fatturato, oppure i tassisti vendono le loro licenze e vanno a lavorare come dipendenti appena ne trovino la possibilità. Questo significa che nel giro di non molti anni il mondo occidentale cambierà aspetto, se continuasse questa tendenza: meno proprietari, più concentrazione di potere economico in poche mani, in pratica il contrario di una società equilibrata basata sui principi di sussidiarietà e solidarietà. Questo non è un complotto, ma un fatto. Si tratta di vedere se c’è un agente a monte del progetto, oppure se qualcuno si sta approfittando di qualcosa che è accaduto ed è sfuggito di mano, oppure se siamo completamente in balia di una situazione andata fuori controllo. Credo che fare delle ipotesi e parlarne sia doveroso e necessario. Il complotto sarebbe impedire di affrontare il tema.

Infine Satana, la parola impronunciabile. Ma se il male esiste, non è un complotto chiedersi quali possano essere le cause naturali e soprannaturali (per chi ha il dono della fede).

Stupisce infine, e lo scrivo con profondo rammarico, che all’interno del mondo cattolico padre Livio non venga difeso da questa nuova aggressione mediatica, che mira con evidenza a screditarlo. Perciò mi ha fatto male l’intervento quasi appassionato del direttore del quotidiano dei vescovi italiani, Marco Tarquinio, per prendere le distanze dal direttore di Radio Maria su Avvenire del 17 novembre. Si parla tanto di non dividere, di unire, di non creare contrapposizioni e, poi, si evita di affrontare benevolmente un’ipotesi avanzata da un confratello nella stessa fede. Viviamo in un mondo strano, nel quale si mette in discussione ogni cosa, dal Papa all’identità sessuale delle persone, ma quando viene avanzata una ipotesi estranea al politicamente corretto “apriti cielo”. Mala tempora

Publié dans Anticristo, Articoli di Giornali e News, Coronavirus, Fede, morale e teologia, Padre Livio Fanzaga, Riflessioni | Pas de Commentaire »

«Vi racconto don Dolindo, mistico conformato a Gesù»

Posté par atempodiblog le 19 novembre 2020

«Vi racconto don Dolindo, mistico conformato a Gesù»
«Don Dolindo venne calunniato, perseguitato, ma rimase sempre fedele alla Chiesa, che chiamava santa e indefettibile. E diceva che “i miei libri riabiliteranno la mia memoria”». «Aveva il dono di scrutare i cuori, lo scambio di dolori e Gesù gli disse che doveva prendere su di sé le sofferenze di tutti». «Fu tormentato dal diavolo per il suo ultimo libro, che volle essere un omaggio alla Madonna». La Bussola intervista Grazia Ruotolo, per il 50° anniversario della morte di don Dolindo.
di Ermes Dovico – La nuova Bussola Quotidiana

L'infinita misericordia di Dio nel ricercare i peccatori e nell'accoglierli, in uno sguardo generale alle parabole di Gesù dans Commenti al Vangelo don_Dolindo_Ruotolo

Cade esattamente oggi il 50° anniversario della morte di don Dolindo Ruotolo (1882-1970), mistico originario di Napoli di cui è in corso la causa di beatificazione. Per la circostanza, come già riferito su questo quotidiano, la Ares ha pubblicato il libro “Gesù, pensaci Tu”, con il racconto in prima persona – affidato al giornalista Luciano Regolo – di Grazia Ruotolo (1928), cugina di secondo grado di don Dolindo. Il Servo di Dio aveva un legame fortissimo con il cugino Umberto, padre di Grazia (che nel riferirsi a don Dolindo lo chiama affettuosamente “zio”), della quale poi – dopo averne accompagnato la crescita nella fede – avrebbe anche celebrato le nozze. La Nuova Bussola l’ha intervistata.

Grazia Ruotolo, per lei don Dolindo è stato non solo un familiare ma anche una guida spirituale. Era una presenza consueta a casa vostra?
Sì, era un’emozione, se si trovava nei paraggi passava di giorno ma di solito veniva verso le 11 di sera, dopo aver fatto il giro di tutti i malati. Quando bussava alla porta, mio padre Umberto diceva: “Andate ad aprire, questo è Dolindo che arriva”. Arrivava con la sua famosa borsa a tracolla piena di pietre, che lui chiamava “perle preziose per il Cielo”. Era una delle tante penitenze e sofferenze che offriva per la salvezza delle anime.

A proposito di sofferenze, don Dolindo, un po’ come padre Pio e altri santi, ha avuto tante incomprensioni all’interno della stessa Chiesa.
Lui e padre Pio sono due giganti della Chiesa. Don Dolindo venne calunniato, perseguitato, ma diceva che “i miei libri riabiliteranno la mia memoria”. A lui interessava solo essere un semplice sacerdote, al servizio di Dio e del prossimo. Fu una delle figure più importanti della Napoli cattolica. A volte lo chiamavano per predicare anche in 8-9 chiese al giorno. Anche se subì persecuzioni da alcuni ecclesiastici, fino a due sospensioni a divinis, guai se qualcuno parlava male della Chiesa con lui: “Tacete, la Chiesa è santa, immacolata, indefettibile”, diceva. Negli anni in cui gli fu proibito di esercitare il ministero sacerdotale, si metteva all’ultimo posto della chiesa e poi, per la Comunione, da umile fedele andava a ricevere l’Eucaristia. Voleva che tutti sapessero che lui rimaneva fedele alla Chiesa. Non se ne allontanò mai.

Della vita di don Dolindo stupisce la capacità di accettare la croce, in ogni situazione.
Gesù aveva detto a padre Dolindo di prendere su di sé le sofferenze di tutti. Lui ebbe il dono mistico dello scambio di dolori. Chiamava i conventi, per esempio le suore di clausura, e diceva: “Datemi le vostre sofferenze”. Tutti i giorni chiedeva a Dio il dono del dolore insieme all’amore, la fede, la mansuetudine, l’umiltà.

Tenne questo atteggiamento anche con i suoi calunniatori?
Lui li amava come un padre, pregava per loro, andava perfino a trovarli a casa per far tornare il sereno nel loro cuore e, naturalmente, i suoi denigratori rimanevano sbigottiti per tanta carità. E se i suoi amici protestavano, replicava: “Tacete, quelli sono miei benefattori”. Perché gli davano la possibilità di offrire delle sofferenze, unendole a quelle di Gesù. E poi riteneva che tutto fosse volontà di Dio. Diceva sempre: “In casa nostra si mangia pane e volontà di Dio”. Questa sua santità convertiva le anime. Pensi che nel periodo in cui fu accusato dal Sant’Uffizio convertì una famiglia di massoni che da più di quarant’anni non si avvicinava ai Sacramenti. Ha vissuto con un solo pensiero, la gloria di Dio. Insegnava che qualunque azione, anche la più piccola, deve essere fatta con questo proposito: “Signore, per la tua gloria”. Questa era la spiritualità di padre Dolindo.

Lei ha definito il Commento alla Sacra Scrittura “il più grande miracolo” di don Dolindo. Perché?
Guardi, nei 33 libri del Commento alla Sacra Scrittura c’è tutto, l’esegesi, la meditazione, la psicologia. Lui spiegava che la Sacra Scrittura è una casa esorcizzata, perché la presenza di Dio allontana il Maligno. Quando finiva uno di questi libri, veniva da noi e diceva a mio padre: “Umbe’, leggi, leggi. Questi libri, un giorno, faranno tanto bene alle anime”. Non sa quante persone mi hanno detto di esserne rimaste conquistate. E solo Dio sa quante conversioni sono nate da quest’opera. Sa come l’ha scritta? Stava in ginocchio a pregare anche fino alle due di notte, si flagellava e poi scriveva sempre in ginocchio, con la Madonna o con Gesù vicino a lui. La quantità dei suoi scritti è impressionante. Alcuni devono ancora essere pubblicati, per esempio ci sono dei bellissimi epistolari inediti.

Don Dolindo è stato anche un grande confessore. Ci può raccontare qualcosa?
Aveva il dono di scrutare i cuori. Quando un penitente si inginocchiava per dirgli i propri peccati, lui li sapeva già… Se gli capitavano dei penitenti con peccati gravi, li ascoltava senza dire una parola, ma intanto piangeva pensando al dolore che questi peccati avevano causato a Gesù e Maria. E poi, finita la Confessione, apriva il confessionale e abbracciava forte il confessato: “Quanto sei buono! Io non so se avrei avuto il coraggio di confessare questi peccati”, gli diceva padre Dolindo. Sa quali effetti! Pure i peccatori più incalliti diventavano delle pecorelle, degli apostoli di Dio, non si allontanavano più dalla Chiesa.

Leggendo la sua vita, in effetti, colpisce la quantità di figli spirituali.
Lui viveva una vita celeste, per questo le folle lo seguivano. Ma sempre a proposito della Confessione le voglio raccontare un episodio che nacque dalla carità di tre sue figlie spirituali (Elena Montella, Nina Scotti, Bice Tavassi), che tra le altre cose – come testimoniarono nel libro Tre signorine in mezzo a una strada - andavano in giro per condurre da don Dolindo persone lontane dalla fede.

Ci dica.
Una volta queste tre signorine videro un tipo per la strada e, senza sapere che stava andando ad ammazzare una persona, iniziarono a tirarlo per la giacca per portarlo a una predica di don Dolindo. “Lasciatemi stare!”, gridava lui, ma loro insistevano: “No, lei deve venire”. Se una persona entrava in chiesa e sentiva predicare don Dolindo, il più era fatto. Ebbene, quest’uomo andò a sentire la predica e alla fine le tre signorine lo presentarono a don Dolindo. “Vieni, angioletto”, gli disse don Dolindo. “Angioletto – lui chiamava tutti così -, ti vuoi confessare?”. Quell’uomo gli rispose di no. Don Dolindo non si arrese. “Ma vi vedo agitato, forse avete litigato con vostra moglie? Forse l’avete fatta dispiacere, avete trattato un po’ di droga?”. Per farla breve, don Dolindo gli disse tutti i peccati e alla fine il peccatore disse: “Padre, ho capito, mi voglio confessare”. Poi quel tizio prese dalla tasca un coltello, lo mise sul tavolo e confessò l’intento omicida.

Che legame aveva don Dolindo con la Madonna?
Lui diceva di essere ‘o vecchiariello d’a Madonna! Era la Mamma sua… l’ultimo slancio d’amore, l’ultimo libro lo scrisse per omaggiarla. Questo mentre si avviava alla morte, con una paralisi che gli aveva bloccato da anni il lato sinistro, le gambe gonfie, l’artrosi che l’aveva piegato in due: bisognava prendergli il braccio per fare la consacrazione perché lui da solo non ce la faceva più. Teneva sull’altare una statua di Maria, che adesso custodisco io, e mentre celebrava la Messa volgeva lo sguardo e diceva: “La Madonna, in questo momento, sta portando tante anime in Paradiso”.

La chiamava Corredentrice?
Sì, Corredentrice e Madre della Chiesa, già diversi decenni prima del Vaticano II. Per l’ultimo libro sulla Madonna, il diavolo lo ha tormentato. Lo percuoteva, lo buttava sotto il letto e la cosa era tanto più dolorosa, per le condizioni fisiche di don Dolindo. Ma lui aveva la sua forza nell’Eucaristia e nel Rosario, teneva la corona sempre tra le mani. E consigliava di invocare continuamente e pregare con il proprio Angelo custode.

Che cosa possiamo dire di certo sulle piaghe di don Dolindo?
Beh, queste sono cose segrete, per così dire. Per me aveva le stimmate nascoste. Ci sono delle bottigliette di sangue di don Dolindo, 12 bottigliette più o meno della grandezza di quelle dello sciroppo per la tosse. Poi, una sua figlia spirituale mi parlò della profonda piaga che don Dolindo aveva sulla spalla destra.

Come la Santa Piaga della Spalla di Gesù?
Non me lo disse esplicitamente, però mi rivelò, commossa, di averla toccata: “Grazia, vi si poteva infilare l’intera mano”, mi spiegò. Comunque, lui per amore di Dio e del prossimo faceva di tutto: digiuni, flagellazioni, preghiere a non finire, pur di ottenere una grazia, una conversione, che chiamava “il miracolo più grande”.

Publié dans Angeli, Articoli di Giornali e News, Don Dolindo Ruotolo, Fede, morale e teologia, Riflessioni, Stile di vita | Pas de Commentaire »

Un giro d’Italia mariano

Posté par atempodiblog le 13 novembre 2020

Un giro d’Italia mariano
di Giampaolo Mattei – L’Osservatore Romano

Un giro d’Italia mariano dans Apparizioni mariane e santuari Papa-e-Madonna-Rue-du-Bac

Un “giro d’Italia” mariano per ridare speranza, fiducia a un popolo alle prese con l’emergenza sanitaria e sociale. Per incoraggiare, Vangelo alla mano, chi vede l’orizzonte nero. Del resto, dicono con un sorriso i missionari vincenziani che hanno messo su questo progetto di evangelizzazione, «tanto più i tempi sono difficili tanto più ci si rivolge alla Mamma».

È proprio con questo spirito semplice, di popolo, che l’immagine della Madonna — espressione della spiritualità della Medaglia miracolosa di santa Caterina Labouré — girerà l’Italia in lungo e in largo, per un anno, e porterà ovunque anche la corona del rosario benedetta che Papa Francesco, personalmente, ha voluto mettere al collo della statua, incontrando — mercoledì mattina, 11 novembre, in Vaticano — i promotori del pellegrinaggio.

Sono le persone, le comunità, e non i luoghi le mete di questo pellegrinaggio a 190 anni dalle apparizioni mariane a Parigi, a Rue du Bac. «Si parte dai poveri» affermano i vincenziani. E uno slancio molto forte verrà sicuramente proprio dalla Giornata mondiale dei poveri che si celebrerà domenica 15 novembre.

Insomma portando in spalla la statua della Madonna, «con tutto il vigore spirituale della Medaglia miracolosa», i missionari busseranno alle porte delle persone emarginate, degli ammalati, degli anziani soli, di coloro che vivono la sofferenza. E anche dei giovani. Perché, ricordano, «la pandemia sta rendendo ancora più gravi le emergenze sociali».

Maria-della-Medaglia-Miracolosa dans Articoli di Giornali e News

Il 27 novembre si celebrerà la festa della Beata Vergine della Medaglia miracolosa e il pellegrinaggio in Italia dell’immagine di Maria inizierà — nel rispetto delle norme anti-covid — martedì 1° dicembre per concludersi il 22 novembre 2021. Ecco il calendario: 1° dicembre – 1° gennaio 2021: Lazio, Marche, Umbria; 2 gennaio – 3 febbraio: Campania; 4 febbraio – 28 febbraio: Calabria; 1° marzo – 31 marzo: Sicilia; 1° aprile – 30 aprile: Puglia, Basilicata e Abruzzo; 1° maggio – 31 maggio: Toscana e Liguria; 1° giugno – 30 giugno: Piemonte e Lombardia; 12 settembre – 13 ottobre: Emilia Romagna e Triveneto; 19 ottobre – 22 novembre: Sardegna.

Un pellegrinaggio popolare per questo tempo difficile, dunque. Ma non è che nel 1830 — quando Maria apparve alla giovane religiosa vincenziana Caterina Labouré — le cose andassero poi tanto meglio. La Francia viveva un tempo complicato — spiegano i missionari — segnato da una seconda rivoluzione e da lotte fratricide. Ed ecco che Maria interviene in quella storia dicendo: “Sono con voi e se venite a me troverete consolazione”». Ecco perché, dicono, «vogliamo semplicemente testimoniare che Maria è vicina, è madre di coloro che oggi sono più in difficoltà: pensiamo alle donne e agli uomini che vivono nei tanti luoghi della sofferenza, negli ospedali soprattutto, ma anche nelle case di riposo per gli anziani e nelle strutture per i poveri».

In sostanza, l’obiettivo del pellegrinaggio è ricordare, con i fatti, che davvero «Maria non lascia mai solo nessuno». E tutto questo, ci tengono a far notare i promotori, «nella semplicità più totale» come suggerisce il Vangelo. A conferma che un pellegrinaggio è sempre un fatto di popolo.

Publié dans Apparizioni mariane e santuari, Articoli di Giornali e News, Coronavirus, Fede, morale e teologia, Papa Francesco I, Riflessioni, Rue du Bac - Medaglia Miracolosa, Santa Caterina Labouré, Stile di vita | Pas de Commentaire »

Rue du Bac nella sala Clementina

Posté par atempodiblog le 13 novembre 2020

Rue du Bac nella sala Clementina
di Giampaolo Mattei – L’Osservatore Romano

Rue du Bac nella sala Clementina dans Apparizioni mariane e santuari Santo-Padre

Alzandosi sulla punta dei piedi e protendendosi il più possibile in avanti con le braccia, Francesco ha voluto personalmente mettere la corona del rosario al collo della statua della Madonna — espressione della spiritualità della Medaglia miracolosa di santa Caterina Labouré — che per un anno sarà portata in tutta Italia, in pellegrinaggio, in particolare tra i poveri e gli ammalati, a 190 anni dalle apparizioni a Parigi, a Rue du Bac.

Mercoledì mattina, 11 novembre, alle 8.55, prima dell’udienza generale, Francesco ha accolto nella sala Clementina la piccola delegazione che sta per dare vita a questo vero e proprio “giro d’Italia mariano”. Il Papa ha compiuto il gesto di porre la corona sulla statua — significativo nella sua semplicità — dopo essersi raccolto in preghiera davanti all’immagine, averla accarezzata con la mano per poi tracciare su se stesso il segno della croce.

Rue-du-Bac dans Articoli di Giornali e News

A presentare a Francesco questa iniziativa del “pellegrinaggio di Maria” in Italia sono stati il superiore generale della congregazione della Missione, padre Tomaž Mavrič; padre Erminio Antonello, superiore provinciale vincenziano per l’Italia; e padre Valerio Di Trapani, che si occupa dell’organizzazione pratica dell’evento. Con loro c’era Amerigo Pompili, il falegname che ha realizzato la teca per poter trasportare l’immagine mariana (scolpita negli anni ’50, è stata restaurata per l’occasione). E con particolare familiarità, poi, il Papa ha salutato suor Stefania Monti e suor Antonietta Collacchi, rispettivamente superiora della comunità delle Suore vincenziane a Santa Marta e responsabile del Dispensario pediatrico in Vaticano.

Francesco ha firmato una pergamena che ricorda la sua benedizione dell’immagine per il pellegrinaggio e ha ricevuto in dono due bottiglie di vino sloveno per la celebrazione della messa. A ciascuno dei presenti il Papa ha dato una corona del rosario.

Papa-e-Madonna-della-Medaglia-Miracolosa dans Coronavirus

Il 27 novembre si celebra la festa della Beata Vergine della Medaglia miracolosa e il pellegrinaggio in Italia dell’immagine di Maria inizierà (nel rispetto delle norme anti covid) martedì 1° dicembre per concludersi il 22 novembre 2021.

Ecco il calendario:

1° dicembre – 1° gennaio 2021: Lazio, Marche, Umbria;
2 gennaio – 3 febbraio: Campania;
4 febbraio – 28 febbraio: Calabria;
1° marzo – 31 marzo: Sicilia;
1° aprile – 30 aprile: Puglia, Basilicata e Abruzzo;
1° maggio – 31 maggio: Toscana e Liguria;
1° giugno – 30 giugno: Piemonte e Lombardia;
12 settembre – 13 ottobre: Emilia Romagna e Triveneto;
19 ottobre – 22 novembre: Sardegna.

La statua sarà portata anzitutto nei luoghi d’accoglienza per i poveri, con lo slancio della Giornata mondiale che si celebra domenica prossima. Poi anche nelle parrocchie, con particolare attenzione ai giovani. E non mancherà la preghiera per le vittime del covid e per quanti sono alle prese con l’emergenza sanitaria e sociale.

Publié dans Apparizioni mariane e santuari, Articoli di Giornali e News, Coronavirus, Fede, morale e teologia, Papa Francesco I, Riflessioni, Rue du Bac - Medaglia Miracolosa, Santa Caterina Labouré, Stile di vita | Pas de Commentaire »

Il “Santo apostolo di Napoli” e le profezie sulla Chiesa

Posté par atempodiblog le 9 novembre 2020

Servo di Dio don Dolindo Ruotolo
Il “Santo apostolo di Napoli” e le profezie sulla Chiesa
Il mistico don Dolindo Ruotolo ci ha lasciato profezie e molteplici opere teologiche, tra cui un ispiratissimo Commento alla Sacra Scrittura in 33 libri. Padre Pio lo riteneva un gran santo e disse che «niente di quanto è scaturito dalla penna di Don Dolindo deve andar perduto». In vista del 50° anniversario della morte, la Ares ha dato voce a una familiare e testimone diretta del Servo di Dio, Grazia Ruotolo, pubblicando il libro “Gesù, pensaci Tu”.
di Ermes Dovico – La nuova Bussola Quotidiana

Il “Santo apostolo di Napoli” e le profezie sulla Chiesa dans Anticristo Don-Dolindo-Ruotolo-Ges-pensaci-Tu

Il prossimo 19 novembre cade il 50° anniversario della morte di don Dolindo Ruotolo (1882-1970), contemporaneo e amico di Padre Pio, che lo chiamò il «Santo apostolo di Napoli». In vista della ricorrenza, la casa editrice Ares ha pubblicato il libro “Gesù, pensaci Tu”, che richiama l’invocazione centrale dell’Atto di abbandono ispirato dal Signore al mistico napoletano. Il suddetto libro è un prezioso strumento per conoscere la figura di don Dolindo, perché insieme ad ampi estratti delle opere del Servo di Dio registra la dettagliata testimonianza in prima persona di una sua familiare – la novantaduenne, lucidissima, Grazia Ruotolo (una cugina di secondo grado, che per affetto lo chiama “zio”) – che ha affidato il suo racconto al giornalista Luciano Regolo.

Impossibile elencare tutti i miracoli, le opere di carità e i doni soprannaturali di don Dolindo, i cui carismi si erano manifestati già nell’infanzia, specie la sua conformazione a Gesù Crocifisso. Il nome, che sta per “Dolore”, era stato scelto dal padre per devozione alla Madonna Addolorata. Dolindo venne maltrattato dal genitore – senza che questi sapesse perché, come lui stesso gli confidò poi – fin da piccolo. Ma non portò mai rancore al padre, e anzi accettava quella croce dando lode a Dio. La madre andava a Messa ogni mattina alle 5. Lui, quintogenito di 11 figli, si alzava seguendola fino alla porta di casa e, al suo rientro, veniva preso in braccio dalla madre che gli alitava in bocca per trasmettergli l’amore dell’Eucaristia appena ricevuta. A tre-quattro anni le diceva: «Io sarò sacerdote».

LA GRAZIA DI MARIA
Da seminarista, prendendo atto delle sue difficoltà a capire e studiare, s’inginocchiò davanti a un’immagine della Madonna delle Grazie e le disse: «O mia dolce Mamma, se mi vuoi Sacerdote, dammi l’intelligenza, perché lo vedi che sono un cretino». Si assopì all’improvviso e, al risveglio, si ritrovò esaudito: gli si aprì la mente, «ma solo per ciò che glorificava Dio». Il dono dell’intelletto, che si univa a un’ironia tutta napoletana, diventò ancora più grande dopo due Confessioni generali.

Da questa umiltà e dalla fiducia nella Provvidenza, quindi, nasce l’ispiratissimo predicatore (che riempiva le chiese) e scrittore di opere ascetiche, devozionali, dottrinali, mistiche. Qui basti ricordare il monumentale Commento alla Sacra Scrittura, in 33 libri, a cui oggi diversi sacerdoti attingono per le loro omelie e che Grazia Ruotolo definisce «il più grande miracolo» di don Dolindo, per le innumerevoli conversioni che ha già suscitato e, si può credere, susciterà. I testi li scriveva in piena notte, in ginocchio e di getto, dopo aver pregato e offerto penitenze. Contro quest’opera, prima condannata dal Sant’Uffizio e poi riabilitata, si scatenarono i suoi denigratori – modernisti – al tempo della sua seconda sospensione a divinis. Un calvario lunghissimo, che iniziò a seguito delle calunnie di una sua figlia spirituale, mossa da invidia verso le altre pie assistenti di don Dolindo.

Sacerdote-Dolindo-Ruotolo-di-Napoli dans Articoli di Giornali e News

OBBEDIENZA E AMORE ALLA CHIESA
A raccogliere le accuse della donna era stato padre Domenico Fenocchio, che nel 1918 ottenne un’udienza con Benedetto XV. Il Papa, ascoltando la versione di Fenocchio, ordinò un’inchiesta e, nell’attesa, dispose di sospendere da subito la predicazione di don Dolindo. Erano circa le undici e mezza di domenica 15 settembre, giorno dell’Addolorata. In quel preciso momento, a Napoli, don Dolindo stava tenendo l’omelia. Ad un tratto – in obbedienza mistica, si potrebbe dire – smise di predicare, senza minimamente sapere quello che era stato appena deciso su di lui in Vaticano (lo avrebbe saputo solo giorni dopo). «Non potetti raccapezzare una sola idea, Gesù mi aveva chiusa la fonte della sua parola perché, a Roma, il Papa l’aveva chiusa per me! Dovetti interrompere, dissi al popolo: “Non posso proseguire oltre, sono sopraffatto da tenebre, non ho più parole. Preghiamo soltanto che Dio si glorifichi”».

Il 18 ottobre 1921, a conclusione dell’inchiesta, fu sancita la sua sospensione a divinis, durata ben 16 anni e mezzo. Malgrado tutto, in questo tempo, provò un crescente amore per coloro che lo calunniavano, e andava perfino a visitarli (padre Fenocchio, ammalato, gli chiese perdono). Capitò che qualcuno dei suoi figli spirituali non capisse così tanta pietà: «Sono miei benefattori», diceva don Dolindo, pensando alle sofferenze che poteva unire a quelle di Gesù, per santificarsi e liberare anime dal giogo del demonio.

L’ORDINE DI PADRE PIO
L’amore incondizionato per la Chiesa, al cui interno sperimentò sì persecuzioni ma anche la stima di diversi ecclesiastici, lo accomuna strettamente a Padre Pio. Molto ricca e affascinante la documentazione riportata nel libro della Ares sul rapporto tra i due grandi mistici, che va ben oltre il loro unico incontro (di persona) noto, avvenuto nel 1953 a San Giovanni Rotondo. Poi, nel 1967, il frate con le stimmate incaricò padre Pellegrino Funicelli di scrivere una lettera a una figlia spirituale di don Dolindo (Elena Montella, dell’Apostolato Stampa). Questo l’inizio della missiva: «Gentilissima Signorina, Padre Pio ha detto che niente di quanto è scaturito dalla penna di Don Dolindo deve andar perduto».

DOLINDO GESÙ E LE PROFEZIE
Le bilocazioni erano una delle grazie di don Dolindo. Scrutava i cuori e in confessionale trasmetteva mirabilmente la misericordia di Gesù, che pure più volte – su richiesta del proprio fedele ministro – confessò al posto suo, assumendone le sembianze. Del resto, già nel 1910 il Servo di Dio si era sentito dire in una locuzione interiore: «Sono io Gesù, Dolore, e tu sei Dolindo Gesù. […] Perché io sono in te e tu in me. Perché tu vivi, ma non vivi e sono io che vivo in te. Perché tu non scrivi e sono io che scrivo per te». La sua volontà riposava nella Volontà di Dio.

Tra le molte profezie nei suoi scritti c’è quella dettatagli da Maria – con 13 anni di anticipo – sull’elezione a pontefice di Karol Wojtyla, il «nuovo Giovanni» che sarebbe sorto dalla Polonia e avrebbe liberato il mondo dalla «tirannia comunista», come già i 20 mila guidati da (Giovanni) Sobieski «salvarono l’Europa e il mondo dalla tirannia turca» al tempo dell’Assedio di Vienna, nel 1683.

E ancora, in Così ho visto l’Immacolata, si legge un brano in cui la Vergine fa una fotografia dei nostri tempi, in cui il modernismo tanto combattuto da don Dolindo sembra aver preso il sopravvento.

«Solo una grande misericordia può fare superare al mondo il baratro nel quale è caduto […]. Che cosa credete voi che sia la misericordia? Non è solo l’indulgenza, ma è anche il rimedio, la medicina, l’operazione chirurgica. La prima misericordia che deve avere questa povera terra, e la Chiesa per prima, dev’essere purificazione.

Non vi spaventate, non temete, ma è necessario che un uragano terribile passi prima sulla Chiesa e poi sul mondo! La Chiesa sembrerà quasi abbandonata e da ogni parte la diserteranno i suoi ministri… dovranno chiudersi persino le chiese! Il Signore troncherà con la sua potenza tutti i legami che ora l’avvincono alla terra e la paralizzano! Hanno trascurato la gloria di Dio per la gloria umana, per il prestigio terreno, per il fasto esteriore e tutto questo fasto sarà ingoiato da una persecuzione terribile, nuova! Allora si vedrà che cosa giovano gli appannaggi umani e come valeva meglio appoggiarsi a Gesù che è la vita vera della Chiesa. […]».

Ma le tenebre non prevarranno, come si ricorda pure nel 6° giorno della Novena dell’abbandono (che si può iniziare martedì 10 novembre, in vista del 50°): «Gesù all’anima: “Quando crederai il mondo abbandonato ai prepotenti e ai tiranni, e tutto schierato contro la Chiesa, allora sappi che il trono del mostro è minato e che si dissolve in un baleno per una pietruzza dal monte che lo percuote. Lasciami fare perché io armonizzo la libertà e le esigenze della divina gloria, e lascio il corso agli uomini cattivi per poi trarne la divina gloria. Anche nel piccolo lo vedrai, perché certi violenti spariranno dalla sera al mattino e le famiglie riacquisteranno la pace e la prosperità”».

Per saperne di più:
“Gesù, pensaci Tu”, Grazia Ruotolo con Luciano Regolo, Ares, 2020

Publié dans Anticristo, Articoli di Giornali e News, Don Dolindo Ruotolo, Fede, morale e teologia, Libri, Misericordia, Padre Pio, Riflessioni, Stile di vita | Pas de Commentaire »

La sapienza e la discrezione in Bernadette Soubirous

Posté par atempodiblog le 8 novembre 2020

La sapienza e la discrezione in Bernadette Soubirous

La sapienza e la discrezione in Bernadette Soubirous dans Apparizioni mariane e santuari Santa-Bernadette-Soubirous

Il linguaggio della piccola Bernadette è pieno di sapienza e di discrezione. Le sue risposte dinanzi all’autorità civile ed ecclesiastica hanno giustamente stupito i contemporanei e lasciano pieni di ammirazione anche noi. La luce divina brilla in molte sue affermazione e di lei, pur nei suoi limiti di creatura, si può dire: “E che sapienza è mai questa che gli è stata data?” (Mc 6,2).

Vi è un episodio in particolare che mi colpisce e che è oltremodo significativo della prudenza, della precisione e della discrezione assolutamente mirabili in una fanciulla di soli quattordici anni. Fino al momento in cui non venne rivelato il nome di “Immacolata Concezione” lei si rifiutò tenacemente di affermare che la Signora che le appariva a Massabielle era la Vergine Maria. Si limitava a chiamarla “Aquerò”, che significa “Quella cosa”.

[…] Poteva la fanciulla essere più ponderata? Questa straordinaria misura di giudizio, esatta nel riferire, senza nulla forzare, neppure con considerazioni improntate al buon senso, ci ha ottenuto la rivelazione del nome.

[…] Piena di sapienza divina, la fanciulla si è rifiutata di dare lei un nome, ma l’ha ricevuto come dono per la Chiesa. Il suo rispetto per il soprannaturale è straordinario.

Non si mette davanti, non forza le situazioni, non si appropria di nulla. Sa stare al suo posto, nella sua dimensione di totale servizio. Non dice una sola parola in più! Quale lezione per noi che troppo spesso ci crediamo padroni della Parola, dei Sacramenti e della Chiesa stessa e pensiamo di manipolare le cose di Dio a nostro piacimento.

Tratto da: Sui passi di Bernadette — Padre Livio Fanzaga

Publié dans Apparizioni mariane e santuari, Fede, morale e teologia, Libri, Lourdes, Padre Livio Fanzaga, Riflessioni, Santa Bernadette Soubirous, Stile di vita | Pas de Commentaire »

Il Libro della Sapienza è una lettera d’amore

Posté par atempodiblog le 8 novembre 2020

Il Libro della Sapienza è una lettera d'amore dans Citazioni, frasi e pensieri La-Sapienza

Questa bellezza eterna e regalmente amabilissima ha tanto desiderio dell’amicizia degli uomini, che per conquistarsela ha composto un apposito libro, in cui manifesta il proprio valore e i desideri che sente di loro. Il libro è come una lettera di un’innamorata all’amato per guadagnarne l’affetto. I desideri per il cuore dell’uomo ivi manifestati sono così premurosi, le domande d’amicizia così tenere, le voci ed i voti così amorevoli, che a sentirla non la si direbbe regina del cielo e della terra; la direste bisognosa degli uomini per essere felice.

Da: ‘L’amore dell’eterna Sapienza’ di San Luigi Maria Grignion de Montfort

Publié dans Citazioni, frasi e pensieri, Fede, morale e teologia, Riflessioni, San Luigi Maria Grignion de Montfort | Pas de Commentaire »

Appello in Francia: «Senza la domenica, non possiamo vivere»

Posté par atempodiblog le 4 novembre 2020

Appello in Francia: «Senza la domenica, non possiamo vivere»
Vescovi, filosofi e imprenditori si uniscono per chiedere al governo di non chiudere le chiese e di autorizzare la partecipazione pubblica e fisica alla Messa durante il lockdown
della Redazione di Tempi.it

Appello in Francia: «Senza la domenica, non possiamo vivere» dans Articoli di Giornali e News francia-lockdown-liberta-culto-ansa
Foto: Ansa

Pubblichiamo una nostra traduzione dell’appello al governo uscito su Le Figaro e firmato da vescovi, filosofi e imprenditori (in fondo i nomi) perché durante questo secondo lockdown in Francia siano tenute aperte le chiese e sia garantito il rispetto della libertà di culto.

Proprio nel momento in cui il nostro paese entrava nel suo secondo periodo di confinamento, il triplice assassinio di Nizza è venuto dolorosamente a ricordarci che i cristiani pagano un tributo alto negli attentati terroristici. Tre persone sono state selvaggiamente massacrate in una chiesa per il solo motivo di essere cristiane. Già il 26 luglio 2016 padre Jacques Hamel era stato sgozzato a Saint-Étienne-du-Rouvray durante la Messa che stava celebrando.

Gli omaggi che si moltiplicano dappertutto in Francia, in questi giorni in cui siamo ancora sotto choc per la decapitazione del professore Samuel Paty, mostrano fino a che punto il nostro paese resti attaccato alle sue libertà fondamentali, messe in pericolo da questi crimini: libertà di espressione, libertà di insegnamento, libertà di culto. I cristiani in generale, i cattolici in particolare, sono sensibili ai tributi di simpatia e solidarietà che vengono loro rivolti. Sono coscienti del loro dovere di partecipare a questo sforzo collettivo, se necessario nella lotta contro il terrorismo islamico.

Eppure, proprio mentre si riafferma che la libertà di culto costituisce un diritto fondamentale da proteggere, questa viene ristretta nel suo esercizio da un divieto quasi totale di riunirsi negli edifici religiosi. Non la si considera infatti una «attività essenziale». Noi pensiamo al contrario che la libertà di culto non si possa mettere in discussione e che sia necessario lasciarla libera di esprimersi, soprattutto in questi tempi in cui viene minacciata. Se la «Repubblica assicura la libertà di coscienza» (legge del 1905, primo articolo), lo Stato di diritto deve rendere possibile l’esercizio e la pratica del culto.

Molti cattolici si rifiutano di disertare le loro chiese, dove i fedeli vanno a trovare consolazione e speranza, in questi tempi difficili da affrontare da soli. La celebrazione della Messa non è per loro una modalità di esercitare la loro fede, ma ne costituisce la fonte e il punto più alto. L’Eucaristia non soltanto riunisce, ma costruisce la Chiesa; ne è il cuore e il centro vitale. Fin dalle origini della Chiesa, i cristiani hanno sempre affermato: «Senza la domenica, non possiamo vivere». Neanche le persecuzioni hanno mai scoraggiato i cristiani dal riunirsi il giorno del Signore.

Questo nuovo confinamento, necessario per proteggerci dal virus, rappresenta un periodo particolarmente difficile e ansiogeno per tanti. Le Messe costituiscono uno dei rari momenti in cui i fedeli riprendono forza e coraggio per essere sostenuti. Vietarne l’accesso è una pena doppia per i cattolici, così provati nella loro fede. Non priviamoli di questi spazi di rinnovamento!

Se i luoghi di consumo e le grandi catene di distribuzione restano aperti, non potranno però soddisfare le aspirazioni più profonde del cuore e non saranno sufficienti a fugare le paure. Davanti all’epidemia di coronavirus, noi siamo coscienti delle precauzioni sanitarie che vanno prese e del rispetto di tutte le norme che bisogna osservare rigorosamente. Da quando il confinamento è finito, noi ci siamo fatti carico delle nostre responsabilità rispettando tutte le misure necessarie. Non sono stati rinvenuti focolai nelle chiese. Noi condividiamo totalmente la preoccupazione perché sia preservata la salute pubblica. Ma il divieto generale delle Messe ci sembra avere un carattere sproporzionato davanti al bisogno di riaffermare le nostre libertà più care, tra le quali c’è quella di praticare la religione. Noi vogliamo anche poter celebrare pubblicamente la Messa, in particolare la domenica. L’Eucaristia è il cuore della nostra vita.

Ci sembra dunque che questo tema debba interpellare tutti gli uomini che hanno a cuore le nostre libertà pubbliche fondamentali. Attraverso questo divieto della pratica religiosa è la libertà di culto a non essere rispettata. Davanti a questa situazione di profonda gravità, noi abbiamo presentato diversi ricorsi davanti al Consiglio di Stato già dopo la fine del confinamento di giugno e questi ha intimato al primo ministro di prendere misure meglio proporzionate ai rischi sanitari.

Firmatari: Marc Aillet, vescovo di Bayonne; Bernard Ginoux, vescovo di Montauban; Jean-Pierre Cattenoz, arcivescovo di Avignon; David Macaire, arcivescovo di Saint-Pierre e Fort-de-France; Dominique Rey, vescovo di Fréjus-Toulon; Charles Beigbeder, imprenditore; Rémi Brague, filosofo; Chantal Delsol, filosofa; Fabrice Hadjadj, filosofo; Jean d’Orléans, conte di Parigi; Pierre Manent, filosofo; Charles Millon, ex ministro della Difesa; Jean Sévillia, storico e giornalista; Thibaud Collin, docente di filosofia.

Publié dans Articoli di Giornali e News, Coronavirus, Fede, morale e teologia, Riflessioni, Stile di vita | Pas de Commentaire »

Non sarà lo stato a salvarci dal virus, ma le nostre scelte individuali

Posté par atempodiblog le 4 novembre 2020

Non sarà lo stato a salvarci dal virus, ma le nostre scelte individuali
Ciò che non è stato fatto finora dalle istituzioni non sarà recuperato adesso. Ne usciremo, ma dipende da noi
di Enrico Bucci – Il Foglio
Tratto da: Radio Maria

Non sarà lo stato a salvarci dal virus, ma le nostre scelte individuali dans Articoli di Giornali e News mascherine

Ieri i nuovi contagiati da Covid-19 sono stati 28.244, in aumento rispetto alle 24 ore precedenti, a fronte di 182.287 tamponi processati (quasi 47 mila più di lunedì). I morti sono stati 353, mai così tanti da maggio. I ricoveri in terapia intensiva sono stati 203, contro gli 83 di lunedì.

Siamo di nuovo in balia degli eventi e delle chiacchiere discordanti. E’ come giocare a mosca cieca, ma sull’orlo di un burrone. Vorrei togliere per un momento almeno la benda dagli occhi; se qualcuno cerca ottimismo a buon mercato, guardi pure altrove. Credo che riconoscere la verità dei fatti aiuti a non soccombere al frastuono, e anche a ritrovare un po’ di pace mentale e concordia su alcuni punti fondamentali, che elenco qui di seguito.

Punto primo: non c’è modo di riparare oggi a quanto non è stato fatto in estate. Siamo un paese il cui funzionamento è impossibilitato da una ragnatela di regole, dalla polverizzazione della responsabilità, dal familismo amorale e dall’anarchia individualista dei suoi abitanti. Dunque non è possibile sperare in nessun ravvedimento improvviso, né in qualche salvifica azione delle istituzioni o dello stato. Solo sforzi individuali e senso di comunità fra i cittadini (tutti) possono mitigare i danni. L’unità nazionale invocata oggi da Mario Monti per la politica può servire a dare un’immagine di un parlamento migliore e poco più; serve ancora di più la concordia tra i cittadini e la convinzione nell’affrontare i danni che subiremo.

Punto secondo: come in tutte le epidemie di cui si ha memoria storica, il patogeno crea divisione nella comunità, che comincia a identificare “categorie più a rischio”, che è un altro modo di dire più colpevoli. Questa divisione, che si traduce in eterogeneità di comportamenti e in avversione a regole anche ovvie, avvantaggia la diffusione del virus perché fa perdere tempo prezioso e paralizza l’azione di una collettività così grande da non riuscire a risolversi ad agire nel modo giusto con sufficiente velocità. La tempesta citochinica nei nostri corpi è un esempio di cosa crea la confusione di messaggi, che porta a una risposta immune scoordinata e dannosa; la tempesta comunicativa e politica del paese agisce esattamente nello stesso modo, paralizzando le nostre difese e addirittura rivolgendole contro noi stessi.

Punto terzo: date le condizioni illustrate ai punti precedenti, la difesa migliore dal virus può avvenire quasi solo su base volontaria e individuale. Dobbiamo evitare di contagiarci finché non avremo un mezzo di contrasto più efficace dalla ricerca scientifica. Questo non significa affatto smettere di vivere: significa indossare sempre correttamente le mascherine, restringere il numero dei contatti e soprattutto la loro eterogeneità (cioè, a parità di contatti giornalieri, il numero di persone diverse che incontriamo in una settimana), spostare le proprie attività ricreative il più possibile all’aperto e a distanza da altri e usare ogni mezzo per sostituire la socialità in presenza con quella da remoto, per quanto la seconda non sia che un pallido surrogato della prima. In “socialità” comprendo anche quella lavorativa: ognuno faccia quanto è nelle sue possibilità per spostare il lavoro in remoto, almeno temporaneamente.

Punto quarto: per mantenere la forza di andare avanti, abbiamo una sola via, cioè la solidarietà. Tutti coloro che dipendono per il proprio reddito dalla presenza di clienti, e non da uno stipendio statale, pagheranno un prezzo altissimo. I bambini che perderanno pezzi di scuola saranno ugualmente danneggiati in modo pesante. I medici e gli infermieri stanno ammalandosi e stanno morendo. Ognuno cerchi, per quel che può, di aiutare nel modo migliore che riesce a pensare. Fa bene a chi è aiutato, ma anche a chi dà aiuto e permette di recuperare quel senso di comunità che è indispensabile per sbarrare la strada al virus nel modo migliore possibile.

Punto quinto: è necessario più che mai resistere alla depressione, all’incertezza, alla paura. Stare in casa, vedere il proprio lavoro crollare, vedere le persone ammalarsi o morire sono tutte cose che hanno un pesante impatto, anche su chi crede di essere immune. Questo stato d’animo negativo è alla base sia della disperazione sia del suo opposto, il negazionismo e l’ottimismo a ogni costo. Abbiamo bisogno di guardare al male per quello che è, senza nasconderci dietro a storie immaginifiche o a cospirazioni e rimanendo saldi nel nostro comportamento. Pagheremo un prezzo e ne usciremo, con o senza le istituzioni, la politica, la scienza: sta a noi fare che questo prezzo non sia più alto del necessario, restando calmi e razionali.

Publié dans Articoli di Giornali e News, Coronavirus, Riflessioni, Stile di vita | Pas de Commentaire »

L’Aldilà è tutto

Posté par atempodiblog le 2 novembre 2020

L'Aldilà è tutto dans Fede, morale e teologia L-Aldil-tutto

Ho settantotto anni, vado a gonfie vele verso l’eternità. Ebbene, per me non c’è che un personaggio che conta, ed è Cristo.

Egli ha un’autorità. La parola di Dio ha creato il mondo. Lui dice semplicemente e dice tutto. Tutto mi riporta a Lui. Se non ci fosse Cristo che cosa faremmo? Allora da questo punto di vista la critica è ben poco.

Noi siamo collegati con il mondo invisibile, siamo attaccati a Dio, molto più di quanto non lo sentiamo, con le più intime fibre del nostro essere. Io non sono altro che l’esteriorizzazione d’una delle idee di Dio. Coloro che con l’intimo della loro volontà sono legati a Dio, non credo che possano essere rigettati da Dio. Quanto a me cerco di starGli attaccato per quanto posso.

Tra poco entrerò nella mia eternità.

Credo di non aver mai cercato troppo di comparire; d’altronde l’apparire è stupidaggine, quel che vale è essere. Il gran giorno dell’eternità è un orizzonte talmente vasto che nulla conta davanti a Lui.

Nell’attesa cerco di lavorare alla perfezione delle anime, di farle vivere in una maniera ragionevole.

La vita è semplice. Basta aver l’intenzione di fare il proprio dovere, e il bene che fate vi vien messo in conto. Per noi cristiani le cose della terra non valgono; l’Aldilà è tutto.

Nella vita di Cristo vedete come tutto è orientato verso il Padre; Lui non fa che passare, e anche troppo presto.

Ritratto di Pouget, di Jean Guitton. Traduzione di Gennaro Auletta. Ed. Borla. 1963

Publié dans Fede, morale e teologia, Festa dei Santi e commemorazione dei fedeli defunti, Jean Guitton, Libri, Riflessioni, Stile di vita | Pas de Commentaire »

Francia, tra Nizza e covid, chiese chiuse. No del vescovo

Posté par atempodiblog le 1 novembre 2020

Francia, tra Nizza e covid, chiese chiuse. No del vescovo
Messe pubbliche sospese da martedì in Francia. Per covid e con la scusa delle ragioni di sicurezza dopo l’attentato di Nizza. 30 persone per funerale, solo sei ai matrimoni, compresi gli sposi: «Il governo cambi queste stupide norme, con quale diritto decide quale tipo di culto può essere praticato e quale no?». La Bussola intervista il vescovo francese Xavier Malle: «Dopo l’attacco di Nizza, siamo gravemente colpiti e dobbiamo ritrovarci nella nostra chiesa-famiglia, ma ci siamo abituati: la nostra Chiesa è perseguitata fin dalla Rivoluzione francese».
di Nico Spuntoni – La nuova Bussola Quotidiana

Francia, tra Nizza e covid, chiese chiuse. No del vescovo dans Articoli di Giornali e News Affidiamo-la-Francia-alla-Vergine-Maria

Mentre gli occhi sono ancora bagnati dalle lacrime versate per l’attentato di Nizza, i cattolici francesi si preparano ad affrontare un’altra durissima prova. Venerdì è cominciato il nuovo lockdown annunciato mercoledì scorso dal presidente Macron e destinato a durare almeno fino al 1 dicembre. Con il ritorno del reconfinement verrà interdetta la partecipazione dei fedeli alle Messe, mentre matrimoni e funerali si potranno svolgere soltanto a numero contingentato. Il divieto sarebbe dovuto entrare in vigore da subito, ma dopo le proteste dei vescovi, il governo francese ha deciso di concedere un periodo di “tolleranza” – questo il termine utilizzato in conferenza dal primo ministro Jean Castex – per la Solennità di Ognissanti e per la Commemorazione dei Defunti.

La celebrazione delle Messe pubbliche, dunque, sarà sospesa a partire dal 3 novembre. Una decisione fortemente contestata dall’episcopato transalpino che lo considera, come ha scritto, monsignor Marc Aillet, vescovo di Bayonne, “un grave attacco alla libertà di culto” dal momento che non ci sono stati casi di contagio all’interno delle chiese dove vengono rispettate rigorosamente tutte le precauzioni sanitarie. Uno dei pastori più attivi in questi giorni nel mettere in evidenza le contraddizioni delle disposizioni restrittive all’esercizio del culto previste nell’articolo 47 del decreto che prescrive le misure anti-covid è monsignor Xavier Malle, giovane vescovo di Gap-Embrun che ha accettato di dire la sua alla Bussola.

Eccellenza, contrariamente a quanto si era temuto in un primo momento, sarà possibile partecipare alle Messe di Ognissanti e recarsi in visita ai cimiteri. Lei ha scritto su Twitter: “Un effetto dei nostri martiri di Nizza?”
Era una richiesta della Chiesa di Francia. Il divieto di partecipare alle Messe nel giorno di Ognissanti e il 2 novembre sarebbe stato traumatico per le famiglie che hanno perso una persona cara durante il primo lockdown e non sono state in grado di accompagnarle adeguatamente. Le persone sono morte assolutamente sole, è stato un grande fallimento della prima ondata. Un’altra buona notizia è stata la possibilità per le famiglie e per i cappellani di continuare a visitare i nostri anziani nelle case di riposo.

Nell’articolo 47 del decreto che prescrive le misure generali per contrastare la pandemia si era deciso – con dietrofront dell’ultima ora – di stabilire un massimo di sei persone per i matrimoni e di trenta per i funerali. Qual era la logica alla base di questa decisione del governo?
Chi ha potuto decidere questi numeri? Trenta per un funerale sono meglio dei venti previsti durante la prima ondata, ma date le dimensioni delle nostre chiese non ha alcun senso igienico. Quanto al limite di sei persone per un matrimonio, non è rispettoso: due sposi, due testimoni, il celebrante e poi bisognerà chiedere di scegliere un solo genitore? Spero che il governo cambierà questi stupidi numeri. Così come spero che cambierà idea sul divieto di adorazione.

I sostenitori della sospensione delle funzioni religiose si appellano alla legge di separazione tra Stato e Chiese del 1905 e dicono: “esiste il libero esercizio del culto ma rimane sotto stretto controllo statale per motivi di ordine pubblico”. Come si sente di rispondere a quest’argomentazione?
La vera questione d’ordine pubblico è quella di dover, purtroppo, proteggere le nostre chiese dagli attacchi. Per quanto riguarda i protocolli sanitari, ci stiamo allenando da mesi. Per quanto ne so, nessuna chiesa è diventata un “cluster”. E con quale diritto un governo civile in un Paese in cui vige la separazione tra Stato e Chiesa decide quale tipo di culto può essere praticato in una chiesa e quale no? Una sepoltura sì, ma un matrimonio no! Il Consiglio di Stato ha ricordato alla fine del primo lockdown che la libertà religiosa gode di uno status altamente protetto in Francia e questo è una fortuna. I giudici avevano riaperto il nostro culto prima ancora della decisione del governo. Dobbiamo tornare in tribunale? Personalmente, chiedo al governo di revocare la sua decisione.

Si può dire che le chiese sono ancora di più servizi “essenziali” e “vitali” per i cattolici dopo l’attentato di Nizza?
Poter celebrare nelle nostre chiese è importante per due motivi: beneficiare dell’aiuto dei sacramenti e vivere un tempo fraterno in comunità. E dopo l’attacco di Nizza, siamo gravemente colpiti e dobbiamo ritrovarci nella nostra chiesa-famiglia.

Leggi restrittive, profanazioni sacrileghe, attentati terroristici: il cattolicesimo è sotto attacco in Francia. Crede che la Chiesa francese sia tornata ad essere una Chiesa di martiri?
Qualche tempo fa, un giovane filosofo francese, Martin Steffens ha scritto un libro intitolato “Nient’altro che amore, linee guida per il martire in arrivo”. Era prima dell’assassinio di padre Hamel a Rouen. Il martirio è etimologicamente colui che testimonia la sua fede, anche dando la vita. In questo momento c’è un’identificazione molto forte con Nostro Signore Gesù. Ecco perché la canonizzazione è più veloce, senza bisogno di miracoli. Ma al di là del martirio sanguinoso che prima pensavamo riservato ai nostri fratelli cristiani d’Oriente, ma che ora sappiamo che potrebbe riguardare anche noi, c’è il martirio incruento. Quindi il martirio dei media. Ad esempio, è impossibile in Francia affermare che non è giusto promuovere cartoni animati non rispettosi.

La nostra Chiesa in Francia è perseguitata fin dalla Rivoluzione francese. Le nostre chiese furono saccheggiate due volte, durante la Rivoluzione e nel 1906. Abbiamo una grande capacità di resistenza. Quindi, come dice san Paolo, teniamo duro!

Publié dans Articoli di Giornali e News, Coronavirus, Fede, morale e teologia, Riflessioni, Stile di vita | Pas de Commentaire »