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Antonia Salzano: «Il miracolo di Carlo Acutis, mio figlio, morto 15enne di leucemia: un santo per il web»

Posté par atempodiblog le 8 septembre 2020

Antonia Salzano: «Il miracolo di Carlo Acutis, mio figlio, morto 15enne di leucemia: un santo per il web»
La madre: «Morì in 72 ore. Mi disse: ti darò molti segni e sarai di nuovo mamma»
di Stefano Lorenzetto – Corriere della Sera

Antonia Salzano: «Il miracolo di Carlo Acutis, mio figlio, morto 15enne di leucemia: un santo per il web» dans Articoli di Giornali e News Antonia-Salzano-e-Carlo-Acutis

Intercede. Salva. Guarisce. Converte. Appare. I devoti di quello che già viene chiamato «il patrono di Internet», almeno 1 milione nei cinque continenti, vedono la sua presenza ovunque. L’ultimo segno, il 15 agosto. Scrivono i fan su Facebook: «Questa notte, nella solennità della Santissima Vergine Maria Assunta, Carlo è venuto a prendersi la sua cagnolina Briciola di quasi 17 anni. Ora corre e gioca anche lei nei meravigliosi giardini del Paradiso assieme agli altri animali di Carlo che l’hanno preceduta», i cani Poldo, Stellina e Chiara, i gatti Bambi e Cleopatra. Non le pare eccessivo che associno l’Assunzione alla morte di una bestiola? Sorride indulgente Antonia Salzano, mamma di Carlo Acutis, stroncato a 15 anni da una leucemia fulminante nel breve volgere di 72 ore. «Prima che ci lasciasse, gli dissi: se in cielo troverai i nostri amici a quattro zampe, compari con Billy, il cane della mia infanzia. Lui non lo conosceva. Un giorno zia Gioia, ignara del nostro accordo, mi telefonò: “Stanotte in sogno ho visto Carlo. Teneva fra le braccia Billy”».

Ma sono ben altri i segni per cui lo studente milanese, già venerabile dal 2018, verrà proclamato beato dalla Chiesa il 10 ottobre ad Assisi, ultima tappa prima di diventare santo. Quando il 23 gennaio 2019 si eseguì la ricognizione canonica sulle spoglie mortali del giovanissimo servo di Dio, la sua salma fu trovata intatta. «Io stavo lì, mio marito non volle vedere. Era ancora il nostro ragazzone, alto 1,82, solo la pelle un po’ più scura, con tutti i suoi capelli neri e ricci. E lo stesso peso, quello che si era predetto da solo».

Che intende dire?
«Pochi giorni dopo il funerale, all’alba fui svegliata da una voce: “Testamento”. Frugai in camera sua, pensavo di trovarvi uno scritto. Nulla. Accesi il pc, lo strumento che preferiva. Sul desktop c’era un filmato brevissimo che si era girato da solo ad Assisi tre mesi prima: “Quando peserò 70 chili, sono destinato a morire”. E guardava spensierato il cielo».

La vita di Carlo durò solo 5.641 giorni.
«In realtà 5.640. Entrò in coma alle 14 dell’11 ottobre 2006, con il sorriso sulle labbra. Credevamo che si fosse addormentato. Alle 17 fu dichiarata la morte cerebrale, la mattina del 12 quella legale. Avremmo voluto donare i suoi organi, ma non fu possibile, ci dissero che erano compromessi dalla malattia. Un bel paradosso, perché il cuore, perfetto, ora sarà esposto in un ostensorio nella basilica papale di San Francesco ad Assisi».

Quand’è stato prelevato?
«Durante la ricognizione del 2019. Con atto notarile abbiamo voluto donare il corpo al vescovo di Assisi. Era giusto che appartenesse alla Chiesa universale».

In che modo Carlo scoprì la fede?
«Non certo per merito di noi genitori, lo scriva pure. In vita mia ero stata in chiesa solo tre volte: prima comunione, cresima, matrimonio. E quando conobbi il mio futuro marito, mentre studiava economia politica a Ginevra, non è che la domenica andasse a messa».

Allora come spiega questa religiosità?
«Un ruolo lo ebbe Beata, la bambinaia polacca, devota a papa Wojtyla. Ma c’era in lui una predisposizione naturale al sacro. A 3 anni e mezzo mi chiedeva di entrare nelle chiese per salutare Gesù. Nei parchi di Milano raccoglieva fiori da portare alla Madonna. Volle accostarsi all’eucaristia a 7 anni, anziché a 10».

E voi come reagiste?
«Lo lasciammo libero. Ci pareva una cosa bella, perciò chiedemmo una deroga. Per me fu una “Dio-incidenza”. Carlo mi salvò. Ero un’analfabeta della fede. Mi riavvicinai grazie a padre Ilio Carrai, il padre Pio di Bologna, altrimenti mi sarei sentita screditata nella mia autorità genitoriale. È un percorso che dura tuttora. Spero almeno di finire in purgatorio».

Carlo fu precoce solo nella preghiera?
«In tutto. Era un mostro di bravura. A 6 anni già padroneggiava il computer, girava per casa con il camice bianco e il badge “Scienziato informatico”. A 9 scriveva programmi elettronici grazie ai testi acquistati nella libreria del Politecnico».

Carlo-Acutis dans Carlo Acutis

Non era troppo piccolo per usare il pc?
«I promotori della causa di beatificazione hanno analizzato in profondità la memoria del suo computer con le tecniche dell’indagine forense, senza riscontrare la minima traccia di attività sconvenienti. Sognava di adoperare il pc e il web per diffondere il Vangelo. Papa Francesco nellaChristus vivit cita Carlo come esempio per i giovani. “Sapeva molto bene”, spiega, “che questi meccanismi della comunicazione, della pubblicità e delle reti sociali possono essere utilizzati per farci diventare soggetti addormentati”, ma lui ha saputo uscirne “per comunicare valori e bellezza”. Il suo sguardo spaziava ben oltre Internet».

Fino a dove?
«Alle mense dei poveri, quelle delle suore di Madre Teresa di Calcutta a Baggio e dei cappuccini in viale Piave, dove prestava servizio come volontario. La sera partiva da casa con recipienti pieni di cibo e bevande calde. Li portava ai clochard sotto l’Arco della Pace, per i quali con i risparmi delle sue mance comprava anche i sacchi a pelo. Lo accompagnava il nostro cameriere Rajesh Mohur, un bramino della casta sacerdotale indù, che si convertì al cattolicesimo vedendo come Carlo aiutava i diseredati».

Avrebbe mai detto che un giorno sarebbe salito all’onore degli altari?
«Ero certa che fosse santo già in vita. Fece guarire una signora da un tumore, supplicando la Madonna di Pompei».

Il miracolo riconosciuto dalla Chiesa?
«No, solo uno dei tanti che nemmeno sono entrati nel processo di canonizzazione. Quello che lo farà proclamare beato accadde in Brasile nel settimo anniversario della morte, il 12 ottobre 2013, a Campo Grande. Matheus, 6 anni, era nato con il pancreas biforcuto e non riusciva a digerire alimenti solidi. Padre Marcelo Tenório invitò i parrocchiani a una novena e appoggiò un pezzo di una maglia di Carlo sul piccolo paziente, che l’indomani cominciò a mangiare. La Tac dimostrò che il suo pancreas era divenuto identico a quello degli individui sani, senza che i chirurghi lo avessero operato. Una guarigione istantanea, completa, duratura e inspiegabile alla luce delle attuali conoscenze mediche».

Suo figlio come si ammalò?
«Sembrava una banale influenza. Dopo alcuni giorni comparvero forte astenia e sangue nelle urine. Lui se ne uscì con una delle sue frasi: “Offro queste sofferenze per il Papa, per la Chiesa e per andare dritto in paradiso senza passare dal purgatorio”, ma in famiglia non vi demmo troppo peso. Chiamai il professor Vittorio Carnelli, che era stato il suo pediatra. Ci consigliò l’immediato ricovero nella clinica De Marchi. E lì avemmo la diagnosi infausta: leucemia mieloide acuta M3. Carlo ne fu informato dagli ematologi. Reagì con dolcezza e commentò: “Il Signore mi ha dato una bella sveglia”. Fu trasferito all’ospedale San Gerardo di Monza. Appena giuntovi, scosse la testa: “Da qui non esco vivo”».

Lei invocò un miracolo per suo figlio?
«Sì, da Gesù, dalla Madonna e dal venerabile fra Cecilio Maria, al secolo Pietro Cortinovis, il cappuccino fondatore dell’Opera San Francesco per i poveri di Milano. Ma i piani di Dio erano altri».

Quali?
«Quelli che avevo proposto a Carlo prima che spirasse: chiedi al Signore di manifestarci un segno della sua presenza».

E suo figlio che cosa le rispose?
«“Non preoccuparti, mamma. Ti darò molti segni”. Nove giorni dopo la sua morte, a Tixtla, in Messico, un’ostia si arrossò di sangue. Una commissione composta anche da scienziati non credenti accertò che era del gruppo AB, lo stesso presente nella Sindone e nel miracolo di Lanciano, e che si trattava di cellule del cuore. A distanza di quattro anni, negli strati sottostanti alla coagulazione restava ancora presente del sangue fresco».

Suo figlio aveva allestito «Segni», una mostra sui miracoli eucaristici.
«Sì, sta girando tutti i santuari del mondo. Negli Stati Uniti l’hanno ospitata 10.000 parrocchie. Sono eventi soprannaturali come quello accaduto il 12 ottobre 2008, nel secondo anniversario della sua morte, a Sokólka, in Polonia. Un’ostia caduta a terra durante la comunione, e conservata in cassaforte, una settimana dopo divenne un pezzo di carne di origine miocardica, gruppo sanguigno AB».

Ha avuto solo questi, di segni?
«Anche altri. Carlo mi predisse che sarei diventata di nuovo madre, benché stessi per compiere 40 anni. E nel 2010, quando già ne avevo 43, diedi alla luce due gemelli, Michele e Francesca».

Perché fu sepolto ad Assisi?
«Abbiamo una casa in Umbria. Un cartello avvertiva che c’erano in vendita nuovi loculi nel cimitero comunale. Chiesi a Carlo che cosa ne pensasse. “Sarei felicissimo di finire qua”, rispose. Il suo corpo intatto è stato poi traslato nel santuario della Spogliazione, dove ora i fedeli potranno venerarlo per sempre».

Che cosa le manca di più di suo figlio?
«L’allegria. Appena morì, ricordo d’aver pensato: e ora chi mi farà ridere? e chi mi aiuterà con il computer? Mi restano i suoi pensieri, detti e scritti: “Non io, ma Dio!”. “Da qualunque punto di vista la si guardi, la vita è sempre fantastica”. “Tutti nascono originali, ma molti muoiono come fotocopie”».

L’ultimo rende bene l’idea dei social.
«È così, gli uomini d’oggi sono ripiegati su sé stessi. La loro felicità è fatta solo di like. Ma Carlo è l’influencer di Dio».

Non vorrebbe che fosse ancora qui con lei, anziché avere un santo in cielo?
«Ho fatto mia l’invocazione di Giobbe: “Il Signore ha dato, il Signore ha tolto, sia benedetto il nome del Signore!”. I figli non ci appartengono, ci sono affidati. Sento Carlo più presente di quando era in vita. Vedo il bene che fa. Mi basta».

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Come fermare chiacchiere e pettegolezzi? Mordetevi la lingua e pensate a Maria

Posté par atempodiblog le 8 septembre 2020

Come fermare chiacchiere e pettegolezzi? Mordetevi la lingua e pensate a Maria
Anche i 10 Comandamenti ci richiamano ad una vita più autentica, amando gli altri; sono una via per non cadere nella tentazione del chiacchiericcio e di una vita sterile e banale
di don Fortunato Di Noto – Aleteia

Come fermare chiacchiere e pettegolezzi? Mordetevi la lingua e pensate a Maria dans Articoli di Giornali e News Gossip

Dopo il chiacchiericcio su di me non ci sarò più.

“Non ci sarò più quando riceverai il mio messaggio. Non ci sarò più e mi porterò il chiacchiericcio che non ho più sopportato e mi ha distrutto la mia vita. Fragile, molto fragile e quelle parole mi hanno letteralmente frantumata; meglio disperdersi nell’aria che vivere una vita inconsistente a causa degli altri che tramano contro di te. Gli effetti collaterali sono altrettanto devastanti. il chiacchiericcio ha distrutto ogni relazione umana, rendendola un inferno. Immagina, caro don, quando, una come me, giovane (16 anni) che non ha mai conosciuto un ragazzo, che mai una mano mi ha sfiorata, che ho sempre conservato la bellezza della mia verginità, perchè bella e attraente mi hanno detto: se la fa con tutti, l’ha data a tutti, è una puttanella che fa cose audaci e piccanti; e alle parole, i loro sguardi. No, caro don non è bullismo, è la forza devastante del chiacchiericcio. Io volerò, ma almeno sarò libera. Non giudicarmi, amami e basta”.

Non possiamo rinchiuderci nel chiacchiericcio sterile, è una lebbra che si diffonde e ammala le membra personali che comunitarie.

Sono trascorsi più di 25 anni da quando ricevetti questo breve scritto che una 16enne mi scrisse prima di farla finita “volando”. Tanti sono i suicidi di giovani e meno giovani per tante ragioni che potrebbero essere superate se esistesse una buona e salda rete di aiuto, un punto di riferimento, una possibilità di trovare persone che aiutano e ascoltano. Non è del suicidio di cui voglio parlare, ma del chiacchiericcio che distrugge, devasta, demonicamente frantuma, genera male su male: senza scampo. Chi è particolarmente debole nella già fragilità, le vie d’uscita possono essere quella di smettere di vivere per fermare l’onda d’urto delle maldicenze, diffamazioni e calunnie.

Non solo Papa Francesco ha parlato del chiacchiericcio, più volte e in diverse occasione ne ha parlato; ma anche Papa Benedetto XVI, ecco le sue forti e vibranti parole:

«L’uomo può scegliere una via comoda e scansare ogni fatica. Può anche scendere verso il basso, il volgare. Può sprofondare nella palude della menzogna e della disonestà». Gesù però «cammina avanti a noi, e va verso l’alto. Egli ci conduce verso ciò che è grande, puro, ci conduce verso l’’aria salubre delle altezze: verso la vita secondo verità; verso il coraggio che non si lascia intimidire dal chiacchiericcio delle opinioni dominanti; verso la pazienza che sopporta e sostiene l’altro». (29 marzo 2010). Su queste intimidazioni e pericoli: Dio ci dà il coraggio contro il chiacchiericcio.

Che cosa è il chiacchiericcio? E’ un virus mortale.

Papa Francesco più volte ha richiamato la pericolosità del chiacchiericcio definendolo una peste: “il chiacchiericcio contro gli altri è una peste più brutta del Covid” (6 settembre 2020).

E’ un terrorista chi semina zizzania: “Chi semina zizzania distrugge la Chiesa, la comunità e la vita. Ti avvelena. Quelli che vivono del chiacchiericcio e vanno sempre mormorando l’uno dell’altro sono dei terroristi. Sparlare di qualcuno per distruggerlo è come essere un terrorista, distrugge e poi se ne va tranquillo”. (18 maggio 2018)

E’ una bomba atomica.

“Il chiacchiericcio ha il potere di distruggere come una bomba atomica e Sparlare degli altri sembra dolce, ci piace. E’ una cosa brutta. Non è una cosa nuova, dal tempo di Gesù si faceva questo”. (3 marzo 2019)

E’ zizzania.

“La zizzania della mormorazione, del chiacchiericcio” è “la peggiore zizzania che distrugge una comunità” (25 settembre 2019).

Divide e fa male anche nei media (social e internet).

“Soldi, vanità, chiacchiericcio dividono la comunità ecclesiale” (21 aprile 2020)

E’ un “male” anche nella Chiesa e nel mondo, no a “chiacchiericcio” che porta a “uso fuorviante” dei media. (24 febbraio 2020)

E’ accanimento sociale e comunitario con solo il fine di distruggere. Il chiacchiericcio è un accanimento che viene dal demonio.

“Il chiacchiericcio è pure un accanimento, un accanimento sociale: nella società, nel quartiere, nel posto di lavoro, ma sempre contro di lui. È un accanimento non tanto forte come questo, ma è un accanimento, per distruggere l’altro perché si vede che l’altro disturba, molesta”. (27 marzo 2020)

Come si fa ad uscirne fuori?

Discutere non si può. La via del tacere, del silenzio che non è giustificazione, quando si capisce che non ci sono parole per parlare e spiegare: si tace. Il silenzio che è più eloquente delle parole.

“Cosa si fa – si è domandato allora Francesco – nel momento dell’accanimento? Si possono fare soltanto due cose: discutere con questa gente non è possibile perché hanno le proprie idee, idee fisse, idee che il diavolo ha seminato nel cuore. Abbiamo sentito qual è il piano di azione loro. Cosa si può fare? Quello che ha fatto Gesù: tacere. Colpisce, quando leggiamo nel Vangelo che davanti a tutte queste accuse, a tutte queste cose Gesù taceva. Davanti allo spirito di accanimento, soltanto il silenzio, mai la giustificazione. Mai. Gesù ha parlato, ha spiegato. Quando ha capito che non c’erano parole, il silenzio. E in silenzio Gesù ha fatto la sua Passione. È il silenzio del giusto davanti all’accanimento. E questo è valido anche per – chiamiamoli così – i piccoli accanimenti quotidiani, quando qualcuno di noi sente che c’è un chiacchiericcio lì, contro di lui, e si dicono le cose e poi non viene fuori niente … stare zitto. Silenzio. E subire e tollerare l’accanimento del chiacchiericcio”. (27 marzo 2020)

E’ atteggiamento assassino.

«Il chiacchiericcio è un atteggiamento assassino, perché uccide, fa fuori la gente, fa fuori la “fama” della gente» (17 maggio 2028), il chiacchiericcio non è fecondo, anzi desertifica le relazione e quando diventa ‘sistema’ le distrugge.

Aveva ragione quella ragazza, dispiace molto che non ci sia più, come tanti altri. Il chiacchiericcio e la maldicenza l’ha uccisa, si è fatta uccidere, il potere del male ha preso il sopravvento, ma non possiamo rassegnarci.

Come si fa ad uscirne fuori?

Il percorso è lungo e impegnativo, ma possibile.

Mordersi la lingua contro il veleno della maldicenza:  “Il chiacchiericcio semina guerra, la lingua fa iniziare le guerre. Per questo – ha detto Bergoglio – ci sono due medicine.La prima è la preghiera, la seconda è una cosa pratica: ‘morditi la lingua’. Ma forte, perché così si gonfierà e non potrai parlare”. (9 marzo 2019)

I 10 Comandamenti ci richiamano ad una vita più autentica, amando gli altri; sono una via per non cadere nella tentazione del chiacchiericcio e di una vita sterile e banale. Alle comunità si chiede la conversione: ama il tuo nemico e prega per lui, siate perfetti nell’unità e no nella divisione.

Maria di Nazareth, la donna delle relazioni autentiche, Colei che portava dentro di sè la Verità che ci renda liberi e autentici; ci dà l’esempio a cui guardare per essere uomini e «donne della gioia» capaci di insegnare alla Chiesa ad amare i poveri, a soccorrere le fragilità, per essere piene di parresia, lontane dal chiacchiericcio ma intraprendenti e autorevoli per prevenire gli abusi di potere. (Francesco, 1 giugno 2020)

Ritornare a Lui per essere raggianti di vita e non di “fango putrido” .

Forse se i compagni di quella ragazza avessero conosciuto qualcuno che li avesse educati al rispetto e alla non maldicenza avremmo conquistato la vita di una persona e delle altre che non ce l’hanno fatta nel sopportare.

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Prepariamo il posto alla Santa Bambina

Posté par atempodiblog le 8 septembre 2020

Prepariamo il posto alla Santa Bambina dans Citazioni, frasi e pensieri Compleanno-Maria-Santissima

Dio mio! Quando avremo la grazia che la Santa Vergine venga a nascere nel nostro cuore? Per me vedo che ne sono indegno, e certamente voi penserete lo stesso: ma il suo Figlio divino non nacque forse in una stalla?…

Coraggio dunque, e prepariamo il posto alla Santa Bambina: essa ama i luoghi profondi per umiltà, vili per semplicità, larghi per carità; sta volentieri vicino al presepio e ai piedi della Croce, e non si cura di dover esulare in Egitto, lontana da ogni sollievo, purché abbia con sé il suo caro Bambino.

San Francesco di Sales. Negli insegnamenti e negli esempi
Diario Sacro estratto dalla sua vita e dalle sue opere per cura delle “Visitandine di Roma”.
Libreria Editrice F. Ferrari

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