ABITARE LE PAROLE / DELICATEZZA
Posté par atempodiblog le 3 septembre 2020
ABITARE LE PAROLE / DELICATEZZA
di Mons. Nunzio Galantino – Il Sole 24 Ore
Intuizione e tatto
Dovessi cercare un sinonimo della parola “delicatezza”, non andrei oltre il termine “rispetto”. Soprattutto perché lo ritengo, assieme all’intelligenza, la scaturigine di ogni gesto, di ogni sguardo e di ogni abbraccio delicati. Questi appartengono solo a chi è capace di intus legere il livello di sensibilità di chi gli sta di fronte. In modo da pronunziare parole che non feriscono, lanciare sguardi che non violano l’intimità e regalare abbracci che non soffocano.
La persona delicata è libera dal possesso ma non dalla cura. Pone domande, con rispetto e senza pretese, restando in attesa che sia l’altro a farle dono della risposta; quella che questi decide di mettere in comune, perché si crei un ponte che unisce storie diverse.
La delicatezza si esprime attraverso scelte e atteggiamenti concreti: il rispetto dei tempi degli altri, specialmente quando si ha la responsabilità di una famiglia o di una comunità; fare un passo indietro, quando c’è l’eventualità di essere percepiti come ingombranti; tacere piuttosto che emettere solo suoni, per il gusto di dire la propria. In una parola, discrezione, secondo la Regola benedettina di saper discernere la misura giusta o il momento adatto.
«In Miltiade – scrive Cornelio Nepote (De viris illustribus, 8.4) – summa erat communitas». La communitas, per i latini, era la delicatezza. Trovar riconosciute insieme, nel comandante ateniese, summa communitas e capacità di grandi conquiste aiuta a capire che la delicatezza non è la qualità dei deboli. È una virtù che invece appartiene alla persona forte, che non ha bisogno di sopraffare l’altro per affermare la verità, per attirare l’attenzione su di sé o per creare relazioni significative. La delicatezza procura e dà soddisfazione: ha la stessa radice di “delizia”.
Soprattutto nel dialogo, la delicatezza è molto di più della gentilezza e della cortesia. È l’insieme di intuizione, tatto e scelta delle parole giuste, dette con garbo. Possibile solo a chi, prima di prendersi cura degli altri, si prende cura di sé. Infatti non si può essere delicati con gli altri e con l’ambiente che ci circonda se non si è interiormente pacificati.
Non può essere delicato l’egoista, perché la delicatezza porta di per sé a osare la solidarietà e spinge a sviluppare l’attenzione verso l’altro, diventando la strada maestra per la costruzione di una società nella quale valga la pena di vivere. L’egoismo individuale e quello collettivo offuscano gli occhi. Al contrario, la delicatezza dona occhi per scorgere potenzialità nuove in chi mi sta di fronte e orecchie per farsi raggiungere dalla richiesta di rispetto proveniente dall’ambiente che mi circonda.
Per quanto la delicatezza vibri in noi a un ritmo diverso da quello della materia e delle cose materiali, ci permette di guardare l’una e le altre con un occhio che ne scopre e valorizza le potenzialità.
Che differenza infatti tra una musica ascoltata da una persona delicata e la stessa che invece raggiunge le orecchie di una persona rozza e insensibile!
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