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La dormizione di Maria

Posté par atempodiblog le 14 août 2020

La dormizione di Maria
Rivelazione della Madonna sulla sua assunzione al Cielo

La dormizione di Maria dans Fede, morale e teologia Dormizione-Maria

[...] riguardo alla questione se sia morta prima di essere assunta in Cielo, la Regina della pace è stata categorica.

Proprio nel giorno della solennità dell’Assunta, così rispose: “Mi chiedete della mia assunzione. Sappiate che io sono salita al Cielo prima della morte” (15-8-1981).

L’affermazione della Madonna si pone così nel solco della tradizione più antica che parla della “Dormizione” della Beata Vergine Maria, intesa come momento di grazia nel quale la Madre di Dio “è stata pienamente conformata al Figlio suo Risorto, il vincitore del peccato e della morte” (Catech. C. C. 966).

“Nella tua maternità hai conservato la verginità, nella tua dormizione non hai abbandonato il mondo, o Madre di Dio; hai raggiunto la sorgente della Vita, tu che hai concepito il Dio vivente e che, con le tue preghiere, liberi le nostre anime dalla morte” (Liturgia bizantina).

di Padre Livio Fanzaga

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Maria assunta in Cielo

Posté par atempodiblog le 14 août 2020

Maria assunta in Cielo
Tratto da: Missionarie dell’Immacolata Padre Kolbe

Maria assunta in Cielo dans Fede, morale e teologia Kolbe-e-l-Immacolata

Riportiamo una riflessione di san Massimiliano Kolbe sul significato dell’Assunzione di Maria al Cielo.

Il giorno 15 di questo mese la santa Chiesa, festeggiando l’Assunzione della santissima Vergine Maria, canta con esultanza: «Maria è assunta in cielo, si rallegrano gli angeli, lodano e benedicono il Signore». Spontaneamente in tal giorno noi ci sforziamo di riprodurre nella nostra immaginazione il paradiso tanto atteso; tuttavia, malgrado ogni nostro sforzo, non siamo ancora soddisfatti. Noi ci diciamo che lassù dovrà essere, in certo modo, diverso da come ci raccontano o da quel che leggiamo nei libri. E giustamente; in realtà in paradiso le cose non saranno diverse solo «in un certo modo», ma, si può affermare, in modo del tutto diverso da quello che noi possiamo immaginare. E perché?
Perché noi traiamo tutti i nostri concetti dalle cose che ci circondano, dalle realtà materiali che vediamo qui su questa nostra terra oppure in mezzo agli spazi del firmamento, e solo partendo da tutto ciò noi ci formiamo, mediante i concetti di somiglianza e di casualità, qualche idea a proposito del paradiso. Si tratta, comunque, di un’idea molto e molto imprecisa.
Tutto ciò che ci circonda, fossero anche le cose più belle e più attraenti, è però sempre e da ogni punto di vista limitato. Non esiste qui una bellezza infinita né immutabile.

Tutto ciò che vediamo, sentiamo e proviamo non soddisfa appieno i nostri desideri. Noi vogliamo di più, ma questo «di più» non c’è. Vogliamo che duri più a lungo, ma qui inesorabilmente e sempre sopraggiunge la fine. In paradiso sarà tutto il contrario.
Lì c’è il Bene, la Bellezza infinita: Dio è la felicità senza fine. La differenza, quindi, è assolutamente infinita.
Nella sacra Scrittura e nelle opere dei Padri della Chiesa troviamo molte similitudini tratte dalle nostre conoscenze terrene. Così, ad esempio, san Giovanni paragona il paradiso a una città felice e scrive: «La città non ha bisogno della luce del sole né della luce della luna, perché la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l’Agnello. Le nazioni cammineranno nella sua luce…» (Ap 21,23-24). Egli continua immaginando che essa sia costruita con i materiali più preziosi e più belli che si possano immaginare, con l’oro, quindi, e con le più diverse pietre preziose.
Sovente, poi, nelle prediche i sacerdoti si sforzano di abbozzare una raffigurazione del paradiso. Raccogliamo ciò che di più bello e di più buono vi è attorno a noi per comporre con esso il quadro, ma tutto questo è solamente un’immagine lontana, molto lontana, poiché si tratta di somiglianze infinitamente diverse.

In modo ancora migliore descrive il paradiso colui che, già in questa vita, fu rapito fino al cielo per breve tempo, cioè san Paolo, il quale afferma: «Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, queste ha preparato Dio per coloro che lo amano» (1Cor 2,9). È una descrizione ancora più vicina alla verità, poiché mostra l’infinita differenza che passa tra le idee che noi abbiamo circa il paradiso e la realtà.
A ogni modo, possono farsi un’idea di come sarà il paradiso coloro che già qui sulla terra hanno avuto la possibilità di pregustare un piccolo anticipo di paradiso. E ognuno lo può sperimentare. È sufficiente accostarsi alla confessione con sincerità, con diligenza, con un profondo dolore dei peccati e con il fermo proposito di emendarsi. Si sentirà subito una pace e una felicità in confronto alle quali tutti i piaceri fugaci ma disonesti del mondo sono piuttosto un odioso tormento. Ognuno cerchi di accostarsi a ricevere Gesù nel santissimo Sacramento con una buona preparazione; non permetta mai alla propria anima di rimanere nel peccato, ma la purifichi immediatamente; compia bene tutti i propri doveri; elevi umili e frequenti preghiere verso il trono di Dio, soprattutto per le mani della Vergine immacolata; abbracci con cuore caritatevole anche gli altri confratelli, sopportando per amore di Dio sofferenze e difficoltà; faccia del bene a tutti, compresi i propri nemici, unicamente per amore di Dio e non per essere lodato né tanto meno ringraziato dagli uomini, allora si renderà conto di ciò che vuol dire pregustare il paradiso e potrà trovare la pace e la felicità persino nella povertà, nella sofferenza, nel disonore, nella malattia.

Questo pregustamento di paradiso è altresì un sicuro annuncio della beatitudine eterna. In realtà non è facile dominare se stessi nel modo descritto sopra, allo scopo di conquistare questa felicità, ma ricordiamo che chi lo chiede con umiltà e perseveranza all’Immacolata, l’otterrà sicuramente, poiché Ella non è capace di rifiutare alcunché a noi, né il Signore Iddio è capace di rifiutare nulla a Lei.
A ogni modo, tra breve sapremo con esattezza come sarà in Paradiso. Sicuramente tra cent’anni nessuno di noi camminerà più su questa terra. Ma che cosa sono cento anni di fronte a ciò che abbiamo passato?… E poi, chi aspetterà ancora tanti anni?… Fra poco, dunque, purché ci si prepari bene, sotto la protezione dell’Immacolata. (SK 1065)

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Evitare il Purgatorio

Posté par atempodiblog le 14 août 2020

Evitare il Purgatorio
di Maria Tartaglino
tratto da: Amici di MARIA TARTAGLINO

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«Ci saranno delle anime, tanto delicate, che diranno: “MA NON E’ QUESTA UNA VANA PRESUNZIONE, SPERARE DI EVITARE IL PURGATORIO, CHE NON E’ STATO SFUGGITO DA TANTI SANTI?”.  Io dico di sì, se l’anima si appoggiasse puramente su se medesima, sulla sua aspirazione, ma non già, invece, se quest’anima eccita, in se stessa, una sincera ed efficace risoluzione di voler essere tutta di Dio, convinta, però, appieno, di non avere, in ciò, le forze necessarie, tutta compresa della grande e stragrande bontà di Dio e della Sua onnipotenza e, rivolta a Lui con una semplice e filiale confidenza, dica: “O GESÙ, DOLCE MIO AMORE, AIUTAMI TU A METTERE IN PRATICA LA RISOLUZIONE CHE TU STESSO MI METTESTI IN CUORE, DI ESSERE TUTTA TUA, SCHIVARE PERFINO IL PURGATORIO….”: Una così generosa confidenza in Dio non può non essere grandemente accettata e però gradita a Dio stesso, più conforme al gusto del suo benefico cuore, e quindi capace di ottenere all’anima i più copiosi favori per arrivare felicemente ad avere ciò che essa confida nella sua aspirazione. Ma queste care anime potrebbero anche dire: “MA COME PUÒ QUESTO AVVENIRE SE, DA UNA PARTE, E’ INFINITA LA GIUSTA ESIGENZA DI DIO NEL NON TOLLERARE AL SUO COSPETTO NESSUN DIFETTO E, DALL’ALTRA PARTE, SI SA CHE E’ ANCHE INCONTESTABILE L’UMANA FRAGILITÀ, CHE E’ SEMPRE SOGGETTA A MILLE IMPERFEZIONI?”:  Io dico, per quello che ho capito, che questo è solo possibile per mezzo della perfetta ed intensa carità!!  E, difatti, non è forse vero essere parola di Dio, che la carità toglie la moltitudine dei peccati? Nella Chiesa si diedero sempre, e si danno, esempi tali di carità così perfetta ed efficace, nei quali tante persone, che, per il passato, si trovarono immerse in ogni sorta d’iniquità e, poi, in forza di tali atti di perfettissima carità e contrizione, colti anche improvvisamente dalla morte, passarono immediatamente alla visione di Dio, senza neppure toccare le fiamme del Purgatorio [...].

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San Massimiliano Kolbe: “Ave Maria” è la sintesi della sua vita

Posté par atempodiblog le 14 août 2020

San Massimiliano Kolbe: “Ave Maria” è la sintesi della sua vita
Oggi la Chiesa ricorda San Massimiliano Kolbe, francescano polacco ucciso ad Auschwitz il 14 agosto del 1941. Ripercorriamo la sua vita alla luce del profondo legame con Maria alla vigilia della Solennità dell’Assunta
di Amedeo Lomonaco – Vatican News

San Massimiliano Kolbe: “Ave Maria” è la sintesi della sua vita dans Articoli di Giornali e News Kolbe

“Ave Maria”. Sono queste le ultime parole che San Massimiliano Kolbe, nato in Polonia nel 1894, pronuncia ad Auschwitz, il 14 agosto del 1941, prima di morire. L’ultimo tratto della sua vita è un calvario condiviso con altri prigionieri del campo di sterminio. Dopo la deportazione, è spogliato del saio francescano ed è destinato ai lavori più umilianti, come il trasporto dei cadaveri al crematorio. Riceve il numero di matricola 16670. Dopo la fuga di un prigioniero, dieci detenuti vengono destinati al cosiddetto bunker della fame nel Blocco 13 e sono condannati a morire di fame. Padre Kolbe offre la sua vita in cambio di un padre di famiglia,  Franciszek Gajowniczek, che molti anni dopo ricorda quel drammatico momento con queste parole: “Kolbe uscì dalle fila, rischiando di essere ucciso sull’istante, per chiedere al Lagerfhurer di sostituirmi. Non era immaginabile che la proposta fosse accettata, anzi molto più probabile che il prete fosse aggiunto ai dieci selezionati per morire insieme di fame e di sete. Invece no! Contro il regolamento, Kolbe mi salvò la vita”.

Ave Maria
È appena cominciato il mese di agosto del 1941. Padre Kolbe viene rinchiuso nel “bunker della fame”, ad Auschwitz, insieme con altri nove prigionieri. In questo tragico luogo, la disperazione diventa una preghiera comune. Passano i giorni e il “coro” di voci oranti, guidate dal sacerdote francescano, perde di vigore e diventa un flebile sussurro. Dopo due settimane di indicibili sofferenze, solo quattro prigionieri sono ancora vivi. Tra loro, c’è anche padre Kolbe. Le guardie del campo di sterminio decidono allora di accelerare la fine delle loro vite con una iniezione di acido fenico. È il 14 agosto del 1941. Padre Kolbe tende il braccio e le sue parole prima di morire sono l’ultimo sigillo di una vita messa nelle mani di dell’Immacolata. Il giorno dopo, solennità dell’Assunzione della Beata Vergine Maria, il suo corpo viene bruciato nel forno crematorio e le sue ceneri si mescolano con quelle di tanti altri condannati a morte. Viene proclamato Santo il 10 ottobre del 1982 padre Kolbe dal Pontefice polacco San Giovanni Paolo II. Nell’omelia, Papa Wojtyła ricorda che l’ispirazione di tutta la vita di padre Kolbe “fu l’Immacolata, alla quale affidava il suo amore per Cristo e il suo desiderio di martirio. Nel mistero dell’Immacolata Concezione si svelava davanti agli occhi della sua anima quel mondo meraviglioso e soprannaturale della Grazia di Dio offerta all’uomo”.  Come i suoi predecessori, Papa Francesco nel corso della visita ad Auschwitz, il 29 luglio 2016 durante il viaggio apostolico in Polonia , ha sostato in preghiera silenziosa presso la cella del martirio del Santo polacco.

Una vita nelle mani dell’Immacolata
È dunque Maria ad ispirare la vita di Padre Kolbe. Nel 1917 fonda la “Milizia di Maria Immacolata”. Lo scopo è quello di « rinnovare ogni cosa in Cristo attraverso l’Immacolata ». Nel 1922, da inizio alla pubblicazione della rivista “Il Cavaliere dell’Immacolata”, per alimentare lo spirito e la diffusione della Milizia. Cinque anni dopo, nei pressi di Varsavia, nasce Niepokalanów, la “Città dell’Immacolata”. Nel 1930,padre Kolbe parte per il Giappone, dove fonda “Mugenzai no Sono” o “Giardino dell’Immacolata”, nella periferia di Nagasaki. Qui si rifugeranno gli orfani di questa città, dopo l’esplosione della bomba atomica. Dopo lo scoppio della seconda guerra mondiale la città di Niepokalanów viene trasformata in un luogo di accoglienza per feriti, ammalati e profughi. Dopo aver rifiutato di prendere la cittadinanza tedesca, padre Kolbe  il 17 febbraio 1941 viene rinchiuso nella prigione Pawiak a Varsavia. Pochi mesi dopo, viene deportato nel campo di sterminio di Auschwitz.

Padre Kolbe e la medaglia miracolosa
Padre Massimiliano Maria Kolbe nel 1918, dopo essere ordinato sacerdote, celebra la sua prima Messa a Roma a Sant’Andrea delle Fratte. È il luogo dove, il 20 gennaio del 1842, l’Immacolata Concezione della medaglia miracolosa appare all’ebreo Alfonso Ratisbonne. Il giovane ebreo, che portava la medaglia al collo per scherno, si converte istantaneamente. La medaglia miracolosa è stata coniata per volontà della Madonna espressa a Santa Caterina Labouré nell’apparizione del 27 novembre del 1830. Padre Alfonso Longobardi, vice parroco di Sant’Andrea delle Fratte, ricorda il legame tra padre Kolbe con la chiesa romana non lontana da piazza di Spagna e con la medaglia miracolosa.

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