Dio è comunione d’Amore
Posté par atempodiblog le 6 juin 2020
Dio è comunione d’Amore
L’affermazione che Dio è amore non è un’intuizione della ragione, che mai avrebbe potuto pervenire a una vetta così alta della conoscenza. La presenza del male nel mondo, ma soprattutto nel cuore dell’uomo, ha impedito alla mente umana di volare troppo in alto e di riconoscere in Dio le perfezioni che gli sono proprie. Al contrario, non di rado sono stati attribuiti all’Onnipotente le passioni e persino le depravazioni degli uomini, impregnando le religioni umane di errori e di peccati. Per avvicinarsi alla comprensione del mistero divino nella luce della verità è necessario un cuore purificato dal male, senza il quale l’intelligenza viene oscurata ed è incapace di vedere le cose di lassù. È ancora più necessario un atteggiamento di profonda umiltà, che permetta a Dio di abbassarsi sino al livello della creatura per rivelarle il mistero inaccessibile della sua vita intima. Questo è stato l’atteggiamento della Vergine Maria nel momento in cui l’Altissimo ha rivelato se stesso nel suo mistero impenetrabile. Dio è amore perché dentro di sé è un rapporto eterno di amore fra le tre persone divine, che si sono rivelate come Padre, Figlio e Spirito Santo. Prima di essere un amore che si china su di noi, Dio è, nel suo intimo, una comunione inesauribile di amore. Proprio perché Dio è tale nella sua essenza, ogni sua manifestazione verso le creature è caratterizzata dalla bontà e dalla misericordia. Dio non può non amare, perché l’amore è l’essenza della divinità. Dobbiamo tuttavia essere consapevoli che, quando pronunciamo la parola «amore», usiamo uno strumento espressivo umanamente imperfetto e limitato. Dio è amore in un modo che trascende la nostra capacità di comprensione e che include tutte le perfezioni proprie della sua natura.
Per capire, sia pure nei limiti della nostra finitezza, il mistero dell’amore divino, dobbiamo fissare lo sguardo sul mistero della persona umana, che è la realtà la quale più di ogni altra riflette l’immagine divina. L’uomo è persona in quanto soggetto spirituale capace di conoscere e di amare. L’“io umano” è un mistero inafferrabile, la cui radice profonda è l’orientamento verso l’altro. Quando si afferma che l’uomo non è un’isola, si vuole indicare l’apertura di ognuno all’incontro verso un “tu”. Non è concepibile un “io” racchiuso in se stesso, come una monade senza porte e senza finestre. Nessuna persona potrebbe vivere in un totale isolamento, come se la sua vita interiore bastasse a se stessa. Senza l’incontro con un “tu” l’“io” umano morirebbe di asfissia. Ciò è dovuto alla sua natura intima, che è un movimento verso un altro che sia simile a sé. Questo è il motivo per il quale Adamo si sentiva solo e infelice nell’Eden delle meraviglie, pur circondato dagli animali ai quali aveva dato un nome. La persona umana appassisce e muore se è sola. L’incontro con un’altra persona, nella conoscenza e nell’amore, fa parte della sua natura intima. Le gioie e le sofferenze della vita sono in massima parte dovute ai rapporti riusciti o falliti, con le altre persone. La stessa dimensione religiosa dell’uomo nasce dal desiderio insopprimibile di incontrare un “Tu” che gli sia intimo e al quale possa affidarsi con la certezza di essere compreso e amato. La religione è una pianta sempre verde perché scaturisce dal bisogno della persona umana di andare oltre se stessa. L’“Io” e il “Tu” sono due poli che si cercano. L’uno è in funzione dell’altro. La persona si realizza nell’incontro con un’altra persona e nella comunione dell’amore.
La rivelazione che Dio è amore va intesa nel senso che l’unico Dio è una comunione interpersonale di amore. Se Dio fosse una sola persona non sarebbe infinito amore, ma piuttosto infinita solitudine. L’unità e l’unicità di Dio non vanno intese come se Dio fosse un “Io” che basta a se stesso, perché in tal caso non potrebbe essere né infinito amore né infinita felicità. Quando la fede cattolica afferma che Dio è una sola natura in tre persone divine, intende esprimere, per quanto possibile a un linguaggio umano, un mistero abissale di tre relazioni divine, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, che fra loro realizzano una comunione eterna di amore. Per quanto le tre persone divine siano ugualmente partecipi della divinità, tuttavia sono fra loro distinte e hanno una loro precisa identità. Il Padre infatti è colui che genera, il Figlio è colui che è generato e lo Spirito Santo è l’ispirazione di amore fra il Padre e il Figlio. Il mistero interpersonale dell’amore è tale che non vi è né divisione né separazione, ma unità assoluta e inattaccabile. Non vi è dubbio che il mistero della Santissima Trinità trascenda ogni possibilità di comprensione da parte dell’intelletto umano, per quanto illuminato dalla fede. Tuttavia ci è almeno chiara la natura interpersonale dell’amore. L’amore non è qualcosa che esiste in se stesso, ma è dono reciproco fra un “io” e un “tu”. Questa, che è l’esperienza umana fondamentale, ci aiuta ad avvicinarci per quanto possibile al mistero dell’amore trinitario.
La comunione di amore delle tre persone divine è talmente perfetta da generare un’unità indivisibile, per cui l’unico Dio ha anche una sola conoscenza e una sola volontà. Il mistero d’amore del Dio uno nella natura, ma trino nelle persone, non può assolutamente essere criticato come una forma di “triteismo”, come se i cristiani non adorassero un solo Dio, ma tre dèi. Questa accusa, che viene in primo luogo dall’Islam, parte dall’incomprensione della natura dell’amore divino, che è necessariamente un rapporto interpersonale.
L’amore non è una “forza”, ma è una persona che ama un’altra persona. Che cosa sarebbe Dio se fosse una sola persona? Sarebbe una contraddizione con se stesso, perché condannato a essere una realtà incompiuta e infelice. Infatti “persona” significa “relazione”, ma con chi sarebbe in relazione Dio se fosse una sola persona? Un Dio eternamente solo sarebbe un assurdo che ripugna alla ragione. Al contrario la rivelazione che Dio ci ha fatto di se stesso come comunione di tre persone, per quanto “inconcepibile” alla nostra finitezza, genera una luce che illumina la mente e un’attrazione che fa sussultare il cuore. Infatti l’uomo, creato a immagine divina, è strutturalmente orientato al dono di sé. Amare ed essere amata è quanto desidera ogni persona. L’esperienza dell’amore umano, per sua natura esposto al limite, alla fragilità e al peccato, spinge la persona umana a trascendere i limiti della finitezza, per elevarsi ad accogliere l’amore dalla sua fonte originaria. È infatti lì che ognuno di noi è passato dal nulla all’essere per un dono di amore ed è quella la meta alla quale indirizzare la nostra vita.
Tratto da: La gioia di amare, di padre Livio Fanzaga. Ed. PIEMME
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