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La Samaritana e Gesù, il Messia da andare a vedere

Posté par atempodiblog le 14 mars 2020

La Samaritana e Gesù, il Messia da andare a vedere
Uno degli splendidi mosaici della basilica di San Marco è dedicato al colloquio di Gesù con la Samaritana. I due parlano della vita e dell’acqua che salva. Lo sguardo stupito della donna si trasforma nella scena accanto, dove si rivolge ai suoi concittadini per invitarli a vedere Colui che «mi ha detto tutto quello che ho fatto».
di Margherita del Castillo – La nuova Bussola Quotidiana

La Samaritana e Gesù, il Messia da andare a vedere dans Commenti al Vangelo Ges-e-la-Samaritana-al-pozzo-Venezia-Basilica-di-San-Marco
Gesù e la Samaritana al pozzo, Venezia – Basilica di San Marco

Signore – gli disse la donna – dammi di quest’acqua, perché io non abbia più sete.” (Gv 4, 15)
Sicar è la città della Samaria dove Gesù, durante il suo cammino dalla Giudea alla Galilea, decise, un giorno, di fermarsi a riposare. Sorgeva proprio qui il pozzo che Giacobbe aveva acquistato con tutto il terreno, lasciandolo poi in eredità al figlio Giuseppe. A Sicar avvenne uno degli episodi evangelici su cui la liturgia quaresimale ci invita a meditare: l’incontro tra Cristo e la donna samaritana, evocativo della portata universale del messaggio cristiano e proprio per questo caro alla tradizione iconografica occidentale.

Nel racconto della storia della Salvezza, così come si legge negli splendidi mosaici di cui è rivestita l’intera basilica di San Marco a Venezia, Gesù e la Samaritana occupano una porzione della volta del transetto destro: fin qui, il programma decorativo musivo aveva ripercorso lo svelarsi del disegno divino dalla Creazione del mondo alla manifestazione di Cristo quale Messia, attraverso l’Epifania, il Suo Battesimo e i primi miracoli da Lui compiuti.

Lo sfondo oro annulla ogni riferimento temporale mentre lo spazio, o meglio, il luogo, è identificato attraverso il disegno del pozzo che il mosaicista sceglie di rappresentare a forma di croce: l’acqua che può dissetare per sempre è solamente quella che sgorga dal sacrificio di Cristo, divenendo fonte battesimale e, quindi, possibilità di un’esistenza ontologicamente nuova. Il sacro legno che vi affonda le radici è l’Albero della Vita che si sviluppa, a guisa di fiamma, in tre rami rigogliosi, a significare il mistero della Trinità.

Attorno a quest’asse simbolico prende corpo il dialogo tra i due protagonisti: Gesù, seguito da due discepoli, si rivolge alla donna che porta con sé un’anfora. Parlano della vita e dell’acqua salvifica, come sappiamo dal resoconto che di quell’incontro fa Giovanni nel suo Vangelo, mentre i gesti espressivi delle mani di entrambi lasciano intuire il registro dialettico della loro conversazione.

Lo sguardo stupito, interrogativo, della samaritana si trasforma nella scena accanto, attraverso cui, pur nella staticità delle tessere musive, progredisce temporalmente il racconto, senza soluzione di continuità. Vestita con gli stessi abiti signorili, la donna si rivolge animatamente a un folto gruppo di uomini, i suoi concittadini. Le parole che rivolge loro non s’intuiscono solo dalla sua eloquente postura: il mosaicista ha voluto riferirle a chiare lettere nell’iscrizione che sormonta il riquadro: «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia forse il Messia?»

È un invito che facciamo nostro, sentendolo rivolto a noi. Basta solo andare a vedere!

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Sant’Alfonso Maria de Liguori e Le Visite al Santissimo Sacramento

Posté par atempodiblog le 14 mars 2020

Sant’Alfonso Maria de Liguori e Le Visite al Santissimo Sacramento
Il fondatore dei Redentoristi fu un grande innamorato dell’Eucaristia
di Gianluca Giorgio – ACI Stampa

Sant'Alfonso Maria de Liguori e Le Visite al Santissimo Sacramento dans Fede, morale e teologia Adorazione-Eucaristica

In questi giorni in cui il Coronavirsu sta limitando, non poco, la vita dei cittadini è bello ricordare che ci sono anche dei momenti di preghiera e di riflessione personale, nella Città eterna.

Il parroco della Chiesa Pontificia di San Gioacchino in Prati, padre Pietro Sulkowski, ha mantenuto l’Adorazione eucaristica giornaliera – seppure a porte chiuse - che, già, si praticava, con devozione ed assiduità, in questo tempio caro ai romani.

La parrocchia, nata come un regalo delle varie nazioni del mondo per il Giubileo sacerdotale di Papa Leone XIII, ha come scopo specifico quello della venerazione del Pane eucaristico.

Ciò è testimoniato dai numerosi dipinti, al suo interno, che ricordano tale pratica e dall’ostensorio che troneggia dalla cupola della chiesa romana.

Sant’Alfonso Maria de Liguori, fondatore della Congregazione del SS.mo Redentore che, da sempre, officia i sacramenti nella parrocchia del rione Prati, fu un grande innamorato dell’Eucarestia e di questa pratica liturgica.

Da giovane, prima di essere ordinato sacerdote, trascorreva le ore davanti al Santissimo, esposto in adorazione.

Per questo sacramento compose, anche, una canzoncina spirituale dal titolo Fiori felici voi. Nel testo, il santo loda le piante in quanto hanno la possibilità di sostare, notte e giorno, davanti a Gesù sacramentato.

Le persone del quartiere che lo vedevano, così assiduo, in preghiera, non furono sorpresi quando un giorno videro l’ex avvocato, salire sul pulpito a predicare.

In onore di questa devozione scrisse diversi testi, tra cui il più conosciuto fu Le Visite al Santissimo Sacramento ed a Maria santissima.

L’opera, composta nel 1745, nacque come una ricca raccolta di meditazioni, per i novizi della sua Congregazione, ma visto il bene che il libretto compì, Monsignor de Liguori si decise a diffonderlo, anche, ai molti devoti che gli chiedevano di averlo.

Le letture si meditavano davanti al Santissimo esposto, ed aiutavano il fedele ad entrare in quella realtà che sa di cielo, in quanto è presenza reale di Dio sul mondo.

Lo schema dell’opera è semplice: trentuno meditazione al Sacramento ed alla Madonna accompagnano il lettore, nel cammino mensile.

Fra le molte riflessioni viene evidenziato il senso dell’Amore Redentivo del Figlio di Dio, che è voluto rimanere accanto all’umanità, così bisognosa di misericordia.

Il testo, come tutti quelli scritti dal santo, aiuta a pensare ma di più a pregare, con parole semplici ma che vanno dritte al cuore, in quanto nate dalla penna di un innamorato, oltre che di un teologo.

L’opera, nel corso della storia, ha avuto oltre duemila edizioni ed ancora oggi, è attualissima in quanto l’amore non invecchia mai.

Ed in questo momento, è bello che la comunità si possa raccogliere intorno al Cristo, rimasto nel tabernacolo, per rimanere vicino all’uomo, soprattutto, nei momenti in cui la Sua presenza può  rendere il cammino meno duro.

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Comastri: siamo in una tempesta ma nella barca con noi c’è Cristo

Posté par atempodiblog le 14 mars 2020

Comastri: siamo in una tempesta ma nella barca con noi c’è Cristo
Nel porgere gli auguri al Papa nel settimo anno di Pontificato, il cardinale Angelo Comastri riflette sulla difficile situazione che attraversa l’umanità a causa dell’epidemia di Coronavirus: siamo fragili e aggredibili, l’unica forza che abbiamo è Gesù. L’amore scambievole, dice, ci mette in comunione con Dio e ci rende felici
di Eugenio Bonanata – Vatican News

Comastri: siamo in una tempesta ma nella barca con noi c'è Cristo dans Cardinale Angelo Comastri Cardinale-Comastri

Nelle tempeste della vita, nei momenti di smarrimento, l’uomo non può contare unicamente sulle forze proprie. Occorre avere fede e ricordare che Dio può “salvarci da ogni tempesta”. Le parole dell’arciprete della Basilica di San Pietro, il cardinale Angelo Comastri sono legate strettamente all’attualità che presenta un mondo sgomento per un’epidemia che sta seminando migliaia di vittime. Cogliendo l’occasione del settimo anniversario del Pontificato di Papa Francesco, il porporato dunque non solo invita tutti a pregare per il Pontefice ma, attraverso la preghiera, a fare un atto di affidamento al nostro Padre celeste e a farci simili a Lui, mettendo in pratica l’amore scambievole:

R. - Questo è un giorno carico di emozioni per il Papa. Rivivrà sicuramente l’emozione di quel giorno, del 13 marzo di 7 anni fa. Al Papa vogliamo far giungere i nostri più cordiali auguri, carichi di affetto, carichi di riconoscenza ma soprattutto accompagnati dalla preghiera. Il Papa non si stanca di dire “Pregate per me”. Credo che sia il dono più bello che possiamo fargli. Per quanto riguarda la situazione della Chiesa in questo momento mi viene in mente un episodio raccontato da Matteo, Marco e Luca concordemente, è la tempesta sul mare di Galilea. Raccontano gli evangelisti che un giorno, attraversavano il mare di Galilea sulla barca e guarda caso Gesù si mette a poppa, il particolare lo dice San Marco che ripete le catechesi di San Pietro. Gesù si mette a poppa e si addormenta volutamente. Mentre Gesù riposa, si leva la tempesta, il mare inizia ad agitarsi e le onde diventano furiose. Gli apostoli hanno paura. Svegliano Gesù dicendo “Signore salvaci, affondiamo”. Gesù si sveglia, si alza e comanda al mare e al vento di placarsi. E Gesù si rivolge agli apostoli e dice: “Perché avete avuto paura? Gente di poca fede”. Nelle tempeste dobbiamo sempre ricordare che Dio è sopra la tempesta, che Dio può tirarci fuori da ogni tempesta purché abbiamo fede, purché apriamo il cuore a Lui. Don Divo Barsotti, un grande sacerdote, un giorno disse che il vero pericolo della chiesa, il vero rischio della chiesa è la pochezza di fede o la mancanza di fede. Non per nulla Gesù ha detto quando il figlio dell’uomo tornerà, troverà ancora la fede sulla terra? E’ un bell’ammonimento, è un invito a crescere nella fede.

Lei nei giorni scorsi ha inaugurato la preghiera dell’Angelus e del Rosario ogni giorno dalla Cattedra di San Pietro. Qual è il valore di questo appuntamento?
R. - Quando il mare è in tempesta dobbiamo rivolgerci al Signore. L’unico che ci possa aiutare è Gesù. Questa preghiera nasce proprio da questa constatazione. Nelle difficoltà non possiamo risolvere le questioni con la nostra umana forza, dobbiamo aggrapparci al Signore, l’unica roccia. Per questo ho voluto fare questa preghiera e grazie a Dio, tutti quelli che potevano, hanno risposto. Pensate che il mio telefono è intasato da gente che mi dice solo “grazie, è entrato nelle nostre case e ci ha fatto sentire una grande famiglia che prega da San Pietro”. E ci tengo a precisare che la Basilica di San Pietro è stata sempre aperta in questi giorni, mai chiusa, dalle 7 del mattino fino alle 18 della sera. Chiaramente la gente ha difficoltà a venire. Ma i pochi che vengono pregano, e questa iniziativa allarga gli spazi e crea una grande famiglia orante.

Il ciclo proseguirà anche la prossima settimana?
R.- La preghiera continuerà fino al 3 aprile. Dopo avremo altre disposizioni, sapremo cosa decideranno di fare durante la Settimana Santa, questo lo deciderà il Santo Padre. E anche la domenica 15, domenica 22, domenica 29 verrà trasmessa anche la Messa delle 10.30, in modo che da San Pietro parta una grande, corale preghiera e il colonnato del Bernini si allarghi e abbracci tutti in una meravigliosa preghiera dal cuore della cattolicità.

In conclusione tutta questa situazione, questa vicenda di emergenza che cosa insegna?
R. - Ho tanto riflettuto su questo fatto. A me sembra di dover dire che questa epidemia improvvisa, inattesa, rapidissima ci fa riflettere. E la prima riflessione è questa: in poco tempo l’Italia, l’Europa e il mondo sembrano in ginocchio. Siamo tutti invitati a fare un grande bagno di umiltà, non siamo i padroni del mondo, siamo piccoli, siamo fragili, siamo molto spesso aggredibili, per questo dobbiamo darci la mano gli con gli altri e soprattutto aggrapparci al Signore. Madre Teresa diceva: Dio è la trave che tiene in piedi il tetto. Se togliamo la trave casca il tetto. Dobbiamo aggrapparci al Signore, questo è il primo grande invito. Secondo grande insegnamento: sentivo ieri in una trasmissione radiofonica un giovane che diceva “Se mi togliete la partita di calcio, se mi togliete la discoteca, cosa mi resta? Quale è lo scopo della mia vita?”. Ecco la grande riflessione: dobbiamo ritrovare l’essenziale. L’essenziale non è il divertimento, non è il denaro, non è il successo. Nel 1970 – per raccontare un particolare che può far riflettere – Mario Soldati, un buon giornalista, andò in Svezia per cantare il paradiso svedese e rimase diversi mesi in Svezia. La conclusione fu un libro, che ancora si può trovare, con questo titolo “I disperati del benessere”. E Soldati lì dice: è una società organizzata in maniera meravigliosa. Però lì manca qualcosa: c’è il più alto tasso di suicidi, manca qualcosa… non ebbe il coraggio di dire che mancava Dio. E Dio ci è venuto incontro in Gesù. Non siamo soli, nella bufera, nella barca c’è Gesù, purché lo svegliamo. E Gesù ci ha dato la formula della felicità. E sempre Madre Teresa diceva: nei paesi del benessere la segnaletica della felicità è tutta sbagliata. Qual è la formula della felicità? E’il comandamento dell’amore: “Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi”. Il comandamento dell’amore ci mette in comunione con Dio, ci fa una trasfusione della vita di Dio e quando siamo in comunione con Dio siamo felici. Pensi che una volta dissi a Madre Teresa – era il 22 maggio 1997, la Madre morì il 5 settembre successivo, era l’ultima volta che l’ho vista - era affaticata, stanca: “Madre si prenda qualche giorno di ferie”. Madre Teresa mi guardò con occhio severo e mi disse: “Caro vescovo Angelo, non ho bisogno di ferie perché i miei giorni sono tutti i festivi. Fare del bene è una festa. Ricordalo, è l’unica festa. E concluse: un giorno o l’altro potresti sentir dire che Madre Teresa è morta per schianto del cuore, sì mi potrebbe scoppiare il cuore per troppa contentezza”. Gesù ce lo aveva detto. E anche questa epidemia ci conferma l’insegnamento di Gesù.

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