O Prigioniero d’amore

Posté par atempodiblog le 31 mars 2020

O Prigioniero d'amore dans Citazioni, frasi e pensieri Santa-Faustina-Kowalska

O Prigioniero d’amore, chiudo il mio povero cuore in questo tabernacolo, perché Ti adori incessantemente, giorno e notte.

Non conosco impedimenti in questa adorazione e, anche se sarò fisicamente lontana, il mio cuore è sempre con Te. Niente può costituire un ostacolo al mio amore verso di Te. Non esistono impedimenti per me.

O Gesù mio, Ti consolerò per tutte le ingratitudini, per le bestemmie, per la tiepidezza, per l’odio dei senza-dio, per i sacrilegi. O Gesù, desidero ardere come vittima pura e consumata davanti al trono del Tuo nascondimento. T’imploro incessantemente per i peccatori agonizzanti.

O Santissima Trinità, Indivisibile, unico Dio, sii benedetta per questo grande dono e testamento di misericordia!

Santa Faustina Kowalska

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Finale di civiltà

Posté par atempodiblog le 31 mars 2020

Finale di civiltà
Strage di anziani in case di riposo. Cremazione. Razionalizzare le cure. E’ cronaca. Ma nel 1882 Trollope lo immaginò nel suo ultimo romanzo
di Giulio Meotti – Il Foglio
Tratto da: Radio Maria

Finale di civiltà dans Articoli di Giornali e News Sulla-soglia-dell-eternit-Van-Gogh
“Sulla soglia dell’eternità” di Vincent Van Gogh

“Si può mettere in dubbio che mai colonia più splendente, prospera e soprattutto più ordinata di Britannula sia stata istituita da coloni inglesi. La grande dottrina del ‘Termine fisso’ fu da esso ridicolizzata in principio, poi guardata con costernazione, ma, senza alcun dubbio, è stata la forte fede che noi di Britannula avevamo in quella dottrina a indurci alla nostra separazione”.

Si apre così l’ultimo romanzo del grande scrittore vittoriano Anthony Trollope del 1882, “The fixed period”. La vicenda è immaginata nel 1980 in una ex colonia dell’impero britannico, dove è stata decisa la morte a sessantotto anni, per liberarsi dal carico (economico e sanitario) di una popolazione che invecchia rapidamente, oltre che per alleviare le umiliazioni della senilità. A quel “periodo fisso” si viene “deposti” in un Collegio, chiamato così perché lì, all’ombra dei forni crematori obbligatori, per un altro anno si apprenderà a “morire bene”. Il romanzo risentiva di idee rivoluzionarie per il tempo: le nuove pensioni bismarckiane introdotte in Germania, l’allungamento della vita, il razionalismo darwiniano, i valori vittoriani dell’autosufficienza e del dovere civile, l’avvento della statistica, il malthusianesimo, il realismo sociale. Idee che anche oggi teniamo in grande riguardo. Come spiega Claudia Nelson nel suo studio sulla famiglia vittoriana, al tempo si pensava che “il benessere delle giovani generazioni avrebbe superato i bisogni delle persone anziane”.

Immagina un’isola dove a 68 anni gli anziani lasciano questo mondo. Trollope risentiva delle idee del tempo e le esorcizzò nel romanzo. La vicenda si complica quando a morire è l’amico del governatore. Vuole ancora vivere. Così scoppia una ribellione
La situazione per gli anziani era un tale problema sociale che, alla fine del 1880, il ricercatore sociale Charles Booth iniziò a fare pressioni per la creazione di una pensione finanziata dallo stato, un progetto che fu realizzato nel 1908. Questa atmosfera di ostilità e il disprezzo verso gli anziani faceva da sfondo a “The Fixed Period”. C’è poi il terrore di Trollope di avvicinarsi alla vecchiaia e la paura che non sarebbe stato più in grado di autosostenersi, oltre all’indignazione contro coloro che consideravano gli anziani sacrificabili.

Il governatore della colonia del romanzo, John Neverbend, calcola quanto risparmierebbero le casse dello stato da questa eutanasia di massa. “In media cinquanta sterline per ogni uomo e donna dipartiti. Se la nostra popolazione dovesse arrivare a un milione, presumendo che solo uno su cinquanta abbia raggiunto il ‘periodo fisso’, la somma risparmiata dalla colonia ammonterebbe a un milione di sterline l’anno, che contribuirebbe alle nostre ferrovie, a rendere navigabili i nostri fiumi, a costruire i nostri ponti e a fare di noi il popolo più ricco sulla terra. E ciò sarebbe reso possibile da un provvedimento che fa il bene degli anziani più di quello di qualsiasi altra classe della comunità”.

Questa misurazione rispecchia il linguaggio usato dal reverendo Malthus. Nel romanzo, la situazione è complicata dal fatto che l’isola crede in un numero di cose che successivamente i lettori potranno trovare perfettamente accettabili, illuminate, progressiste, giuste. A Britannula, per esempio, lo studio delle lingue è universale nelle scuole e la pena di morte è stata abolita. Al momento del voto della morte di tutti gli anziani, Britannula era composta da giovani. Gabriel Crasweller, un commerciante e proprietario terriero di successo, è il prossimo a doversi congedare dalla società. E’ il migliore amico di Neverbend. Crasweller aveva votato a favore della legge che ha introdotto il “periodo fisso”, ma come si avvicina alla data della propria uscita di scena diventa sempre più critico e pensieroso. E’ ancora sano e vigoroso.

Neverbend considera suo dovere come presidente e cittadino modello “depositare” l’amico. Ma il giorno del suo ingresso nel “College”, la carrozza che trasporta Crasweller viene fermata per le strade di Gladstonopolis dalle forze armate inglesi. Costringono Neverbend a rilasciare Crasweller e a dimettersi. La Britannula viene annessa alla Gran Bretagna, viene installato un nuovo governatore e Neverbend torna a Londra. Sulla nave finisce di scrivere il libro in cui spiega agli inglesi perché è necessario sbarazzarsi dei vecchi per far progredire l’umanità. Ma è proprio l’antinomia tra le finalità di civiltà e potenziamento antropologico di una simile legge e il barbaro mezzo scelto per perseguirli che fa sì che lo stesso “riformatore umanitario” Neverbend non possa accettare la morte se non relegandola nel gioco linguistico. Così, le parole “uccisione” e “vittima” sono bandite. Il riposo forzato diventa “la deposizione”, mentre la morte stessa è edulcorata è chiamata “cessazione prefissata dell’esistenza di coloro che altrimenti invecchierebbero” e il Collegio dove morire prende il nome di una scuola. “Le statistiche dicono che il sostentamento sufficiente a un vecchio è più costoso di quello di un giovane, come lo è la cura, il nutrimento e l’istruzione del bambino che ancora non produce profitto” dice Neverbend. “Ancora le statistiche ci dicono che i giovani che non producono profitto e i vecchi, non meno improduttivi, costituiscono un terzo della popolazione. Pensi il lettore di quale fardello è carica la forza lavoro del mondo. A questi vanno aggiunti tutti coloro che per malattia non possono lavorare e che per indolenza non vogliono. Come può un popolo prosperare quando è così gravato? E a che pro?”.

Trollope esorcizza il proprio incubo con questa distopia ironica. A quale età andarsene? “Quale doveva essere il ‘Termine fisso’? Questa era la prima domanda che esigeva una risposta immediata” racconta Neverbend. “Si ipotizzarono termini assurdi per la loro deliberata indulgenza — ottanta e persino ottantacinque anni! ‘Facciamo cento’, dissi io ad alta voce, riversando su di loro tutta la batteria del mio ludibrio. Io suggerii sessanta ma il termine fu accolto con silenzio. Ora io penso che sessant’anni fosse un’età troppo prematura e che i sessantacinque, ai quali, cortesemente, acconsentii, fosse il giusto ‘Termine fisso’ per il genere umano. Guardi ognuno fra i suoi amici e veda se gli uomini di sessantacinque armi non intralciano la strada di coloro che ancora aspirano a elevarsi nel mondo”.

Come e dove trascorrere l’ultimo anno per prepararsi? “Sessantasette anni e mezzo furono chiesti dalla maggioranza nell’Assemblea come ‘Termine fisso’. Di certo la colonia era determinata a invecchiare davvero prima di recarsi nel Collegio. Poi, però, sopravvenne un’ulteriore disputa. In quale momento del ‘Termine fisso’ si doveva trascorrere l’anno di grazia? I nostri dibattiti furono lunghi e animati anche su questo argomento. Si disse che l’isolamento all’interno del Collegio equivaleva a una pena di allontanamento e che quindi si sarebbe dovuto permettere ai vecchi di prendere le loro ultime boccate d’aria, al di fuori, nel vasto mondo. Si decise infine che uomini e dorme dovevano essere portati nel Collegio a sessantasette anni e che prima del loro sessantottesimo compleanno avrebbero dovuto dipartire”. Poi risuonarono le campane e l’intera comunità si rallegrò, vi furono banchetti e i giovani, uomini e dorme, si chiamarono l’un l’altro “fratello” e “sorella” e si sentì che fra di loro era stata inaugurata “una grande riforma per il beneficio dell’umanità”.

Si erano dati un gran da fare sulla questione della cremazione e avevano fatto arrivare dall’Europa e dagli Stati Uniti tutta la migliore attrezzatura. Quattro enormi suini avevano testato il sistema e li avevo fatti ingrassare a tal fine. “Anche se i vecchi non sono di solito molto corpulenti”, si lamenta Neverbend.

E come chiamare il luogo della dipartita? Sorse una discussione anche su questo. “Il luogo veniva chiamato Necropoli. Il nome non mi era mai piaciuto perché non avevo mai voluto associarlo con il sentimento della morte. Erano stati proposti vari nomi. Il giovane Grundle aveva suggerito Sala della Cremazione perché tale era la fine ultima alla quale i gusci dei cittadini erano destinati. Ma vi era qualcosa di non dignitoso nel suono, come se parlassimo di una sala da ballo o da musica, ed io non ne avevo voluto sapere. Necropoli suonava meglio, dissero, e sostennero che sebbene lì non vi sarebbero state le spoglie effettive, sarebbero rimaste le lapidi”. Così la si chiamò, Necropoli. Dai cancelli fino al “tempio” che stava in mezzo ai campi, quel tempio in cui si sarebbe svolta l’ultima scena della vita, correva un ampio sentiero di ghiaia che sarebbe dovuto diventare un bel viale. Vi erano stati piantati eucalipti e lecci, gli alberi della gomma per la generazione attuale e le querce verdi per quelle a venire. Alcuni avevano chiesto che venissero piantati cedri. Doveva essere un luogo ameno. Neverbend alla fine viene sconfitto, ma è sicuro che l’idea del “Periodo Fisso” sarà raccolta dalle generazioni future. Forse aveva visto giusto.

In Spagna la pandemia ha causato la morte di almeno 1.065 anziani ricoverati in case di cura di Madrid.

Monte Hermoso, nella capitale spagnola, è la casa di cura epicentro della pandemia. “Il nome di Monte Hermoso, un centro privato con 130 posti a Madrid, si riferisce a una collina idilliaca da cui contemplare il mondo durante gli ultimi anni di vita”, scrive El Pais. “Ma la residenza è diventata un luogo di morte. Le celle frigorifere nella casa di cura occupano il seminterrato. Gli assistenti introducono lì i corpi. Ore dopo, appare un furgone nero senza finestrini. Il nome è stampato sui lati. Di solito è un riferimento all’aldilà o un passaggio della Bibbia. L’auto entra nel seminterrato tramite una rampa. Attraverso la porta posteriore tirano fuori il corpo in una sacca, senza fare molto rumore e senza essere visti dagli altri ospiti, impegnati a giocare a bingo o ad ascoltare i ragazzi del coro che li intrattengono nel pomeriggio. I corpi di dieci anziani stanno aspettando al piano terra. Il virus è penetrato in questo edificio per compiere un massacro silenzioso e implacabile. La residenza ha visto morire almeno 25 residenti da quando è scoppiata la pandemia. E’ il più grande focolaio di morte in tutta la Spagna”.

Dalla Spagna all’Italia, le case di riposo per anziani sono diventate la topografia del terrore di questa pandemia da coronavirus. “Fino al ‘tempio’ in cui si sarebbe svolta l’ultima scena della vita correva un sentiero di ghiaia, un gran bel viale”
Gli anziani stanno morendo a un ritmo così sostenuto che nelle case di cura di Madrid l’esercito ne ha trovati molti già morti ancora nei propri letti. Le infermiere se ne erano andate. La Spagna ha appena dovuto rimandare una legge sull’eutanasia che stava per approvare e che i critici, forzando i toni, avevano definito “una soluzione finale per risparmiare sulle pensioni”. Le case di riposo in tutto il mondo sono una nuova topografia del terrore. “Il nuovo focolaio di coronavirus si sta diffondendo nelle case di riposo per anziani, con decine di casi in strutture negli Stati Uniti, dall’Illinois all’Oregon e al Wyoming, dopo l’epidemia in una casa di cura nella zona di Seattle” scriveva il Wall Street Journal questa settimana. Circa la metà dei circa 150 decessi negli Stati Uniti da Covid-19 sono stati nello stato di Washington, dove l’epicentro sono le case di cura. In Italia non si contano le case di cura decimate dall’epidemia.

In un ospizio di Mediglia, gli anziani uccisi dal virus sono già 52. E’ di 32 il numero dei morti nella casa di riposo di Quinzano d’Oglio nel bresciano. Di 43 è il bilancio delle vittime nella Residenza Santa Chiara nel lodigiano. E negli ospedali è da tempo iniziata una “selezione” di chi salvare. “I pazienti più anziani non vengono rianimati e muoiono in solitudine senza neanche il conforto di appropriate cure palliative”, recita la lettera dei medici di Bergamo pubblicata dal New England Journal of Medicine. Joacim Rocklöv, professore di epidemiologia a Umeå, ha così criticato l’approccio svedese di tenere aperto: “Quante vite sono disposti a sacrificare per non rischiare un maggiore impatto sull’economia?”. “Razionalizzare le cure è una resa alla morte”, scriveva sul Wall Street Journal di ieri Allen Guelzo di Princeton a proposito delle scelte mediche in corse sotto pandemia. E fa l’esempio di Ezekiel Emanuel, oggi consigliere di Joe Biden sul coronavirus, per il quale 75 anni è abbastanza per vivere. Successivamente, le persone diventano “deboli, persino patetiche”, come pensava Neverbend.

Non siamo nel romanzo di Anthony Trollope. Non li uccidiamo per legge gli anziani. Ma una società che non è stata in grado di proteggere i propri vecchi, a migliaia già e chissà quanti ancora, una che ha “razionalizzato la morte”, non ha forse assimilato l’idea di un “termine fisso”, una età, una condizione fisica, una malattia, oltre la quale la vita non appare più degna di essere non solo vissuta, ma difesa?

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La famiglia fa superare la crisi: lo dice la ricerca

Posté par atempodiblog le 30 mars 2020

La famiglia fa superare la crisi: lo dice la ricerca
Un recente studio ha indagato il valore dell’“educazione orizzontale” tra fratelli e sorelle, per verificare quanto l’esperienza quotidiana tra loro sia un valore, rispetto alla situazione dei bambini soli: si conferma la centralità dell’esperienza familiare nell’educazione, nella costruzione della personalità e della crescita di un cittadino che sa assumersi responsabilità e doveri.
di Luca Volontè – La nuova Bussola Quotidiana

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Fratelli e sorelle sono una una risorsa per costruire capitale sociale. A colpo d’occhio, per i bambini di famiglie numerose (e non) dover e fare i conti con i loro fratelli è un potenziale prezioso: prima di tutto li aiuta (e li costringe) a fare i conti con gli altri, ma anche ad imparare presto per essere in grado e dover chiedere (e dare) aiuto, contrattare, cooperare per un scopo o a risolvere al meglio un compito assegnato.

Capire che “non si vive da soli” (nel bene e nel male) permette anche a loro di pensare al proprio futuro in cui alcuni volti saranno sicuramente lì (i fratelli, i genitori, i nonni, gli zii e i parenti in generale), in un modo molto più affidabile rispetto ad altri legami (amici, conoscenti etc.). Così questa scuola di educazione famigliare si dimostra un solido pilastro delle relazioni e della costruzione della società. La famiglia e le sue relazioni ed interrelazioni interne, in questo caso, è fucina di un capitale sociale comunitario e civile indispensabile allo sviluppo di ogni nazione. Un recente studio (2018) ha indagato il valore dell’“educazione orizzontale” tra fratelli e sorelle, per verificare “se e quanto” l’esperienza quotidiana tra fratelli e sorelle sia un valore aggiunto, rispetto alla situazione dei bambini soli, una condizione quest’ultima sempre più frequente nel nostro paese.

Esistono differenze tra bambini soli e figli di famiglie numerose (o comunque famiglie con due o più figli), ad esempio, i bambini single presentano una marcata consapevolezza (che a volte diventa anche una paura) che nel prossimo futuro avranno il compito di prendersi cura dei loro genitori anziani. Sanno benissimo che non saranno in grado di condividere questa responsabilità con gli altri, come invece i bambini di famiglie numerose sono consapevoli che questa responsabilità sarà condivisa con i propri fratelli. Inoltre i fratelli e sorelle di famiglie numerose sono “ricchi di relazioni significative”, un altro fattore  portatore di speranza per l’intera società, sul quale le istituzioni pubbliche dovrebbero riflettere ed investire se vi vuole promuovere il bene comune ed il futuro del paese.

Tra i giovani nati in famiglie numerose ci sono diverse caratteristiche specifiche, direttamente collegate alla condizione familiare: in particolare, emerge il tema della “prima autonomia”, di una significativa capacità (e desiderio) di uscire di casa in fretta per avere spazi di responsabilità e libertà di scelta (forse finalmente una stanza / casa tutta da sola, da non condividere). Questo spinge/permette a questi bambini una socializzazione precoce, spesso un rapido ingresso nel mondo del lavoro e anche matrimoni e nascite di bambini molto prima dei valori medi dei loro coetanei. È più probabile trovare comportamenti pro-sociali e di solidarietà tra i bambini delle famiglie numerose (partecipazione al lavoro volontario, organi partecipativi a scuola, capacità di scambiare aiuto con gli amici), ma ci sono anche molti bambini unici coinvolti in tali attività, proprio come, all’estremo opposto, non tutti i bambini di famiglie numerose sono “pro social”, al di fuori della propria famiglia. Nel complesso, lo studio conferma la centralità dell’esperienza familiare nell’educazione, nella costruzione della personalità e delle opportunità delle nuove generazioni nel loro cammino verso l’età adulta. Ciò che viene vissuto in famiglia diventa veramente “seminarium rei publicae”, un campo di addestramento per educare se stessi a diventare cittadini responsabili e fertili, in grado di generare il bene comune.

La società italiana ed occidentale di oggi ha un immenso bisogno di riscoprire i luoghi in grado di educare i cittadini di domani. Un esempio? L’aver dovuto ripetere più volte e con sempre magior insistenza avvisi pubblici all’igene personale, al rispetto della “quarantena” e l’invio di truppe e polizia ad ogni angolo di paese per controllare il rispetto di tali obblighi, non ci dimostra forse che gli Stati occidentali oggi pagano l’ineducazione civile di molti cittadini causata da scelte pubbliche contrarie allo sviluppo famigliare? Purtroppo sulle relazioni famigliari, anche in questo ultimo decreto di emergenza, nulla si è fatto. Pensare al futuro del paese e ricostruirlo con il passo giusto, obbligherebbe tutti, almeno un volta, a mettere al riparo le famiglie e lasciar ad altri la “coperta corta”.

Lo diceva già Alexis de Tocqueville, “famiglia, religione e interesse ‘ben-inteso sono il fondamento morale dell’autogoverno e il limite naturale al pericolo della tirannia e del paternalismo dello Stato », vale la perna rileggere le pagine de “La Democrazia in America”, in fondo quel che era evidente allora, oggi anche questo studio lo conferma: famiglie e relazioni interne, sono la roccia su cui si regge ogni solida società.

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Inghilterra “ridedicata” alla Madonna. La preghiera speciale in tempo di coronavirus

Posté par atempodiblog le 29 mars 2020

Inghilterra “ridedicata” alla Madonna. La preghiera speciale in tempo di coronavirus
Fu re Riccardo II, nel 1381, per ragioni contingenti, a dichiarare il Paese “dote” di Maria. Una eredità che il 29 marzo viene ripresa e condivisa fra i cattolici britannici. Mons. John Armitage, rettore del santuario di Nostra signora di Walsingham, racconta al Sir l’idea, nata tre anni or sono, che acquista un ulteriore significato oggi, con l’isola in “lockdown” a causa dell’epidemia. “Leggerò – confida – anche una lettera che ci ha inviato Papa Francesco”
di Silvia Guzzetti – Agenzia SIR

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Una preghiera personale alla Madonna, che ciascuno può recitare a casa propria, affidandosi alla Vergine. È stata questa idea, venuta quasi tre anni fa a mons. John Armitage, rettore di Our Lady of Walsingham (Nostra Signora di Walsingham), il santuario mariano inglese più importante, a limitare l’impatto che il coronavirus avrà sulla ridedicazione dell’Inghilterra come “dote” di Maria domenica 29 marzo. Quasi vi fosse un piano predisposto, visto che il Regno Unito è ormai in quasi completo “lockdown”, la chiusura di ogni attività produttiva e sociale non essenziale e la proibizione di uscire da casa, scattata proprio pochi giorni prima di questa importante celebrazione, avrebbero rovinato qualunque funzione. Domani, a qualche giorno dall’Annunciazione, i cattolici di Inghilterra e Galles faranno memoria di quell’atto, compiuto da Riccardo II nel 1381, con il quale il re dedicò l’Inghilterra a Maria, un titolo che nessun sovrano o parlamento ha mai rimosso neppure durante la Riforma. Alle prese con la rivolta dei contadini, insorti per le troppe tasse imposte, il famoso sovrano aveva visitato la cappella della Madonna a Westminster Abbey, nel centro di Londra, per chiedere aiuto alla Vergine alla quale poi affidò l’intero Paese, in segno di ringraziamento, perché era riuscito a fermare la ribellione.

Una Lourdes inglese. È lo stesso mons. Armitage a raccontare al Sir l’antichissima devozione mariana dell’Inghilterra dove, attorno all’anno mille, la Madonna apparse alla nobildonna sassone Richeldis de Faverches, conducendola nella sua casa di Nazareth e chiedendole di costruirne una simile proprio a Walsingham, al confine nordorientale d’Inghilterra. “Riccardo II scelse il titolo ‘dote di Maria’ per l’Inghilterra ma già dall’anno mille, dai tempi di Edoardo il confessore, si celebrava qui la festa dell’Immacolata Concezione e si parlava delle ‘gioie di Maria’, la presenza della Madonna nei momenti chiave della vita di Gesù”, spiega Armitage. “Le radici di questo culto mariano si trovano a Walsingham, luogo di un pellegrinaggio medioevale importantissimo, alla pari di Roma, Gerusalemme e Compostela, fino a che Enrico VIII rase al suolo il luogo di culto durante la Riforma. Quando sono stato nominato rettore, nel 2014, mi sono accorto che c’era il bisogno di una riscoperta del significato del titolo ‘Inghilterra dote di Maria’ e anche del messaggio che la Madonna ha voluto inviare ai fedeli in questo santuario riaperto nel 1800, l’invito a condividere la sua profondissima gioia al momento dell’Annunciazione”.

Migliaia di fedeli. È nata così l’idea di portare la statua della Madonna, una copia dell’originale, che venne bruciata e gettata nel Tamigi, ai tempi della Riforma di Enrico VIII, in ogni cattedrale d’Inghilterra così che i fedeli potessero pregare e restituire alla Vergine il Paese che re Riccardo II le aveva affidato oltre seicento anni fa. “Abbiamo cominciato da Liverpool, nel giugno di due anni fa, pregando, per tre giorni, in ogni cattedrale dove siamo stati e dove migliaia di fedeli si sono riuniti”, continua mons. John Armitage. “Non avremmo mai immaginato che il culmine delle nostre celebrazioni avrebbe coinciso con la diffusione del coronavirus. La mano di Dio ci ha davvero guidato perché ci ha consentito di concludere il nostro percorso, se facciamo eccezione per il parlamento di Westminster e la londinese Westminster Cathedral, chiesa madre del cattolicesimo inglese, dove saremmo dovuti andare proprio quando il governo britannico ha proibito gli assembramenti. Né il contagio ci ha costretti a modificare in modo significativo il nostro programma. Non abbiamo mai pensato, infatti, a una grande celebrazione per domenica 29 marzo”.

Preghiera personale. Per riconsegnare l’Inghilterra a Maria ciascun fedele reciterà una preghiera costruita attorno all’Angelus e disponibile sul sito del santuario di Walsingham (https://www.walsingham.org.uk/rededication/) nella quale si rimette a Dio la propria fede e la propria vita personale. “L’idea di questo momento personale di comunicazione con Dio, da affidare ad ogni fedele che sia interessato, mi è venuta durante il Giubileo della misericordia quando ho saputo che Papa Francesco aveva scritto ai prigionieri, spiegando loro che, anche se non potevano passare dalla porta santa di una cattedrale, le porte delle loro celle potevano svolgere la stessa funzione”, dice ancora mons. Armitage. Sarà proprio lui, da solo, a celebrare la messa alle 12, e, dopo l’omelia, a ridedicare l’Inghilterra alla Madonna con una preghiera che risale ad Erasmo da Rotterdam, uno dei tanti visitatori famosi di Walsingham. “Leggerò anche una lettera che ci ha inviato Papa Francesco”, conclude il rettore del santuario. “Da giorni abbiamo uno streaming in diretta, ventiquattro ore su ventiquattro, delle messe che celebriamo tre volte al giorno, dei momenti di adorazione e del rosario. La risposta è stata incredibile. Diecimila fedeli ci hanno seguito qualche giorno fa”.

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Due Cuori a cui consacrare la Chiesa, l’Italia e il mondo

Posté par atempodiblog le 29 mars 2020

Due Cuori a cui consacrare la Chiesa, l’Italia e il mondo
Il Papa ce lo ha indicato nella preghiera di venerdì: l’indicazione per questo tempo di prova è tornare a Dio: Gesù Crocifisso ed Eucarestia e la Madonna sono i tre pilastri a cui rivolgersi. Per questo diventa ancora più urgente che il Papa e i vescovi consacrino tutto il mondo al Sacro Cuore di Gesù e al Cuore Immacolato di Maria.
di Luisella Scrosati – La nuova Bussola Quotidiana
Tratto da: Radio Maria

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Il Santo Padre che avanza da solo, claudicante, in una piazza San Pietro deserta, sotto la pioggia battente: è l’immagine più significativa della grande prova che il mondo intero e la Chiesa stanno vivendo. Se questa prova sarà purificazione o condanna, dipenderà da noi, dalla nostra volontà di cambiare vita, di convertirci, di tornare a Dio. Da ciascuno di noi, ma anche dalla Chiesa come Corpo, che è sale della terra e luce del mondo.

Il Papa, da solo, dopo l’ascolto della Parola di Dio, si è diretto verso i pilastri della Chiesa: il Signore Gesù, crocifisso e consegnatosi a noi nell’Eucaristia, e la Santissima Vergine. Si può dire che qui ci sia tutto il programma di una vera conversione. E’ vero, «la tempesta smaschera la nostra vulnerabilità e lascia scoperte quelle false e superflue sicurezze con cui abbiamo costruito le nostre agende, i nostri progetti, le nostre abitudini e priorità»; la Chiesa stessa sta sperimentando che tanta agitazione, tanti programmi pastorali, tanti modi solo umani di andare incontro al dolore dell’uomo non resistono alla tempesta.

C’è un solo modo per farvi fronte: rivolgersi al Signore, tornare a Lui, destarlo dal sonno, nella certezza che egli è sulla barca con noi; riconoscere che, trascinati dai nostri progetti, che abbiamo sempre ritenuto geniali ed indispensabili, abbiamo finito per costringere il Signore a rincantucciarsi a poppa, nella parte posteriore della nave, anziché desiderare di vederlo a prua, per essere guidati da Lui. Ed ora, in questa fragilità, consapevoli di non esserci colpevolmente «fermati davanti ai tuoi richiami», ai richiami continui del Signore, chiediamo perdono e pietà.

Ripartiamo da qui. Ripartiamo da questo rivolgersi all’Eucaristia, al Crocifisso ed alla Madre. L’atto più umile e gradito a Dio che possiamo fare in questo momento, è consacrare la Chiesa universale, il mondo, la nostra Italia a quei due Cuori Santissimi, che sono tutta la forza e la vita della Chiesa, delle anime, del mondo. Che lo si sappia o no.

Un atto pubblico, solenne di consacrazione al Sacro Cuore di Gesù ed al Cuore Immacolato di Maria sarebbero il grande segno della vera direzione che si intende prendere, la raggiunta consapevolezza che il senso della vita della Chiesa è condurre lì, che i veri tesori della Chiesa scaturiscono da lì, che la protezione, il rifugio, la consolazione sono lì e da nessun’altra parte.

Consacrare la Chiesa, il mondo, l’Italia a questi due Cuori, significherebbe suggellare quella consapevolezza che Francesco ha espresso nella sua riflessione, e cioè che le nostre vite «sono tessute e sostenute da persone comuni – solitamente dimenticate – che non compaiono nei titoli dei giornali e delle riviste né nelle grandi passerelle dell’ultimo show ma, senza dubbio, stanno scrivendo oggi gli avvenimenti decisivi della nostra storia». E certamente lo sono tutte le persone che operano, pregano, soffrono, ma ancor più lo sono Gesù e Maria, che hanno fatto del nascondimento, dell’umiltà, della preghiera e del servizio silenzioso il pane della loro vita.

Forse è proprio per questo che noi, sempre così attratti dalle cose che appaiono, sempre attenti a dare peso solo a chi esibisce titoli e prerogative, sempre inclini ad acconsentire a ciò che più piace, secondo la logica del marketing, proprio noi, uomini e donne del XXI secolo, abbiamo bisogno di questo atto umile, ma potente.

Santo Padre, Cardinal Bassetti, voi tutti Vescovi d’Italia e del mondo, consacrate la Chiesa, il mondo, la nostra amata nazione al sacro Cuore ed al Cuore Immacolato. Imprimete una svolta nelle nostre vite, rovesciate le logiche mondane, abbattete ogni falsa sicurezza in ciò che non può salvare. Testimoniate con questo atto pubblico, davanti al mondo, dove bisogna volgere il cuore, dove trovare pace e salvezza.

«Due sono le colpe che ha commesso il mio popolo: ha abbandonato me, sorgente di acqua viva, e si è scavato cisterne, cisterne piene di crepe, che non trattengono l’acqua» (Ger. 2, 13). Duplice è la colpa che ci ha condotto nella tempesta e duplice è la strada del ritorno: tornare al Cuore di Cristo, sorgente di acqua viva, ed al Cuore Immacolato della Madre sua e nostra, che è cisterna sovrabbondante di grazia, integra, incorrotta ed incorruttibile.

Preghiamo, offriamo, agiamo perché in questo tempo martoriato, spunti una potente luce per la Chiesa e per il mondo. Facciamo sentire che c’è un popolo che attende questa consacrazione. Inviamo messaggi accorati e rispettosi ai nostri pastori: ciascuno al proprio vescovo, al Presidente della CEI, il Cardinal Bassetti (segreteria.arcivescovo@diocesi.perugia.it), al Cardinale Vicario di Roma De Donatis (vicariodiromasegreteria@vicariatusurbis.org), perché esponga la nostra richiesta al Santo Padre.

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Il Papa nel silenzio

Posté par atempodiblog le 28 mars 2020

Il Papa nel silenzio
I fuochi, l’adorazione, la benedizione in una piazza San Pietro vuota. “Da settimane – ha detto Francesco – sembra che sia scesa la sera. Fitte tenebre si sono addensate sulle nostre piazze, strade e città; si sono impadronite delle nostre vite riempiendo tutto di un silenzio assordante e di un vuoto desolante, che paralizza ogni cosa al suo passaggio: si sente nell’aria, si avverte nei gesti, lo dicono gli sguardi. Ci siamo ritrovati impauriti e smarriti. Come i discepoli del Vangelo siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa. Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca… ci siamo tutti”.
di Matteo Matzuzzi – Il Foglio
Tratto da: Radio Maria

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Nella piazza vuota c’erano solo i fuochi accesi, l’icona della Salus populi romani, il Crocifisso miracoloso di San Marcello. Poco più in là, nell’atrio della basilica vaticana, l’altare per l’adorazione. Tutto immerso nel silenzio, interrotto solo dal verso di qualche gabbiano e dalle sirene delle ambulanze. In mezzo, il Papa. Un momento di preghiera straordinario per supplicare la fine dell’epidemia che resterà nella storia. La pioggia non ha smesso un attimo di cadere sul sagrato di San Pietro, mentre si proclamava il Vangelo – “Perché avete paura? Non avete ancora fede?”, chiede Gesù agli apostoli turbati dalla tempesta di vento che aveva fatto riempire d’acqua la barca sulla quale si trovavano – e si cantavano le litanie. “Come quei discepoli, che parlano a una sola voce e nell’angoscia dicono: ‘Siamo perduti’, così anche noi ci siamo accorti che non possiamo andare avanti ciascuno per conto suo, ma solo insieme”, ha detto il Papa nella sua riflessione, tutta svolta attorno al tema della paura e della fede. “Signore, benedici il mondo, dona salute ai corpi e conforto ai cuori. Ci chiedi di non avere paura. Ma la nostra fede è debole e siamo timorosi. Però Tu, Signore, non lasciarci in balìa della tempesta”. Una supplica accorata, terminata con la concessione dell’indulgenza plenaria e la benedizione urbi et orbi, alla città di Roma e al mondo intero. In silenzio anche questa: il Papa, affaticato, benediceva con il santissimo mentre le campane della basilica suonavano a festa.

Si è scritto più volte che il dramma che stiamo vivendo sarà ricordato anche da immagini-simbolo: i volti di medici e infermieri deturpati dall’uso continuo delle mascherine alla sequela dei camion militari con il loro carico di bare destinate ai crematori. Anche l’immagine del Pontefice da solo in piazza San Pietro, al crepuscolo di un venerdì d’inizio primavera, entrerà nei libri. Come vi era già entrata del resto l’istantanea della camminata in solitaria verso San Marcello al Corso, in una Roma deserta per la serrata. E come lo era stata la benedizione dalla finestra del Palazzo apostolico, dopo l’Angelus di domenica. Sotto di lui, il vuoto.

“Da settimane – ha detto Francesco – sembra che sia scesa la sera. Fitte tenebre si sono addensate sulle nostre piazze, strade e città; si sono impadronite delle nostre vite riempiendo tutto di un silenzio assordante e di un vuoto desolante, che paralizza ogni cosa al suo passaggio: si sente nell’aria, si avverte nei gesti, lo dicono gli sguardi. Ci siamo ritrovati impauriti e smarriti. Come i discepoli del Vangelo siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa. Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca… ci siamo tutti”. Alla fine, le telecamere indugiavano sulla grande navata della basilica, tutta illuminata. E’ lì che si terranno i riti della Settimana santa e della Pasqua. Il Papa celebrerà all’altare della Cattedra, senza popolo presente. La Via Crucis, anziché al Colosseo, si svolgerà in piazza San Pietro. Rimandata la messa crismale del giovedì santo, se ne riparlerà a emergenza finita. E così faranno le altre chiese in Italia e in gran parte del mondo. In queste ore i vescovi diocesani stanno comunicando ai fedeli calendari aggiornati e misure straordinarie per le celebrazioni, tutte comunque garantite in streaming, almeno laddove i sacerdoti saranno in grado di farlo.

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La violenza domestica ai tempi del coronavirus: ​come chiedere aiuto

Posté par atempodiblog le 28 mars 2020

La violenza domestica ai tempi del coronavirus: ​come chiedere aiuto
Con le misure di contenimento, per le vittime di violenza domestica risulta difficile chiedere aiuto. Ecco i numeri utili, attivi tutti i giorni, 24 ore su 24
di Francesca Bernasconi – Il Giornale

La violenza domestica ai tempi del coronavirus: ​come chiedere aiuto dans Articoli di Giornali e News Femminicidio

L’isolamento imposto dal decreto “Io resto a casa”, rischia di generare un’emergenza nell’emergenza. In questo modo, infatti, potrebbero aumentare i casi di violenza domestica

L’isolamento e la violenza domestica
A lanciare l’allarme era stata anche la relatrice speciale delle Nazioni Unite sui diritti umani, Agnes Callamard, che aveva riflettuto sulle misure imposte dalle autorità di tutto il mondo, per combattere la diffusione del coronavirus. “Le autorità sanno o dovrebbero sapere che le misure di isolamento causeranno anche vittime tra le donne e i bambini”, aveva scritto su Twitter Callamard, sostenendo la necessità della messa a punto “un piano di emergenza”, in grado di proteggere le persone a rischio, che sono solitamente donne e bambini.

[...] anche la senatrice Pd Valeria Valente era tornata sui possibili rischi dell’isolamento domenisco, sostenendo: “In queste ore stanno diminuendo le denunce al 1522: non solo stare a casa con il proprio persecutore è pericoloso, ma può diventare più difficile, se non impossibile, chiedere aiuto”, ha detto la presidente ella Commissione del Senato di inchiesta sul femminicidio e la violenza di genere. Poi ha aggiunto: “Stiamo lavorando, con la Commissione Femminicidio per accogliere le richieste dei centri antiviolenza. Pensiamo di presentare uno o più emendamenti al decreto ‘Cura Italia’ per dotare di maggiori risorse le case che ospitano donne vittime di violenza e per mettere loro a disposizione gli strumenti necessari per il servizio di accoglienza: kit sanitari e l’aiuto di medici e infermieri per prevenire e se necessario curare il Coronavirus”.

[...] anche Save the children ha lanciato l’allarme. “L’isolamento, la convivenza forzata e l’instabilità socio-economica in questo periodo di emergenza coronavirus – spiegano- possono comportare per le donne e i loro figli e figlie il rischio di una maggior esposizione alla violenza domestica e assistita”, data la condivisione prolungata degli spazi tra le vittime e chi le maltratta. Si riducono, inoltre, le possibilità per chiedere aiuto, che erano spesso legate all’assenza del partner dall’abitazione o alle uscite delle vittime, ora ridotte, se non annullate.

Come chiedere aiuto ai tempi del coronavirus
I Centri antiviolenza nazionali garantiscono la prosecuzione dell’attività e sono disponibili 24 ore su 24, 7 giorni su 7 per consulenze telefoniche e accoglienza delle persone che hanno bisogno di aiuto. In caso di violenza domestica si può chiamare il numero nazionale 1522, sempre attivo e gratutito, con “un’accoglienza disponibile in italiano, inglese, francese, spagnolo e arabo”. È possibile anche consultare il sito “dire contro la violenza”, per individuare il centro più vicino alla vittima, per chiedere aiuto. In caso di pericolo immediato, invece, ci si può rivolgere alle forze dell’ordine o al pronto intervento, chiamando i numeri 112 (carabinieri), 113 (polizia) o 188 (emergenza sanitaria). Nonostante le restrizioni imposte dal decreto, le vittime di violenza possono uscire di casa, per recarsi in un centro o dalle forze dell’ordine e chiedere aiuto: si tratta, infatti di una situazione di necessità.

La rete antiviolenza del Comune di Milano
A Milano restano attivi i numeri di consulenza telefonica e di pronto intervento e i servizi offerti dai 9 centri operativi della città, che offrono sostegno psicologico, consulenze e aiuto nella ricerca di un’abitazione. “È sempre possibile, quando necessario, anche il collocamento in strutture protette del Comune o in Case rifugio messe a disposizione dalle 5 tra cooperative sociali e associazioni che fanno parte della rete messa in campo dal Comune”, ha spiegato l’assessore alle Politiche sociali e abitative Gabriele Rabaiotti. E ha assicurato: “Di certo non intendiamo lasciare sole le donne che vivono situazioni di conflitto e di disagio spesso proprio laddove ora sono costrette a rimanere, nel loro appartamento. I servizi quindi continuano a funzionare a pieno regime, per garantire vicinanza e aiuto concreto a chi ne ha bisogno”.

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Novena per la patria

Posté par atempodiblog le 26 mars 2020

Novena per la patria dans Fede, morale e teologia Santa-Faustina

Una volta sentii queste parole: «Va’ dalla Superiora e chiedi che ti permetta di fare ogni giorno un’ora di adorazione per nove giorni; durante questa adorazione cerca di fare la tua preghiera con Mia Madre. Prega di cuore in unione con Maria; procura inoltre in questo tempo di fare la Via Crucis».

Ottenni il permesso non per un’ora intera, ma soltanto per il tempo che avevo, dopo compiuti i miei doveri. Dovevo fare quella novena per la patria.

Il settimo giorno della novena vidi la Madonna fra cielo e terra, in una veste chiara. Pregava con le mani giunte sul petto e lo sguardo rivolto al cielo e dal suo Cuore uscivano dei raggi di fuoco, alcuni dei quali erano diretti verso il cielo, mentre gli altri coprivano la nostra terra.

Divisore dans San Francesco di Sales

Freccia dans Viaggi & Vacanze  Via Crucis del Beato Giustino M. Russolillo

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Annunciazione, quel Sì che restaura la storia

Posté par atempodiblog le 25 mars 2020

Annunciazione, quel Sì che restaura la storia
Il sì della Vergine cambia tutto. Non solo cambia la Storia, ma per così dire “restaura” la Storia che era stata compromessa con il peccato originale di Adamo ed Eva.
di Stefano Bimbi – La nuova Bussola Quotidiana
Tratto da: 
Radio Maria

Annunciazione, quel Sì che restaura la storia dans Commenti al Vangelo Annunciazione

Ogni 25 marzo ricorre la bella solennità dell’Annunciazione. Questa data non è convenzionale, ma al pari di quella del Natale, è una data storica. Infatti, recenti studi hanno accertato i turni al tempio di Gerusalemme da parte delle classi sacerdotali. Ebbene, la classe a cui apparteneva Zaccaria, il marito di Elisabetta, aveva il turno a fine settembre. Sapendo che, come ci narra il Vangelo, proprio in quel periodo l’angelo Gabriele annuncia a Zaccaria il concepimento di suo figlio Giovanni, risulta chiaro che il sesto mese di gravidanza per Elisabetta è fine marzo. Ecco quindi che sia la data dell’Annunciazione – e di conseguenza anche quella del Natale – risultano confermate storicamente.

L’Annunciazione ricorda, appunto, l’annuncio che l’arcangelo Gabriele porta a Maria: Dio l’aveva scelta per diventare la madre del Salvatore. Il sì della Vergine cambia tutto. Non solo cambia la Storia, ma per così dire “restaura” la Storia che era stata compromessa con il peccato originale di Adamo ed Eva.

È interessante notare il parallelismo tra le due donne, Eva e Maria. Ad entrambe appare un angelo: Gabriele a Maria e l’angelo decaduto (il diavolo) a Eva. In entrambi i casi è la creatura angelica a prendere l’iniziativa iniziando il discorso. “È vero che Dio ha detto: Non dovete mangiare di nessun albero del giardino?” chiede Lucifero sotto forma di serpente. Lo scopo è quello di confondere le idee a Eva facendo sembrare che Dio voglia privare di qualcosa l’umanità, mentre il divieto divino voleva preservare l’uomo dalla superbia. L’arcangelo Gabriele invece con dolcezza si rivolge a Maria dicendole “Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te”. Il messo celeste vuole infondere pace e serenità a Colei che sarà chiamata a diventare la madre di Dio.

Dimenticandosi cosa sia la prudenza, Eva ascolta la voce del seduttore e con curiosità prolunga rovinosamente la conversazione con lui. Avrebbe dovuto diffidare chi cercava di allontanarla da Dio! Maria invece, vergine prudentissima, ascolta le parole di Gabriele e si lascia interrogare dal progetto di Dio: “Ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato figlio dell’Altissimo”. Nonostante l’altezza delle promesse divine, Maria non si inorgoglisce, ma restando umile si chiede come possa avvenire questo nonostante il voto di verginità che insieme a Giuseppe aveva fatto. L’arcangelo la rassicura che “nulla è impossibile a Dio”.

Eva non mostra la stessa umiltà, ma appena l’angelo decaduto le assicura che può violare senza problemi il comandamento divino, si lascia affascinare dall’idea di diventare come Dio. L’amor proprio le fa dimenticare la riconoscenza che doveva al Creatore e con superbia afferra il frutto proibito. Al contrario di Eva, così concentrata su se stessa, Maria umilmente riconosce i diritti che Dio ha su di lei proclamandosi la serva del Signore, pronta ad eseguire la Sua Parola.

La conclusione dei due racconti la sappiamo. La disobbedienza di Eva (ed Adamo) porta ad una doppia morte: la “morte” dell’anima per il peccato che cancella la somiglianza con Dio e la morte del corpo che separato da Dio, principio di immortalità, ritornerà nella polvere da dove era stato tratto. Al contrario l’obbedienza di Maria manifesta la potenza di Dio che facendo partorire la Vergine darà al mondo il Suo Figlio per ristabilire l’ordine violato dal peccato originale.

A questo punto ci piacerebbe sapere cosa provava Maria quando sentiva “in diretta” le parole dell’arcangelo Gabriele. Possiamo a tal proposito ricordare cosa disse Maria stessa apparendo a Santa Veronica Giuliani: “Figlia mia, sappi che, quando venne l’angelo Gabriele a darmi questo annunzio da parte di Dio onnipotente, io stavo nella cognizione della mia bassezza e viltà; ed è questo l’esercizio che consegno a te. Sta sempre avvilita e annichilita sotto tutti, come vile fango e polvere”.

Quale esempio di umiltà ci dà Maria! Consigliandoci l’umiltà ci fa il più bel dono che una madre può fare ai suoi figli. Infatti, come lei stessa ricordò alla cugina Elisabetta, Dio “ha guardato all’umiltà della Sua serva, d’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata”. Infatti il Signore “ha rovesciato i potenti dai troni e ha innalzato gli umili”. L’umile Maria è diventata infatti, come ricordiamo nelle litanie lauretanee, addirittura “Regina degli angeli”. Quindi sovrana anche di quell’arcangelo Gabriele che le portò un così bel messaggio.

A questo punto comprendiamo come mai l’Annunciazione sia un fatto così importante tanto che è uno dei due momenti dell’anno liturgico, in cui nella S. Messa, durante la recita del Credo, anziché chinare soltanto il capo, come accade normalmente, ci dobbiamo inginocchiare alle parole “e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo”. La seconda volta che è prevista tale genuflessione è per la Messa di Natale. Entrambe queste feste ricordano infatti il Mistero dell’Incarnazione nei suoi due momenti determinanti (concepimento, nell’Annunciazione, e nascita, nel Natale).

In molti luoghi, ad esempio in Toscana fino al XVIII secolo, l’anno civile iniziava proprio il 25 marzo a sottolineare l’importanza di questo evento. Solo per un esigenza di uniformità fu poi abbandonato in favore del 1° gennaio che comunque era anch’essa una festa liturgica: la circoncisione di Gesù (ad otto giorni dalla nascita).

In conclusione non possiamo non ricordare che l’evento dell’Annunciazione possiamo ricordarlo ogni giorno con l’Angelus. Recitandolo all’alba, a mezzogiorno e al tramonto, nella sua semplicità e brevità, questa preghiera ha una grande efficacia nel sintonizzare i nostri pensieri con quelli di Dio mettendoci al fianco di Maria per guardare meravigliati la grandezza del progetto del Signore che si svela ogni giorno dinnanzi ai nostri occhi.

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Consacrazione, vescovi italiani: seguite il Portogallo

Posté par atempodiblog le 24 mars 2020

Consacrazione, vescovi italiani: seguite il Portogallo
I vescovi del Portogallo e della Spagna stanno compiendo un atto salvifico epocale con la Consacrazione al Sacro Cuore di Gesù e al Cuore Immacolato di Maria. Supplichiamo i nostri vescovi italiani di imitarli domani. ll Signore sta permettendo, nella sua infinita misericordia, che tocchiamo con mano la grande fragilità dell’uomo, della sua salute, dei suoi sistemi economici, delle sicurezze terrene. E lo sta facendo comprendere al mondo intero. Si tratta di un grande avvertimento, che sarebbe colpevole e foriero di conseguenze funeste non accogliere.
di Luisella Scrosati – La nuova Bussola Quotidiana

Consacrazione, vescovi italiani: seguite il Portogallo dans Articoli di Giornali e News Maria-Immacolata

In Portogallo si conserverà sempre il dogma della fede…”. Sono le ultime parole della seconda parte del segreto di Fatima, parole che da oltre un secolo fanno sì che in qualche modo si debba guardare al Portogallo con particolare attenzione, per cogliere i segnali della direzione da prendere di fronte ai tanti cambiamenti che hanno sconvolto il mondo e scosso la fede di intere nazioni. In Portogallo c’è un fenomeno molto particolare, che si registrava in Italia, ancora ai tempi di don Camillo: si può essere atei, comunisti, mangiapreti, ma quando si tira in ballo Lei, la Santissima Vergine di Fatima, si tira giù il cappello, in segno di rispetto.

Ed anche oggi, mentre c’è trepidazione per quello che sta accadendo a livello sanitario, ma ancor più per le decisioni che sono state prese a livello politico ed ecclesiale, una luce ci viene sempre da lì, dal Portogallo.

Domani, festa dell’Annunciazione della B. V. Maria, il Cardinale D. António Marto, vescovo di Leiria-Fatima, al termine del Santo Rosario che sarà pregato alle 18.30 (19.30 italiane) al Santuario di Fatima (e trasmesso qui), rinnoverà la consacrazione del Portogallo al Sacro Cuore di Gesù ed al Cuore Immacolato di Maria. E con loro ci saranno anche i vescovi spagnoli.

La prima consacrazione risale al 13 maggio del 1931, quando i vescovi, alla presenza di trecentomila fedeli, cercarono rifugio nel Cuore Immacolato per essere risparmiati dalla peste del comunismo, che stava invadendo l’Europa, in particolare la vicina Spagna. E la Madonna non fece mancare la sua speciale protezione: la guerra civile non coinvolse il Portogallo e a questa nazione furono risparmiate le devastazioni della Seconda Guerra Mondiale. La consacrazione venne rinnovata sette anni dopo, per mantenere il voto che i vescovi portoghesi avevano pronunciato nel 1936: essi avevano chiesto di essere risparmiati dai comunisti; “in cambio” avrebbero rinnovato la consacrazione, per far conoscere al mondo intero la potenza della mediazione di Maria Santissima. I vescovi portoghesi avevano preso alla lettera le parole che la Madonna aveva indirizzato a Lucia il 13 giugno 1917: «Non ti scoraggiare, Io non ti abbandonerò mai. Il Mio Cuore Immacolato sarà il tuo rifugio e la via che ti condurrà a Dio»Dio ha stabilito un rifugio, come accadde con Noè, per salvare i suoi dalle tempeste del mondo; chi entra in questo rifugio non perisce.

In quegli anni fu sotto gli occhi di tutti l’eccezionalità del Portogallo, rispetto al resto dell’Europa. Il Cardinale Cerejeira ammise candidamente che “se vediamo i due anni che sono passati dal nostro voto, non si può non riconoscere che la mano invisibile di Dio ha protetto il Portogallo, risparmiandolo dalla furia della guerra e dalla piaga del comunismo ateo”.

Il 2 dicembre 1940, in piena guerra, Suor Lucia confidò in una lettera a Pio XII la ragione per cui il Portogallo veniva preservato dalla strage: “Santo Padre, Nostro Signore concede una speciale protezione al nostro Paese in questa guerra, per via della Consacrazione della Nazione, compiuta dai prelati portoghesi, al Cuore Immacolato di Maria, come prova delle grazie che verrebbero concesse ad altre nazioni se anch’esse si consacrassero a Lei”.

La Madonna ha chiesto questa consacrazione esplicitamente anche all’Italia. Il 19 settembre 1995, sette mesi dopo le lacrimazioni di sangue, la Madonna apparve alla famiglia Gregori, dicendo: “La vostra Nazione è in pericolo… Consacratevi tutti a me, al mio Cuore Immacolato, e io proteggerò la vostra Nazione sotto il mio manto ora pieno di grazie. Ascoltatemi, vi prego, vi supplico! Io sono la vostra Madre celeste, vi prego non mi fate piangere ancora nel vedere tanti miei figli morire per le vostre colpe non accettandomi e permettendo che Satana agisca”.

Quello che leggete, allora, non è un semplice articolo, ma un accorato appello, un misero eco di quel “vi supplico!”, pronunciato dalla Madonna. Il Signore sta permettendo, nella sua infinita misericordia, che tocchiamo con mano la grande fragilità dell’uomo, della sua salute, dei suoi sistemi economici, delle sicurezze terrene. E lo sta facendo comprendere al mondo intero. Si tratta di un grande avvertimento, che sarebbe colpevole e foriero di conseguenze funeste non accogliere. Di fronte a questa situazione, che ci ha colto tutti d’improvviso, Dio ci tende ancora una volta una mano, ci offre un rifugio: il Cuore Immacolato di Sua Madre.

I vescovi del Portogallo stanno compiendo un atto salvifico epocale: chiediamo, supplichiamo i nostri vescovi italiani di imitarli. Al più presto. E’ soprattutto ai nostri Pastori che questo aiuto del Cielo è indirizzato: afferrino questa mano materna, che li potrà trarre fuori dalla situazione difficile in cui ci troviamo e che sta paralizzando la vita della nostra Chiesa italiana. Lasciamo da parte le dispute teologiche e i ragionamenti umani e, con semplicità e candore, obbediamo alla richiesta di nostra Madre.

Uniamoci il 25 marzo alle 19.30 italiane alla preghiera del Santo Rosario che verrà pregato a Fatima e all’atto di consacrazione. Consacriamo noi stessi, le nostre famiglie, le nostre parrocchie, le nostre città e imploriamo la Madonna perché tocchi i cuori e le menti dei nostri Vescovi, perché anche loro compiano questo atto dal quale potrà dipendere la vita e salvezza eterna di milioni di persone.

Cuore Immacolato di Maria, intercedi per noi.

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Papa Francesco: Angelus, il 27 marzo “momento di preghiera” sul sagrato della basilica di San Pietro “con la piazza vuota”. Il 25 marzo il Padre Nostro con tutti i capi delle Chiese cristiane

Posté par atempodiblog le 22 mars 2020

Papa Francesco: Angelus, il 27 marzo “momento di preghiera” sul sagrato della basilica di San Pietro “con la piazza vuota”. Il 25 marzo il Padre Nostro con tutti i capi delle Chiese cristiane
di M.Michela Nicolais – Agenzia SIR

Papa Francesco: Angelus, il 27 marzo “momento di preghiera” sul sagrato della basilica di San Pietro “con la piazza vuota”. Il 25 marzo il Padre Nostro con tutti i capi delle Chiese cristiane dans Articoli di Giornali e News Benedizione

“In questi giorni di prova, mentre l’umanità trema per la minaccia della pandemia, vorrei proporre a tutti i cristiani di unire le loro voci verso il Cielo”. È l’appello del Papa, che al termine dell’Angelus trasmetto in diretta streaming dalla Biblioteca apostolica vaticana ha invitato “tutti i Capi delle Chiese e i leader di tutte le Comunità cristiane, insieme a tutti i cristiani delle varie confessioni, a invocare l’Altissimo, Dio onnipotente, recitando contemporaneamente la preghiera che Gesù Nostro Signore ci ha insegnato”.

“Invito dunque tutti a farlo parecchie volte al giorno, ma tutti insieme recitare il Padre Nostro mercoledì prossimo 25 marzo a mezzogiorno”, la proposta nel dettaglio: “Nel giorno in cui molti cristiani ricordano l’annuncio alla Vergine Maria dell’Incarnazione del Verbo, possa il Signore ascoltare la preghiera unanime di tutti i suoi discepoli che si preparano a celebrare la vittoria di Cristo Risorto”.

“Con questa medesima intenzione, venerdì prossimo 27 marzo, alle ore 18, presiederò un momento di preghiera sul sagrato della Basilica di San Pietro, con la piazza vuota”, ha annunciato Francesco: “Fin d’ora invito tutti a partecipare spiritualmente attraverso i mezzi di comunicazione. Ascolteremo la Parola di Dio, eleveremo la nostra supplica, adoreremo il Santissimo Sacramento, con il quale al termine darò la Benedizione Urbi et Orbi, a cui sarà annessa la possibilità di ricevere l’indulgenza plenaria”.

“Alla pandemia del virus vogliamo rispondere con la universalità della preghiera, della compassione, della tenerezza”, ha spiegato il Papa: “Rimaniamo uniti. Facciamo sentire la nostra vicinanza alle persone più sole e più provate”.

“La nostra vicinanza – ha proseguito Francesco a braccio – ai medici;  vicinanza agli operatori sanitari, agli infermieri, alle infermiere, ai volontari; vicinanza alle autorità, che devono prendere misure dure ma per il nostro bene. Vicinanza ai poliziotti, ai soldati che per le strade cerano di mantenere sempre l’ordine, perché si compiano le cose che il Governo chiede di fare per il bene di tutti noi. E vicinanza a tutti”.

Infine, la “vicinanza alle popolazioni della Croazia colpite questa mattina da un terremoto”: “Il Signore Risorto dia loro la forza e la solidarietà per affrontare questa calamità”.

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Un grande manto di misericordia in quest’ora di crisi

Posté par atempodiblog le 22 mars 2020

Un grande manto di misericordia in quest’ora di crisi
Intervista con il cardinale Penitenziere sull’indulgenza plenaria e le possibili assoluzioni collettive
di Andrea Tornielli – L’Osservatore Romano

Un grande manto di misericordia in quest’ora di crisi dans Articoli di Giornali e News Madre-di-Misericordia

«Un grande manto di misericordia viene steso su tutti coloro che desiderano riceverla». Così il cardinale Penitenziere maggiore Mauro Piacenza, in questa intervista con i media vaticani, illustra il decreto sull’indulgenza plenaria offerta in occasione dell’emergenza per la pandemia.

Può spiegare qual è l’origine del decreto sull’indulgenza in questo momento di emergenza per il Covid 19?
La legge suprema della Chiesa è la salvezza delle anime. La Chiesa sta al mondo per annunciare il Vangelo e per offrire i sacramenti, cioè la sovrabbondanza di doni e di grazia divina che sono messi a disposizione di tutti. È evidente a ciascuno di noi la crisi che stiamo attraversando in questo momento, purtroppo ormai in tanti Paesi del mondo. Viviamo in una situazione di emergenza: ci sono ospedali che rischiano di non poter più accogliere i malati, ci sono malati costretti a vivere isolati e purtroppo anche a morire senza il conforto e la vicinanza dei propri cari, ci sono malati ai quali manca la vicinanza di un sacerdote per l’unzione degli infermi e la confessione. Ci sono tantissime persone in quarantena e intere città la cui popolazione deve rimanere chiusa in casa a motivo delle norme per contenere il contagio emanate dalle autorità.

Quali sono le necessità più urgenti?
La straordinarietà di questo tempo richiede provvedimenti straordinari per aiutare, per essere vicini, per confortare, per assistere, per non far mancare mai a nessuno la carezza di Dio di fronte alla sofferenza e alla prospettiva della morte imminente. Per questo la Penitenzieria, agendo al servizio del Papa e con la sua autorità, ha emanato il decreto sulle indulgenze.

Può elencare le peculiarità di questo provvedimento?
Innanzitutto si offre l’indulgenza plenaria a tutti gli ammalati affetti dal Coronavirus che si trovano negli ospedali o in quarantena a casa. La offre anche, alle stesse condizioni, agli operatori sanitari, ai familiari e a quanti assistono i malati. Ancora, l’indulgenza è offerta anche per tutti coloro che, in occasione di questa pandemia, pregano affinché cessi, pregano quanti stanno soffrendo e per quanti il Signore ha chiamato a sé.

Quali sono le condizioni per ricevere il dono dell’indulgenza?
Sono molto semplici. Ai malati e a chi li assiste è chiesto di unirsi spiritualmente, là dove è possibile attraverso i mezzi di comunicazione, alla celebrazione della Messa o alla recita del Rosario o alla Via Crucis o ad altre forme di devozione. Se questo non è possibile, è chiesto di recitare il Credo, il Padre Nostro e un’invocazione a Maria. A tutti gli altri, a chi offre preghiere per le anime dei defunti, per chi soffre, e invoca la fine della pandemia, è chiesto — ove sia possibile — una visita al Santissimo Sacramento o l’adorazione eucaristica. Oppure, ancora, la lettura delle Sacre Scritture per almeno mezz’ora, o la recita del Rosario o la Via Crucis. Come è evidente a tutti, la recita delle preghiere e la lettura della Bibbia possono essere fatte senza muoversi da casa, e dunque nel pieno rispetto delle norme per contrastare la diffusione del contagio.

E chi si trova in punto di morte?
Coloro che sono in punto di morte e non possono ricevere l’Unzione degli infermi, né confessarsi, né comunicarsi, vengono affidati alla Misericordia divina. A ciascuno di loro è donata l’indulgenza plenaria, purché siano debitamente disposti e abbiano recitato abitualmente durante la loro vita qualche preghiera. Come si vede, un grande manto di misericordia viene steso su tutti coloro che desiderano riceverla.

Il decreto della Penitenzieria parla sempre di malati colpiti dal Coronavirus. Questo significa che l’indulgenza non è offerta agli altri ammalati?
Ricordiamoci sempre del bene delle anime: il decreto presenta provvedimenti straordinari dovuti all’emergenza generale che stiamo vivendo. Si estende a tutti gli ammalati, perché tutti gli ammalati ricoverati oggi negli ospedali vivono in un modo o nell’altro le conseguenze dell’emergenza per la pandemia.

Parliamo del sacramento della confessione. Sono possibili altre forme rispetto a quella individuale, a tu per tu con il sacerdote?
L’assoluzione collettiva, senza la confessione individuale, può essere sempre data in imminente pericolo di morte, oppure in casi — recita il Codice di diritto canonico — di “grave necessità”. Come Penitenzieria Apostolica abbiamo chiarito che, soprattutto nei luoghi maggiormente interessati dal contagio e fino a quando il fenomeno non sarà rientrato, ricorrono i casi di grave necessità. E dunque i vescovi diocesani, per il bene delle anime, possono prendere decisioni in questo senso, come pure possono farlo nei casi di necessità improvvisa i sacerdoti, preavvertendo il loro vescovo o informandolo quanto prima dopo aver amministrato il sacramento. Si possono pensare assoluzioni collettive alle porte dei reparti degli ospedali dove si trovano fedeli contagiati in pericolo di morte, coinvolgendoli per quanto possibile.

Che cosa può dire sulla confessione individuale?
Raccomandiamo che, ove avvenga, sia sempre celebrata nel pieno rispetto delle norme per contenere il contagio, e dunque a debita distanza con l’uso di mascherine, ovviamente sempre preservando il segreto sacramentale. Ma vorrei ricordare qui, come ha fatto anche il Santo Padre nell’omelia della Messa di Santa Marta venerdì 20 marzo, l’importanza dell’atto di contrizione, quando si è impossibilitati a confessarsi. È una possibilità citata dal Catechismo della Chiesa cattolica: l’esame di coscienza e la recita dell’Atto di dolore, una vera contrizione accompagnata dal proposito di non peccare più e di recarsi al confessionale non appena sarà possibile, sono graditi a Dio, ci riconciliano con lui e ottengono il perdono dei peccati.

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Nuova fase del piano della Regina della pace

Posté par atempodiblog le 20 mars 2020

Nuova fase del piano della Regina della pace
di padre Livio Fanzaga – Radio Maria

Nuova fase del piano della Regina della pace dans Apparizioni mariane e santuari Mirjana-Medjugorje

La veggente Mirjana ha avuto la sua ultima apparizione quotidiana il 25 dicembre del 1982. In quell’occasione la Madonna le ha dato un rotolo con scritti i dieci segreti, che dovranno essere rivelati al mondo, tre giorni prima che accadano, da un Sacerdote da lei scelto. In quell’occasione la Madonna ha detto che sarebbe apparsa a Mirjana ogni 18 di Marzo, fino al termine della sua vita. Così è stato anche il 18 Marzo 2020.

Successivamente il 2 febbraio del 1987 la Madonna ha rivelato a Mirjana che le sarebbe apparsa ogni 2 del mese per pregare per i non credenti. Infatti è proprio il 2 di febbraio che la Chiesa celebra la festa della Presentazione di Gesù al Tempio, quando si legge la profezia di Simeone, riguardo al rifiuto di credere in Gesù da parte di molti, come della spada che avrebbe trapassato l’anima della Madre. Da allora la Madonna, per ben 33 anni, ha iniziato una straordinaria evangelizzazione rivolta in particolare ai non credenti, a “coloro che non conoscono l’amore di Dio”, la maggioranza dei quali sono dei battezzati che hanno perso la fede.

Nessuno, neppure Mirjana, sapeva quanto sarebbe durata questa iniziativa della Madonna. Ebbene, al termine della apparizione del 18 marzo 2020, la Regina della pace ha rivelato che non sarebbe più apparsa il 2 del mese. Si tratta di una decisione di grande importanza, che indica una nuova fase del piano di Maria e l’avvicinarsi del tempo dei segreti, dei quali Mirjana stessa è depositaria.

Nel frattempo però tre veggenti (Marija, Ivan e Vicka) hanno ancora le apparizioni quotidiane e ad essi la Madonna dà i messaggi, in particolare a Marija ogni 25 del mese. Essi devono ancora ricevere il decimo segreto, prima che incominci la loro rivelazione al mondo.

Attraverso la veggente Vicka la Madonna ha assicurato l’apparizione quotidiana ad uno di questi tre veggenti fino alla fine dei segreti. Le apparizioni quotidiane della Madonna, continueranno quindi fino al raggiungimento del tempo di pace per tutta l’umanità.

In questo suo ultimo messaggio a Mirjana la Madonna ci chiama ad aiutarla a cambiare il mondo e far vincere il suo Cuore Immacolato. Tocca a noi farlo testimoniando la Verità e l’Amore che vengono da Dio.

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Qualunque cosa fai al prossimo, la fai a Gesù

Posté par atempodiblog le 20 mars 2020

Qualunque cosa fai al prossimo, la fai a Gesù dans Citazioni, frasi e pensieri Medici

[...] Gesù che mi ha detto: «Figlia Mia, Mi hai procurato una gioia più grande facendoMi quel servizio, che se avessi pregato a lungo». Ho risposto: «Ma, Gesù mio, io non ho fatto il servizio a Te, ma a quel malato». Ed il Signore mi ha risposto: «Si, figlia Mia, qualunque cosa fai al prossimo, la fai a Me».

Santa Faustina Kowalska

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La preghiera del cristiano davanti al dramma che stiamo vivendo

Posté par atempodiblog le 19 mars 2020

La preghiera del cristiano davanti al dramma che stiamo vivendo
“Se le circostanze vi impediscono di andare in Chiesa, sappiate comunque che nessuno può impedirvi di rivolgervi a Dio e chiedere il suo aiuto in questo momento di grande prova”
del Card. Robert Sarah – Il Foglio

La preghiera del cristiano davanti al dramma che stiamo vivendo dans Articoli di Giornali e News Preghiere

Cari amici,
Sono felice di unirmi a voi con queste righe per incoraggiarvi a pregare di più, senza demordere. Pregate con un cuore traboccante di amore e carità, un cuore riconciliato con Dio e con i nostri fratelli e le nostre sorelle.

Se le circostanze o le disposizioni civlli o ecclesiastiche determinate dal coronavirus vi impediscono di andare in Chiesa semplicemente per incontrare il Signore o per partecipare all’Eucaristia, sappiate comunque che nessuno, assolutamente nessuno, può impedirvi di rivolgervi a Dio e chiedere il suo aiuto in questo momento di grande prova. Ricordate le parole che Gesù ci rivolge nella Terza domenica di Quaresima: “Credimi, donna, è giunto il momento in cui né su questo monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre… Ma è giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; perché il Padre cerca tali adoratori. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità” (Gv 4,21-24).

E’ ora, in questo momento in cui il coronavirus opprime i popoli del mondo interno, che dobbiamo rivolgerci con più intensità, fiducia e verità verso Dio, per affidarci alla sua tenerezza di Padre e alla Santissima Vergine Maria, in modo che ci copra e ci protegga con il suo manto materno. San Paolo ce lo raccomanda quando scrive ai cristiani di Efeso, e anche a noi: “Pregate inoltre incessantemente con ogni sorta di preghiere e di suppliche nello Spirito, vigilando a questo scopo con ogni perseveranza e pregando per tutti i santi” (Ef 6,18).

Insieme, con un cuore solo e un’anima sola e uniti nella stessa fede, alziamo le mani a Dio e preghiamo. Affidiamo a lui il mondo e la sua Chiesa. Il suo cuore si addolcirà e ci salverà.

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