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La campagna social #JeNeSuisPasUnVirus. “Sono cinese, ma non sono un virus”

Posté par atempodiblog le 22 février 2020

La campagna social #JeNeSuisPasUnVirus. “Sono cinese, ma non sono un virus”
L’appello pubblicato su Twitter da Lou Chengwang è diventata una campagna social, per lottare contro la psicosi generata dal coronavirus, ai danni degli asiatici
Tratto da: HuffPost

La campagna social #JeNeSuisPasUnVirus. “Sono cinese, ma non sono un virus” dans Articoli di Giornali e News Io-non-sono-un-virus

“Sono cinese, ma non sono un virus. Capisco che tutti abbiano paura, ma non abbiate pregiudizi, per favore”.

È cominciata così. Con una foto su Twitter e un foglio di carta in mano. “Je ne suis pas un virus”, recita la scritta sul foglio, diventata poi un hashtag: io non sono un virus. L’appello pubblicato da Lou Chengwang è diventata una campagna social, per lottare contro la psicosi generata dal coronavirus, ai danni degli asiatici.

Lo slogan è un richiamo al “Je suis Charlie”, lanciato nel 2015 dopo l’attentato terroristico di Parigi. Dalla Francia si leva un nuovo coro, per mettere fine agli episodi di razzismo e intolleranza di cui sono vittime i cinesi in questi giorni.

L’Associazione dei giovani cinesi di Francia (Ajcf) ha denunciato una serie di episodi iniziati da quando i media hanno cominciato a parlare del fenomeno.  Offese, battute, insulti, pregiudizi, alimentati anche dai media: il quotidiano regionale “Le Courrier Picard”, alcuni giorni fa titolava in prima pagine “Allarme giallo”.

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Coronavirus: Indicazioni e comportamenti da seguire

Posté par atempodiblog le 22 février 2020

Coronavirus: Indicazioni e comportamenti da seguire

  • Rivolto a: Cittadini

    Coronavirus: Indicazioni e comportamenti da seguire dans Articoli di Giornali e News STOP-Coronavirus

Che cos’è
Il Coronavirus identificato a Wuhan, in Cina, per la prima volta alla fine del 2019 è un nuovo ceppo virale che non è stato precedentemente mai identificato nell’uomo. È stato chiamato SARS-CoV-2 e la malattia respiratoria che provoca Covid-19.

Quali sono i sintomi?
Come altre malattie respiratorie, il nuovo coronavirus può causare sintomi lievi come raffreddore, mal di gola, tosse e febbre, oppure sintomi più severi quali polmonite e difficoltà respiratorie.

Cosa fare in caso di sintomi
Coloro che riscontrano sintomi influenzali o problemi respiratori non devono andare in pronto soccorso, ma devono chiamare il numero 112 che valuterà ogni singola situazione e spiegherà che cosa fare. Per informazioni generali chiamare 1500, il numero di pubblica utilità attivato dal Ministero della Salute.

Il nuovo coronavirus colpisce solo le persone anziane o anche i più giovani?
Le persone più suscettibili alle forme gravi sono gli anziani e quelle con malattie croniche come il diabete e le malattie cardiache.

Le azioni attivate
Regione Lombardia ha attivato tutte le misure preventive necessarie e la task force regionale sta operando in stretto contatto con il Ministero della Salute e con la Protezione Civile.

Per scongiurare la diffusione del virus, nella serata del 21 febbraio,  il Ministro della Salute, Roberto Speranza e il Presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, hanno firmato un’ordinanza contenente indicazioni preventive per 10 Comuni lombardi: Codogno, Castiglione d’Adda, Casalpusterlengo, Fombio, Maleo, Somaglia, Bertonico, Terranova dei Passerini, Castelgerundo e San Fiorano.

Previeni l’infezione seguendo alcune semplici regole

1. Lavati spesso le mani
Il lavaggio e la disinfezione delle mani sono decisivi per prevenire l’infezione.
Le mani vanno lavate con acqua e sapone per almeno 20 secondi.
Se non sono disponibili acqua e sapone, è possibile utilizzare anche un disinfettante per mani a base di alcol al 60%.
Lavarsi le mani elimina il virus.

2. Evita il contatto ravvicinatocon persone che soffrono di infezioni respiratorie acute
Mantieni almeno un metro di distanza dalle altre persone, in particolare quando tossiscono o starnutiscono o hanno la febbre, perché il virus è contenuto nelle goccioline di saliva e può essere trasmesso a distanza ravvicinata.

3. Non toccarti occhi, naso e bocca con le mani
Il virus si trasmette principalmente per via respiratoria, ma può entrare nel corpo anche attraverso gli occhi, il naso e la bocca, quindi evita di toccarli con le mani non ben lavate.
Le mani, infatti, possono venire a contatto con superfici contaminate dal virus e trasmetterlo al tuo corpo.

4. Copri bocca e naso se starnutisci o tossisci
Se hai un’infezione respiratoria acuta, evita contatti ravvicinati con le altre persone, tossisci all’interno del gomito o di un fazzoletto, preferibilmente monouso, indossa una mascherina e lavati le mani. Se ti copri la bocca con le mani potresti contaminare oggetti o persone con cui vieni a contatto.

5. Non prendere farmaci antivirali né antibiotici a meno che siano prescritti dal medico
Allo stato attuale non ci sono evidenze scientifiche che l’uso dei farmaci antivirali prevenga l’infezione da nuovo coronavirus (SARS-CoV-2). Gli antibiotici non funzionano contro i virus, ma solo contro i batteri. Il SARS-CoV-2 è, per l’appunto, un virus e quindi gli antibiotici non vengono utilizzati come mezzo di prevenzione o trattamento, a meno che non subentrino co-infezioni batteriche.

6. Pulisci le superfici con disinfettanti a base di cloro o alcol
I disinfettanti chimici che possono uccidere il nuovo coronavirus (SARS-CoV-2) sulle superfici includono disinfettanti a base di candeggina / cloro, solventi, etanolo al 75%, acido peracetico e cloroformio.
Il tuo medico e il tuo farmacista sapranno consigliarti.

7. Usa la mascherina solo se sospetti di essere malato o assisti persone malate
L’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda di indossare una mascherina solo se sospetti di aver contratto il nuovo coronavirus, e presenti sintomi quali tosse o starnuti, o se ti prendi cura di una persona con sospetta infezione da nuovo coronavirus (viaggio recente in Cina e sintomi respiratori).

Uso della mascherina
Aiuta a limitare la diffusione del virus,ma deve essere adottata in aggiunta ad altre misure di igiene quali il lavaggio accurato delle mani per almeno 20 secondi.
Non è utile indossare più mascherine sovrapposte.

8. I prodotti MADE IN CHINA e i pacchi ricevuti dalla Cina non sono pericolosi
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato che le persone che ricevono pacchi dalla Cina non sono a rischio di contrarre il nuovo coronavirus, perché non è in grado di sopravvivere a lungo sulle superfici. A tutt’oggi non abbiamo alcuna evidenza che oggetti, prodotti in Cina o altrove, possano trasmettere il nuovo coronavirus (SARS-CoV-2).

9. Gli animali da compagnia non diffondono il nuovo coronavirus
Al momento, non ci sono prove che animali da compagnia come cani e gatti possano essere infettati dal virus.
Tuttavia, è sempre bene lavarsi le mani con acqua e sapone dopo il contatto con gli animali da compagnia.

10. Contatta il numero verde 1500 per maggiori informazioni
Il Ministero della Salute ha attivato il numero di pubblica utilità 1500.

Cosa-fare-in-caso-di-sintomi-CORONAVIRUS dans Coronavirus

Domande e risposte
Per ulteriori informazioni consulta le domande e le riposte del Ministero della Salute o chiama il numero di pubblica utilità 1500.

Fonte: Regione Lombardia

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Il coronavirus, Santa Giacinta di Fatima e San Giovanni Bosco

Posté par atempodiblog le 22 février 2020

Il coronavirus, Santa Giacinta di Fatima e San Giovanni Bosco
La diffusione della infezione da coronavirus ci fa giustamente molto paura, ci mette angoscia. Tutta la nostra fiducia nelle nostre capacità tecniche e nella potenza della scienza viene velata dal dubbio. Eppure nel passato vi sono state pestilenze e santi. Cosa ci hanno insegnato?
Ecco un articolo di Donal Anthony Foley, pubblicato su The Wandererche ci parla di  Santa Giacinta di Fatima e San Giovanni Bosco nella traduzione di Sabino Paciolla

di Sabino Paciolla – Il blog di Sabino Paciolla

Tutta la nostra confidenza in Maria dans Citazioni, frasi e pensieri San-Giovanni-Bosco

Per una di queste curiose coincidenze, l’attuale minaccia del coronavirus cinese è venuta alla ribalta proprio mentre si celebra il centenario della morte di Santa Giacinta di Fatima, una morte che può essere attribuita alle complicazioni derivanti dalla pandemia di influenza spagnola che afflisse il mondo tra il gennaio 1918 e il dicembre 1920. Si pensa che questa malattia abbia contagiato fino a 500 milioni di persone in tutto il mondo e abbia causato tra i 50 e i 100 milioni di morti.

Santa Giacinta è stata l’esempio perfetto di come comportarsi di fronte alla morte in giovane età. La Madonna le aveva detto che avrebbe dovuto andare in due ospedali ma non sarebbe stata curata, piuttosto avrebbe sofferto di più per amore di Dio, per la conversione dei peccatori e per rimediare ai peccati contro il Cuore Immacolato di Maria.

Dopo aver sopportato un dolore costante e un’operazione per rimuovere due costole malate con il solo anestetico locale, Giacinta finalmente morì il 20 febbraio 1920. In questo, la giovane santa ci ha lasciato un esempio meraviglioso dell’importanza della conformità alla volontà di Dio, in quanto era disposta ad accettare la morte particolare che Egli voleva per lei, indipendentemente da quanto potesse essere solitaria e dolorosa.

L’insorgenza del coronavirus, invece, anche se forse pericolosa, non è necessariamente mortale, anche se ci sono stati migliaia di casi confermati durante l’attuale epidemia, e centinaia di persone sono di fatto morte. Coloro che lo contraggono soffrono di una grave infezione respiratoria e hanno sintomi che includono febbre e tosse secca.

La malattia si sta diffondendo rapidamente, ma al momento non è possibile dire se diventerà un fenomeno mondiale come l’influenza spagnola. Ma data l’interconnessione del mondo moderno, c’è sicuramente la possibilità che ciò accada.

Dobbiamo sperare e pregare sinceramente che non sia così, ma la possibilità fa sorgere la domanda: cosa possiamo fare se diventa più grave, non solo dal punto di vista pratico ma anche con mezzi spirituali?

Per quanto riguarda le questioni pratiche, è ovviamente ragionevole seguire i più recenti consigli medici, e prendere precauzioni prudenti per evitare l’esposizione al virus – laddove possibile.

Ma possiamo anche combattere le malattie minacciose in senso spirituale, come nel caso di San Giovanni Bosco nel XIX secolo.

Questo santo incredibile, il cui Oratorio e altre opere avevano sede a Torino, nel nord Italia, è stato il fondatore dei Salesiani, un ordine dedicato all’educazione dei giovani. Fu una delle figure spirituali più alte della sua epoca, un miracolato e un fidato confidente dei Papi Pio IX e Leone XIII. Era particolarmente noto per la sua profonda devozione alla Santa Vergine, sotto il titolo di “Maria Ausiliatrice”.

Prima dell’avvento della medicina moderna, il colera era una malattia particolarmente pericolosa e spesso mortale, e il santo aveva infatti profeticamente detto ai suoi ragazzi, nel maggio 1854, che Torino sarebbe stata colpita da un’epidemia; ma li confortava dicendo che se avessero fatto come diceva lui sarebbero stati al sicuro. Il consiglio che diede loro era semplice ma alla fine molto efficace: evitare il peccato, indossare una medaglia benedetta della Beata Vergine e ricorrere alla preghiera.

Proprio come aveva predetto, nel luglio 1854 in Italia scoppiò il colera. I sintomi e le conseguenze scoraggianti di questa malattia divennero presto evidenti, cioè vomito e dolori addominali, diarrea, crampi muscolari e, cosa più spaventosa di tutte, un tasso di mortalità molto elevato, fino al sessanta per cento.

Non appena Torino iniziò a essere colpita dalla malattia, Don Bosco adottò misure precauzionali, tra cui la pulizia di tutta la casa e la riduzione del numero di letti in ogni stanza. Ma andò oltre e, inginocchiato davanti all’altare, offrì la sua vita, se necessario, purché i suoi alunni potessero essere risparmiati da questo flagello.

Le autorità istituirono ospedali di fortuna, i lazzaretti, nel tentativo di far fronte alla malattia, ma trovarono molto difficile assumere personale, tale era la paura generale del colera.

La sera di sabato 5 agosto, festa della Madonna della Neve, parlò ai suoi alunni, sottolineando il potere della Madonna nel combattere la malattia, sia che fosse dovuta al contagio naturale, sia che si trattasse di una pestilenza mandata da Dio per punire il popolo per i suoi peccati. Parlò anche di come Lei fosse una sostenitrice immensamente potente, la Madre di Misericordia, che solo lei poteva aiutarli.

Soprattutto, disse ai suoi ragazzi che la migliore protezione era quella di fare una buona confessione e poi ricevere degnamente la Santa Comunione, e continuò dicendo che se si fossero messi in stato di grazia, e non avessero commesso peccato mortale, promise che nessuno di loro sarebbe stato colpito dalla malattia. Questa promessa ebbe un impatto enorme e il comportamento dei ragazzi divenne esemplare.

Devozione instancabile
Poi don Bosco e i suoi sacerdoti si impegnarono nella cura delle vittime della malattia in loco, e decise di chiedere ancora di più ai suoi alunni. Parlò loro in modo commovente dello stato di miseria a cui erano ridotte molte vittime del colera, e di come alcuni di loro erano morti perché non c’era nessuno che si occupasse di loro. Spiegò quanto fosse caritatevole impegnarsi in questo lavoro, anche a rischio personale, e finì chiedendo volontari tra loro perché aiutassero in quell’opera di misericordia. Il risultato fu che più di quaranta dei suoi ragazzi si offrirono volontari.

Furono rapidamente istruiti sui loro compiti e, mettendosi sotto la cura della divina Provvidenza, si misero al lavoro nelle condizioni più difficili che si potesse immaginare. Furono divisi in quattro gruppi e furono loro affidati quattro compiti: di aiutare nei lazzaretti; aiutare le vittime nelle loro case; cercare le persone che erano state abbandonate dai loro parenti, e un ultimo gruppo era di turno all’oratorio, aspettando giorno e notte per sapere dove sarebbe stato necessario il loro prossimo intervento.

Don Bosco era un grande esempio per tutti loro con la sua instancabile devozione ai malati e ai moribondi, ma i ragazzi dovevano comunque superare una grande ripugnanza nell’affrontare le vittime dell’epidemia, che spesso si contorcevano per il dolore e le terribili convulsioni, con schiuma alla bocca.

Questo andò avanti per oltre due mesi e lasciò i ragazzi completamente esausti, ma alla fine il peggio dell’epidemia di colera passò, e proprio come aveva promesso don Bosco, nessuno dei ragazzi prese la malattia.

La lezione che ci viene poi impartita dall’epidemia di colera a Torino nel 1854 è sicuramente che il miglior antidoto al coronavirus, o a qualsiasi altra simile minaccia per la salute, è quello di rimanere in uno stato di grazia, di pregare con fervore, e in particolare di avere una vera devozione alla Santa Vergine – espressa praticamente nell’indossare una medaglia benedetta a Lei dedicata, come la medaglia miracolosa.

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Armani: «Le donne stuprate dagli stilisti. Io difendo la loro libertà»

Posté par atempodiblog le 22 février 2020

Armani: «Le donne stuprate dagli stilisti. Io difendo la loro libertà»
Lo stilista dopo la sua sfilata di Emporio: «Le tendenze, che grande sciocchezza».
di Paolo Pollo – Corriere della Sera

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«Evitiamo il ridicolo. Poi noi diciamo che le donne sono stuprate in un angolo. Ma le donne continuano ad essere stuprate dagli stilisti e mi ci metto anche io. Trovo sia indegno». La frase forte è di Giorgio Armani durante l’incontro con i giornalisti dopo la sfilata di Emporio. Subito dopo aver parlato di libertà di vestire ma di uso sempre del buon senso, lo stilista ha commentato così. A chi gli chiedeva spiegazioni sulla riflessione forte, lui ha continuato e motivato: «Per esempio, la signora che vede un manifesto con seni e sedere fuori su di una pubblicità gigantesca, pensa “anche io voglio mostrarmi così”. Ecco per me questo significa violentare le donne ad essere quello che non vogliono o che non gli si addice».

Ma il commento ha suscitato non poche reazioni che hanno stupito Armani che al suo staff ha ribadito il senso delle sue parole estrapolandolo dalle cronache. E cioè che è una violenza imporre alle donne di vestire con le tendenze, perché capita, anche troppo spesso, che diventino “ridicole”. «Le tendenze per me non esistono, non sono niente – sostiene Armani – ognuno faccia quello che sa fare. Bisogna cercare di migliorare la donna che vive adesso. Celebrare quelle del passato non mi appartiene. Quindi smettiamola con queste tendenze che non solo non ci sono, ma anche non ci devono essere. Non ci sto più. Ho la mia età e posso permettermi di dirlo. Evitiamo di rendere la gente ridicola».

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Don Luigi Giussani: il suo sguardo penetrava l’anima

Posté par atempodiblog le 22 février 2020

Don Luigi Giussani: il suo sguardo penetrava l’anima
Celebrazioni in tutto il mondo in memoria del carismatico fondatore di Comunione e Liberazione, innovativo educatore, instancabile animatore sociale, scomparso 15 anni fa a Milano. Il ricordo di don Julián Carrón, presidente della Fraternità di CL e successore di don. Luigi Giussani alla guida del movimento.
di Roberta Gisotti – Vatican News

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“Cercava la bellezza e ha trovato Cristo” e da questo incontro ha tratto la linfa vitale per entusiasmare generazioni di giovani dal dopoguerra ad oggi, a 15 anni dalla sua morte a Milano, arrivata dopo una lunga e sofferta malattia, il 22 febbraio del 2005, all’età di 83 anni. Nato a Desio, nella Brianza, a nord di Milano, figlio di Beniamino disegnatore e intagliatore, socialista e di Angelina, operaia tessile, cattolica; a soli 11 anni, Luigi Giovanni Giussani, entra nel Seminario minore di Venegono. Sacerdote a 23 anni, chiede di insegnare religione al liceo statale Berchet, lo fa per 13 anni, poi diviene ordinario di Teologia all’Università cattolica di Milano, cattedra che mantiene fino al 1990.

Il rapporto vitale con gli studenti
E’ nel clima studentesco, a cavallo degli anni ’50-’60 pieno di fervori, che il giovane don Luigi getta le basi per la nascita del movimento di Comunione e Liberazione, proprio nelle scuole superiori, dove già operava – collegata all’Azione cattolica – Gioventù Studentesca, che prende slancio dagli insegnamenti del giovane sacerdote sul senso religioso e la ragionevolezza della fede, sulla pedagogia di Gesù nel rivelarsi e sulla natura della Chiesa come continuità di presenza di Cristo nella storia. Sono anni di rinnovato attivismo dei giovani cattolici, che impatteranno poi nella contestazione sessantottina, che indurrà diversi di loro ad abbandonare l’esperienza cristiana per aderire al Movimento studentesco.

Nasce Comunione e Liberazione
I tempi sono maturi per rilanciare l’impegno originale dei giovani cattolici in una proposta educativa incentrata sulla fede cristiana, che prosegue durante l’intero arco della vita, non si esaurisce ma si rinnova sempre nell’ascolto del Vangelo e si approfondisce in ogni ambito della vita quotidiana. Con questo intento nasce nel 1969 il nome di Comunione e Liberazione, movimento che si diffonderà ben presto in tutti gli spazi sociali, scuola, università, parrocchie, fabbriche e altri luoghi di lavoro, spesso sfidando contesti culturalmente e politicamente ostili.

L’espansione tumultuosa del movimento
Un cammino segnato negli anni ’70-‘80 da un’espansione tumultuosa del movimento in Italia e all’estero. Oggi CL è presente in una novantina di Paesi nei cinque continenti, senza che sia richiesta ai membri alcuna adesione formale. “Ho giocato tutto sulla libertà”, ricordava spesso don Luigi, che pure non ignorava i rischi e le derive possibili per il Movimento, in senso intellettuale, organizzativo, politico, richiamando continuamente la ‘vera natura’ di CL: la fede vissuta nella comunione quale fondamento dell’autentica liberazione dell’uomo.

Valorizzare il vero, il bello, il buono, il giusto
Illuminanti le sue parole, l’anno prima della morte, quando chiariva come avesse inteso il suo ruolo di ‘educatore al cristianesimo’: “Non solo non ho mai inteso ‘fondare’ niente, ma ritengo che il genio del Movimento che ho visto nascere sia di avere sentito l’urgenza di proclamare la necessità di ritornare agli aspetti elementari del cristianesimo, vale a dire la passione del fatto cristiano come tale nei suoi elementi originali, e basta. E forse proprio questo ha destato possibilità imprevedibili di incontro con personalità del mondo ebraico, musulmano, buddista, protestante e ortodosso, dagli Stati Uniti fino alla Russia, in un impeto di abbraccio e di valorizzazione di tutto ciò che di vero, di bello, di buono e di giusto rimane in chiunque viva un’appartenenza”.

La Scuola di Comunità e la Fraternità
Tra le realtà più rilevanti nate intorno al Movimento, sono la Scuola di comunità e la Fraternità di Comunione Liberazione, Associazione riconosciuta dalla Chiesa universale nel 1982, che vede l’impegno dei membri a vivere la fede come cammino nella santità, secondo il metodo trasmesso da don Giussani. Oggi conta oltre 65 mila fedeli nel mondo.

Il Meeting di Rimini e il Banco Alimentare
Grande popolarità in Italia hanno riscosso due iniziative che vedono il coinvolgimento di centinaia di migliaia di volontari che animano il Meeting di Rimini, dedicato ogni anno al dibattito pubblico su tematiche di attualità che interpellano la società civile e la comunità ecclesiale e il Banco Alimentare che raccoglie generi alimentari e recupera le eccedenze della produzione agricola e industriale per distribuirle a strutture caritative sparse sul territorio.

L’entusiasmo e l’inesauribile carisma del fondatore
Una vita intensa di preghiera, di impegni sociali, di viaggi, di incontri in tutto il mondo, di inesauribile carisma ed entusiasmo per ogni espressione dell’arte. A soli sette anni dalla scomparsa, nel 2012 si è aperta causa di beatificazione e canonizzazione di don Luigi Giussani, la cui tomba nel Cimitero monumentale di Milano è meta di devozione e preghiera da parte di tantissimi che lo hanno conosciuto, hanno apprezzato la sua opera pastorale ed hanno beneficiato delle sue innegabili doti umane e spirituali. Tra questi è don Julián Carrón, il suo successore alla guida del movimento di Comunione e Liberazione, presidente della Fraternità di CL, docente di teologia all’Università cattolica di Milano.

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