• Accueil
  • > Archives pour le Mercredi 5 février 2020

In dialogo con il Signore, 25 meditazioni inedite di san Josemaría

Posté par atempodiblog le 5 février 2020

In dialogo con il Signore, 25 meditazioni inedite di san Josemaría
Tratto da: OPUS DEI

In dialogo con il Signore, 25 meditazioni inedite di san Josemaría dans Libri in-dialogo-con-il-signore-san-josemaria-opus-dei

Una raccolta di testi inediti di san Josemaría è stata pubblicata dalle edizioni Ares. La riflessione sulla filiazione divina e l’amore per Dio e per la Chiesa, sono solo alcuni temi di queste meditazioni.

Vi offriamo il testo integrale della meditazione Freccia dans Viaggi & Vacanze “Ora che comincia l’anno”

Publié dans Libri, San Josemaria Escriva' de Balaguer | Pas de Commentaire »

Sanremo, Fiorello e la fede buona solo per far ridere

Posté par atempodiblog le 5 février 2020

Sanremo, Fiorello e la fede buona solo per far ridere
Apertura del Festival di Sanremo subito discutibile: Fiorello entra dalla platea in talare, facendo la caricatura di un prete. Ma nella discutibilità della gag risalta un dato di fatto: la fede, i sentimenti religiosi, i cattolici sono ridotti a macchietta.
di Tommaso Scandroglio – La nuova Bussola Quotidiana

Sanremo, Fiorello e la fede buona solo per far ridere dans Articoli di Giornali e News Fiorello-in-talare

Entra dalla platea ed entra in talare. È Fiorello che apre così il Festival di Sanremo. Con la sua usuale verve affascina il pubblico osannante: «Buonasera fratelli e buonasera sorelle! In questo mondo c’è bisogno di pace! Scambiatevi il segno di pace. Datevi la mano un con l’altro. Fatelo sul serio». Poi spiega il motivo del suo abbigliamento: «Questo è il festival delle polemiche e bisogna iniziare con qualcosa di veramente forte. Questo non è un abito blasfemo, ma un abito di scena. Dovevamo iniziare con qualcosa di potente. Questo è l’abito originale di Don Matteo». Lo sketch si conclude con Fiorello e tutto il pubblico che cantano “Amadeus” sulle note dell’alleluia.

Fiorello, pleonastico a dirsi, è un genio dello spettacolo. Ma ai geni si deve perdonare di meno che alle very normal people proprio a motivo del loro genio. Il primo commento, quello più epidermico e dettato dalle viscere, è intuitivo per  i lettori della Bussola: Fiorello ha preso in giro la Chiesa, i sacerdoti, la fede. “Lo facesse con l’islam con tanto di Kufi in testa o scimmiottasse il cohen ebraico!”, a qualcuno scapperebbe da dire. Il Rosario Tindaro nazionale lo sa ed è per questo che ha tirato fuori la foglia di fico dell’abito di scena per coprire alcune pudenda che in realtà hanno visto milioni di spettatori.

Però se facciamo tacitare per un attimo le nostre viscere, ci accorgiamo di un fatto quasi banale. Fiorello inconsapevolmente ci ha confermato in una verità tanto lapalissiana che non riusciamo nemmeno più a vederla: la Chiesa, la fede, i sentimenti religiosi, etc. vanno bene ormai solo per far ridere. I cattolici sono ridotti a macchiette. La religione cattolica sopravvive nella mente dei più come una tenue eco di qualcosa di assolutamente alieno con la vita di ogni giorno, buona solo per strappare sbadigli, sdegnose riprovazioni (sagrestia per molti fa rima solo con pedofilia) o risate se ci mette del suo un comico.

Già il fatto che Fiorello si presenti in talare la dice lunga. Quanti sono i sacerdoti in talare? Lo zero virgola. Però nell’immaginario collettivo il sacerdote è in talare. Fiorello stimola l’immaginario collettivo e dunque la talare ha una sua ragion d’essere. Però – e qui sta il punto – si tratta ormai solo di un simbolo, di una icona, di una suggestione visiva senza più nessun aggancio con il reale. Siamo perciò oltre alla satira del sacro. Il sacro è ridotto né più né meno ad un espediente di scena, ad un canovaccio teatrale, ad un topos comico, ad una maschera, così come in Shakespeare c’è il buffone e la prostituta. Perciò non prendetevela cari cattolici, nulla di personale. La talare è solo un pretesto, appunto «un abito di scena», come ha ricordato il Nostro.

E dunque Fiore ci può prendere in giro perché i cattolici che vivono la loro fede in talare – ossia seriamente – sono pressoché estinti. Quindi numericamente innocui e di certo quei pochi esistenti non siedono nella stanza dei bottoni. Gli altri, i cattolici con il maglioncino grigio topo, plaudono festanti al dileggio festivaliero cantando “Amadeus” sulla melodia dell’alleluia parrocchiale. Tanto sono solo canzonette, si dirà.

Publié dans Articoli di Giornali e News, Fede, morale e teologia, Riflessioni | Pas de Commentaire »

Il fondatore dei Vincenziani del Kerala verso la santità: p. Varkey Kattarath è Servo di Dio

Posté par atempodiblog le 5 février 2020

Il fondatore dei Vincenziani del Kerala verso la santità: p. Varkey Kattarath è Servo di Dio
Questa mattina la cerimonia nella casa generalizia della Congregazione, in Kerala. I membri della congregazione svolgono apostolato caritatevole in campo educativo e sociale, aiutano i poveri nel loro sviluppo integrale. Il carisma dei Vincenziani è essere partecipi dello spirito di Cristo.
della Redazione di AsiaNews

Il fondatore dei Vincenziani del Kerala verso la santità: p. Varkey Kattarath è Servo di Dio dans Articoli di Giornali e News Varkey-Kattarath

New Delhi (AsiaNews/Agenzie) – Il Kerala ha un nuovo figlio sulla via degli altari: è p. Varkey Kattarath, fondatore della Congregazione vincenziana, società di vita apostolica della Chiesa siro-malabarese. Egli è stato dichiarato Servo di Dio oggi, durante una cerimonia nella casa generalizia della congregazione a Edappally, alla periferia di Kochi.

P. Sebastian Thundathikunnel, attuale superiore generale, riporta che il “Vaticano ha dato il via libera alla richiesta presentata dalla Congregazione vincenziana, dalla diocesi di Ernakulam-Angamaly e dal Sinodo siro-malabarese”. Poi ha aggiunto: “In un momento in cui la parola rinascita è usata da tutti, p. Kattarath è stato un vero divulgatore di rinascita. Sarà pur stato ordinato vicario parrocchiale, ma nel suo cuore rimaneva un monaco”.

P. Kattarath nasce a Poonjar, nel distretto di Kottayam, nel 1851. Nel 1904 mons. Mar Louis Pazheparampil, primo vicario apostolico di Ernakulam, chiede al monaco e a tre sacerdoti diocesani – di fondare una società di vita apostolica sul modello della Congregazione della missione di san Vincenzo de’ Paoli. La società, dopo una fase di stallo negli anni della Prima guerra mondiale, viene ricostituita nel 1927 a Thottakam Kovantha. Nel 1938 diventa ufficiale con il nome di “Vincentian Congregation”, qualche anno dopo la morte del fondatore avvenuta nel 1931.

Il carisma dei Vincenziani è essere partecipi dello spirito di Cristo, attivi nelle opere della Chiesa, vivere e invitare a un intimo e personale amore con il Padre, accettare il volere della Divina Provvidenza, e amare in maniera ardente e compassionevole i più poveri. Il carisma della società si realizza predicando la Parola di Dio, attraverso le opere missionarie tra i fedeli di ogni credo. I membri della congregazione svolgono apostolato caritatevole in campo educativo e sociale, aiutano i poveri nel loro sviluppo integrale. Nel 1968 il Vaticano ha concesso il riconoscimento di diritto pontificio. Oggi i Vincenziani sono oltre 600 tra ordinati e novizi. In India ci sono 87 case e centri pastorali in 33 diocesi. Sono diffusi 11 Paesi a livello mondiale, tra cui Australia, Tanzania, Nuova Zelanda, Italia, Svizzera e Stati Uniti.

Publié dans Articoli di Giornali e News, Fede, morale e teologia, Stile di vita | Pas de Commentaire »