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Malattie rare: card. Turkson, “prendersi cura dei malati facendoli sentire parte dinamica della società”

Posté par atempodiblog le 29 février 2020

Malattie rare: card. Turkson, “prendersi cura dei malati facendoli sentire parte dinamica della società”
di Gianni Borsa – Agenzia SIR

Malattie rare: card. Turkson, “prendersi cura dei malati facendoli sentire parte dinamica della società” dans Articoli di Giornali e News Tweet-Papa

“La Giornata delle malattie rare pone l’accento quest’anno sull’equità e su condizioni più eque per le persone colpite da queste patologie. Nel mondo sono oltre 300 milioni le persone con una malattia rara, un numero considerevole che non può essere ignorato e che merita attenzione”: è quanto si legge nel messaggio del prefetto del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale, card. Peter Kodwo Appiah Turkson, in occasione della XIII Giornata delle malattie rare, che ricorre oggi. “Le malattie rare sono spesso difficili da diagnosticare e, il più delle volte, i malati colpiti da queste patologie e le loro famiglie vivono nello stigma, nella solitudine e con un senso di impotenza, spesso esasperato dalle difficoltà ad avere un trattamento specifico per la patologia rara e un’assistenza adeguata. Purtroppo, questa situazione si percepisce ancora più grave in tutti quei Paesi in cui il sistema sanitario risulta essere più vulnerabile”. Turkson ricorda “che il diritto fondamentale alla salute e alla cura attiene al valore della giustizia e che la diseguale distribuzione delle risorse economiche, soprattutto nei Paesi a basso reddito, non permette di garantire una giustizia sanitaria che tuteli la dignità e la salute di ogni persona, specialmente le più bisognose e povere”.

L’impatto delle malattie rare “sulla vita quotidiana dei nuclei famigliari è dirompente sia da un punto di vista psichico, emotivo, fisico ed economico. Spesso suppliscono all’assenza o alla carenza di assistenza sanitaria e di assistenza sociale. La malattia rara, infatti, coinvolge tutti gli aspetti della vita della famiglia”. È importante, rileva il porporato, studiare “attività, in sinergia con i vari attori presenti sul territorio, che possano valorizzare il potenziale dei malati rari, in quanto, a volte, il malato può avvertire una carenza di umanità proprio perché ‘nella malattia la persona sente compromessa non solo la propria integrità fisica, ma anche le dimensioni relazionali, intellettiva, affettiva, spirituale; e attende perciò, oltre alle terapie, sostegno, sollecitudine, attenzione… insomma, amore’” (Papa Francesco, Messaggio per la Giornata mondiale del malato, 11 febbraio 2020). “Sarebbe veramente bello – riprende il cardinale – se tutti insieme, accanto ai familiari, agli operatori sanitari, sociali, pastorali e ai volontari, in uno spirito di fraternità, ci prendessimo cura dei nostri fratelli e sorelle affette da una malattia rare, integrando le cure mediche con attività e impegni sociali che li facciano sentire parte dinamica della società”.

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Le tentazioni di Gesù nel deserto

Posté par atempodiblog le 29 février 2020

Le tentazioni di Gesù nel deserto
Tratto da: L’ora di Satana (L’attacco del Male al mondo contemporaneo) di Padre Livio Fanzaga con Diego Manetti, Ed. Piemme

Le tentazioni di Gesù nel deserto dans Anticristo Cristo

Se Gesù è il nuovo Adamopossiamo dire che nell‘episodio delle tentazioni del deserto è come se la nuova umanità celebrasse in Cristo la prima vittoria sul Demonio, in virtù di quella grazia divina che rende possibile, per ogni uomo che la domandi, il resistere agli assalti satanici. In Gesù tentato vediamo però anche le nostre tentazioni, quasi come se i Vangeli offrissero una sintesi di quelle prove cui l’umanità tutta è sottoposta da Satana quando questi tenta di blandirne il cuore. Vorrei dunque chiederti di esaminarle nello specifico, per metterne in rilievo il valore di esemplarità rispetto alla vita di ogni uomo.

Intanto bisogna tener presente che le tre tentazioni hanno un filo conduttore, poiché Satana le ha ben preparate, le ha elaborate con calma. Non è che Gesù Cristo va nel deserto e lui lo tenta subito: no, aspetta! Per quaranta giorni Gesù prega e ha fame. Il Nemico studia bene l’avversario e i punti deboli e solo dopo parte all’attacco. Il Diavolo sa benissimo che questo è il Messia, e allora cosa fa? Gli confezione su misura tre tentazioni con cui poterlo sviare dal disegno messianico, verso una prospettiva unicamente terrena, svincolata dal messianismo del servo sofferente, sciolta dal disegno del Padre, che vuole che il Figlio, nell’umiltà e nell’obbedienza, porti su di sé i peccati del mondo fino all’annientamento di se stesso. Questa è l’ottica delle tre tentazioni: offrire a Gesù il miraggio di un trionfo politico e umano.

Entrando poi nello specifico delle tre tentazioni, quella del pane è la più importante, a mio parere, perché mette bene in evidenza, nella risposta di Gesù, come non di solo pane viva l’uomo (Lc 4, 4). Mentre tutte le culture passate – di tutti i tempi e di tutte le religioni- hanno sempre ritenuto che l’uomo avesse due dimensioni, essendo dotato di corpo ma anche di anima, e quindi che avesse fame del pane, ma anche di assoluto, di verità, di vita eterna, di immortalità, oggi all’opposto la cultura dominante ci vuole presentare l’uomo in una prospettiva ridotta, monca, come un semplice animale. Destinato dunque a soddisfare solo i desideri della carne e gli istinti più bassi. Certo, vi sono istinti più raffinati –la gloria, il potere, gli onori- ma in ultima analisi sempre di “carne” in senso paolino si tratta (Rm 8, 6-7). La filosofia di vita su cui si fonda questa opzione per la carne è quella secondo cui l’esistenza umana sarebbe limitata all’orizzonte terreno, per cui essendo “tutto qui”, tanto varrebbe godersi la vita. Citando magari a conferma di questa opzione esistenziale proprio una frase della Bibbia: “Polvere tu sei e in polvere ritornerai” (Gen 3, 19), deformandone il significato – ecco l’opera di Satana l’Ingannatore! – nel senso di ridurre la vita alla sola prospettiva intramondana e dunque al solo desiderio di pane terreno. E così oggi la gente non pensa più alla vita eterna. Ecco perché nei messaggi dati a Medjugorje la Regina della Pace non si stanca di ricordarci che la vita terrena passa e solo l’eternità resta, spronandoci a tendere al Cielo che è l’unica meta della nostra vita! Cioè la Madonna stessa sta lottando contro la tentazione di concepire la vita come un’avventura mondana, dove l’uomo si nutre delle cose di questo mondo e poi sparisce. Ma Gesù ci dice :”Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio” (Mt 4,4), ricordandoci con ciò che l’uomo è stato creato con un’anima immortale, che l’uomo è capace di cibarsi della Verità di Dio, dell’Amore di Dio, e che l’immortalità oltre la morte è il nostro destino. Questa certamente è la più attuale delle tre tentazioni.

La seconda tentazione – quella per cui Satana, condotto Gesù sul pinnacolo del tempio, lo sfida: “Se tu sei il Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti: “Ai suoi Angeli darà ordini a tuo riguardo, ed essi ti porteranno nelle loro mani, perché il tuo piede non inciampi in una pietra” (Mt 4,6)- rappresenta un pericolo assai diffuso nel mondo contemporaneo, e apparentemente in contraddizione con la visione intramondana di cui dicevamo prima: è la tentazione di voler sfidare Dio a dare prova di essere veramente Dio, è il desiderio e la pretesa di vedere segni e miracoli. In fondo, mancando oggi la vera fede, non restano che i falsi profeti, i quali faranno prodigi e portenti, dice Gesù, capaci di ingannare molti (Mt 24, 24). Bisogna pensare che dietro a tutto questo c’è Satana, poiché l’Anticristo verrà con potenza diabolica, facendo cose strepitose, e ingannerà molti. La seconda tentazione la vedo dunque come una messa in guardia contro i falsi profeti, anticipando un tema che percorre variamente il Nuovo Testamento, fino all’Apocalisse (Ap 13), laddove si parla della Bestia che sale dal mare, del falso profeta che ha il volto di pecora ma la voce di drago, della falsa religione, dei falsi segni, che sono spettacolari – gèttati giù dal tempio!- ma fini a se stessi. Mentre il miracolo di Gesù esprime la compassione, l’amore, la pietà di Dio, i degni di Satana sono spettacolari, sono quelli che attirano, che incantano e , nella cornice dell’impostura anticristica, si moltiplicano, e la gente crede, si lascia attirare, si fa ingannare,  e questa seconda tentazione ha preso il volto di una delle bestie dell’Apocalisse, che vedremo meglio più avanti. Indubbiamente, per vincere questa tentazione, oggi ci vuole molta attenzione, ci vuole molto discernimento spirituale, bisogna vigilare e pregare, e pregare, e soprattutto non allontanarci mai dal vero profeta, che è il papa, vicario di Cristo.

In merito al discernimento degli spiriti e dei segni, bisogna sempre tener presente un insegnamento che ricaviamo da San Giovanni della Croce, nella Salita al monte Carmelo. Questo dottore conduce un attento esame di tutti i fenomeni mistici e arriva a dire che tutti possono essere imitati da Satana – che, in quanto imitatore è detto anche la “scimmia” di Dio-, tutti tranne uno: l’unico fenomeno mistico che il Diavolo non riesce a imitare sono i tocchi dello Spirito Santo sulla punta dell’anima, sono i tocchi divini, sono i baci d’amore interiori, fenomeno mistico così profondo che il maligno non riesce a riprodurlo. Però ricordiamo che tutti gli altri fenomeni mistici possono essere perfette imitazioni diaboliche. Basta ricordare il proliferare di veggenti che si ebbe a Lourdes dopo le prime: erano almeno cinquanta, e un caso risultò così verosimile che il primo biografo di Lourdes, Jean-Baptiste Estrade, diceva: ma questa qui è ancora migliore di Bernadette! Questo – altri casi che potrei citarvi – solo per dirvi che sono tempi in cui il demonio si dà molto da fare con segni e prodigi che cercano di imitare quelli veri ma che, per lo natura, hanno dentro qualcosa di satanico, che solo con il discernimento si può mascherare.

Parlando di falsi profeti e di falsi segni, ecco che torna ancora la figura di Satana come Ingannatore. A questo punto penso che si possa dunque esaminare la terza tentazione di Gesù nel deserto, quella in cui il Diavolo lo sfida ad adorarlo come Dio, come vertice assoluto di quella menzogna e di quell’inganno che costituiscono le trame più profonde delle tentazioni diaboliche contro il Figlio di Dio e contro l’umanità.

Con la terza tentazione (Lc 4, 5 – 8) si entra decisamente nell’orizzonte dell’inganno anticristico – che la Chiesa Cattolica chiama impostura anticristica – che percorre tutta la storia della Chiesa fino alla cosiddetta “massima impostura anticristica” (CCC 675-677). Quest’ultima consiste nell’abiura della verità, nell’illusione che l’uomo possa salvare se stesso con le sue sole forze, per cui l’uomo indica se stesso come Dio e immagina di salvarsi come Dio, rischio dal quale Benedetto XVI ha messo più volte in guardia fin dall’inizio del suo pontificato. La stessa prospettiva dell’uomo che crede di essere il padrone del mondo è in realtà uno strumento del demonio. Si tratta cioè di un’illusione, con la quale il diavolo inganna l’uomo, lo allontana da Dio, per far sì che adori il “Principe di questo mondo”. Insomma, la terza tentazione denuncia proprio l’illusione anticristica anticipando quella società anticristica in cui l’uomo che vuole fare a meno di Cristo dice: i padroni del mondo siamo noi, Dio non c’è, c’è solo l’uomo; l’uomo capisce, è intelligente, ha la potenza, sa salvare se stesso. Ma così facendo la società che rifiuta Dio si prepara a diventare strumento del Principe delle tenebre e ad adorare il Principe di questo mondo.

Esaminando le tre tentazioni, vorrei ancora precisare come quello delle tentazioni di Gesù nel deserto sia un discorso ‘aperto’ – “dopo aver esaurito ogni tentazione, il Diavolo si allontanò da Lui fino al momento fissato” (Lc 4,13) –, non concluso, poiché Satana avrebbe cercato di tentare Gesù successivamente, in particolare in vista della Passione. Ma intanto Gesù ha conquistato una prima vittoria nel deserto, poiché ha respinto il falso messianismo, confermandosi il servo sofferente di Jahvé, che porta la croce nell’umiltà, nel compimento della volontà del Padre, fino alla Passione che Gesù ha affrontato liberamente e che anzi ha desiderato. E nella Passione Gesù accetta fino in fondo il piano del Padre, che ha voluto che il Figlio fosse il servo sofferente, che porta su di sé tutti i peccati degli uomini, che li espia con il suo amore, che li brucia con il suo amore e con la sua obbedienza. Infondo, tutto il peccato del mondo consiste nel disamore, nel disprezzo, nella disobbedienza e nel rifiuto di Dio. Queste sono le radici di tutti i peccati dell’umanità. Gesù, nel suo cuore, con la sua umiltà, con la sua obbedienza al Padre, con il suo amore per il Padre e per gli uomini, con il suo perdono, ha bruciato tutto il male del mondo, ha bruciato tutti i peccati del mondo.

La redenzione è avvenuta nel cuore di Cristo. Cristo è il braciere in cui tutto il peccato, tutto l’odio, il disamore del mondo sono stati bruciati. Ecco quindi il profondo valore redentivo della vittoria di Cristo sul tentatore nel deserto: vincendo Satana, Gesù ha respinto un messianismo terreno di autoglorificazione, scegliendo e accettando di essere il servo sofferente che dentro di sé, con la sua umiltà e con il suo amore, ha bruciato i peccati del mondo per cui in quel cuore noi tutti troviamo la salvezza.

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Due virologi. «Non è la peste, ma neanche l’influenza. Ecco perché»

Posté par atempodiblog le 28 février 2020

Due virologi. «Non è la peste, ma neanche l’influenza. Ecco perché»
Lettera di due docenti di Veterinaria agli studenti: «Il principio di precauzione, se applicato bene, non sarà mai apprezzato abbastanza». L’invito a diffondere informazioni scientifiche sui rischi
Tratto da: Avvenire

Due virologi. «Non è la peste, ma neanche l'influenza. Ecco perché» dans Articoli di Giornali e News corona-virus

Molte informazioni sul coronavirus che circolano in rete e in tante trasmissioni tv sono spesso incomplete e contraddittorie. Con le università chiuse, due virologi, Sergio Rosati e Luigi Bertolotti, professori presso il Dipartimento di Scienze Veterinarie a Torino, hanno inviato via WhatsApp un appello ai propri studenti, invitandoli a essere parte attiva nella comunicazione. Un prezioso contributo di chiarezza che merita di essere rilanciato.

Care studentesse e cari studenti,

come virologi del Dipartimento di Scienze Veterinarie sentiamo il dovere di esprimere e farvi conoscere la nostra opinione su quanto sta accadendo sul nostro territorio. Chi di voi ha già frequentato le nostre lezioni di virologia e malattie virali conosce l’approccio che utilizziamo quando vi parliamo delle infezioni epidemiche e di quali strategie i virus adottano per sfruttare la popolazione animale e mantenersi in natura.

Abbiamo a che fare con un virus ad RNA con una forte propensione a mutare ed adattarsi. L’origine è sicuramente animale ed il pipistrello è la specie serbatorio più probabile (alberga numerosi betacoronavirus fra cui quello da cui ha originato il virus della SARS). È probabile che sia passato all’uomo già da un po’ di tempo e si sia adattato (abbia imparato) proprio attraverso le mutazioni, ad essere trasmesso nel circuito interumano. Il salto di specie garantisce ad un nuovo virus un notevole vantaggio verso la popolazione suscettibile. L’uomo quindi rappresenta una opportunità formidabile perché rappresenta una specie abbondante, che vive in promiscuità ed è sprovvisto di memoria immunologica. I coronavirus del raffreddore sono degli alfacoronavirus e condividono ben poco del Covid 2019 in termini di cross-protezione. Quindi non è attesa in tempi brevi una riduzione della virulenza. Solo quando l’immunità di popolazione avrà raggiunto un certo livello, allora il virus comincerà ad essere trasmesso con maggiore difficoltà e tenderanno ad aumentare le forme lievi, croniche o asintomatiche. Notate che queste sono già presenti nella maggior parte degli infetti ma abbiamo ancora un 15-20% di infetti che sviluppano forme gravi che richiedono l’ospedalizzazione.

Una caratteristica di questo virus è quella di essere molto contagioso. Il legame con il recettore cellulare è venti volte più forte rispetto al virus della SARS. Inoltre presenta siti per le proteasi cellulari simili a quelli dei virus influenzali associati a peste aviare ad alta patogenicità (furin-like) quindi potenzialmente in grado di dare forme a maggior tropismo tissutale, essendo queste proteasi espresse in molti tessuti.

Quindi per concludere il virus non è la peste nera ma non è neanche una banale influenza e vi spieghiamo perché:

1) L’influenza stagionale ha una mortalità di circa lo 0,1%, non banale, ma la popolazione è in gran parte immune (per pregresse infezioni, parzialmente cross-protettive verso le nuove varianti e per la vaccinazione). In un tale contesto il virus influenzale serpeggia fra la popolazione e colpisce una frazione minoritaria delle persone senza incidere in modo significativo sulla forza lavoro di un paese.

2) SARS-Cov2 è un virus nuovo. Non abbiamo memoria immunologica o immunità di gregge. In tali casi il virus, senza misure di controllo, avrebbe un andamento epidemico, arrivando ad interessare una larga fascia della popolazione recettiva (dove il denominatore è tutta la popolazione italiana) prima di cominciare a rallentare la progressione. Questo significa che, anche in assenza di forme gravi, una gran parte della popolazione in età lavorativa, sarebbe bloccata per settimane con immaginabili ripercussioni sull’economia nazionale. Quindi ben vengano le misure di restrizione attualmente in uso per arginare almeno i principali focolai epidemici.

3) Covid 2019 causa forme gravi che richiedono il ricovero nel 15% dei casi. Si tratta di polmoniti che vengono curate in terapia intensiva per diversi giorni con l’ausilio della respirazione assistita. Quindi poco importa se la categoria a rischio di decesso siano gli over settantenni, con tutto il rispetto per i nostri vecchi. Anche i quarantenni o i cinquantenni (una parte cospicua della forza lavoro) avrebbe necessità della stessa terapia. Provate a chiedervi quanti letti per terapia intensiva ci sono nelle province italiane e quanti di questi sono già giustamente occupati da pazienti che hanno subito operazioni chirurgiche, traumi, ustioni ecc. Da qui la necessità di applicare tutte le misure utili ad arginare l’espandersi dei focolai epidemici, anche se vengono percepite come eccessive.

L’appello che facciamo agli studenti che hanno già maturato una sensibilità e coscienza sulle misure di lotta alle malattie degli animali è quella di fare tesoro delle vostre conoscenze ed essere parte attiva nella comunicazione del rischio, senza allarmare eccessivamente ma senza sottovalutare il problema.

Vi sarete accorti che non tutti i virologi che quotidianamente affollano le trasmissioni televisive la pensano allo stesso modo. Questo è assolutamente normale (la scienza è democratica fra gli scienziati e sensibilità e approcci diversi sono il sale del dibattito scientifico). La verità è che nessuno conosce come andrà a finire. Il principio di precauzione, se applicato bene, non sarà mai apprezzato abbastanza, se il problema sanitario poi non si verifica. Mentre una sottovalutazione del pericolo, in presenza di un’epidemia fuori controllo, farebbe scoppiare la rivoluzione. La difficoltà di prendere la giusta decisione è un sottile filo che lega questi due estremi.

di Sergio Rosati e Luigi Bertolotti
Professore ordinario (Malattie infettive degli animali) e professore associato, Dipartimento di Scienze Veterinarie, Università di Torino

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Trump: primo discorso delle Ceneri di un presidente Usa

Posté par atempodiblog le 28 février 2020

Trump: primo discorso delle Ceneri di un presidente Usa
Per la prima volta un presidente degli Stati Uniti ha tenuto un discorso il Mercoledì delle Ceneri sulla Quaresima e lo ha fatto, non come atto privato, ma come atto ufficiale. La scelta di Donald J. Trump è di importanza cruciale, non solo perché a capo della prima potenza mondiale, ma perché torna a identificare gli Usa come nazione cristiana
di Marco Respinti – La nuova Bussola Quotidiana

Trump: primo discorso delle Ceneri di un presidente Usa dans Articoli di Giornali e News Tramp

«E la luce brillò nelle tenebre e/ contro il Verbo il mondo inquieto ancora/ mulinava attorno al centro del Verbo silenzioso». Quando, nel 1930, T.S. Eliot (1888-1965) pubblicò il poema Ash Wednesday, «Mercoledì delle Ceneri», mai più si sarebbe immaginato che una delle rappresentazioni più plastiche e concrete di quei suoi versi lancinanti sarebbe stato il presidente del Paese che il poeta si era lasciato alle spalle, gli Stati Uniti d’America, e tra tutti i presidenti certamente il più improbabile.

Nel mondo cristiano mercoledì 26 è iniziata la Quaresima con il rito dell’imposizione delle ceneri e il capo del Paese più importante del mondo, Donald J. Trump, ha segnato l’evento sul calendario della storia inviando al proprio Paese e al mondo intero un messaggio. Non era mai successo. «Melania e io auguriamo a tutti di vivere il Mercoledì delle Ceneri come un giorno di pace e di preghiera», ha scritto il presidente. «Per i cattolici e per molti altri cristiani, il Mercoledì delle Ceneri segna l’inizio del periodo quaresimale che si conclude con la gioiosa celebrazione della domenica di Pasqua. Oggi milioni di cristiani saranno marcati sulla fronte con il segno della croce. L’imposizione delle ceneri è un invito a vivere il tempo della Quaresima digiunando, pregando e impegnandosi in gesti di carità. Questa tradizione potente e sacra ci ricorda la mortalità che ci accomuna, l’amore di Cristo che salva e la necessità di pentirci accettando più pienamente il Vangelo. Ci uniamo dunque in preghiera a tutti coloro che osservano questo giorno santo e auguriamo loro un cammino quaresimale di preghiera. Durante questo periodo benedetto possiate avvicinarvi di più a Dio nella fede».

Poche parole, essenziali, che parlano dell’essenziale. Dio, la preghiera, la penitenza, la riconciliazione, il trionfo della Risurrezione. Bellissime. Ma non è solo qui la bellezza intrinseca delle parole di Trump. Il supplemento di bellezza nelle parole di Trump è che Trump quelle parole le abbia scritte. Per diversi motivi. Anzitutto perché Trump dà la fede come un dato normale di realtà. Dagli albori del genere umano fino a grosso modo l’Illuminismo l’ateismo non è mai esistito. Al massimo era il passatempo di qualche intellettualoide borghese che per vincere la noia si sforzava di stupire il prossimo. Oggi invece la fede, almeno in Occidente, sembra una cosa da marziani. Trump ribalta dunque tutto, ricominciando daccapo.

Secondo, perché non lo fa da privato, ma da presidente, e del Paese più potente del mondo. Il suo messaggio è stato diramato ufficialmente dalla Casa Bianca come tutti gli atti ufficiali del presidente. Ora, nessuno è tenuto giudicare la fede personale di Trump, ma la sua fede pubblica è un altro dato potente di realtà.

Terzo, la fede pubblica mostrata dal presidente è la fede cristiana. Gli Stati Uniti si sono concepiti come Paese cristiano sin dall’inizio. Possono avere sbagliato, ma questo è quello che hanno sempre pensato di sé. Solo oggi l’identità cristiana del Paese viene messa ideologicamente in dubbio dall’interno. Il gesto di Trump la ribadisce invece con naturalezza, come un dato di fatto.

Quarto, che la fede svolga un ruolo pubblico non viola la laicità e nemmeno la democrazia. Un Paese è serio anzitutto e soprattutto se lo è rispetto alla propria identità culturale e dunque religiosa. L’omogeneità culturale, che si fonda anche sull’identità religiosa, è la condizione per poter rispettare, difendere e accogliere realtà sociali diverse, che non condividano il dono pieno della medesima fede o la fede in quanto tale. Non è infatti il relativismo che garantisce la libertà religiosa, ma l’identità religiosa cosciente, giacché la libertà religiosa non è fare di Dio quel che si vuole bensì avere la libertà necessaria per adorarLo in spirito e verità, confrontandosi da uomini integrali con Lui.

Quinto, non si può non notare l’accento posto con enfasi, dolce, sul cattolicesimo. In un Paese erroneamente percepito come “protestante” pare strano. Ma, a parte il fatto che i cattolici restano la maggioranza relativa del Paese, e che dunque è statistico che il presidente inizi da loro seguitando poi con gli altri cristiani, Trump “subisce” il fascino del cattolicesimo. Certo, diramando il messaggio a nome della moglie e proprio, e anteponendo per giusta cavalleria il nome della consorte al proprio, ed essendo Melania cattolica, si potrebbe scambiare la cosa per mera cortesia. Ma, a parte il fatto che la buona educazione è già metà della santità, come diceva santa Francesca Saverio Cabrini (1850-1917), e che quindi cedere il passo a lady Melania non è cosa piccola, il punto è che il messaggio del Mercoledì delle Ceneri non lo ha mandato Trump da single, ma la famiglia presidenziale, Trump e signora. Il fatto che la signora Trump sia cattolica è importante; non fa di Trump il secondo presidente cattolico degli Stati Uniti, ma neppure riesce a nascondere il flirt che Trump ha, per un verso o per l’altro, con il cattolicesimo. Flirt culturale e pubblico, ma noi che non siamo i suoi confessori a ciò dobbiamo solo attenerci. Il Dio cattolico non è fiscale.

Alla fine di questo mercoledì da leoni, dunque, che resta? Un fatto che nessun potrà mai sbianchettare. La dimensione pubblica della fede torna senza chiedere né permesso né scusa nel mezzo del buio laicista e relativista più nero, ovvero quando «la luce brillò nelle tenebre» perché «il mondo inquieto contro il Verbo» pur sempre ancora «mulinava attorno al centro del Verbo silenzioso» non riuscendo comunque a scrollarselo di dosso. Quando si scriveranno le cronache della nuova Cristianità, diversa, inedita, gli amanuensi del futuro appunteranno certamente alcune date significative della sua protostoria, fra cui Washington, Mercoledì delle Ceneri, A.D. 2019. Trump non ha la minima idea, ma questo fa parte del fascino sublime della cosa.

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Santuario Madonna del Silenzio: mons. Santoro (Avezzano), “un dono per tutta la Chiesa”. “Ogni parola che esce dalla dittatura del rumore è conficcata nel cuore di Dio”

Posté par atempodiblog le 27 février 2020

Santuario Madonna del Silenzio: mons. Santoro (Avezzano), “un dono per tutta la Chiesa”. “Ogni parola che esce dalla dittatura del rumore è conficcata nel cuore di Dio”
di Gigliola Alfaro – Agenzia SIR

Santuario Madonna del Silenzio: mons. Santoro (Avezzano), “un dono per tutta la Chiesa”. “Ogni parola che esce dalla dittatura del rumore è conficcata nel cuore di Dio” dans Apparizioni mariane e santuari Madonna-del-silenzio

“Sarebbe bello trovare un posto, una chiesa dove si possa dare culto pubblico alla Madonna del Silenzio”. Ricorda questo desiderio del Papa mons. Pietro Santoro, vescovo di Avezzano, parlando al Sir del santuario dedicato a Maria Vergine del Silenzio che sorgerà proprio in diocesi. Stamattina in una conferenza stampa è stato raccontato l’intero itinerario che ha accompagnato il progetto. Padre Emiliano Antenucci commissione un’immagine della Madonna del Silenzio. Al Papa è stata regalata una copia dell’originale che ha fatto collocare tra i due ascensori dell’entrata principale del Palazzo apostolico, nel cortile di San Damaso.

Nel 2015 il Papa ha benedetto questa copia e nel 2016, in un incontro con padre Emiliano, anche l’originale. Il 24 marzo 2019 il Papa scrive una lettera di suo pugno al ministro provinciale dei cappuccini d’Abruzzo, padre Nicola Grasso, con la richiesta appunto di trovare una chiesa per il culto della Madonna del Silenzio, dando l’incarico di cercare il luogo adatto per poi fare la proposta allo stesso Francesco.

Padre Emiliano e il ministro provinciale, con il permesso del generale dell’ordine, si mettono alla ricerca di vari luoghi e individuano la chiesa di San Francesco di Assisi e il convento dei cappuccini di Avezzano, abbandonato da dieci anni e di proprietà della provincia dei frati minori cappuccini d’Abruzzo. Il Santo Padre ha dato la sua benedizione al progetto.

“Eleverò, con un apposito decreto, da maggio in poi questa chiesa a santuario – ci dice mons. Santoro – e lì ci sarà il culto pubblico della Madonna del Silenzio”. E aggiunge: “È un grande dono non solo per la Chiesa di Avezzano, ma per tutta la Chiesa, perché la Vergine del Silenzio è Maria che custodiva nel suo cuore le parole di Dio. Proprio da questa custodia interiore della parola di Dio scaturirono dal suo cuore le parole della fedeltà a Cristo. Ogni parola che viene maturata nel silenzio della preghiera, ogni parola che esce dalla dittatura del rumore, ogni parola che si nutre di silenzio è parola conficcata nel cuore di Dio, è parola profetica per il mondo e per la Chiesa di oggi. Questo santuario lo vedo come una collocazione profetica nella Chiesa di oggi affinché la Chiesa stessa possa liberarsi da ogni mondanità e come Maria sappia custodire nel cuore la parola di Dio e maturare le parole vere che sono quelle di Cristo nell’annuncio”. Ed “è bellissimo che viene realizzato così il desiderio del Papa, che io ho accolto con grande gioia”. Sarà padre Antenucci, insieme ad altri frati, a gestire il santuario.

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Milano: per la prima volta in diocesi la stola del Curato d’Ars

Posté par atempodiblog le 27 février 2020

Milano: per la prima volta in diocesi la stola del Curato d’Ars
Ecco le tappe della reliquia del Curato d’Ars nella diocesi di Milano
della Redazione di ACI Stampa

Milano: per la prima volta in diocesi la stola del Curato d'Ars dans Articoli di Giornali e News Vianney

Per la prima volta la reliquia di San Giovanni Maria Vianney, Patrono dei Parroci, sarà itinerante nella Chiesa ambrosiana, accompagnata da don Massimiliano Bianchi, “fidei donum” nella diocesi di Belley-Ars e cappellano del Santuario di Ars.

Il programma stesso del « pellegrinaggio » della reliquia è stato pubblicato dal sito della Chiesa di Milano.

Il pellegrinaggio comincerà giovedì 27 febbraio a Lentate sul Seveso (in frazione Copreno), presso la comunità delle Suore dell’Immacolata Concezione di Ivrea, dove alle 16 don Massimiliano celebrerà una Santa Messa con omelia. Nell’ambito della medesima congregazione religiosa, venerdì 28 febbraio verrà portata a Ivrea, presso il Tempio dell’Immacolata dei Miracoli, per la Messa delle 17.

In seguito, presso la parrocchia di San Filippo Neri a Milano, sabato 29 febbraio alla Messa delle 18 e domenica 1 marzo a quella delle 10.30, verrà festeggiato anche il cinquantesimo anniversario di fondazione della parrocchia.

Nel pomeriggio di domenica 1 marzo, al termine della Santa Messa in latino delle 17.30 presso la Chiesa della Madonnina a Legnano, anche i fedeli del gruppo stabile in rito ambrosiano antico potranno venerare la reliquia.

Lunedì 2, martedì 3 e mercoledì 4 marzo, alle 21, presso la Basilica di Missaglia, don Massimiliano predicherà gli Esercizi spirituali di Quaresima per la Comunità pastorale Maria SS Regina dei Martiri (che riunisce Lomaniga, Maresso e Missaglia).

Giovedì 5 la Stola sarà a Rho, presso il Santuario della Madonna Addolorata, dove la comunità dei Padri Oblati Missionari la accoglierà alla Messa solenne delle 9; a questa celebrazione sono invitati in modo particolare tutti i sacerdoti che desiderano venerare la reliquia e affidarsi all’intercessione del Santo.

Venerdì 6 marzo, alle 16, don Massimiliano predicherà alla Via Crucis presso il Santuario arcivescovile della Madonna della Lacrime a Lezzeno di Bellano; alle 21 sarà invece al Santuario di Santa Maria Nascente di Bevera, per predicare il primo Quaresimale per la Comunità pastorale Maria Regina degli Apostoli (che riunisce le parrocchie di Barzago, Bevera e Bulciago).

Nella seconda domenica di Quaresima la Stola sarà nella Comunità pastorale di Pozzo d’Adda e Bettola: sabato 8 marzo per la Messa delle 17.30 a Bettola e per la Messa delle 18.30 a Pozzo d’Adda; domenica 9 a Pozzo d’Adda alle 8 e alle 11 e a Bettola alle 9.30.

Sempre domenica 9 marzo, nel pomeriggio don Massimiliano porterà la reliquia a Varese, dove alle 18 celebrerà la Messa in latino secondo il rito ambrosiano antico nella chiesa di San Martino (zona Tribunale).

Infine, martedì 10 marzo il Pellegrinaggio si concluderà a Merone, dove alle 20.30 verrà celebrata una S. Messa solenne nella Chiesa parrocchiale dei Santi Giacomo e Filippo, con un’ultima omelia sul Sacramento della Riconciliazione alla luce dell’insegnamento e dell’esempio del Santo Curato d’Ars.

In ciascuna di queste chiese, nei giorni precedenti verrà messo a disposizione un registro dove i fedeli potranno liberamente scrivere le proprie intenzioni di preghiera per sacerdoti, parrocchie e vocazioni che intendono affidare al Santo Curato: esse verranno poi portate al Santuario di Ars-sur-Formans e deposte sull’altare che custodisce il corpo di San Giovanni Maria Vianney.

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La lettura dei libri santi

Posté par atempodiblog le 27 février 2020

La lettura dei libri santi dans Citazioni, frasi e pensieri San-Pio-da-Pietrelcina-in-lettura

“Aiutatevi maggiormente in questo frattempo colla lettura dei libri santi; ed io desidero vivamente che in ogni tempo voi leggiate di tali libri, essendo tali letture di un grande pascolo all’anima e di grande avanzamento nella via della perfezione, non meno di quella che l’è dell’orazione e della santa meditazione, perché nell’orazione e meditazione siamo noi che parliamo al Signore mentre nella santa lettura è Dio quello che parla a noi. Cercate di far tesoro quanto più potete di queste sante letture e ne sentirete ben presto il rinnovamento nello spirito”.

di San Pio da Pietrelcina

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Coronavirus, a San Miniato vescovo espone il crocifisso “miracoloso” contro la peste del 600

Posté par atempodiblog le 27 février 2020

Coronavirus, a San Miniato vescovo espone il crocifisso “miracoloso” contro la peste del 600
de Il Messaggero

Coronavirus, a San Miniato vescovo espone il crocifisso “miracoloso” contro la peste del 600 dans Articoli di Giornali e News Crocifisso-San-Miniato

Coronavirus, in piena emergenza monsignor Andrea Migliavacca, vescovo di San Miniato, nel Pisano, invitando tutti i fedeli alla preghiera, ha deciso l’esposizione straordinaria del crocifisso prodigioso da stasera alle ore 21 fino a domenica prossima, 1 marzo, nella chiesa di San Domenico a San Miniato. La popolazione si era rivolta con speranza al Crocifisso durante i difficili anni dal 1628 al 1631 segnati dal flagello della peste. E alla fine la città mantenne il voto di costruire un santuario per quella croce lignea, proprio per essere stata risparmiata dall’ennesima epidemia. Non sono previste tuttavia specifiche celebrazioni religiose, «se non quelle previste dalla vita ordinaria della parrocchia».

«Considerata la delicata situazione che stiamo vivendo, a causa della diffusione della sindrome influenzale da coronavirus, insieme alle disposizioni già date anche come vescovi toscani, mi preme invitare tutti alla preghiera – ha detto il vescovo Migliavacca – per questa ragione, valorizzando uno dei segni della nostra tradizione religiosa, verrà straordinariamente esposto il Santissimo Crocifisso di Castelvecchio». Il vescovo raccomanda «l’opportunità di una visita» e invita i fedeli «in ogni caso alla preghiera personale».

La straordinarietà della decisione è evidente, scrive «La Nazione» dando la notizia. Negli ultimi quarant’anni ci sono state due aperture eccezionali (ovvero fuori dalle tradizionali celebrazioni di ottobre), di cui una fu un momento di preghiera per la grave siccità del 2003. Mai prima d’ora c’erano stati cinque giorni di esposizione continua. Al crocifisso – pare trovato da viandanti e che i sanminiatesi portarono nelle città della Toscana in guerra come segno di pace – la popolazione si è sempre rivolta quando è stata colpita da carestie ed epidemie.

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La gioia del carnevale spiegata da Joseph Ratzinger

Posté par atempodiblog le 25 février 2020

La gioia del carnevale spiegata da Joseph Ratzinger
In una riflessione pubblicata nel 1974, il Papa emerito spiega perché questa ricorrenza che precede il tempo di Quaresima ha a che fare con l’umanità profonda della fede cristiana. E sottolinea: «Noi cristiani non lottiamo contro, ma a favore dell’allegria»
di Famiglia Cristiana

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«In merito al Carnevale non siamo forse un po’ schizofrenici? Da una parte diciamo molto volentieri che il carnevale ha diritto di cittadinanza proprio in terra cattolica, dall’altra poi evitiamo di considerarlo spiritualmente e teologicamente. Fa dunque parte di quelle cose che cristianamente non si possono accettare, ma che umanamente non si possono impedire? Allora sarebbe lecito chiedersi: in che senso il cristianesimo è veramente umano?». Comincia così la riflessione dell’allora cardinale Joseph Ratzinger sul Carnevale, il periodo che precede la Quaresima e in qualche modo ha a che fare con il calendario liturgico cattolico. La riflessione è contenuta nel libro Speranza del grano di senape (Queriniana, Brescia 1974).

«L’origine del carnevale», spiega Ratzinger, «è senza dubbio pagana: culto della fecondità ed evocazione di spiriti vanno insieme. La chiesa dovette insorgere contro questa idea e parlare di esorcismo che scaccia i demoni i quali rendono gli uomini violenti e infelici. Ma dopo l’esorcismo emerse qualcosa di nuovo, completamente inaspettato, una serenità sdemonizzata: il carnevale fu messo in relazione con il mercoledì delle ceneri, come tempo di allegria prima del tempo della penitenza, come tempo di una serena autoironia che dice allegramente la verità che può essere molto strettamente congiunta con quella del predicatore della penitenza. In tal modo il carnevale, una volta sdemonizzato, nella linea del predicatore veterotestamentario può insegnarci: “C’è un tempo per piangere e un tempo per ridere…” (Qo 3,4)».

Per questo, nota il Papa emerito, «anche per il cristiano non è sempre allo stesso modo tempo di penitenza. C’è anche un tempo per ridere. L’esorcismo cristiano ha distrutto le maschere demoniache, facendo scoppiare un riso schietto e aperto. Sappiamo tutti quanto il carnevale sia oggi non raramente lontano da questo clima e in qualche misura sia diventato un affare che sfrutta la tentabilità dell’uomo. Regista è mammona e i suoi alleati. Per questo noi cristiani non lottiamo contro, ma a favore dell’allegria. La lotta contro i demoni e il rallegrarsi con chi è lieto sono strettamente uniti: il cristiano non deve essere schizofrenico, perché la fede cristiana è veramente umana».

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Contemplare il Volto Santo, via per salvare le anime

Posté par atempodiblog le 25 février 2020

Contemplare il Volto Santo, via per salvare le anime
Oggi, nel giorno che precede il Mercoledì delle Ceneri, ricorre la festa del Volto Santo, ancora poco diffusa e tuttavia richiesta da Gesù e dalla Madonna nelle rivelazioni alla beata Maria Pierina de Micheli. «Chi mi contempla, mi consola», le disse il Signore, rivelandole che così molte anime si salveranno. Perché tale devozione infonde amore in chi la pratica, riparando gli oltraggi che Gesù subì nel Suo Volto Santo durante la Passione e che oggi continua a subire nell’Eucaristia.
di  don Giorgio Maria Faré (Sacerdote e Carmelitano Scalzo) – La nuova Bussola Quotidiana

Contemplare il Volto Santo, via per salvare le anime dans Fede, morale e teologia Maria-Pierina-de-Micheli

“Nessuno mi dà un bacio di amore in volto per riparare il bacio di Giuda?”. È il Venerdì Santo del 1902 e la non ancora dodicenne Giuseppina de Micheli ode queste parole provenire dal Crocefisso che si accinge ad adorare insieme agli altri fedeli. È il primo degli inviti che Gesù misticamente le rivolge per orientarla verso una devozione speciale per il Santo Volto. La giovanissima Giuseppina corrisponde immediatamente, scoccando un bacio sul volto del crocefisso di legno.

Passano gli anni, Giuseppina diventa suor Maria Pierina, novizia nella Congregazione delle Suore Figlie dell’Immacolata di Buenos Aires. Nella notte tra il Giovedì e il Venerdì Santo del 1915, mentre è in cappella per riparare il tradimento di Giuda, di nuovo ode la voce: “Baciami”. E quando le sue labbra sfiorano il Crocefisso non sentono la fredda statua ma il vero volto di Gesù. Rimane in estasi d’amore fino al mattino, quando la superiora la chiama. Sempre più infiammata d’amore avverte l’urgenza di riparare gli oltraggi che il Volto di Gesù ricevette nella Passione e che continua a ricevere nel Santissimo Sacramento.

Nel 1936 suor Pierina è superiora della casa di Milano. Gesù inizia a rivelarle i contorni della devozione al suo Volto, così come Egli desidera sia instaurata. Durante l’adorazione notturna del primo venerdì di Quaresima, Gesù le appare “col Volto velato di profonda tristezza” dicendo: “Voglio che il mio Volto che riflette le intime pene del mio animo, il dolore e l’amore del mio Cuore sia più onorato. Chi mi contempla, mi consola”. Pochi giorni dopo Gesù aggiunge: “Ogni volta che si contempla il mio Volto, io verserò il mio amore nei cuori e per mezzo del mio Santo Volto, si otterrà la salvezza di tante anime”.

Il primo martedì del 1937 Gesù rassicura: “Potrebbe essere che alcune anime temano che la devozione e il culto al mio S. Volto, diminuiscano quella al mio Cuore. Di’ loro che, al contrario, sarà completata e aumentata. Contemplando il mio Volto, le anime parteciperanno alle mie pene, sentiranno il bisogno di amare e di riparare, non è forse questa la vera devozione al mio Cuore?”.

Il beato Ildefonso Schuster, cardinale e arcivescovo di Milano, a conoscenza delle rivelazioni di Gesù, dona alla comunità di Madre Pierina un quadro con l’immagine del Volto di Gesù tratta dalla Santa Sindone di Torino, opera del fotografo pontificio Giuseppe Brunner. Il quadro viene affisso nella cappella delle Suore nel martedì che precede l’inizio della Quaresima, l’1 marzo 1938.

Il 31 maggio 1938, durante la preghiera in cappella, Madre Pierina riceve la visita della Vergine Maria, che le porge uno scapolare composto da due rettangoli di lana bianca uniti da cordoncini. Su un rettangolo c’è l’immagine del Volto Santo, circondata dalle parole “Illumina, Domine, Vultum Tuum super nos” (Fa’ risplendere, Signore, il Tuo Volto su di noi). Sull’altro c’è un’Ostia circondata da raggi con le parole “Mane nobiscum, Domine” (Resta con noi, Signore).

La Madonna le dice: “Ascoltami bene e riferisci tutto esattamente al Padre confessore: questo scapolare è un’arma di difesa, uno scudo di fortezza, un pegno di amore e di misericordia che Gesù vuol dare al mondo, in questi tempi di sensualità e di odio contro Dio e contro la Chiesa. Si tendono reti diaboliche per strappare la fede dai cuori. Il male dilaga. I veri apostoli sono pochi, è necessario un rimedio divino e questo rimedio è il Santo Volto di Gesù! Tutti quelli che indosseranno uno scapolare come questo e faranno, potendo, una visita ogni martedì al SS. Sacramento per riparare agli oltraggi che ricevette il Santo Volto del mio Figlio Gesù durante la sua Passione e che riceve ogni giorno nel Sacramento Eucaristico, verranno fortificati nella fede, pronti a difenderla ed a superare tutte le difficoltà interne ed esterne; di più faranno una morte serena, sotto lo sguardo amabile del mio Divin Figlio”.

Scrive Madre Pierina: “… si incominciò a diffondere sempre più la devozione, in modo particolare nel Martedì secondo il desiderio di Nostro Signore. Si sentì allora il bisogno di far coniare una medaglia, copia dello scapolare presentato dalla Madonna”[1].

Per far realizzare la medaglia Madre Pierina chiede e ottiene di utilizzare proprio l’immagine del fotografo Brunner. Confida infatti ad una delle sue suore: “Ho preferito questa immagine ad altre perché è la più somigliante a Gesù”.

La Provvidenza fornisce gli aiuti economici per la prima diffusione gratuita delle medaglie e di pari passo si scatena la furia del demonio: “Il nemico è rabbioso di questo e ha disturbato e disturba in tanti modi. Più volte durante la notte ha buttato a terra pei corridoi e per le scale le medaglie, stracciato immagini, minacciando e calpestando”.

Il 21 novembre 1938, durante l’adorazione notturna, Gesù le si mostra grondante di sangue: «Vedi come soffro? Eppure da pochissimi sono compreso. Quante ingratitudini anche da parte di quelli che dicono di amarmi! Ho dato il mio Cuore come oggetto sensibile del mio grande amore per gli uomini, e do il mio Volto come oggetto sensibile del mio dolore per i peccati degli uomini e voglio che sia onorato con una festa particolare nel martedì di Quinquagesima [il giorno precedente il Mercoledì delle Ceneri, ndr], festa preceduta da una novena in cui tutti i fedeli riparino con me, unendosi alla partecipazione del mio dolore».

Grazie al favore di Papa Pio XII, che ricevette due volte Madre Pierina in udienza, la devozione al Santo Volto poté diffondersi. Oggi la Festa del Santo Volto viene celebrata non solo nella Congregazione di Madre Pierina ma anche dai Monaci Benedettini Silvestrini dei quali faceva parte l’abate Ildebrando Gregori, direttore spirituale di Madre Pierina, e nella Congregazione Benedettina delle Suore Riparatrici del Santo Volto di N.S.G.C. da questi fondata.


[1] Madre Pierina fece coniare una medaglia, anziché lo scapolare, in obbedienza al confessore. Tuttavia, il 7 aprile 1943 volle chiedere rassicurazioni alla Madonna: «Vedi, io sono sempre in pena, perché tu mi hai mostrato uno scapolare e le tue promesse sono per chi indossa lo scapolare, non la medaglia». Le rispose la Vergine: «Figlia mia, sta’ tranquilla che lo scapolare è supplito dalla Medaglia, con le stesse promesse e favori: c’è solo da diffonderla sempre più. Ora mi sta a cuore la festa del Volto Santo del mio Divin Figlio. Dillo al Papa che tanto mi preme».

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Sicilia, tutti in processione per la pioggia

Posté par atempodiblog le 25 février 2020

Sicilia, tutti in processione per la pioggia
L’Isola nella morsa della siccità, sfilano a centinaia. I riti antichi ai tempi delle app. «Ma non è magia»
di Salvo Toscano – Corriere della Sera

Sicilia, tutti in processione per la pioggia dans Apparizioni mariane e santuari Sicilia

In Sicilia non piove, i terreni rischiano di andare in malora e allora si torna a chiedere, come si faceva una volta, aiuto al Padreterno. Succede ancora, ai tempi delle app e dei modelli matematici che sezionano il meteo fino all’ultimo dettaglio, nella Sicilia profonda, dove in questi giorni si moltiplicano le processioni di penitenza per chiedere la pioggia. Una prassi che certamente parla della disperazione degli agricoltori isolani alle prese con una siccità e un caldo fuori stagione che minacciano effetti disastrosi; ma che squarcia il tempo e riporta a epoche lontane.

Antica tradizione
Domenica in seicento si sono raccolti in preghiera nel Nisseno, vicino a Marianopoli, in quello che è tradizionalmente il granaio della Sicilia. Dove si è organizzata una processione per «invocare» la pioggia, con la partecipazione della Diocesi, rinnovando l’antica tradizione delle rogazioni, preghiere, atti di penitenza e processioni propiziatorie. La processione è partita dal Santuario del Signore di Bilici (che è meta di pellegrini durante tutto l’anno), dopo la messa ad petenda pluviam («per chiedere la pioggia») celebrata dal vicario generale, monsignor Giuseppe La Placa. I fedeli, accorsi anche dai comuni vicini, hanno portato in processione il Crocifisso di Bilici e il protettore degli agricoltori Sant’Antonio Abate, per implorare la fine della siccità. «Durante l’omelia ho detto che non è un rito magico o una superstizione — spiega al Corriere il monsignore —. Per prima cosa chiediamo al Signore che ammorbidisca il nostro cuore con la pioggia della sua grazia. Tutto si rifà sempre a una catechesi che mira soprattutto a far crescere la fede delle persone». Nel Vallone in provincia di Caltanissetta l’attività principale è l’agricoltura e il rischio di un raccolto magrissimo spaventa i contadini. «Sono preoccupatissimi, per la semina del grano serve la pioggia», dice monsignor La Placa, che ricorda come per secoli la Chiesa abbia celebrato regolarmente questo tipo di momenti di preghiera. Iniziative analoghe si sono svolte in questi giorni anche in altre parti della Sicilia. Una processione penitenziale è partita nei giorni scorsi dalla chiesa degli Agonizzanti di Carini e si è snodata per le vie del paese in provincia di Palermo per chiedere la pioggia. Si è pregato in processione anche nel Trapanese, a Gibellina e a Poggioreale, con invocazioni a Sant’Antonio da Padova.

Alto rischio
La situazione nei campi siciliani si sta facendo drammatica. Il problema riguarda anche altre regioni. Ma desta più preoccupazione al Sud, come spiega al Corriere il meteorologo Luca Mercalli: «A Nord la mia esperienza mi dice che in primavera si potrebbe ripianare questo deficit. Al Sud la situazione è più complicata, perché lì la stagione delle piogge è l’inverno. Se non riusciamo a ripristinare un equilibrio nel giro di un mese per il Sud potrebbe essere una situazione più rischiosa». E allora, si torna a pregare. «Lo troviamo tutti pre-scientifico — spiega Fabio Lo Verde, docente di sociologia all’Università di Palermo — però dobbiamo anche comprendere che le tradizioni cambiano con molta più lentezza rispetto ai modelli cognitivi a cui si ancorano i gruppi sociali quando devono trovare risposte a domande a cui non sanno rispondere». E da un punto di vista sociologico, le preghiere per la pioggia, svolgono comunque un loro ruolo: «Sono pratiche rituali — spiega Lo Verde — che hanno fondamentalmente l’obiettivo di fare comunità attorno a un problema. L’obiettivo vero, sociologicamente rilevante, è che questi sono momenti in cui ci si rinsalda attorno a un problema importante. E questo consente di affrontare le difficoltà con uno spirito differente».

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Don Gabriele e la Messa che il Coronavirus non fermerà

Posté par atempodiblog le 24 février 2020

Don Gabriele e la Messa che il Coronavirus non fermerà
«Ieri, dinanzi al tabernacolo e alla statua dell’Assunta, anch’io ho pianto. Quando sentirete suonare le campane della Messa, unitevi al sacerdote che offrirà il Sacrificio del Signore per tutti. Uscirò sul sagrato della parrocchiale benedicendo con Santissimo Sacramento tutta la parrocchia e tutto il paese». La toccante lettera del parroco di Castiglione d’Adda ai “fedeli nella prova”: continua a celebrare nonostante la sospensione e offre il sacrificio per la sua gente.
di Andrea Zambrano – La nuova Bussola Quotidiana
Tratto da: Radio Maria

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Dopo il lodigiano e il cremonese anche nella Diocesi di Milano il vescovo ha disposto la sospensione delle Messe con concorso di popolo a causa dell’epidemia di Coronavirus. Si tratta di misure gravi e clamorose alle quali i fedeli devono sottostare con pazienza e fede. Ma se le Messe pubbliche sono sospese e si è sollevati dal precetto (ma si tratta comunque di un provvedimento discutibile, leggi QUA), è bene ricordare che questo non significa che i preti non possano e non debbano comunque celebrare le Sante Messe anche senza fedeli.

In quest’ottica, sta facendo il giro delle chat di Whatsapp un messagio audio di don Gabriele Bernardelli, parroco di Castiglione d’Adda, che ha scritto un messaggio ai suoi fedeli nel quale ha detto loro che continuerà a celebrare Messa e a benedirli sul sagrato della chiesa con il Santissimo. Si tratta di un gesto di grande fede che dà il valore della Messa, che non è un servizio da togliere a piacimento a seconda delle evenienze.

È un gesto commovente che richiama alla memoria una celebre scena del film “Don Camillo e Peppone” che rievoca l’alluvione del ’51 quando la Bassa reggiana e parmense, fino al Polesine, furono allagate. Nel corso del film, la popolazione fugge dalle case all’arrivo dell’acqua e si rifiugia oltre l’argine dove si accampa in attesa che le acque si ritirino. Con Brescello completamente allagata, la chiesa sottosopra invasa dalle acque e Peppone nella piazza del paese che va in barca, va in scena una delle immagini più commoventi della serie nata dalla penna di Giovannino Guareschi. 

Don Camillo ha appena finito di celebrare Messa e dispone gli altoparlanti in modo che i suoi fedeli possano ascoltare al di là del fiume. E dice così: «Fratelli, sono addolorato di non poter celebrare l’ufficio divino con voi, ma sono vicino a voi per elevare una preghiera nell’alto dei Cieli. Non è la prima volta che il fiume invade le nostre case, un giorno però le acque si ritireranno ed il sole ritornerà a splendere. E allora con la fratellanza che ci ha unito in queste ore terribili, con la tenacia che Dio ci ha dato, ricominceremo a lottare perché il sole sia più splendente, perché i fiori siano più belli e perché la miseria sparisca dai nostri Paesi e dai nostri villaggi. Dimenticheremo le discordie e quando avremo voglia di morte cercheremo di sorridere così tutto sarà più facile e il nostro Paese diventerà un piccolo paradiso in terra. Andate fratelli, io rimango qui per salutare il primo sole che porterà a voi lontani, con la voce delle nostre campane, il lieto annuncio del risveglio».

Le parole di don Gabriele ci richiamano la stessa intensità e la stessa drammaticità. Ma anche la stessa certezza che il Signore della vita può portare il sole dove oggi c’è angoscia e timore.

E ci ricordano che la Messa si fa per Dio, quindi la presenza o meno dei fedeli è subordinata a questo. Sarebbe un dramma se i preti intendessro queste disposizioni come un tana liberi tutti, una vacanza inaspettata dai propri doveri che sono primariamente il culto di Dio. 

Ecco le parole di don Gabriele, le pubblichiamo perché siano da sprone ad altri parroci colpiti dalle misure interdittive a fare altrettanto e a non spezzare la catena che ci lega al Cielo attraverso il Santo Sacrificio dell’altare per continuare a chiedere protezione e salvezza.  

AI MIEI FEDELI NELLA PROVA
Cari fratelli e sorelle, nessuno di noi, forse, avrebbe mai pensato di trovarsi nella situazione nella quale, invece, siamo venuti a trovarci. Il nostro animo è frastornato, l’emergenza sembrava così lontana. Invece è qui, in casa nostra. Anche questo fatto ci porta a considerare come nel mondo siamo ormai un’unica grande famiglia. Ora ci dobbiamo attenere alle indicazioni che le autorità preposte hanno stabilito, tra cui la cessazione della celebrazione della Santa Messa. È facile, in questa situazione, lasciarsi andare spiritualmente, diventando apatici nei confronti della preghiera, ritenuta inutile.

Vi invito, invece, cari fratelli e sorelle, ad incrementare la preghiera, che sempre apre le situazioni a Dio. Ci rendiamo conto, in congiunture come la presente, della nostra impotenza, perciò gridiamo a Dio la nostra sorpresa, la nostra sofferenza, il nostro timore. Mi è venuto in mente, ieri, il brano che si legge il Mercoledì delle Ceneri, tratto dal profeta Gioele, laddove si dice: «Tra il vestibolo e l’altare, piangano i sacerdoti, ministri del Signore, e dicano: “Perdona, Signore, al tuo popolo”». Non ho vergogna a dirvi che ieri, dinanzi al tabernacolo e alla statua dell’Assunta, anch’io ho pianto. E vi chiedo di innalzare con me al Signore il grido della nostra preghiera. Pregare significa già sperare. Vi ricordo tutti nell’Eucaristia quotidiana e con me don Manuel, don Gino e don Abele.

Quando sentirete suonare le campane della Messa, unitevi al sacerdote che offrirà il Sacrificio del Signore per tutti. Domani mattina, dopo la Messa che celebrerò alle 11.00, uscirò sul sagrato della parrocchiale benedicendo con il Santissimo Sacramento tutta la parrocchia e tutto il paese. Ricordiamo soprattutto quanti sono stati contagiati dal virus e i loro familiari, affinché non si scoraggino, ma anche tutti gli operatori sanitari che si stanno spendendo per far fronte al contagio.
Stiamo uniti nella preghiera. Il vostro parroco, don Gabriele.

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Coronavirus, come spiegarlo ai nostri figli

Posté par atempodiblog le 23 février 2020

Lettera aperta: «Caro bambino, ecco perché il coronavirus ci fa tanta paura ma tu non lo devi temere»
Coronavirus, come spiegarlo ai nostri figli
Lo psicoterapeuta Alberto Pellai: «Così riusciremo a sconfiggere quel mostriciattolo fantasma»
di Alberto Pellai (Medico e psicoterapeuta. Ricercatore presso il Dipartimento di scienze biomediche dell’Università degli studi di Milano)
Tratto dal: Corriere della Sera

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È un virus. È così piccolo che lo si può vedere solo in laboratori speciali con microscopi speciali. Ecco perché ci spaventa tanto. Perché è invisibile a occhio nudo. Da sempre noi esseri viventi abbiamo paura di ciò che ci può fare male e che non si può vedere. Succedeva all’uomo delle caverne che andava a caccia di animali feroci che erano nascosti nelle foreste. Lui non li vedeva e doveva andarli a cercare. Loro stavano appostati in luoghi nascosti e, per non essere uccisi, potevano ucciderlo. È lì che il nostro cervello ha imparato ad accendere l’emozione della paura. Ci ha dotato della capacità di avvertire un pericolo che non si vede. Ci fa sentire l’allarme quando ancora non abbiamo davanti a noi il pericolo. Così siamo più preparati ad affrontarlo quando ci si presenta davanti.

La paura è come la sirena dell’ambulanza che suona dentro di te. La senti e ti avverte che qualcosa di grave sta per succedere. Bisogna correre all’ospedale per evitare che le cose precipitino. Il coronavirus, oggi, fa suonare tutte le sirene d’allarme del mondo. Ne parlano in continuazione alla televisione. Ci sono adulti più tranquilli, altri in ansia, altri molto spaventati: e poi c’è gente con i nervi saldi che sta lavorando giorno e notte per combattere questo rischio. Purtroppo hanno cancellato le gite scolastiche. Non si fanno più gli allenamenti sportivi. Sembra di stare in guerra, ti viene da pensare. E così provi una paura difficile da addomesticare. Non posso togliertela quella paura, ma posso dirti che, mentre è giusto sentire l’allarme per qualcosa che ci minaccia, allo stesso tempo dobbiamo imparare a prendere le cose nella giusta misura e per quello che sono.

È vero: il coronavirus è un nuovo agente di infezione che per la prima volta sta colpendo gli esseri umani. Prima era presente solo nel corpo di alcuni animali. È vero: il coronavirus ha contagiato migliaia di persone in Cina e nel mondo e ora è presente nella nazione in cui vivi anche tu. È vero : ci sono persone infettate dal coronavirus che sono morte. Però, affermato che queste sono tre verità che tutti sappiamo, ecco altre verità che, in questo clima di allarme, vengono raccontate, ma le persone colgono molto meno. Il contagio al momento ha colpito un numero molto ristretto di persone. La malattia si è localizzata in alcune zone precise, chiamate focolai di infezione. Quando è stata identificata la zona del focolaio, gli esperti hanno preso tutte le precauzioni possibili per non farlo uscire da lì. È come un animale in trappola. Ecco perché gli abitanti di alcuni paesi e città sono oggi in isolamento e quarantena. Viene chiesto loro di non uscire dal loro territorio, così da non trasportare il virus in luoghi in cui esso ancora non è arrivato.

La malattia prodotta dal coronavirus è simile ad un’influenza. Fa tossire, starnutire, dà febbre. In molte persone il virus non produce nemmeno questi sintomi. Solo pochissime persone si ammalano con sintomi molto più gravi, come la polmonite. Ad oggi, il 2% delle persone affette dal virus è morto. Vuol dire che di tutti gli ammalati, muore, purtroppo, una persona su 50. E sappi che tra i malati non ci sono praticamente bambini. Ovvero, sembra che chi ha la tua età, ha una capacità naturale di resistere all’attacco del virus. Che, quindi, per i bambini non rappresenta una reale minaccia.

Inoltre, considera che: nei luoghi in cui c’è l’infezione, ci sono migliaia di persone. Di quelle migliaia di persone, pochissime contraggono l’infezione, di quelle pochissime solo 1 su 50 muore. È tristissimo sapere che una persona muore per una malattia. Però è importante che tu consideri che la paura che senti, riguarda una minaccia che ha pochissime probabilità di riguardare la tua vita. Ma tutto il mondo, proprio per evitare, che questo accada, oggi si sta dando da fare per evitare che questa infezione si diffonda. È fondamentale perciò che le persone vengano allertate e allarmate. Perché così percepiscono un rischio e imparano a fare tutto quello che serve per evitare che esso si trasformi in un pericolo crescente. È quello che hanno già fatto con te i tuoi genitori da quando sei nato. Ti hanno insegnato che prima di attraversare la strada, devi aspettare che il semaforo diventi verde. Altrimenti rischi di essere tirato sotto da un’automobile. E questo ti ha permesso di imparare ad andare in giro sicuro per il mondo, sapendo come evitare gli incidenti. Ti hanno insegnato che non si può mangiare solo cotoletta e patatine. Perché il tuo corpo ha bisogno anche di fibre e vitamine che trovi nella frutta e nella verdura. Solo così puoi mantenere un corpo sano. Ti hanno insegnato che quando navighi in rete non devi fornire le tue generalità – nome, cognome e indirizzo – a nessuno, perché non sai chi c’è dall’altra parte.

Per il coronavirus è un po’ la stessa cosa. Il mondo adesso viene avvertito che la fuorì c’è un virus di cui non conosciamo molte cose. E perciò ce ne dobbiamo difendere. Ogni giorno nei laboratori, gli scienziati stanno lavorando per trovare un vaccino e una cura. In ogni momento, le persone che ci governano stanno promuovendo leggi per tutelare la nostra salute. In tutti gli ospedali il personale medico e paramedico è pronto a curare le persone che si ammaleranno. E i malati hanno il 98% di probabilità di guarire. Così come, al momento, la quasi totalità della popolazione ha ottime probabilità di non ammalarsi. Gli esperti di prevenzione ci dicono di fare poche cose che sono molto importanti: — se ti viene da tossire e starnutire, fallo nel cavo del gomito. In questo modo, non solo si riduce il rischio di diffondere il coronavirus, ma qualsiasi altro virus respiratorio — lavati bene le mani, sopra, sotto e tra le dita, con il sapone liquido, per un tempo di alcune decine di secondi. Potresti cantare per intero «tanti auguri a me» mentre ti lavi le mani, così riesci a far durare l’operazione il giusto tempo e nel frattempo ti dici una cosa bella e ti metti «dentro» un po’ d’allegria — usa fazzoletti di carta e cestinali subito dopo — non metterti le mani in bocca, negli occhi, nel naso (ma questo lo sapevi già!) e non mangiarti le unghie. Anzi tienile corte e curate.

Ecco tutto qui: questo è quello che puoi fare tu in prima persona per far fuori quel mostriciattolo fantasma, chiamato coronavirus. Non si può dire nulla di più. Avere paura oggi è naturale. Siamo spaventati e dobbiamo difenderci da qualcosa che non abbiamo ancora imparato bene a conoscere e affrontare. Ma l’uomo, nel corso della storia ha saputo fare cose straordinarie. Ha imparato a vincere malattie ben più terribili, ha inventato missili che possono portarci sulla luna, ha scoperto come trasformare la luce del sole in energia che fa accendere la luce di notte nelle nostre case, quando fuori c’è il buio. La paura ci fa vedere tutto buio e cupo. Ma tu non perderti nel buio. Affidati al lavoro di milioni di persone che oggi stanno lavorando e combattendo per vincere la battaglia contro il coronavirus. Impara a immaginarle tutte insieme. Un esercito infinito di milioni di uomini e donne – medici, ricercatori, scienziati, infermieri, forze dell’ordine – contro un invisibile microscopico virus. Ce la faremo, vedrai, ce la faremo.

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La campagna social #JeNeSuisPasUnVirus. “Sono cinese, ma non sono un virus”

Posté par atempodiblog le 22 février 2020

La campagna social #JeNeSuisPasUnVirus. “Sono cinese, ma non sono un virus”
L’appello pubblicato su Twitter da Lou Chengwang è diventata una campagna social, per lottare contro la psicosi generata dal coronavirus, ai danni degli asiatici
Tratto da: HuffPost

La campagna social #JeNeSuisPasUnVirus. “Sono cinese, ma non sono un virus” dans Articoli di Giornali e News Io-non-sono-un-virus

“Sono cinese, ma non sono un virus. Capisco che tutti abbiano paura, ma non abbiate pregiudizi, per favore”.

È cominciata così. Con una foto su Twitter e un foglio di carta in mano. “Je ne suis pas un virus”, recita la scritta sul foglio, diventata poi un hashtag: io non sono un virus. L’appello pubblicato da Lou Chengwang è diventata una campagna social, per lottare contro la psicosi generata dal coronavirus, ai danni degli asiatici.

Lo slogan è un richiamo al “Je suis Charlie”, lanciato nel 2015 dopo l’attentato terroristico di Parigi. Dalla Francia si leva un nuovo coro, per mettere fine agli episodi di razzismo e intolleranza di cui sono vittime i cinesi in questi giorni.

L’Associazione dei giovani cinesi di Francia (Ajcf) ha denunciato una serie di episodi iniziati da quando i media hanno cominciato a parlare del fenomeno.  Offese, battute, insulti, pregiudizi, alimentati anche dai media: il quotidiano regionale “Le Courrier Picard”, alcuni giorni fa titolava in prima pagine “Allarme giallo”.

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Coronavirus: Indicazioni e comportamenti da seguire

Posté par atempodiblog le 22 février 2020

Coronavirus: Indicazioni e comportamenti da seguire

  • Rivolto a: Cittadini

    Coronavirus: Indicazioni e comportamenti da seguire dans Articoli di Giornali e News STOP-Coronavirus

Che cos’è
Il Coronavirus identificato a Wuhan, in Cina, per la prima volta alla fine del 2019 è un nuovo ceppo virale che non è stato precedentemente mai identificato nell’uomo. È stato chiamato SARS-CoV-2 e la malattia respiratoria che provoca Covid-19.

Quali sono i sintomi?
Come altre malattie respiratorie, il nuovo coronavirus può causare sintomi lievi come raffreddore, mal di gola, tosse e febbre, oppure sintomi più severi quali polmonite e difficoltà respiratorie.

Cosa fare in caso di sintomi
Coloro che riscontrano sintomi influenzali o problemi respiratori non devono andare in pronto soccorso, ma devono chiamare il numero 112 che valuterà ogni singola situazione e spiegherà che cosa fare. Per informazioni generali chiamare 1500, il numero di pubblica utilità attivato dal Ministero della Salute.

Il nuovo coronavirus colpisce solo le persone anziane o anche i più giovani?
Le persone più suscettibili alle forme gravi sono gli anziani e quelle con malattie croniche come il diabete e le malattie cardiache.

Le azioni attivate
Regione Lombardia ha attivato tutte le misure preventive necessarie e la task force regionale sta operando in stretto contatto con il Ministero della Salute e con la Protezione Civile.

Per scongiurare la diffusione del virus, nella serata del 21 febbraio,  il Ministro della Salute, Roberto Speranza e il Presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, hanno firmato un’ordinanza contenente indicazioni preventive per 10 Comuni lombardi: Codogno, Castiglione d’Adda, Casalpusterlengo, Fombio, Maleo, Somaglia, Bertonico, Terranova dei Passerini, Castelgerundo e San Fiorano.

Previeni l’infezione seguendo alcune semplici regole

1. Lavati spesso le mani
Il lavaggio e la disinfezione delle mani sono decisivi per prevenire l’infezione.
Le mani vanno lavate con acqua e sapone per almeno 20 secondi.
Se non sono disponibili acqua e sapone, è possibile utilizzare anche un disinfettante per mani a base di alcol al 60%.
Lavarsi le mani elimina il virus.

2. Evita il contatto ravvicinatocon persone che soffrono di infezioni respiratorie acute
Mantieni almeno un metro di distanza dalle altre persone, in particolare quando tossiscono o starnutiscono o hanno la febbre, perché il virus è contenuto nelle goccioline di saliva e può essere trasmesso a distanza ravvicinata.

3. Non toccarti occhi, naso e bocca con le mani
Il virus si trasmette principalmente per via respiratoria, ma può entrare nel corpo anche attraverso gli occhi, il naso e la bocca, quindi evita di toccarli con le mani non ben lavate.
Le mani, infatti, possono venire a contatto con superfici contaminate dal virus e trasmetterlo al tuo corpo.

4. Copri bocca e naso se starnutisci o tossisci
Se hai un’infezione respiratoria acuta, evita contatti ravvicinati con le altre persone, tossisci all’interno del gomito o di un fazzoletto, preferibilmente monouso, indossa una mascherina e lavati le mani. Se ti copri la bocca con le mani potresti contaminare oggetti o persone con cui vieni a contatto.

5. Non prendere farmaci antivirali né antibiotici a meno che siano prescritti dal medico
Allo stato attuale non ci sono evidenze scientifiche che l’uso dei farmaci antivirali prevenga l’infezione da nuovo coronavirus (SARS-CoV-2). Gli antibiotici non funzionano contro i virus, ma solo contro i batteri. Il SARS-CoV-2 è, per l’appunto, un virus e quindi gli antibiotici non vengono utilizzati come mezzo di prevenzione o trattamento, a meno che non subentrino co-infezioni batteriche.

6. Pulisci le superfici con disinfettanti a base di cloro o alcol
I disinfettanti chimici che possono uccidere il nuovo coronavirus (SARS-CoV-2) sulle superfici includono disinfettanti a base di candeggina / cloro, solventi, etanolo al 75%, acido peracetico e cloroformio.
Il tuo medico e il tuo farmacista sapranno consigliarti.

7. Usa la mascherina solo se sospetti di essere malato o assisti persone malate
L’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda di indossare una mascherina solo se sospetti di aver contratto il nuovo coronavirus, e presenti sintomi quali tosse o starnuti, o se ti prendi cura di una persona con sospetta infezione da nuovo coronavirus (viaggio recente in Cina e sintomi respiratori).

Uso della mascherina
Aiuta a limitare la diffusione del virus,ma deve essere adottata in aggiunta ad altre misure di igiene quali il lavaggio accurato delle mani per almeno 20 secondi.
Non è utile indossare più mascherine sovrapposte.

8. I prodotti MADE IN CHINA e i pacchi ricevuti dalla Cina non sono pericolosi
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato che le persone che ricevono pacchi dalla Cina non sono a rischio di contrarre il nuovo coronavirus, perché non è in grado di sopravvivere a lungo sulle superfici. A tutt’oggi non abbiamo alcuna evidenza che oggetti, prodotti in Cina o altrove, possano trasmettere il nuovo coronavirus (SARS-CoV-2).

9. Gli animali da compagnia non diffondono il nuovo coronavirus
Al momento, non ci sono prove che animali da compagnia come cani e gatti possano essere infettati dal virus.
Tuttavia, è sempre bene lavarsi le mani con acqua e sapone dopo il contatto con gli animali da compagnia.

10. Contatta il numero verde 1500 per maggiori informazioni
Il Ministero della Salute ha attivato il numero di pubblica utilità 1500.

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Domande e risposte
Per ulteriori informazioni consulta le domande e le riposte del Ministero della Salute o chiama il numero di pubblica utilità 1500.

Fonte: Regione Lombardia

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