• Accueil
  • > Archives pour décembre 2019

Beata Maria Vergine di Guadalupe/ Il 12 dicembre si celebra l’apparizione mariana

Posté par atempodiblog le 12 décembre 2019

Beata Maria Vergine di Guadalupe/ Il 12 dicembre si celebra l’apparizione mariana
di Matteo Fantozzi – Il Sussidiario

Beata Maria Vergine di Guadalupe/ Il 12 dicembre si celebra l’apparizione mariana dans Apparizioni mariane e santuari Guadalupe

Il 12 dicembre la Chiesa Cattolica ricorda l’importante figura della Beata Maria Vergine di Guadalupe, ricorrenza la quale nacque come conseguenza di una apparizione avvenuta nella prima metà del 1500. Il Santuario della Madonna di Guadalupe è ubicato a Tepeyac, ove secondo la tradizione la Madonna chiese che venisse costruito un luogo di culto a lei dedicato. Il Messico è la realtà statale più importante di tutta l’America Centrale e la Beata Vergine Maria di Guadalupe ne è anche considerata la patrona. Questo paese è uno dei più cattolici dell’area delle Americhe: visitarlo è una esperienza molto interessante, anche per i lasciti delle civiltà precolombiane.

Beata Maria Vergine di Guadalupe, il racconto dell’apparizione
Per la Beata Maria Vergine di Guadalupe secondo le fonti il 9 dicembre del 1531 un indio che si chiamava Juan Diego che si trovava sulla collina, venne conquistato dal canto degli uccelli e alla fine incontrò la Madonna, che gli fece la richiesta di un santuario a lei dedicato. L’uomo riferì subito al vescovo della città, il quale però non gli credette. Juan tornò a casa e la Madonna gli si palesò nuovamente, invitandolo ad insistere con il vescovo. Il giorno dopo tuttavia Juan Diego dovette desistere dal suo intento perché suo zio cadde gravemente ammalato. Per questo motivo scelse di non passare dalla collina, ma la Madonna gli si palesò comunque, dicendogli che lo zio era guarito e quindi di non preoccuparsi e di recarsi sulla collina, dove avrebbe trovato le prove che avrebbero convinto il vescovo ad assecondare la sua richiesta. L’indio arrivò sulla collina e trovò dei fiori di Castiglia, che in quell’ambiente non avrebbero potuto crescere. Decise quindi di raccoglierli e portarli al prelato. Una volta arrivato dinanzi al vescovo, i fiori incredibilmente si trasformarono nell’immagine della Beata Vergine Maria. A questo punto il vescovo non poté che convincersi del fatto che il santuario doveva essere costruito e ciò alla fine avvenne nel 1667. Oggi questo è uno dei luoghi maggiormente visitati dai pellegrini, specie delle Americhe ed è uno dei simboli più importanti del Messico non solo da un punto di vista religioso ma anche turistico, perchè sono tanti i viaggiatori che decidono di visitarlo.

Gli altri beati di oggi
Ovviamente in questa giornata non viene celebrata solo la Beata Vergine Maria di Guadalupe, ma il mondo cristiano ricorda anche altre figure molto importanti. Tra coloro che sono stati santificati si può ad esempio ricordare San Valerico, mentre tra coloro che ad oggi hanno lo status di beati si può ad esempio ricordare la figura di Corrado di Offida.

Publié dans Apparizioni mariane e santuari | Pas de Commentaire »

Come fare attenzione ai segni di Dio in questo Avvento

Posté par atempodiblog le 10 décembre 2019

Come fare attenzione ai segni di Dio in questo Avvento
Le persone tendono a interpretarlo come castigo, ma tutto dev’essere visto come un segno dell’amore di Dio
Monsignor Antônio Carlos Rossi Keller/Aleteia Brasil – Aleteia

Predica d'Avvento, Cantalamessa: Gesù desidera nascere nei cuori dans Avvento Avvento-bimba

Monsignor Antônio Carlos Rossi Keller, vescovo di Frederico Westphalen, nello Stato brasiliano di Rio Grande do Sul, ha condiviso con i fedeli della sua diocesi una riflessione semplice e profonda sull’inizio di questo Avvento, che riportiamo volentieri.

Attenzione ai segni
“Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa”, abbiamo ascoltato nel Vangelo della Prima Domenica d’Avvento (Matteo 24, 37-44).

Nelle parole di Gesù ci sono un richiamo all’attenzione nei confronti dei segni che il Signore ci invia e un invito a sforzarci di decifrarli. La chiave di lettura di questo passo è la filiazione divina. Siamo figli di Dio, ed Egli ci ama alla follia.

Tutto quello che ci accade in questa vita non è mai un segno di castigo, ma d’amore. Le persone tendono a interpretare come una punizione tutto ciò che non è conforme a quello che apprezzano: una malattia, un contrattempo economico, la morte di un familiare… Tutto dev’essere esaminato partendo dal principio secondo il quale tutto quello che accade nella nostra vita e nella vita del mondo implica in qualche modo un segno dell’amore di Dio.

Dobbiamo implorare l’aiuto dello Spirito Santo, con i suoi sette doni, per decifrare correttamente questi segni che il Signore ci invia: sono messaggi di un innamorato, di un Padre che ci ama alla follia.

Dobbiamo manifestare al Signore la nostra profonda riconoscenza e pensare, alla Sua presenza, come potremo corrispondere a tanto amore, e cos’è che ci chiede in concreto attraverso il segno che ci invia.

La vigilanza è una virtù raccomandata da Gesù nel Vangelo. Egli ricorre ai costumi dell’epoca in cui ha vissuto la sua vita mortale tra noi per spiegarci in cosa consiste la vigilanza: stare con i reni stretti – le persone legavano una cintura per sollevare la tunica, di modo che non impedisse loro di camminare –, il bastone in mano e le lampade accese, in attesa del minimo segno per intraprendere il cammino.

La vigilanza cristiana non è un’attesa timorosa di quello che potrà accadere quando si verificherà il nostro incontro con il Signore, ma piuttosto l’aspettativa di due persone innamorate che aspettano con gioia e quasi con impazienza l’incontro con chi amano.

Approfittiamo di questo tempo sacro dell’Avvento per intensificare la nostra intimità con il Signore attraverso la preghiera. Chiediamo al Signore di non irritarsi di fronte alla nostra indigenza. La nostra anima dev’essere un giardino di fiori, di virtù, ma spesso è un deserto, o un campo non coltivato.

Il periodo liturgico dell’Avvento è più che altro un’opportunità che il Signore ci offre per metterci in un atteggiamento positivo di vigilanza e attenzione nei confronti delle cose di Dio. Imitiamo la Madonna, che in profondo raccoglimento, senza trascurare i suoi doveri di moglie e donna di casa, ha atteso con gioia la nascita del Bambino che portava nel suo grembo virginale.

Publié dans Avvento, Fede, morale e teologia, Riflessioni, Santo Natale | Pas de Commentaire »

Don Fabio Rosini: “Ti tratti come una cosa da 4 soldi, ma vali il sangue di Cristo!”

Posté par atempodiblog le 10 décembre 2019

Don Fabio Rosini: “Ti tratti come una cosa da 4 soldi, ma vali il sangue di Cristo!”
Un discorso rivolto ai giovani ma che vale per tutti, anche per chi avesse sprecato quasi tutti i giorni della propria vita. Perché scoprire che per Dio abbiamo un valore enorme è una verità che può cambiare la storia di chiunque. Tutto può diventare bellezza, tutto ci succede perché, presto o tardi, ci decidiamo alla sola impresa che valga la pena: diventare santi.
di Paola Belletti – Aleteia

Offertorio del Prez.mo Sangue di N. S. per le anime purganti dans Don Giustino Maria Russolillo Ges

Da dove parte la santità? Che cos’è questa cosa grande che io e te dobbiamo fare? Questo fatto per cui non posso accontentarmi di vivere di cose piccole, io devo fare cose belle!

Comincia così, il discorso di Don Fabio Rosini, montato in un video che ha legato insieme alla musica e alle parole scene di film, brani di esibizioni artistiche e sportive, visi amati (Chiara Corbella) la cui cifra è l’umano, in tutta la sua bellezza, nella sua capacità di commuoverci come nessun tramonto o fiero animale o cucciolo tenerissimo potranno mai fare. Chissà perché ci commuove così tanto, fino all’imboccatura del cuore.

Lo riscopriamo proprio in questo discorso, in questo appello perentorio alla grandezza. Non cose che possano fare solo i forti, i già capaci, i più capaci tra di noi. Sono cose da veri uomini, da gente che riconosce la voce di Dio e risponde, con la vita.

Le parole di Don Fabio sono una supplica, come di un drogato in crisi di astinenza che implora gli diano qualche spicciolo perché non può rinunciare a tanta potenza, bellezza, altezza: la santità, unica originale di ognuno di noi. Poiché conoscendo lo spettacolo che l’uomo può essere, avendo assistito ad anteprima memorabili, non sopporta che restiamo così tanto al di sotto di noi stessi, così all’oscuro di dossier scottanti, di informazioni decisive che ci riguardano.

Dio ci ama, ci ha fatti belli, magnifici, ci ha fatti da amare. Non ama, Dio, solo per sua natura, perché è Amore, ama perché ci ha fatti amabili, anzi amandi. Dobbiamo essere amati, siamo bellissimi!

I ragazzi lo sanno? Noi, lo sappiamo? Ci crediamo? Nelle foto che pubblichiamo in effetti siamo quasi sempre abbastanza carini, qualcuno è veramente #top. Ma non ci crediamo davvero. Invece Dio sì, è assolutamente certo che siamo cosa preziosissima.

Chi è triste crede di sé qualcosa che non è vero. Chi è triste perché ignora di valere il sangue e il dolore di Cristo e la Sua Resurrezione vive una condizione disagevole e ingiusta. Non sta dove deve stare. Abita in cantina e lo aspetta un attico da cover Elle Casa.

Siamo come un grande volatile, di quelli che dominano la catena alimentare, chiuso in gabbia per tanto tempo. Mi è venuto in mente perché ho visto un video poco tempo fa, segnalatomi una collega: un condor vissuto a lungo in cattività viene portato sul picco di una montagna, nel cuore del suo vero habitat. Uscito dalla gabbia non vola; prima guarda, cammina piano. Inizia ad aprire le ali, le sbatte, le sgranchisce, le ruota, le muove lentamente e poi sempre più forte. Fino a che non è pronto. Per due anni gli è stato impedito, gli è stato negato l’accesso al cielo che è il suo ambiente. Non se lo ricordava nemmeno più?

Noi siamo così: ali enormi, muscoli forti, artigli rapaci: siamo fatti per essere santi e prendere tutta la vita e fare cose grandi. E ne abbiamo paura! Ma se hai vent’anni come non puntare in alto? (…) C’è un’inquietudine santa dentro il cuore mio e tuo. Non mi posso fermare così ad un risultato minuto. Non buttare via niente della tua vita, ti serve tutto. Ma quello perché m’è successo? non l’hai ancora sfruttato fino in fondo (…). C’è una grazia in tutto, Dio può trasformare in bellezza anche la storia più disperata. Non abbiate paura di essere santi! Non abbiamo paura di essere santi! (…)

Ti tratti come una cosa da 4 soldi e invece sei importantissimo. Quanto vali tu?
Tu sei uno che vale la pena che la Seconda Persona della Trinità fosse torturato, crocifisso, ucciso. Lui ritiene che tu vali la pena!

Credere all’amore di Dio. E guarda che Dio non ti ama solo perché è amore. Ti ama perché ti ha creato Lui e sa che sei bello, che sei bella. Sa che senza di te non si può fare. Ci sono persone che solo tu puoi amare, cose che solo tu puoi fare, parole che solo tu potrai dire, sentimenti che solo tu potrai provare. In nome di Cristo, sii te stesso, davanti a Dio.

Speriamo ci sia qualche coraggioso qua dentro. Così finiscono i tre minuti abbondanti del video. Sì, speriamo anche noi. Speriamolo per noi stessi, giovani o vecchi, per i nostri figli, disincantati, feriti o accesi di domande. Speriamolo per tutti gli uomini. Ogni uomo, santo cielo!, è un bene talmente prezioso che non dovremmo poter camminare dritti, gli occhi sempre pieni di lacrime di commozione.

Diventiamo santi, siamo santi, buttiamoci. Il cielo non dobbiamo stenderlo noi, le ali sì. Basta essere quel che siamo, di fronte a Dio e ogni cosa della nostra vita si rivelerà per quello che è: radice conficcata nell’amore di Dio, pronta a generare frutti di cambiamento, di gioia, di novità assoluta.

Publié dans Don Fabio Rosini, Fede, morale e teologia, Riflessioni | Pas de Commentaire »

I misteri della Santa Casa e il carisma di Loreto

Posté par atempodiblog le 10 décembre 2019

I misteri della Santa Casa e il carisma di Loreto
Oggi è la festa dell’unico santuario mariano del mondo che nasce da una reliquia. Intervista all’arcivescovo Fabio Dal Cin
di Giacomo Galeazzi – In Terris
Tratto da: Radio Maria

I misteri della Santa Casa e il carisma di Loreto dans Fede, morale e teologia Santa-Casa-di-Loreto

La festa liturgica della Madonna di Loreto ricorre il 10 dicembre, in ricordo della data dell’arrivo della Santa Casa di Nazareth a Loreto. Ci sono luoghi della cristianità la cui unicità è depositata nel cuore sacro della religiosità popolare. L’antichissima Festa della Venuta rievoca da sette secoli i fuochi che nella notte tra il 9 e il 10 dicembre del 1294 furono accesi per illuminare la via alla “Santa Casa” in arrivo a Loreto. E’ stata la fede incrollabile in questa miracolosa traslazione “volante”, da Nazareth a Loreto, a spingere Papa Benedetto XV a proclamare la Beata Vergine Maria di Loreto « Patrona di tutti gli aeronautici ». La cittadella marchigiana della devozione mariana in questi giorni sta vivendo giornate storiche e, per approfondire il carisma e i misteri della Santa Casa, In Terris ha incontrato l’arcivescovo Fabio Dal Cin, Delegato Pontificio di Loreto. Nella Santa Casa di Loreto, papa Francesco ha firmato l’esortazione apostolica post-sinodale Christus vivit, indirizzata “ai giovani e a tutto il popolo di Dio”, ispirata “dalla ricchezza delle riflessioni e dei dialoghi del Sinodo dei giovani”. È iniziato ieri dall’aeroporto di Ancona Falconara la “Peregrinatio Mariae” delle statue della Madonna di Loreto verso gli aeroporti nazionali e internazionali previsti nel programma delle iniziative correlate all’anno del Giubileo Lauretano. Domenica, infatti, con la cerimonia di apertura della Porta Santa della Basilica di Loreto, presieduta dal Segretario di Stato Vaticano, il cardinale Pietro Parolin, è iniziato il Giubileo Lauretano che il Santo Padre Papa Francesco ha concesso in occasione del centenario della proclamazione della Madonna di Loreto come patrona degli aeronauti e del mondo dell’aviazione e che si concluderà il 10 dicembre 2020. Alla cerimonia hanno partecipato il presidente dell’Enac, Nicola Zaccheo, e il direttore generale, Alessio Quaranta, tra le istituzioni che hanno rappresentato il comparto dell’aviazione civile. L’Enac, Assaeroporti, Alitalia, venti aeroporti, in collaborazione con Aeroclub d’Italia, sono tra le Istituzioni e i rappresentanti del settore che coordinano una parte delle iniziative che prevedono, tra l’altro, un pellegrinaggio che tre statue raffiguranti la Madonna di Loreto percorreranno negli aeroporti nazionali e internazionali. Le tre statue sono partite ieri dall’aeroporto di Ancona Falconara per farvi ritorno nel dicembre 2020: la statua che visiterà gli aeroporti nazionali è partita su un velivolo messo a disposizione dall’Aeroclub di Ancona per raggiungere l’aeroporto di Pescara dove rimarrà fino al 22 dicembre, per essere successivamente portata all’aeroporto di Bari. Un’altra statua raggiungerà Roma Fiumicino per partire oggi alla volta di Buenos Aires su un volo Alitalia, mentre una terza statua visiterà gli scali militari. Per quanto riguarda l’itinerario civile nazionale, sono stati individuati dalla Delegazione Pontificia venti aeroporti, quelli dove è presente una Cappella o luogo di culto, quali Bari, Bergamo Orio al Serio, Cagliari, Catania, Milano Linate, Milano Malpensa, Napoli, Palermo, Pescara, Roma Fiumicino, Torino Caselle, Trieste Ronchi dei Legionari, Venezia, Verona Villafranca e altri scali quali Bologna, Firenze, Genova, Perugia, Reggio Calabria, i cui gestori, su invito di Assaeroporti, hanno fornito ospitalità in un’area dedicata al fine di coprire tutte le regioni italiane. Negli aeroporti coinvolti sono previste cerimonie di accoglienza per l’arrivo e la partenza della statua raffigurante la Madonna di Loreto, oltre che azioni di comunicazione e promozione dell’iniziativa rivolte ai passeggeri e a tutta la comunità aeroportuale. In occasione della partenza odierna da Ancona per l’Enac ha partecipato Silvia Ceccarelli, direttore della Direzione Aeroportuale Regioni Centro e responsabile degli aeroporti di Ancona e Pescara che ha accompagnato il viaggio della statua della Madonna Pellegrina tra i due scali. Per i credenti del settore dell’aviazione civile, per i lavoratori e per i passeggeri che vorranno partecipare e visitare le Cappelle e i luoghi di culto negli aeroporti in cui verranno collocate le Madonne Pellegrine, secondo un programma consultabile anche sui siti di Enac e di Assaeroporti, oltre che in quelli degli organizzatori, il Giubileo rappresenta anche un’occasione di unione, peculiarità del trasporto aereo.

Arcivescovo Fabio Dal Cin, come si esprime a Loreto la devozione popolare per Maria?
“Qui la manifestazione della fede popolare è particolarmente viva. La gente entra nella Santa Casa, tocca, bacia le pareti e prega in silenzio. E’ un atto di fede nel mistero dell’Incarnazione, che si è compiuto tra quelle mura e nel mistero prodigioso della presenza della Santa Casa su questo colle.  I fedeli riconoscono che queste pareti sono imbevute del mistero del Figlio di Dio fattosi uomo. Si tratta di una fede testimoniata anche dai solchi sul gradino di marmo che circonda la Santa Casa. Sono solchi fatti dalle persone che prima di entrare nel sacello ne percorrono l’intero perimetro in ginocchio. E’ una pratica di pietà che si ripete instancabilmente da 500 anni!”

Qual è il valore teologico della Santa Casa?
“L’identità teologica della Santa Casa ha lo stesso valore dei luoghi santi nei quali è vissuto, morto e risorto Gesù. Ad esempio: noi non sappiamo se la crocifissione sia avvenuta esattamente nel luogo in cui è stato costruito il Santo Sepolcro o cinquanta metri più in là. Tuttavia il credente ha bisogno di sapere che in un luogo preciso la Chiesa fa memoria di quel mistero della salvezza. Anche per la Santa Casa di Loreto vale lo stesso principio teologico che si applica ai luoghi santi. Essa è lo spazio mistico nel quale sono avvenuti i misteri del concepimento immacolato, della libera adesione della Vergine Maria al disegno divino e del Si di Dio, che si è fatto uomo. E’ questa la memoria viva della Salvezza che il popolo di Dio riconosce visitando la Santa Casa.

Perché papa Francesco ha scelto la Santa Casa per firmare l’esortazione apostolica sui giovani?
“Come San Giovanni XXIII è venuto a Loreto prima dell’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II per affidare a Maria le sorti dell’evento conciliare, così Papa Francesco, al termine del Sinodo sui giovani, ha voluto compiere il gesto di affidare le riflessioni e quanto era emerso nell’assemblea sinodale a due Giovani “speciali”, che sono cresciuti in Santa Casa: la Beata Vergine Maria e Gesù. Lì ha firmato l’Esortazione Apostolica post-sinodale Christus vivit, rivolta ai giovani e a tutto il popolo di Dio e, in quella occasione, il Santo Padre ha rilanciato il Centro giovanile, voluto a suo tempo da San Giovanni Paolo II, perché sia il luogo della Christus vivit. Luogo dove i giovani che passano per Loreto possano trovare una comunità che li accolga, li accompagni e li aiuti a scegliere la loro strada nella vita”.

Perché la Santa Casa è diversa dagli altri luoghi di devozione mariani?
“Il Santuario di Loreto è diverso dagli altri santuari mariani perché custodisce la Santa Casa. Gli altri santuari dedicati a Maria sono stati edificati in seguito ad un’apparizione mariana o per la presenza di un’immagine prodigiosa della Madonna. Invece il fondamento del Santuario di Loreto è una reliquia. Si tratta delle pareti della Casa Nazaretana dove ha vissuto Maria e in seguito anche la Santa Famiglia. Anche gli studi più avanzati confermano che le pietre delle pareti della Casa sono tipiche dei luoghi e dell’epoca di Gesù”.

Qual è il significato profondo?
“All’origine di tutto c’è una Casa, che non è solo una reliquia ma è anche un’icona che innesca innumerevoli significati esistenziali, che toccano la vita concreta di tutti. Casa significa famiglia e accoglienza della vita, significa relazioni primordiali e intergenerazionali, casa significa vita concreta e quotidiana, significa trasmissione della fede e dei valori fondamentali per ogni persona…Ma per noi credenti la Santa Casa è la rivelazione del mistero di Dio che “fa casa con l’uomo” e del mistero di una giovane donna che si rende disponibile con il suo Si ad essere “casa” per accogliere il Figlio di Dio. Loreto è innanzitutto il Santuario dell’Incarnazione e della Trinità”.

Perché della Trinità?
“Perché il racconto dell’Annunciazione dell’evangelista Luca esplicita l’Opera della Trinità: il Padre che invia il Figlio a salvare il mondo per opera dello Spirito Santo, dunque Santuario della famiglia trinitaria e per questo Santuario delle famiglie”.

In che senso Santuario delle famiglie?
“Nella casa di Nazareth, Maria ha vissuto la molteplicità della relazioni familiari come figlia, fidanzata, sposa e madre. Per questo ogni famiglia, nelle sue diverse componenti, trova qui accoglienza, ispirazione a vivere la propria identità”. Sono queste le parole che Papa Francesco ha detto a Loreto il 25 marzo scorso, in occasione della sua visita e che per noi sono, insieme alle indicazioni che emergono dall’esortazione apostolica Amoris laetitia, la traccia per la pastorale del Santuario”.

Come attuate a Loreto questo mandato di Papa Francesco?
“Il Santuario offre una serie di incontri mensili rivolti alle coppie sposate e fidanzate sul significato del sacramento del matrimonio, propone tre ritiri spirituali durante i periodi dell’Avvento, della Quaresima e di Pentecoste, ma anche giornate a tema per chi vive lo stato di vedovanza e percorsi per coppie conviventi e separate. Per i giovani, l’attenzione verte sulla tematica degli affetti e sul significato della chiamata a costruire la propria “casa”.

Publié dans Fede, morale e teologia, Papa Francesco I, Riflessioni, Stile di vita | Pas de Commentaire »

Terremoto, Betori in Mugello: «Ho trovato i parroci molto coraggiosi. I preti punto di riferimento per la popolazione»

Posté par atempodiblog le 9 décembre 2019

Terremoto, Betori in Mugello: «Ho trovato i parroci molto coraggiosi. I preti punto di riferimento per la popolazione»
Dopo il sisma che ha colpito questa notte il Mugello l’Arcivescovo di Firenze, card. Giuseppe Betori si è recato subito sul territorio per visitare le parrocchie e portare la sua vicinanza ai sacerdoti e rendersi conto personalmente della situazione. «Sono andato in tutte le parrocchie del Mugello e ho parlato con tutti i sacerdoti. Ho trovato i parroci molto coraggiosi, pronti ad affrontare la problematica e a rimboccarsi le maniche facendo qualche sacrificio»
di Riccardo Bigi – Toscana Oggi

Terremoto, Betori in Mugello: «Ho trovato i parroci molto coraggiosi. I preti punto di riferimento per la popolazione» dans Articoli di Giornali e News Terremoto-Betori-in-Mugello-Ho-trovato-i-parroci-molto-coraggios

«Le maggiori difficoltà – afferma Betori – sono a Barberino, ho visto una lunga fila di persone alla tenda della Protezione Civile immagino per la richiesta di sopralluoghi nelle case, anche se i segni esterni tipici del terremoto non sono visibili sugli edifici» ha detto il card. Betori. «Ho trovato i parroci molto coraggiosi, pronti ad affrontare la problematica e a rimboccarsi le maniche facendo qualche sacrificio» ha proseguito. I due sacerdoti di Barberino, ha affermato, si trasferiranno dai parenti a Firenze per dormire e durante la giornata saranno ospitati nella sede della Misericordia per non gravare sulla Protezione Civile.

«I sacerdoti come sempre sono un punto di riferimento umano, ma al momento non ci sono situazioni tali della popolazione da richiedere da parte loro un intervento diretto, stasera si avrà forse un quadro più certo della condizione delle case e delle necessità delle persone – ha proseguito il card. Betori. La popolazione è comprensibilmente spaventata, ma ho visto tranquillità e molto ordine. Voglio rassicurare la gente, la situazione è sotto controllo, la macchina dei soccorsi si è mossa in maniera tempestiva ed efficace, le istituzioni sono attive e tutto è supervisionato dalla Prefettura. Ho parlato stamattina con il Prefetto prima di partire per il Mugello e rifarò un punto nel pomeriggio quando celebrerò la messa proprio per la Prefettura per la festa di Sant’Ambrogio».

Per quanto riguarda le chiese della diocesi, afferma Betori, «abbiamo un problema serio proprio a Barberino di Mugello dove la chiesa vede lesionato il portico e distaccata la facciata dal corpo principale. Si stanno portando via le opere d’arte contenute nella chiesa insieme alla Sovrintendenza ai beni artistici. Anche la canonica è stata lesionata dal sisma e come la chiesa è stata dichiarata inagibile dai Vigili del fuoco. I tempi per rendere la chiesa nuovamente agibile saranno lunghi e dovremo trovare una soluzione per la comunità e per le celebrazioni della domenica nel paese».

«Danni ingenti – prosegue Betori – si sono verificati anche in una chiesa ex parrocchiale che la diocesi ha affidato da un po’ di tempo alla comunità rumeno-ortodossa in località Torre Petrona, a Scarperiadove è crollato il controsoffitto. Per fortuna tutto è accaduto nella notte perché proprio ieri avevano celebrato la loro divina liturgia. Qui credo che la chiusura sarà molto lunga perché essendo venuta giù la volta la chiesa è completamente inagibile.

Le altre chiese della diocesi sul territorio non sembrano avere particolari problemi, ma ho chiesto a tutti i sacerdoti di far verificare la fruibilità degli edifici da parte dei Vigili del fuoco prima che si svolgano le celebrazioni di domenica prossima. Sembrava esserci una criticità sul campanile della chiesa di Cavallina, ma il parroco mi ha assicurato che non ha subito danni particolari».

Publié dans Articoli di Giornali e News, Riflessioni, Sacramento dell’Ordine, Stile di vita | Pas de Commentaire »

Papa Francesco: “Sacerdoti con fede robusta come roccia”

Posté par atempodiblog le 9 décembre 2019

Papa Francesco: “Sacerdoti con fede robusta come roccia”
dell’Agenzia SIR

Papa Francesco: “Sacerdoti con fede robusta come roccia” dans Fede, morale e teologia Sacerdote

Papa Francesco: A comunità Seminario Flaminio, “contro la scristianizzazione sacerdoti con fede robusta come roccia”
“Voi siete chiamati ad essere evangelizzatori nella vostra Regione, segnata anch’essa dalla scristianizzazione. Quanti sono più esposti al vento freddo dell’incertezza o dell’indifferenza religiosa, hanno bisogno di trovare nella persona del sacerdote quella fede robusta che è come una fiaccola nella notte e come una roccia alla quale attaccarsi”. Lo ha detto Papa Francesco nel suo discorso rivolto alla comunità del Pontificio Seminario Regionale Flaminio Benedetto XV di Bologna, ricevuta stamani in udienza, in occasione del centenario di fondazione.

Il Pontefice ha indicato tre aspetti che identificano il Seminario in quanto “luogo e soprattutto tempo di formazione e di preparazione al sacerdozio”. Francesco lo ha indicato come “casa di preghiera, casa di studio, casa di comunione”. “Il Seminario è prima di tutto la casa della preghiera dove il Signore convoca ancora i ‘suoi’ in ‘un luogo appartato’ a vivere un’esperienza forte di incontro e di ascolto”, ha affermato il Papa, che ha reputato “necessario dedicare adeguato impegno alla formazione spirituale” e all’“incontro con Gesù nel volto e nella carne dei poveri”. Poi, l’attenzione allo studio, “parte di un itinerario mirato all’educazione di una fede viva e consapevole, chiamata a diventare la fede del pastore”. Francesco lo ha considerato “strumento privilegiato di una conoscenza sapienziale e scientifica”. “Condividere le lezioni e lo studio con i compagni di Seminario è anch’esso un modo di entrare a far parte di un presbiterio”, ha evidenziato.

Infine, il Seminario come “casa di comunione”, perché “la carità pastorale del prete non può essere credibile se non è preceduta e accompagnata dalla fraternità, prima tra seminaristi e poi tra presbiteri”.

Papa Francesco: “No a presbitéri frammentati, la carità è quella che unisce”
“Questa è una cosa che a me fa soffrire, quando vedo dei presbitéri frammentati, dove sono l’uno contro l’altro, oppure tutti cortesi ma poi sparlano l’uno dell’altro. Se non c’è un presbiterio unito, questo non significa che non si può discutere. No, si discute, si scambiano le idee, ma la carità è quella che unisce”. Lo ha detto Papa Francesco nel suo discorso rivolto alla comunità del Pontificio Seminario Regionale Flaminio Benedetto XV di Bologna, ricevuta stamani in udienza, in occasione del centenario di fondazione. Il Pontefice si è soffermato sulle quattro “vicinanze”, “i quattro atteggiamenti di vicinanza dei sacerdoti diocesani”.

“Essere vicino a Dio nella preghiera, l’ho detto, si incomincia dal seminario. Essere vicino al vescovo, sempre vicino al vescovo: senza il vescovo la Chiesa non va, senza il vescovo il prete può essere un leader ma non sarà prete. Terza vicinanza: essere vicino al presbiterio, fra voi”. Poi, il Papa ha indicato la “quarta vicinanza”: “La vicinanza al popolo di Dio”. “Per favore, non dimenticatevi da dove venite – ha chiesto Francesco ai seminaristi -. Paolo diceva a Timoteo: “Ricordati di tua mamma e tua nonna”, cioè delle radici; ricordati che sei stato preso dal gregge e sei venuto perché il Signore ti ha scelto. Non sei venuto a fare la carriera ecclesiastica, come un tempo si diceva, in uno stile letterario di altri secoli”.

Riassumendo il Pontefice ha ricordato le quattro vicinanze: vicinanza a Dio, vicinanza al vescovo, vicinanza al presbiterio, “fra di voi”, e vicinanza al popolo di Dio. “Se manca una di queste, il prete non funziona e scivolerà, lentamente, nella perversione del clericalismo o in atteggiamenti di rigidità. Dove c’è clericalismo c’è corruzione, e dove c’è rigidità, sotto la rigidità, ci sono gravi problemi”.

Publié dans Fede, morale e teologia, Papa Francesco I, Riflessioni, Sacramento dell’Ordine | Pas de Commentaire »

Maria, preservata dal peccato originale

Posté par atempodiblog le 8 décembre 2019

Con Maria Immacolata verso il Santo Natale dans Avvento Maria-Immacolata

Davanti a Dio, il peccato dev’essere una cosa ben disgustosa e triste, se gli è stato insopportabile qualsiasi contatto – anche minimo, anche istantaneo – della Madre del suo Figlio con questa fiumana di sudiciume spirituale che, dagli albori della storia, inonda e funesta il genere umano.

Dio – notatelo bene! – non ha preservato Maria dalla povertà di Nazaret né dal disagio di Betlemme; non l’ha preservata dalla fatica, dall’umiliazione, dalla sofferenza; però l’ha preservata dal peccato!

Perché? Perché agli occhi di Dio non c’è miseria più grande di questa, non c’è sventura paragonabile a questa.

del card. Angelo Comastri
Tratto da: Una penna spuntata

Publié dans Cardinale Angelo Comastri, Citazioni, frasi e pensieri, Riflessioni | Pas de Commentaire »

«TUTTA BELLA SEI MARIA»

Posté par atempodiblog le 8 décembre 2019

Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria (8 dicembre)
Tratto da: Le vie del cuore. Vangelo per la vita quotidiana. Commento ai vangeli festivi Anno A, di Padre Livio Fanzaga. Ed. PIEMME

«TUTTA BELLA SEI MARIA» (Gn 3, 9-15. 20; Ef 1, 3-6. 11-12; Lc 1, 26-38)

«TUTTA BELLA SEI MARIA» dans Avvento Hail-Mary

Maria è immacolata perché madre di Dio
La festività dell’Immacolata Concezione è un sole di purissima luce soprannaturale che risplende in questo periodo di Avvento e che illumina i nostri passi sulla via del Natale. Non è un caso che questa festa sia collocata in un periodo liturgico nel quale ci disponiamo ad adorare il Bambino divino che Maria ha dato alla luce e donato al mondo.

Infatti come avrebbe potuto il Figlio di Dio farsi uomo se non nel grembo verginale di una creatura che mai, neppure nel primo istante del suo concepimento, era stata sfiorata dall’impero del male? Non si comprende il privilegio di Maria di essere concepita senza macchia di peccato originale se non in vista della sua divina maternità. Non è un caso che la santa Vergine a Lourdes abbia atteso il 25 marzo, giorno dell’Annunciazione e dell’Incarnazione del Verbo, per rivelare il suo nome di Immacolata Concezione.

E’ in vista dell’Incarnazione e per realizzare il suo piano di salvezza che Dio preserva Maria dalla legge universale del peccato originale, che tocca tutti i figli di Adamo. La Madre di Dio non poteva che essere la tutta santa. Questa è la convinzione che il popolo cristiano ha avuto fin dalle origini e che ha strenuamente difeso lungo il corso dei secoli, fino alla solenne proclamazione del dogma da parte del Papa Pio IX.

L’angelo Gabriele la chiama “Piena di Grazia” proprio nel momento in cui sta per divenire Madre di Dio. Colei che fu profetizzata essere nemica strenua del serpente infernale, non poteva certo portare  il veleno del male nel suo sangue. L’inimicizia tra Maria e Satana non poteva ammettere nessun compromesso e nessuna violazione della sua sublime santità. […]

Anche Maria ha fatto un cammino di santità
Maria è la “Tutta Santa” fin dal momento in cui viene creata. Ma anche di lei occorre dire che ha fatto un cammino di Santità. Il Figlio di Dio non cresceva forse in sapienza, età e grazia? I grandi privilegi di Maria non devono offuscare i suoi meriti. Se non avesse meritato non avrebbe cooperato all’opera di redenzione.

Maria ha fatto crescere nel suo cuore i semi di grazia di cui era ricolma, fino a portarli a una pienezza e a una perfezione assolute. Maria è andata crescendo nella grazia perché corrispondeva alla grazia. Dio poteva riversare nel suo cuore grazia su grazia perché la Vergine di Nazareth era un abisso di umiltà. L’umilissima non montava in superbia per i doni ricevuti e tanto meno se ne appropriava.

Anche Maria è stata tentata, ma l’avversario non ha mai potuto neppure sfiorare la sua anima splendente di luce fulgidissima. Chi può comprendere quale fu la fede di Maria, la sua speranza, la sua carità, il suo zelo, il suo coraggio, la sua obbedienza, la sua fortezza, la sua generosità? Tutte le sue virtù crebbero in Maria fino a una perfezione irraggiungibile, alimentate dal fuoco ardente dell’amore e radicate nel terreno profondo dell’umiltà.

La santità di Maria è dono e merito. E’ grazia smisurata e corrispondenza perfetta.

Maria è il segno della vittoria sul male
La “Tutta Santa” è un invito alla santità che Dio rivolge agli uomini attraverso di Lei. A questo mondo che giace nelle tenebre e nell’ombra di morte è stato dato un segno di speranza. Il male non è onnipotente, il male non è l’ultima parola, il male è stato vinto. Il vincitore del demonio è Cristo e il primo e più grande frutto della sua vittoria si chiama Maria.

In Maria risplende in tutto il suo fulgore la potenza della grazia sul fango del peccato. A noi, che gemiamo sotto l’oppressione del potere delle tenebre sono date di nuovo la forza e la speranza. Maria è il segno celeste del riscatto, Maria è l’Alleluia del trionfo, è l’amen che suggella la sconfitta di Satana.

A Lourdes l’Immacolata è apparsa in una grotta rifugio di animali. Dall’alto illuminava col suo candore celeste un antro oscuro e immondo come il nostro cuore peccatore. Come non vedere in questa immagine un invito a lasciare una vita di peccato, per iniziare un cammino di conversione e di santità, lasciandoci guidare da Colei che è lo “Splendore di grazia”?

Publié dans Avvento, Fede, morale e teologia, Libri, Padre Livio Fanzaga | Pas de Commentaire »

I Papi del passato e la festa dell’Immacolata

Posté par atempodiblog le 7 décembre 2019

I Papi del passato e la festa dell’Immacolata
Da festa popolare a dogma teologico: la purezza di Maria, unica creatura umana nel corso della storia priva di macchia, ha variamente sollecitato nel corso dei secoli il magistero dei Papi. Una festa “che nasconde la profondità del mistero”
di Laura De Luca – Vatican News

I Papi del passato e la festa dell’Immacolata dans Fede, morale e teologia Immacolata

Fu Papa Pio IX l’8 dicembre 1854 con la bolla Ineffabilis Deus, a sancire come la Vergine Maria sia stata preservata dal peccato originale fin dal primo istante del suo concepimento.

«[...] dichiariamo, affermiamo e stabiliamo che è stata rivelata da Dio la dottrina che sostiene che la beatissima Vergine Maria, nel primo istante della sua concezione, per una grazia ed un privilegio singolare di Dio onnipotente, in previsione dei meriti di Gesù Cristo Salvatore del genere umano, è stata preservata intatta da ogni macchia del peccato originale; pertanto, questa dottrina dev’essere oggetto di fede certo ed immutabile per tutti i fedeli.»

Solo quattro anni dopo, apparendo a Bernadette Soubirous e auodefinendosi Immacolata Concezione, la Madonna confermerà l’esatto significato teologico di quanto affermato dal dogma. Ma il primo atto formale di un Pontefice nei confronti dell’Immacolata risale agli anni “rivoluzionari” e in parte frivoli del Rinascimento: è il 1484 quando Papa Sisto IV introduce a Roma la festa liturgica della Concezione. Sarà poi Clemente XI, nel 1708, a rendere universale la festa dell’Immacolata, già celebrata dal popolo a Roma e in altre zone della cristianità.

Divisore dans San Francesco di Sales

Paolo VI, nel pieno degli anni di piombo del XX secolo, l’8 dicembre di quel terribile 1974 insanguinato da vari attentati, insiste sul mistero del male a fronte del quale la presenza dell’Immacolata offre un decisivo sollievo:

«L’Immacolata: questa festività della Madonna mette nei nostri animi un vivo entusiasmo, che in un certo senso nasconde la profondità del mistero; il mistero del peccato originale, la disgrazia universale ereditata dal genere umano dal padre Adamo, la quale ci ha staccati da Dio, ha prodotto un disordine funzionale nel nostro essere che nemmeno il battesimo del tutto guarisce, ha ridato alla nostra vita naturale la morte, e ha lasciato in fondo alle nostre aspirazioni inestinguibili la nostalgia d’una perfezione che non riusciamo più a raggiungere, anche da parte dei migliori fra noi, i buoni, i grandi, i sapienti e i santi perfino. Siamo infelici, siamo decaduti: mistero della devastazione dilagata sulla progenie umana. Ma oggi una grande meraviglia ci invade, una grande letizia: una creatura, una sola, ma nostra, colei che sarebbe stata la Madre di Cristo, da Cristo stesso fu in anticipo redenta e restituita alla perfezione primigenia, tipica e sublime, della creatura «piena di grazia», una donna, la «benedetta fra tutte le donne». Il suo nome è Maria».

Divisore dans San Francesco di Sales

Tre anni dopo la promulgazione della bolla Ineffabilis Deus, l’8 dicembre del 1857, Papa Pio IX, inaugura e benedice a Roma il monumento dell’Immacolata, che ancora oggi ammiriamo, comunemente detto “di Piazza di Spagna”: in realtà si trova nell’adiacente Piazza Mignanelli e venne interamente pagato dal re Ferdinando II delle Due Sicilie. Fu Pio XII, a iniziare la tradizione di inviare fiori a questa statua nel giorno dell’Immacolata; il suo successore, Papa Giovanni XXIII, nel 1958, uscì dal Vaticano e si recò personalmente a deporre ai piedi della Vergine un cesto di rose bianche, per poi recarsi in visita alla basilica di Santa Maria Maggiore. La consuetudine fu mantenuta poi da tutti i successori. Ma ecco le parole di Papa Giovanni l’8 dicembre 1960. All’alba di quel decennio che porterà decisivi cambiamenti di costume in Italia e in Europa, l’accento di Papa Roncalli è proprio sul modello di temperanza e di purezza che l’Immacolata propone ai fedeli, particolarmente alle donne.

«La dottrina cattolica che riguarda l’immacolato concepimento di Maria e ne esalta gli splendori è familiare ad ogni buon cristiano: delizia ed incanto per le anime più nobili. (…) E’ nelle voci dei Padri della Chiesa, è nel sospiro ansioso di tanti cuori che intendono farle onore, rendendo il profumo della loro purezza, ardore di apostolato per la elevazione del buon costume privato e pubblico. Oh ! Venerabili Fratelli e figli diletti, che grande compito è veramente questo per noi: cooperare tutti, con la grazia di Maria Immacolata e nella luce dei suoi insegnamenti, alla purificazione del pubblico e privato costume! Sappiamo di toccare una nota triste; ma è la coscienza che Ce lo impone. Veramente l’oblio della purezza, il pervertimento del costume posto in esibizione ed in esaltazione, attraverso tante forme di seduzione e di prevaricazione, sono motivo di sgomento dell’anima sacerdotale — e pensate quanto più amaramente — dell’anima del Papa che vi parla. Ecco. Risalendo lungo il corso della Nostra lunga vita e, richiamando incontri e impressioni varie, di tempi lontani, Ci sentiamo come penetrati ancora da intima e trepida commozione al ricordo di schiere senza numero di spose e di madri, di umili donne di casa e di vergini consacrate, il cui servizio di carità e di prudenza era robustezza e nobiltà vera delle famiglie e cooperazione del ministero sacerdotale. Tutto questo loro silenzioso operare avveniva nella luce della legge divina, nella espressione delle virtù umane e cristiane, fiorite dalla dignità e purezza del costume».

Divisore dans San Francesco di Sales

Anche nei difficili anni di Paolo VI, fitti di rivendicazioni e rivolgimenti, la purezza rappresenta ancora un modello da seguire. Sempre dall’Angelus del 8 dicembre 1974:

«Oh figli; oh fratelli, delusi e disperati forse dalle indagini psicanalitiche moderne per la scoperta delle inguaribili contaminazioni delle profondità dell’essere umano, restaurate con fiducia il concetto dell’innocenza e la speranza d’una purità perfetta di questo nostro essere composito di carne e di spirito: il «caso», il miracolo, di Maria riabilita in noi l’immagine della perfezione dell’opera di Dio, quale noi siamo, e del quale un modello intatto e purissimo ci è presentato: sì, è Maria».

Divisore dans San Francesco di Sales

Da poco Pontefice, il Papa mariano per eccellenza, Giovanni Paolo II, non esita ad assumere l’usanza romana dell’omaggio floreale, sentendosi in questo pienamente vescovo di Roma e dunque pienamente romano. 8 dicembre 1979. I suoi accenti sono spontanei e filiali.

«Veniamo oggi in questo luogo soprattutto noi Romani, abitanti di questa città, che la Provvidenza Divina ha scelto ad essere la sede di Pietro e dei suoi Successori. Veniamo numerosi da quando Pio XII iniziò questo gesto di filiale omaggio, quasi un secolo dopo che Pio IX benedisse questo monumento all’Immacolata. Veniamo tutti, anche se non siamo qui tutti presenti fisicamente; siamo però presenti con lo spirito.
Anziani e giovani, genitori e figli, sani e malati, rappresentanti dei diversi ambienti e professioni, sacerdoti e religiosi e religiose, autorità civili della città di Roma, della provincia del Lazio, tutti riteniamo come un particolare privilegio l’essere oggi qui insieme col Vescovo di Roma, accanto a questa Colonna Mariana, per circondarti, Madre, della nostra venerazione e del nostro amore.
Accoglici, così come siamo, qui accanto a te, in questo annuale incontro! Accoglici! Guarda nei nostri cuori! Accogli le nostre sollecitudini e le nostre speranze! Aiutaci, tu, piena di Grazia, a vivere nella Grazia, a perseverare nella Grazia e, se fosse necessario, a ritornare alla Grazia del Dio Vivente, che è il più grande e soprannaturale bene dell’uomo.
Tra breve noi tutti ci allontaneremo da questo luogo. Desideriamo però ritornare alle nostre case con questa gioiosa certezza che sei con noi, Tu, Immacolata, tu da secoli prescelta per essere Madre del Redentore. Sei con noi. Sei con Roma. Sei con la Chiesa e con il mondo».

Divisore dans San Francesco di Sales

Per Benedetto XVI il riferimento all’Immacolata getta una luce decisiva sulla complessa attuazione del Concilio. Al suo primo omaggio alla statua, si ricollega, nel nome di Maria, a quel grande evento ecclesiale che vide la sua partecipazione come consulente e si richiama al predecessore che, pur nel nome di Maria, chiuse il Concilio…

«In questo giorno dedicato a Maria sono venuto, per la prima volta come Successore di Pietro, ai piedi della statua dell’Immacolata qui, a Piazza di Spagna, ripercorrendo idealmente il pellegrinaggio tante volte fatto dai miei Predecessori. Sento che mi accompagna la devozione e l’affetto della Chiesa che vive in questa città di Roma e nel mondo intero. Porto con me le ansie e le speranze dell’umanità di questo nostro tempo, e vengo a deporle ai piedi della celeste Madre del Redentore. In questo giorno singolare, che ricorda il 40° anniversario della chiusura del Concilio Vaticano II, torno con il pensiero all’8 dicembre del 1965 quando, proprio al termine dell’omelia della Celebrazione eucaristica in Piazza San Pietro, il Servo di Dio Paolo VI ebbe a rivolgere il suo pensiero alla Madonna “la Madre di Dio e la Madre nostra spirituale … la creatura nella quale l’immagine di Dio si rispecchia con limpidezza assoluta, senza alcun turbamento, come avviene invece in ogni creatura umana”. Il Papa si chiedeva poi: “Non è forse fissando il nostro sguardo in questa Donna umile, nostra Sorella e insieme celeste nostra Madre e Regina, specchio nitido e sacro dell’infinita Bellezza, che può … cominciare il nostro lavoro post-conciliare? Questa bellezza di Maria Immacolata non diventa per noi un modello ispiratore? Una speranza confortatrice?”. E concludeva: “Noi lo pensiamo per noi e per voi; ed è questo il Nostro saluto più alto e, Dio voglia, il più valido!” (Insegnamenti di Paolo VI, III 1965, p. 746). Paolo VI proclamò Maria “Madre della Chiesa”, e a Lei affidò per il futuro la feconda applicazione delle decisioni conciliari. Tu, che abbracciando senza riserve la volontà divina, ti sei consacrata con ogni tua energia alla persona e all’opera del Figlio tuo, insegnaci a serbare nel cuore e a meditare in silenzio, come hai fatto Tu, i misteri della vita di Cristo».

Publié dans Fede, morale e teologia, Riflessioni | Pas de Commentaire »

Predica di Avvento, padre Cantalamessa: entriamo nella scia di Maria

Posté par atempodiblog le 7 décembre 2019

Predica di Avvento, padre Cantalamessa: entriamo nella scia di Maria
“Crediamo anche noi – ha detto padre Raniero Cantalamessa nella prima predica di Avvento alla presenza del Papa – perché quel che si avverò in Lei si avveri anche in noi”
di Amedeo Lomonaco – Vatican News

Predica di Avvento, padre Cantalamessa: entriamo nella scia di Maria dans Avvento Padre-Cantalamessa

È “Maria nell’Annunciazione” il fulcro della prima predica di Avvento di padre Raniero Cantalamessa, nella Cappella Redemptoris Mater del Palazzo Apostolico, alla presenza di Papa Francesco. La Beata Vergine, sottolinea il predicatore della Casa Pontificia, ha vissuto l’Avvento “nella sua carne”. Sa cosa significa essere “in attesa” e può aiutare “anche noi ad attendere, in senso forte ed esistenziale, la venuta del nostro Redentore”.

L’importanza della fede
Maria “è la prima di coloro che hanno creduto senza aver ancora visto”. Dice il suo sì a Dio. Il suo atto di fede è “suscitato dalla grazia dello Spirito Santo”. L’immensa “scia dei credenti che formano la Chiesa” – sottolinea padre Cantalamessa – comincia con la fede di Maria. Essere nella sua scia significa comprendere che “la fede è la base di tutto”, “la prima e la più ‘buo­na’ delle opere da compiere”. La grazia infatti “non può operare, se non tro­va la fede ad accoglierla”.

La fede è così importante perché è l’unica che mantiene alla grazia la sua gratuità. Grazia e fede: sono i due pilastri della sal­vezza; sono i due piedi per camminare o le due ali per volare. Non si tratta però di due cose parallele, quasi che da Dio venisse la grazia e da noi la fede, e la salvezza dipendesse così, in parti eguali, da Dio e da noi.

“[Per grazia siete salvi mediante la fede e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio perché nessuno possa vantarsene. (San Paolo)]”

La fede di Maria
Gli aspetti della fede di Maria, sottolinea padre Cantalamessa, “possono aiutare la Chiesa di oggi a cre­dere più pienamente”. Il suo atto di fede è “personale, unico, irrepetibile”. “È un fidarsi di Dio e un affidarsi completamente a Dio”. E un rapporto da persona a persona. Questo si chiama fede soggettiva: l’accento è “sul fatto di credere, più che sulle cose credute”. Ma la fede di Maria è anche quanto mai oggettiva, comunitaria. Maria “non crede in un Dio soggettivo, personale” che si rivela “solo a lei nel segreto”. Crede invece “al Dio dei Padri, al Dio del suo popo­lo”.

Non ba­sta avere una fede solo soggettiva, una fede che sia un abban­donarsi a Dio nell’intimo della propria coscienza. È tanto facile, per questa strada, rimpicciolire Dio alla propria misura. Questo avviene quando ci si fa una propria idea di Dio, basata su una propria interpretazione personale della Bibbia, o su l’interpreta­zione del proprio ristretto gruppo, e poi si aderisce ad essa con tutte le forze, magari anche con fanatismo, senza accorgersi che ormai si sta credendo in sé stessi più che in Dio e che tutta quella incrollabile fiducia in Dio, altro non è che una incrollabile fiducia in se stessi. Non basta però neppure una fede solo oggettiva e dommati­ca, se questa non realizza l’intimo, personale contatto, da io a tu, con Dio. Essa diventa facilmente una fede morta, un credere per interposta persona o per interposta istituzione, che crolla non appena entra in crisi la fiducia in quella istituzione, nella Chiesa.

Credere
Non ba­sta dunque una fede solo soggettiva o soltanto oggettiva. “Bisogna credere personalmente, ma nella Chiesa; credere nella Chiesa, ma personalmente”. “La fede dommatica della Chiesa – spiega il predicatore della Casa Pontificia – non mortifica l’atto personale e la spontaneità del credere, ma anzi lo preserva e permette di conoscere e abbracciare un Dio immensamente più grande di quello della mia povera esperienza”. “Nessuna creatura infatti è capace di abbracciare, con il suo atto di fede, tutto quello che, di Dio, si può conoscere. La fede della Chiesa è come il grande angolare che permette di cogliere e fotografare, di un panorama, una porzione molto più vasta del semplice obiettivo”.

Il mondo è solcato, come il mare, dalla scia di un bel vascello, che è la scia di fede aperta da Maria. Entria­mo in questa scia. Crediamo anche noi perché quel che si avve­rò in Lei si avveri anche in noi. Invochiamo la Madonna con il dolce titolo di Virgo fidelis: Vergine credente, prega per noi!

Publié dans Avvento, Commenti al Vangelo, Fede, morale e teologia, Padre Raniero Cantalamessa, Riflessioni, Stile di vita | Pas de Commentaire »

Babbo Natale? Ha la stoffa del santo

Posté par atempodiblog le 6 décembre 2019

Babbo Natale? Ha la stoffa del santo
L’attuale elargitore di doni ai bambini non è altri che la trasformazione paganeggiante di san Nicola, vescovo di Myra (Turchia), ma le cui reliquie sono a Bari. La trasformazione è cominciata quando gli olandesi lo portarono in America.
Tratto da: La nuova Bussola Quotidiana

Babbo Natale? Ha la stoffa del santo dans Fede, morale e teologia San-Nicola

Forse qualcuno ancora non lo sa, ma il vecchio ameno, paffuto e canuto, che scorrazza nel cielo d’inverno su una slitta carica di doni altri non è che san Nicola, vescovo di Myra, venerato a Bari e passato alla storia per la sua straordinaria generosità.

In effetti, a vederlo oggi su cartoline e carta da pacco, o a trovarselo davanti, gigantesco pupazzo, all’ingresso dei centri commerciali, non si direbbe proprio che sia un alto prelato. La casacca rossa e il cappello bordati di pelliccia, gli stivali adatti ad affondare nella neve accreditano piuttosto la fiaba globale del simpatico grassone che vive al Polo Nord e che, con l’aiuto di mille folletti, confeziona e poi distribuisce i regali ai bambini buoni. La storia, invece, è diversa.

Di Nicola, uno dei santi più venerati dalla Chiesa – cattolica, ortodossa, protestante – non abbiamo in realtà molte notizie. Sappiamo che nacque intorno alla metà del III secolo a Patara, in Licia, regione dell’antica Grecia, e che nel 300 divenne vescovo di Myra. Sappiamo che nel 325 prese parte al Concilio di Nicea, che negli ultimi anni della sua vita visitò il papa a Roma, e che morì il 6 dicembre. Di quale anno esattamente però non si sa. Gli storici non si sbilanciano e dicono soltanto « tra il 345 e il 352″. Fu seppellito a Myra (oggi Demre, Turchia) e lì restarono le sue ossa fino al 1087, quando le sue reliquie furono saccheggiate e portate a Bari. Qui, secondo la leggenda, Nicola si era fermato nel suo pellegrinaggio verso Roma.

Si narra che quando Myra cadde in mano musulmana, da Bari, all’epoca dominio bizantino, partì una spedizione di tre navi e 62 marinai pronti a tutto pur di salvare le reliquie del santo. Le spoglie di Nicola arrivarono in Puglia il 9 maggio 1087. Per custodirle, l’abate benedettino Elia, che in seguito sarebbe diventato vescovo della città, promosse l’edificazione di una nuova chiesa dedicata al santo. La basilica di San Nicola, capolavoro del romanico normanno, fu consacrata nel 1089. Da allora san Nicola divenne patrono di Bari e le date del 6 dicembre (giorno della sua morte) e del 9 maggio (giorno dell’arrivo delle reliquie) furono dichiarate festive per la città.

Fin qui, la storia. Quanto alla leggenda (che in genere, e capita spesso, porta in sé molta verità), pare che per tutta la sua vita Nicola si sia sempre preso carico di orfani, di vedove e di gente perseguitata. Dalla sua fama di uomo straordinariamente generoso deriva la leggenda che lo vuole benefattore di tre ragazze, le quali rischiavano di finire in mezzo a una strada non essendo il loro padre in grado di pagare i debiti da cui era gravato. Quando Nicola lo venne a sapere, per tre notti di fila gettò nella finestra della stanza da letto delle fanciulle sacchetti e sacchetti di monete. Con quei soldi il padre pagò tutti i debiti che aveva e gli rimasero pure i soldi per le doti delle tre figlie (la vicenda è citata anche da Dante nel Purgatorio). Ecco perché le ragazze che hanno il desiderio di sposarsi pregano san Nicola ed ecco anche perché in alcuni paesi san Nicola è considerato protettore del matrimonio.

Una seconda leggenda racconta che la popolazione di Myra fu salvata dalla carestia da san Nicola che moltiplicò i pani. Ciò lo fece diventare, tra l’altro, patrono dei panettieri. Durante la sua permanenza a Bari, poi, pare salvò la vita ad alcuni marinai che rischiavano il naufragio. Con l’attributo dell’ancora, perciò, è venerato anche come patrono dei marinai. L’abbondanza di tutti questi doni, a partire dal Medioevo, fece associare il giorno della festa di San Nicola alla ricchezza. Non a caso i commercianti medievali il 6 dicembre concludevano volentieri affari impegnativi.

Emblemi di san Nicola sono il pastorale e tre sacchetti di monete (o anche tre palle) d’oro. Vestito da vescovo, con la sua bella mitra, in molti luoghi d’Europa e non solo, dalla Grecia al Belgio, dall’Italia alla Repubblica Ceca, agli Stati Uniti, gli sono dedicate celebrazioni e processioni. Quanto al portare doni ai bambini, però, non sono più molti i paesi in cui l’incombenza è affidata al vecchio vescovo.

Per acquistare una fama planetaria, negli ultimi secoli, Nicola ha dovuto scendere a qualche compromesso. Con una spruzzata di credenze pagane che più che un santo l’hanno fatto diventare una sorta di nonno dell’inverno, nel Seicento gli olandesi che lo amavano e lo festeggiavano molto, lo portarono con sé nel Nuovo mondo. Nel melting pot americano, in breve tempo, il loro Sinterklaas e si trasformò in Santa Claus. Il vecchio acquistò slitta, renne e campanellini, e nei primi decenni dell’Ottocento, ormai molto diverso dal vecchio Nicola, Santa Claus divenne popolare col suo nuovo look da abitante di un fantasmagorico Polo Nord. L’abito rosso bordato di bianco, in particolare, nasce dal poema A Visit from St. Nicholas, del 1821, attribuito a Clement C. Moore, cui s’ispirò in seguito l’illustratore Thomas Nast. I suoi disegni, sulle pagine di un importante settimanale newyorkese, consacrarono per sempre l’immagine di Santa Claus che oggi tutti conoscono.

Insomma le cose sono andate così: i coloni olandesi portarono san Nicola in America e l’America lo rimandò in Europa un po’ meno santo, anche se sempre simpatico e generoso. Infatti, a partire dalla fine della Seconda guerra mondiale, complice la pubblicità della Coca Cola di cui fu scelto come testimonial, Santa Claus-Babbo Natale si impose anche da noi, soppiantando le varie usanze regionali secondo cui i doni ai bambini li portavano santi come Nicola o la giovane Lucia.

Publié dans Fede, morale e teologia, Santo Natale, Stile di vita | Pas de Commentaire »

Disabilità e diritti: Tutti siamo costruttori di vita

Posté par atempodiblog le 3 décembre 2019

Disabilità e diritti: Tutti siamo costruttori di vita
In occasione della Giornata internazionale per i diritti delle persone con disabilità, la Comunità Papa Giovanni XXIII promuove l’iniziativa “Io Valgo”. Testimonianze, riflessioni e proposte per il pieno riconoscimento della dignità e del valore della persona con disabilità. Intervista al presidente Giovanni Paolo Ramonda
di Chiara Colotti – Vatican News

Disabilità e diritti: Tutti siamo costruttori di vita dans Articoli di Giornali e News Disabilit-e-diritti

“La discriminazione contro qualsiasi persona sulla base della disabilità costituisce una violazione della dignità e del valore della persona umana”. Così recita il testo della Convenzione internazionale sui diritti delle persone con disabilità, adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 13 dicembre 2006. E proprio per far fronte comune contro ogni tipo di barriera, non solo architettonica, ma anche culturale e sociale, l’iniziativa “Io Valgo” unirà diverse città d’Italia attraverso incontri, flashmob, presentazioni di libri, mostre e spettacoli teatrali.

Il 3 dicembre
La Giornata internazionale per i diritti delle persone con disabilità è stata istituita dal programma di azione mondiale per le persone disabili adottato nel 1982 dall’Onu. Un’occasione per sottolineare quanto sia importante promuovere non solo oggi, ma ogni singolo giorno dell’anno, i diritti e il benessere delle persone disabili. “Le persone con disabilità – sottolinea Giovanni Paolo Ramonda, presidente della Papa Giovanni XXIII – hanno innanzitutto il diritto a vivere nella propria famiglia, ad accedere all’istruzione in ogni suo grado, a contribuire al bene comune attraverso il lavoro”. Inoltre, precisa Ramonda, “un impegno e uno sforzo congiunto in questa direzione contribuisce ad abbattere i pregiudizi e le barriere culturali, riconoscendo l’unicità di ognuno di noi”.

“Io Valgo”
Al via tante iniziative, dal Piemonte alla Sicilia, che coinvolgono giovani e adulti per mettere in risalto, attraverso l’arte, la musica e lo sport, il potenziale di ogni persona. “Io Valgo – prosegue Ramonda – vuole indicare che ognuno di noi ha dei talenti, diversi e complementari a quelli degli altri. Tutti devono quindi avere l’opportunità di valorizzarli e di vederli valorizzati”. È questa l’iniziativa che la Comunità promuove in collaborazione con altre associazioni e, precisa il presidente, « grazie alla quale persone con fragilità vengono riconosciute come un vero e proprio dono per l’intera società”.

Il programma
Testimonianze sull’inclusione lavorativa a Cuneo, un incontro con i centri diurni e socio-educativi bolognesi, una marcia itinerante a Sorso in occasione dei 20 anni della Cooperativa San Damiano impegnata nell’ambito della disabilità. Sono soltanto alcune delle numerose iniziative di “Io Valgo” cha da nord a sud illumineranno per quasi una settimana, l’intera penisola. “Tra gli eventi in programma – precisa Ramonda – la proiezione del film ‘Solo cose belle’ del regista Kristian Gianfreda, che vede nelle vesti di attori protagonisti ragazzi con disabilità. Insieme a professionisti del settore, fanno emergere la loro capacità e creatività nel raccontare la vita. Un film bellissimo, esempio di integrazione e di inclusione”.

La Papa Giovanni XXIII e la disabilità
La Comunità riconosce le persone disabili non come soggetti che necessitano di assistenza, bensì come ricchezza e risorsa preziosa che crea vita, percorrendo quotidianamente quella via tracciata da Papa Francesco:

“Le diversità sono proprio la ricchezza, perché io ho una cosa, tu ne hai un’altra, e con queste due facciamo una cosa più bella, più grande. E così possiamo andare avanti”. (Papa Francesco)

“Da 50 anni ormai – spiega Ramonda – la comunità grazie alle proprie case famiglia e cooperative sociali accoglie queste persone spesso abbandonate dalla famiglia di origine a causa delle gravi patologie di cui soffrono”. La Papa Giovanni XXIII promuove inoltre l’inserimento lavorativo delle persone disabili, mettendole nelle condizioni di partecipare attivamente a tutte le sfere della società. “Proprio a Bangkok – aggiunge – dove Papa Francesco è stato recentemente, stiamo gestendo una casa che accoglie ragazzi con disabilità gravissime”.

Amare la diversità
“Quante persone disabili e sofferenti si riaprono alla vita appena scoprono di essere amate! E quanto amore può sgorgare da un cuore anche solo per un sorriso!”. (Papa Francesco)

E’ proprio questo amore per la diversità e la fragilità il cuore pulsante dell’eredità di Don Oreste Benzi, fondatore della Comunità Papa Giovanni XXIII.

“Ognuno vale per gli altri, nonostante la fragilità in quanto costruttore di vita, destinatario di una missione unica e insostituibile, cittadino attivo e protagonista della storia”. (Don Oreste Benzi)

La Comunità segue la scia luminosa tracciata da Don Oreste, “accogliendo bambini con gravissime patologie che chiedono di avere una mamma e un papà. Vivere con persone disabili – conclude il presidente – non solo è bello, ma è anche una scelta che arricchisce e fa crescere l’intera società civile”.

Publié dans Articoli di Giornali e News, Don Oreste Benzi, Fede, morale e teologia, Papa Francesco I, Riflessioni, Stile di vita | Pas de Commentaire »

Preghiera a San Francesco Saverio per il Giappone

Posté par atempodiblog le 3 décembre 2019

Preghiera a San Francesco Saverio per il Giappone dans Preghiere San-Francesco-Saverio
San Francesco Saverio  – 3 dicembre memoria liturgica

Oh amabilissimo ed amatissimo San Francesco Saverio, vi chiediamo con la più profonda devozione di ottenere per il Giappone ogni benedizione, e per ogni giapponese la grazia di conoscere Gesù Cristo nostro Signore.
Inoltre Vi preghiamo di intercedere affinché ogni sofferenza patita da quel paese sia immersa nel Sangue Divino di Gesù.
Per la tua intercessione, San Francesco, cessi ogni sofferenza nel Giappone e possa ogni uomo abbracciare la fede cristiana.
Pregate per il Giappone San Francesco Saverio!
Per il nostro Signore Gesù Cristo. Amen.

  • Padre nostro
  • Ave Maria
  • Gloria

Publié dans Preghiere | Pas de Commentaire »

Il mirabile segno del presepe

Posté par atempodiblog le 1 décembre 2019

LETTERA APOSTOLICA

Admirabile signum

DEL SANTO PADRE
FRANCESCO

SUL SIGNIFICATO E IL VALORE DEL PRESEPE

Cammino di Avvento dans Avvento Pregare-accanto-al-presepe

 1. Il mirabile segno del presepe, così caro al popolo cristiano, suscita sempre stupore e meraviglia. Rappresentare l’evento della nascita di Gesù equivale ad annunciare il mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio con semplicità e gioia. Il presepe, infatti, è come un Vangelo vivo, che trabocca dalle pagine della Sacra Scrittura. Mentre contempliamo la scena del Natale, siamo invitati a metterci spiritualmente in cammino, attratti dall’umiltà di Colui che si è fatto uomo per incontrare ogni uomo. E scopriamo che Egli ci ama a tal punto da unirsi a noi, perché anche noi possiamo unirci a Lui.

Con questa Lettera vorrei sostenere la bella tradizione delle nostre famiglie, che nei giorni precedenti il Natale preparano il presepe. Come pure la consuetudine di allestirlo nei luoghi di lavoro, nelle scuole, negli ospedali, nelle carceri, nelle piazze… È davvero un esercizio di fantasia creativa, che impiega i materiali più disparati per dare vita a piccoli capolavori di bellezza. Si impara da bambini: quando papà e mamma, insieme ai nonni, trasmettono questa gioiosa abitudine, che racchiude in sé una ricca spiritualità popolare. Mi auguro che questa pratica non venga mai meno; anzi, spero che, là dove fosse caduta in disuso, possa essere riscoperta e rivitalizzata.

2. L’origine del presepe trova riscontro anzitutto in alcuni dettagli evangelici della nascita di Gesù a Betlemme. L’Evangelista Luca dice semplicemente che Maria «diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio» (2,7). Gesù viene deposto in una mangiatoia, che in latino si dice praesepium, da cui presepe.

Entrando in questo mondo, il Figlio di Dio trova posto dove gli animali vanno a mangiare. Il fieno diventa il primo giaciglio per Colui che si rivelerà come «il pane disceso dal cielo» (Gv 6,41). Una simbologia che già Sant’Agostino, insieme ad altri Padri, aveva colto quando scriveva: «Adagiato in una mangiatoia, divenne nostro cibo» (Serm. 189,4). In realtà, il presepe contiene diversi misteri della vita di Gesù e li fa sentire vicini alla nostra vita quotidiana.

Ma veniamo subito all’origine del presepe come noi lo intendiamo. Ci rechiamo con la mente a Greccio, nella Valle Reatina, dove San Francesco si fermò venendo probabilmente da Roma, dove il 29 novembre 1223 aveva ricevuto dal Papa Onorio III la conferma della sua Regola. Dopo il suo viaggio in Terra Santa, quelle grotte gli ricordavano in modo particolare il paesaggio di Betlemme. Ed è possibile che il Poverello fosse rimasto colpito, a Roma, nella Basilica di Santa Maria Maggiore, dai mosaici con la rappresentazione della nascita di Gesù, proprio accanto al luogo dove si conservavano, secondo un’antica tradizione, le tavole della mangiatoia.

Le Fonti Francescane raccontano nei particolari cosa avvenne a Greccio. Quindici giorni prima di Natale, Francesco chiamò un uomo del posto, di nome Giovanni, e lo pregò di aiutarlo nell’attuare un desiderio: «Vorrei rappresentare il Bambino nato a Betlemme, e in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l’asinello».[1] Appena l’ebbe ascoltato, il fedele amico andò subito ad approntare sul luogo designato tutto il necessario, secondo il desiderio del Santo. Il 25 dicembre giunsero a Greccio molti frati da varie parti e arrivarono anche uomini e donne dai casolari della zona, portando fiori e fiaccole per illuminare quella santa notte. Arrivato Francesco, trovò la greppia con il fieno, il bue e l’asinello. La gente accorsa manifestò una gioia indicibile, mai assaporata prima, davanti alla scena del Natale. Poi il sacerdote, sulla mangiatoia, celebrò solennemente l’Eucaristia, mostrando il legame tra l’Incarnazione del Figlio di Dio e l’Eucaristia. In quella circostanza, a Greccio, non c’erano statuine: il presepe fu realizzato e vissuto da quanti erano presenti.[2]

È così che nasce la nostra tradizione: tutti attorno alla grotta e ricolmi di gioia, senza più alcuna distanza tra l’evento che si compie e quanti diventano partecipi del mistero.

Il primo biografo di San Francesco, Tommaso da Celano, ricorda che quella notte, alla scena semplice e toccante s’aggiunse anche il dono di una visione meravigliosa: uno dei presenti vide giacere nella mangiatoia Gesù Bambino stesso. Da quel presepe del Natale 1223, «ciascuno se ne tornò a casa sua pieno di ineffabile gioia».[3]

3. San Francesco, con la semplicità di quel segno, realizzò una grande opera di evangelizzazione. Il suo insegnamento è penetrato nel cuore dei cristiani e permane fino ai nostri giorni come una genuina forma per riproporre la bellezza della nostra fede con semplicità. D’altronde, il luogo stesso dove si realizzò il primo presepe esprime e suscita questi sentimenti. Greccio diventa un rifugio per l’anima che si nasconde sulla roccia per lasciarsi avvolgere nel silenzio.

Perché il presepe suscita tanto stupore e ci commuove? Anzitutto perché manifesta la tenerezza di Dio. Lui, il Creatore dell’universo, si abbassa alla nostra piccolezza. Il dono della vita, già misterioso ogni volta per noi, ci affascina ancora di più vedendo che Colui che è nato da Maria è la fonte e il sostegno di ogni vita. In Gesù, il Padre ci ha dato un fratello che viene a cercarci quando siamo disorientati e perdiamo la direzione; un amico fedele che ci sta sempre vicino; ci ha dato il suo Figlio che ci perdona e ci risolleva dal peccato.

Comporre il presepe nelle nostre case ci aiuta a rivivere la storia che si è vissuta a Betlemme. Naturalmente, i Vangeli rimangono sempre la fonte che permette di conoscere e meditare quell’Avvenimento; tuttavia, la sua rappresentazione nel presepe aiuta ad immaginare le scene, stimola gli affetti, invita a sentirsi coinvolti nella storia della salvezza, contemporanei dell’evento che è vivo e attuale nei più diversi contesti storici e culturali.

In modo particolare, fin dall’origine francescana il presepe è un invito a “sentire”, a “toccare” la povertà che il Figlio di Dio ha scelto per sé nella sua Incarnazione. E così, implicitamente, è un appello a seguirlo sulla via dell’umiltà, della povertà, della spogliazione, che dalla mangiatoia di Betlemme conduce alla Croce. È un appello a incontrarlo e servirlo con misericordia nei fratelli e nelle sorelle più bisognosi (cfr Mt 25,31-46).

4. Mi piace ora passare in rassegna i vari segni del presepe per cogliere il senso che portano in sé. In primo luogo, rappresentiamo il contesto del cielo stellato nel buio e nel silenzio della notte. Non è solo per fedeltà ai racconti evangelici che lo facciamo così, ma anche per il significato che possiede. Pensiamo a quante volte la notte circonda la nostra vita. Ebbene, anche in quei momenti, Dio non ci lascia soli, ma si fa presente per rispondere alle domande decisive che riguardano il senso della nostra esistenza: chi sono io? Da dove vengo? Perché sono nato in questo tempo? Perché amo? Perché soffro? Perché morirò? Per dare una risposta a questi interrogativi Dio si è fatto uomo. La sua vicinanza porta luce dove c’è il buio e rischiara quanti attraversano le tenebre della sofferenza (cfr Lc 1,79).

Una parola meritano anche i paesaggi che fanno parte del presepe e che spesso rappresentano le rovine di case e palazzi antichi, che in alcuni casi sostituiscono la grotta di Betlemme e diventano l’abitazione della Santa Famiglia. Queste rovine sembra che si ispirino alla Legenda Aurea del domenicano Jacopo da Varazze (secolo XIII), dove si legge di una credenza pagana secondo cui il tempio della Pace a Roma sarebbe crollato quando una Vergine avesse partorito. Quelle rovine sono soprattutto il segno visibile dell’umanità decaduta, di tutto ciò che va in rovina, che è corrotto e intristito. Questo scenario dice che Gesù è la novità in mezzo a un mondo vecchio, ed è venuto a guarire e ricostruire, a riportare la nostra vita e il mondo al loro splendore originario.

5. Quanta emozione dovrebbe accompagnarci mentre collochiamo nel presepe le montagne, i ruscelli, le pecore e i pastori! In questo modo ricordiamo, come avevano preannunciato i profeti, che tutto il creato partecipa alla festa della venuta del Messia. Gli angeli e la stella cometa sono il segno che noi pure siamo chiamati a metterci in cammino per raggiungere la grotta e adorare il Signore.

«Andiamo fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere» (Lc 2,15): così dicono i pastori dopo l’annuncio fatto dagli angeli. È un insegnamento molto bello che ci proviene nella semplicità della descrizione. A differenza di tanta gente intenta a fare mille altre cose, i pastori diventano i primi testimoni dell’essenziale, cioè della salvezza che viene donata. Sono i più umili e i più poveri che sanno accogliere l’avvenimento dell’Incarnazione. A Dio che ci viene incontro nel Bambino Gesù, i pastori rispondono mettendosi in cammino verso di Lui, per un incontro di amore e di grato stupore. È proprio questo incontro tra Dio e i suoi figli, grazie a Gesù, a dar vita alla nostra religione, a costituire la sua singolare bellezza, che traspare in modo particolare nel presepe.

6. Nei nostri presepi siamo soliti mettere tante statuine simboliche. Anzitutto, quelle di mendicanti e di gente che non conosce altra abbondanza se non quella del cuore. Anche loro stanno vicine a Gesù Bambino a pieno titolo, senza che nessuno possa sfrattarle o allontanarle da una culla talmente improvvisata che i poveri attorno ad essa non stonano affatto. I poveri, anzi, sono i privilegiati di questo mistero e, spesso, coloro che maggiormente riescono a riconoscere la presenza di Dio in mezzo a noi.

I poveri e i semplici nel presepe ricordano che Dio si fa uomo per quelli che più sentono il bisogno del suo amore e chiedono la sua vicinanza. Gesù, «mite e umile di cuore» (Mt 11,29), è nato povero, ha condotto una vita semplice per insegnarci a cogliere l’essenziale e vivere di esso. Dal presepe emerge chiaro il messaggio che non possiamo lasciarci illudere dalla ricchezza e da tante proposte effimere di felicità. Il palazzo di Erode è sullo sfondo, chiuso, sordo all’annuncio di gioia. Nascendo nel presepe, Dio stesso inizia l’unica vera rivoluzione che dà speranza e dignità ai diseredati, agli emarginati: la rivoluzione dell’amore, la rivoluzione della tenerezza. Dal presepe, Gesù proclama, con mite potenza, l’appello alla condivisione con gli ultimi quale strada verso un mondo più umano e fraterno, dove nessuno sia escluso ed emarginato.

Spesso i bambini – ma anche gli adulti! – amano aggiungere al presepe altre statuine che sembrano non avere alcuna relazione con i racconti evangelici. Eppure, questa immaginazione intende esprimere che in questo nuovo mondo inaugurato da Gesù c’è spazio per tutto ciò che è umano e per ogni creatura. Dal pastore al fabbro, dal fornaio ai musicisti, dalle donne che portano le brocche d’acqua ai bambini che giocano…: tutto ciò rappresenta la santità quotidiana, la gioia di fare in modo straordinario le cose di tutti i giorni, quando Gesù condivide con noi la sua vita divina.

7. Poco alla volta il presepe ci conduce alla grotta, dove troviamo le statuine di Maria e di Giuseppe. Maria è una mamma che contempla il suo bambino e lo mostra a quanti vengono a visitarlo. La sua statuetta fa pensare al grande mistero che ha coinvolto questa ragazza quando Dio ha bussato alla porta del suo cuore immacolato. All’annuncio dell’angelo che le chiedeva di diventare la madre di Dio, Maria rispose con obbedienza piena e totale. Le sue parole: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola» (Lc 1,38), sono per tutti noi la testimonianza di come abbandonarsi nella fede alla volontà di Dio. Con quel “sì” Maria diventava madre del Figlio di Dio senza perdere, anzi consacrando grazie a Lui la sua verginità. Vediamo in lei la Madre di Dio che non tiene il suo Figlio solo per sé, ma a tutti chiede di obbedire alla sua parola e metterla in pratica (cfr Gv 2,5).

Accanto a Maria, in atteggiamento di proteggere il Bambino e la sua mamma, c’è San Giuseppe. In genere è raffigurato con il bastone in mano, e a volte anche mentre regge una lampada. San Giuseppe svolge un ruolo molto importante nella vita di Gesù e di Maria. Lui è il custode che non si stanca mai di proteggere la sua famiglia. Quando Dio lo avvertirà della minaccia di Erode, non esiterà a mettersi in viaggio ed emigrare in Egitto (cfr Mt 2,13-15). E una volta passato il pericolo, riporterà la famiglia a Nazareth, dove sarà il primo educatore di Gesù fanciullo e adolescente. Giuseppe portava nel cuore il grande mistero che avvolgeva Gesù e Maria sua sposa, e da uomo giusto si è sempre affidato alla volontà di Dio e l’ha messa in pratica.

8. Il cuore del presepe comincia a palpitare quando, a Natale, vi deponiamo la statuina di Gesù Bambino. Dio si presenta così, in un bambino, per farsi accogliere tra le nostre braccia. Nella debolezza e nella fragilità nasconde la sua potenza che tutto crea e trasforma. Sembra impossibile, eppure è così: in Gesù Dio è stato bambino e in questa condizione ha voluto rivelare la grandezza del suo amore, che si manifesta in un sorriso e nel tendere le sue mani verso chiunque.

La nascita di un bambino suscita gioia e stupore, perché pone dinanzi al grande mistero della vita. Vedendo brillare gli occhi dei giovani sposi davanti al loro figlio appena nato, comprendiamo i sentimenti di Maria e Giuseppe che guardando il bambino Gesù percepivano la presenza di Dio nella loro vita.

«La vita infatti si manifestò» (1 Gv 1,2): così l’apostolo Giovanni riassume il mistero dell’Incarnazione. Il presepe ci fa vedere, ci fa toccare questo evento unico e straordinario che ha cambiato il corso della storia, e a partire dal quale anche si ordina la numerazione degli anni, prima e dopo la nascita di Cristo.

Il modo di agire di Dio quasi tramortisce, perché sembra impossibile che Egli rinunci alla sua gloria per farsi uomo come noi. Che sorpresa vedere Dio che assume i nostri stessi comportamenti: dorme, prende il latte dalla mamma, piange e gioca come tutti i bambini! Come sempre, Dio sconcerta, è imprevedibile, continuamente fuori dai nostri schemi. Dunque il presepe, mentre ci mostra Dio così come è entrato nel mondo, ci provoca a pensare alla nostra vita inserita in quella di Dio; invita a diventare suoi discepoli se si vuole raggiungere il senso ultimo della vita.

9. Quando si avvicina la festa dell’Epifania, si collocano nel presepe le tre statuine dei Re Magi. Osservando la stella, quei saggi e ricchi signori dell’Oriente si erano messi in cammino verso Betlemme per conoscere Gesù, e offrirgli in dono oro, incenso e mirra. Anche questi regali hanno un significato allegorico: l’oro onora la regalità di Gesù; l’incenso la sua divinità; la mirra la sua santa umanità che conoscerà la morte e la sepoltura.

Guardando questa scena nel presepe siamo chiamati a riflettere sulla responsabilità che ogni cristiano ha di essere evangelizzatore. Ognuno di noi si fa portatore della Bella Notizia presso quanti incontra, testimoniando la gioia di aver incontrato Gesù e il suo amore con concrete azioni di misericordia.

I Magi insegnano che si può partire da molto lontano per raggiungere Cristo. Sono uomini ricchi, stranieri sapienti, assetati d’infinito, che partono per un lungo e pericoloso viaggio che li porta fino a Betlemme (cfr Mt 2,1-12). Davanti al Re Bambino li pervade una gioia grande. Non si lasciano scandalizzare dalla povertà dell’ambiente; non esitano a mettersi in ginocchio e ad adorarlo. Davanti a Lui comprendono che Dio, come regola con sovrana sapienza il corso degli astri, così guida il corso della storia, abbassando i potenti ed esaltando gli umili. E certamente, tornati nel loro Paese, avranno raccontato questo incontro sorprendente con il Messia, inaugurando il viaggio del Vangelo tra le genti.

10. Davanti al presepe, la mente va volentieri a quando si era bambini e con impazienza si aspettava il tempo per iniziare a costruirlo. Questi ricordi ci inducono a prendere sempre nuovamente coscienza del grande dono che ci è stato fatto trasmettendoci la fede; e al tempo stesso ci fanno sentire il dovere e la gioia di partecipare ai figli e ai nipoti la stessa esperienza. Non è importante come si allestisce il presepe, può essere sempre uguale o modificarsi ogni anno; ciò che conta, è che esso parli alla nostra vita. Dovunque e in qualsiasi forma, il presepe racconta l’amore di Dio, il Dio che si è fatto bambino per dirci quanto è vicino ad ogni essere umano, in qualunque condizione si trovi.

Cari fratelli e sorelle, il presepe fa parte del dolce ed esigente processo di trasmissione della fede. A partire dall’infanzia e poi in ogni età della vita, ci educa a contemplare Gesù, a sentire l’amore di Dio per noi, a sentire e credere che Dio è con noi e noi siamo con Lui, tutti figli e fratelli grazie a quel Bambino Figlio di Dio e della Vergine Maria. E a sentire che in questo sta la felicità. Alla scuola di San Francesco, apriamo il cuore a questa grazia semplice, lasciamo che dallo stupore nasca una preghiera umile: il nostro “grazie” a Dio che ha voluto condividere con noi tutto per non lasciarci mai soli.

Dato a Greccio, nel Santuario del Presepe, 1° dicembre 2019, settimo del pontificato.

FRANCESCO

 


[1] Tommaso da Celano, Vita Prima, 84: Fonti francescane (FF), n. 468.

[2] Cf. ibid., 85: FF, n. 469.

[3] Ibid., 86: FF, n. 470.

Publié dans Avvento, Fede, morale e teologia, Papa Francesco I, Riflessioni, Santo Natale, Stile di vita | Pas de Commentaire »

Nella mitezza e nell’umiltà

Posté par atempodiblog le 1 décembre 2019

Nella mitezza e nell'umiltà dans Avvento Vergine-dell-attesa

Trascorrerò questo Avvento secondo le indicazioni datemi dalla Madonna: nella mitezza e nell’umiltà. Trascorro dei momenti con la SS.ma Vergine. Attendo con ardente nostalgia la venuta del Signore.

I miei desideri sono grandi. Desidero che tutti i popoli conoscano il Signore; desidero preparare tutte le nazioni a ricevere il Verbo Incarnato.

O Gesù, fa’ che la sorgente della Tua Misericordia scaturisca con maggiore abbondanza, poiché l’umanità è molto malata, e perciò ha più che mai bisogno della Tua compassione. Tu sei un mare sconfinato di Misericordia per noi peccatori e maggiore è la nostra miseria, maggiore è il diritto che abbiamo alla Tua Misericordia.

Tu sei la sorgente che rende felice ogni creatura per mezzo della Tua infinita Misericordia.

Santa Faustina Kowalska

Publié dans Avvento, Citazioni, frasi e pensieri, Fede, morale e teologia, Misericordia, Riflessioni, Santa Faustina Kowalska, Santo Natale, Stile di vita | Pas de Commentaire »

123