La visitazione perpetua di Maria

Posté par atempodiblog le 30 mai 2019

La visitazione perpetua di Maria dans Citazioni, frasi e pensieri Maggio-con-Maria-Rosa-Mistica

O SS. Maria, Vergine Madre di Dio, noi crediamo alla tua visitazione perpetua alle anime e mediazione di tutte le grazie, missione straordinaria permanete, poiché crediamo il Divino Amore della Trinità non solo Ti ha fatta tesoriera e dispensatrice dei suoi doni, ma Ti ha dato per tutti un cuore di madre glorificata!

Ti glorifichiamo per questo tuo amore di Madre così grande e così tenero, così universale e pure così personale, da essere viva immagine e somiglianza della stessa misericordia, bontà e amore di Dio. E Tu dalla visitazione in poi non hai cessato di rivelarti Madre nostra celeste a tutta prova.

Don Giustino Maria della Santissima Trinità Russolillo

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Il Papa: vita umana inviolabile, no a diagnosi prenatale per abortire

Posté par atempodiblog le 25 mai 2019

Il Papa: vita umana inviolabile, no a diagnosi prenatale per abortire
Ricevendo i partecipanti al convegno “Yes to life! Prendersi cura del prezioso dono della vita nella fragilità”, Francesco esorta ad accompagnare le famiglie sia nell’elaborazione del lutto di un bambino che nella cura di un figlio malato. “Uno sforzo – spiega – volto a portare a compimento l’amore di una famiglia”
di Benedetta Capelli – Vatican News

Il Papa: vita umana inviolabile, no a diagnosi prenatale per abortire dans Aborto Papa-Francesco

“Nessun essere umano può essere incompatibile con la vita”. Le parole del Papa non lasciano dubbi e portano consolazione a chi ha scelto di accogliere la debolezza di un bimbo o semplicemente di accompagnarlo in pochi istanti di vita. Nell’udienza ai partecipanti al convegno “Yes to life! Prendersi cura del prezioso dono della vita nella fragilità”, organizzato dal Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita e dalla Fondazione “Il Cuore in una Goccia”, Francesco ricorda che ogni bimbo cambia la storia della famiglia in cui nasce, che le tecniche di diagnosi prenatale spesso fanno emergere patologie che possono anche essere curate nel grembo materno. L’invito del Pontefice è poi di diffondere un approccio scientifico e pastorale di accompagnamento, un’esortazione ai medici perché si facciano carico delle vite altrui. “L’aborto – afferma – non è mai la risposta” che si cerca.

Ogni bambino è un dono
La cultura dello scarto impone l’idea che i bimbi fragili siano incompatibili con la vita, “condannati a morte”. Non può essere così per la madre che, spiega Francesco, vive “un senso di mistero profondo” appena si scopre in gravidanza. E’ l’inizio di un dialogo reale, intenso che cresce da una parte e dall’altra: il bimbo diventa figlio “muovendo la donna con tutto il suo essere a protendersi verso di lui”.

Ma nessun essere umano può essere mai incompatibile con la vita, né per la sua età, né per le sue condizioni di salute, né per la qualità della sua esistenza. Ogni bambino che si annuncia nel grembo di una donna è un dono, che cambia la storia di una famiglia: di un padre e di una madre, dei nonni e dei fratellini. E questo bimbo ha bisogno di essere accolto, amato e curato. Sempre!

Il grido silenzioso delle famiglie
Il Papa si fa voce delle paure, delle angosce che agitano i cuori delle madri e dei padri dinanzi ad una diagnosi di malattia dei figli, ma ricorda che ci sono delle strade da percorrere per i “piccoli pazienti” e per scongiurare “l’aborto volontario e l’abbandono assistenziale alla nascita di tanti bambini con gravi patologie”. Ci sono “interventi farmacologici, chirurgici e assistenziali straordinari” – spiega Francesco – “le terapie fetali” e “gli Hospice Perinatali” che ottengono risultati sorprendenti, fornendo supporto alle famiglie.

Oggi, le moderne tecniche di diagnosi prenatale sono in grado di scoprire fin dalle prime settimane la presenza di malformazioni e patologie, che a volte possono mettere in serio pericolo la vita del bambino e la serenità della donna. Il solo sospetto della patologia, ma ancor più la certezza della malattia, cambiano il vissuto della gravidanza, gettando le donne e le coppie in uno sconforto profondo. Il senso di solitudine, di impotenza, e la paura della sofferenza del bambino e della famiglia intera emergono come un grido silenzioso, un richiamo di aiuto nel buio di una malattia, della quale nessuno sa predire l’esito certo.

I medici, alleati della vita
Chiaro l’invito di Francesco ai medici perché non solo abbiano come obiettivo la guarigione, ma anche “il valore sacro della vita” e perché siano sostegno per chi è nella difficoltà e nel dolore. Parla del “confort care perinatale”, una modalità di cura che umanizza la medicina, “perché muove ad una relazione responsabile con il bambino malato, che viene accompagnato dagli operatori e dalla sua famiglia in un percorso assistenziale integrato, che non lo abbandona mai, facendogli sentire calore umano e amore”.

La professione medica è una missione, una vocazione alla vita, ed è importante che i medici siano consapevoli di essere essi stessi un dono per le famiglie che vengono loro affidate: medici capaci di entrare in relazione, di farsi carico delle vite altrui, proattivi di fronte al dolore, capaci di tranquillizzare, di impegnarsi a trovare sempre soluzioni rispettose della dignità di ogni vita umana.

Curare per dare compimento all’amore
La cura non è “inutile impiego di risorse” né ulteriore sofferenza per i genitori ma, sottolinea il Papa, il compimento dell’amore della famiglia.

Prendersi cura di questi bambini aiuta, infatti, i genitori ad elaborare il lutto e a concepirlo non solo come perdita, ma come tappa di un cammino percorso insieme. Quel bambino resterà nella loro vita per sempre. Ed essi lo avranno potuto amare. Tante volte, quelle poche ore in cui una mamma può cullare il suo bambino, lasciano una traccia nel cuore di quella donna, che non lo dimentica mai. E lei si sente – permettetemi la parola – realizzata. Si sente mamma.

L’aborto non è la risposta
Non si può abortire un figlio in condizioni di fragilità come “pratica di prevenzione”. “L’aborto – dice il Papa – non è mai la risposta che le donne e le famiglie cercano. Piuttosto sono la paura della malattia e la solitudine a far esitare i genitori”. Forte l’accento del Pontefice sull’aborto che non è una questione di fede ma umana.

Ma l’insegnamento della Chiesa su questo punto è chiaro: la vita umana è sacra e inviolabile e l’utilizzo della diagnosi prenatale per finalità selettive va scoraggiato con forza, perché espressione di una disumana mentalità eugenetica, che sottrae alle famiglie la possibilità di accogliere, abbracciare e amare i loro bambini più deboli. Delle volte noi sentiamo: “Eh, voi cattolici non accettate l’aborto, è il problema della vostra fede”. No: è un problema pre-religioso. Pre. La fede non c’entra. Poi viene, ma non c’entra: è un problema umano. È un problema pre-religioso. Non carichiamo sulla fede una cosa che non le compete dall’inizio. È un problema umano. Soltanto due frasi ci aiuteranno a capire bene questo: due domande. Prima domanda: è lecito far fuori una vita umana per risolvere un problema? Seconda domanda: è lecito affittare un sicario per risolvere un problema? A voi la risposta. Questo è il punto. Non andare sul religioso su una cosa che riguarda l’umano, eh? Non è lecito. Mai, mai, fare fuori una vita umana né affittare un sicario per risolvere un problema.

Reti d’amore
La raccomandazione del Pontefice è anche quella di fornire “azioni pastorali più incisive” per sostenere coloro che accolgono dei figli malati. ”Bisogna creare spazi, luoghi e reti d’amore ai quali le coppie si possano rivolgere, come pure dedicare tempo all’accompagnamento di queste famiglie”.

Grazie, in particolare, a voi famiglie, mamme e papà, che avete accolto la vita fragile – la parola fragilità sottolineata, eh? – perché le mamme, e anche le donne, sono specialista in fragilità: accogliere la vita fragile e che ora siete di sostegno e aiuto per altre famiglie. La vostra testimonianza d’amore è un dono per il mondo.

Le meraviglie della vita
Il pianto dei bimbi in Chiesa è lode a Dio. E’ il concetto che il Papa sottolinea nel corso dell’udienza quando, a braccio, parla del lamento di un piccolo. “Questa – afferma – è una musica che tutti noi dobbiamo ascoltare… Mai, mai, cacciare via un bambino perché piange”.

Toccante poi la storia raccontata dal Papa riguardante una ragazzina down di 15 anni che i genitori volevano far abortire. Francesco racconta della determinazione di un giudice a saperne di più:

Il giudice, un uomo retto sul serio, ha studiato la cosa e ha detto: “Sì, io voglio interrogare la bambina”. “Ma è down, non capisce…”. “No no, che venga”. È andata la ragazzina quindicenne, si è seduta lì, ha incominciato a parlare con il giudice e gli ha detto:
“Ma tu sai cosa ti succede?”;
“Sì, sono malata…”;
“Ah, e com’è la tua malattia?”;
“Eh, mi hanno detto che ho dentro un animale che mi mangia lo stomaco, e per questo devono fare un intervento”;
“No… tu non hai un verme che ti mangia lo stomaco. Tu sai cos’hai lì? Un bambino!”;
E la ragazza down ha fatto: “Ohhh, che bello!”: così.
Con questo solo, il giudice non ha autorizzato l’aborto. La mamma lo vuole. Sono passati gli anni. È nata una bambina. Ha studiato, è cresciuta, è diventata avvocato. Quella bambina, dal momento che ha capito la sua storia perché gliel’hanno raccontata, ogni giorno di compleanno chiamava il giudice per ringraziarlo per il dono della nascita. Le cose della vita. Questa bambina… Il giudice è morto e adesso lei è diventata promotore di giustizia. Ma guarda che cosa bella!
L’aborto non è mai questa risposta che le donne e le famiglie cercano.

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Il Papa: il calcio resti un gioco, per far bene anche a testa e cuore

Posté par atempodiblog le 25 mai 2019

Il Papa: il calcio resti un gioco, per far bene anche a testa e cuore
Papa Francesco incontra in aula Paolo VI 5mila studenti di Lazio e Abruzzo, insieme a molti campioni e allenatori di calcio, riuniti nell’evento “il calcio che amiamo”. Il pallone, spiega, dev’essere un mezzo per condividere amicizie e mettersi alla prova, in quello che, “ma è opinione personale”, è il gioco più bello del mondo
di Alessandro Di Bussolo – Vatican News

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Il calcio è un gioco di squadra che va vissuto come un mezzo “per invitare le persone reali a condividere l’amicizia, a ritrovarsi in uno spazio, a guardarsi in faccia, a sfidarsi per mettere alla prova le proprie abilità”. Così può davvero “far bene anche alla testa e al cuore” in una società che esaspera “la centralità del proprio io, quasi come un principio assoluto”. Papa Francesco parla così del “gioco più bello del mondo”, a 5mila ragazzi protagonisti dell’evento “il calcio che amiamo”, organizzato fin dalla mattina, in aula Paolo VI, dalla Gazzetta dello Sport, in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, la Federazione Italiana Giuoco Calcio e la Lega di Serie A.

Tanti campioni e allenatori, da Eto’o a Mancini
Un momento di festa per cinquemila studenti di Roma, Lazio e Abruzzo, dalle primarie fino alle superiori, invitati a riflettere sul calcio come divertimento, educazione e inclusione, aiutati da campioni come Samuel Eto’o, ex stella camerunese dell’Inter, gli allenatori Arrigo Sacchi e Roberto Mancini, attuale commissario tecnico della Nazionale Italiana, il ministro dell’Istruzione Marco Bussetti, il presidente della Figc Gabriele Gravina, il presidente della Lega Serie A Gaetano Miccichè, il presidente del Coni Giovanni Malagò, il vicepresidente dell’Inter Javier Zanetti, l’attuale allenatore del Camerun Clarence Seedorf, il tecnico della Roma Claudio Ranieri, l’ambasciatore del Milan Franco Baresi, il dirigente delle giovanili Juve Gianluca Pessotto, la leggenda del calcio femminile italiano Carolina Morace, il capitano della nazionale italiana amputati Francesco Messori. Per salutare il Papa interviene Urbano Cairo, presidente di Rcs MediaGroup.

Dietro a una palla che rotola, i sogni di un ragazzo
E Francesco inizia a parlare ai ragazzi e ai campioni con un sorriso, ricordando “quando ho sentito quell’ohhh (la ola fatta al suo arrivo, n.d.r.) come se io avessi segnato”, e poi facendo memoria di quello che san Giovanni Bosco, l’inventore degli oratori, amava ripetere ai suoi educatori: “Volete i ragazzi? Buttate in aria un pallone e prima che tocchi terra vedrete quanti si saranno avvicinati!”.

Dietro a una palla che rotola c’è quasi sempre un ragazzo con i suoi sogni e le sue aspirazioni, il suo corpo e la sua anima. In un’attività sportiva non sono coinvolti solo i muscoli ma l’intera personalità di un ragazzo, in tutte le sue dimensioni, anche quelle più profonde. Infatti, di qualcuno che si sta impegnando molto, si dice: “sta dando l’anima”.

Lo sport: dare il meglio di sé, ma non da soli
“Lo sport – prosegue il Pontefice – è una grande occasione per imparare a dare il meglio di sé, con sacrificio e impegno, ma soprattutto non da soli”. Oggi, grazie anche alle nuove tecnologie, chiarisce Papa Francesco, “è facile isolarsi, creare legami virtuali con tanti ma a distanza”. Il bello di giocare con un pallone, invece, “è di poterlo fare insieme ad altri, passandoselo in mezzo a un campo, imparando a costruire azioni di gioco, affiatandosi come squadra”.

Cari amici: il calcio è un gioco di squadra, non ci si può divertire da soli! E se è vissuto così, può davvero far bene anche alla testa e al cuore in una società che esaspera il soggettivismo, cioè la centralità del proprio io, quasi come un principio assoluto.

Il calcio è ancora il gioco più bello del mondo?
Se tanti, continua Francesco, definiscono il calcio “il gioco più bello del mondo”, e “lo penso io stesso, ma è un’opinione personale”, spesso purtroppo si sente anche dire: “il calcio non è più un gioco!”. Perché, spiega il Papa, anche nel calcio giovanile “assistiamo a fenomeni che macchiano la sua bellezza”. “Ad esempio – sottolinea – si vedono certi genitori che si trasformano in tifosi ultras, o in manager, in allenatori”. Anche la Federazione italiana, ricorda il Pontefice , si chiama “Federazione Italiana Gioco Calcio”. Ma a volte la parola “gioco” viene dimenticata, e magari sostituita “con altre meno coerenti, se non del tutto contrarie alle finalità”. “Invece – scandisce Papa Francesco – è un gioco e tale deve rimanere! Non dimenticate questo: il calcio è un gioco”.

Rappresentanza-giovanili-del-Torino-in-Vaticano dans Fede, morale e teologia
Una rappresentanza del settore giovanile del Torino in Vaticano per l’evento “Il calcio che amiamo”

Il diritto di ogni ragazzo a non essere un campione
“Giocare rende felici” perché “si può esprimere la propria libertà, si gareggia in modo divertente”, si rincorre un sogno “senza, però, diventare per forza un campione”. E’ sancito dalla Carta dei Diritti dei Ragazzi allo sport, ricorda Francesco, il diritto di ogni ragazzo di “non essere un campione”.

Cari genitori, vi esorto a trasmettere ai vostri figli questa mentalità: il gioco, la gratuità, la socialità… A incoraggiarli nei momenti difficili, specialmente dopo una sconfitta… E ad aiutarli a capire che la panchina non è un’umiliazione, ma un’occasione per crescere e un’opportunità per qualcun altro. Che abbiano sempre il gusto di dare il massimo, perché al di là della partita c’è la vita che li aspetta.

Genitori alleati degli allenatori per l’educazione
Il Papa invita i genitori “a cercare alleanza con la società sportiva dei vostri figli, soprattutto con gli allenatori”, perché “allenare è una sorta di accompagnamento, come un guidare verso un di più e un meglio”. E voi allenatori, aggiunge il Pontefice “vi trovate ad essere dei punti di riferimento autorevoli per i ragazzi che allenate: con voi passano tanto tempo, in un’attività che a loro piace e li gratifica” “Tutto ciò che dite e fate, il modo in cui lo dite e lo fate – chiarisce Papa Francesco – diventa insegnamento per i vostri atleti, cioè lascerà un segno indelebile nella loro vita, in bene o in male”.

Vi chiedo di non trasformare i sogni dei vostri ragazzi in facili illusioni destinate a scontrarsi presto con i limiti della realtà; a non opprimere la loro vita con forme di ricatto che bloccano la loro libertà e fantasia; a non insegnare scorciatoie che portano solo a perdersi nel labirinto della vita. Possiate invece essere sempre complici del sorriso dei vostri atleti!

Campioni: incoraggiate i giovani a diventare “grandi nella vita”
Infine Francesco si rivolge ai grandi campioni del calcio, “a cui si ispirano questi giovani atleti”. Non dimenticate da dove siete partiti, dice il Papa “quel campo di periferia, quell’oratorio, quella piccola società”. Vi auguro “di sentire sempre la gratitudine per la vostra storia fatta di sacrifici, di vittorie e sconfitte”.

E di sentire anche la responsabilità educativa, da attuare attraverso una coerenza di vita e la solidarietà con i più deboli, per incoraggiare i più giovani a diventare grandi dentro, e magari anche campioni nella vita. Grandi nella vita: questa è la vittoria di noi tutti, è la vostra vittoria che giocate a calcio. E ai dirigenti: per favore, custodite sempre la amatorialità, che è una mistica… è una mistica. Che non finisca la bellezza del calcio in un do ut des dei negozi finanziari.

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Maria Ausiliatrice

Posté par atempodiblog le 24 mai 2019

Maria Ausiliatrice
Tratto da: La nuova Bussola Quotidiana

Maria Ausiliatrice dans Apparizioni mariane e santuari Maria-Ausiliatrice

San Giovanni Bosco è colui che notoriamente ha fatto di più per propagare la devozione alla Madonna con il titolo di Maria Ausiliatrice, ma il diretto riferimento al soccorso prestato da Maria ai suoi figli era già diffuso nella cristianità di lingua greca dei primi secoli, come mostrano antiche iscrizioni in cui la Beata Vergine, oltre che con titoli celebri come Theotókos (in breve, “Madre di Dio”) e Panaghia (“Tutta Santa”), era invocata come Boetheia, che sta per “aiuto”. San Giovanni Crisostomo si riferì così alla Madre celeste in un’omelia del 345, imitato da diversi altri santi del primo millennio, come per esempio Germano di Costantinopoli (c. 634-733), il quale diceva: “Noi, allontanatici da Dio nella moltitudine dei peccati, attraverso di te abbiamo ricercato Dio e lo abbiamo trovato; e avendolo trovato, siamo stati salvati. Perciò potente è il tuo aiuto per la salvezza, o Madre di Dio”.

In seguito alla vittoriosa battaglia di Lepanto del 7 ottobre 1571 (le navi della Lega Santa sconfissero la flotta dell’Impero Ottomano, fermando l’espansione musulmana), che indusse san Pio V a istituire la festa di Santa Maria della Vittoria (oggi Beata Vergine Maria del Rosario), l’invocazione Auxilium christianorum, “Aiuto dei cristiani”, venne inserita nelle Litanie lauretane. Oltre due secoli più tardi, il 15 settembre 1815, Pio VII stabilì la celebrazione della festa di “Maria, Aiuto dei cristiani” al 24 maggio, anniversario del suo ritorno trionfale a Roma (24 maggio 1814) dopo i quasi cinque anni di prigionia sotto Napoleone. In origine la festa, già diffusa tra i Servi di Maria fin dal XVII secolo, era limitata alla diocesi di Roma, ma poi si è estesa in altri luoghi della cristianità, pur senza essere inserita nel Calendario Romano Generale.

Don Bosco aveva appena trent’anni quando nel 1845 la Vergine gli apparve nel rione torinese di Valdocco (toponimo che tradizionalmente sta per Vallis occisorum, “Valle degli uccisi”), ordinandogli la costruzione di una chiesa nel punto esatto del martirio dei santi Avventore e Ottavio, due soldati del III secolo, ritenuti i primi martiri di Torino e celebrati insieme al compagno d’armi san Solutore, decapitato ad alcuni chilometri di distanza dai due. “In questo luogo – disse la Madonna – dove i gloriosi martiri di Torino Avventore e Ottavio soffrirono il loro martirio, su queste zolle che furono bagnate e santificate dal loro sangue, io voglio che Dio sia onorato in modo specialissimo”. Mentre diceva queste parole, trascritte da don Bosco nelle sue Memorie, Maria “avanzava un piede posandolo sul luogo ove avvenne il martirio e me lo indicò con precisione”. Vent’anni più tardi fu posata la prima pietra e il 9 giugno 1868 avvenne la consacrazione del Santuario di Maria Ausiliatrice.

Il santo educatore commissionò inoltre a Tommaso Lorenzone la pala dell’altare maggiore, che raffigura Maria con Gesù Bambino nel braccio sinistro e lo scettro, terminante con un globicino sormontato dalla croce, nella mano destra, con attorno gli apostoli, gli evangelisti e degli angioletti, e in alto l’irradiazione dello Spirito Santo, rappresentato da una colomba. L’immagine ricevette l’incoronazione canonica nel 1903, sotto Leone XIII, per mezzo dell’arcivescovo Agostino Richelmy. Il titolo di Ausiliatrice venne poi riportato nella Lumen Gentium, la costituzione del Vaticano II sulla Chiesa, che ne sottolineò la speciale cooperazione alla Redenzione operata dal divin Figlio, a beneficio di quanti Lo amano: “Questa maternità di Maria nell’economia della grazia perdura senza soste dal momento del consenso prestato nella fede al tempo dell’Annunciazione, e mantenuto senza esitazioni sotto la croce, fino al perpetuo coronamento di tutti gli eletti. […] Per questo la Beata Vergine è invocata nella Chiesa con i titoli di Avvocata, Ausiliatrice, Soccorritrice, Mediatrice” (LG 62).

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Papa Francesco: La pace di Gesù, l’umorismo in mezzo alle persecuzioni

Posté par atempodiblog le 21 mai 2019

Papa Francesco: La pace di Gesù, l’umorismo in mezzo alle persecuzioni
Alla messa nella casa santa Marta, papa Francesco dice che la pace si può vivere anche nelle “tribolazioni”, come indica l’ottava beatitudine: “Beati voi quando vi insulteranno…”. Il “dono della pace” – diverso dagli “ansiolitici” – porta con sé la fortezza, la capacità di “sopportare” tutto. E fa « sorridere il cuore ».
della Redazione di AsiaNews

Papa Francesco: La pace di Gesù, l’umorismo in mezzo alle persecuzioni dans Commenti al Vangelo Papa-Francesco-messa-a-Casa-santa-Marta

La “pace di Gesù”, donata da Gesù, ha il potere di far vivere dentro una vita “di persecuzione, di tribolazione”, senza perdere mai “il senso dell’umorismo”. Lo ha detto papa Francesco questa mattina nella sua omelia alla messa in Casa santa Marta.

Commentando le due letture di oggi – Atti 14, 19-28, in cui si parla delle difficoltà vissute da san Paolo a Listra, e il vangelo, Giov. 14, 27-31, in cui Gesù dona la “sua” pace ai discepoli – il pontefice ha sottolineato che “tribolazioni” e “pace” possono andare insieme, come suggerito dalla “ultima beatitudine”: “Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia”.

“La pace di Gesù – ha detto – va con questa vita di persecuzione, di tribolazione…. Una pace che nessuno può togliere, una pace che è un dono, come il mare che nel profondo è tranquillo e nella superficie ci sono le ondate. Vivere in pace con Gesù è avere questa esperienza dentro, che rimane durante tutte le prove, tutte le difficoltà, tutte le tribolazioni”.

Il “dono della pace” – diverso dagli “ansiolitici” – porta con sé la fortezza, la capacità di “sopportare” tutto, di “portare sulle spalle”: “Sopportare: una parola che noi non capiamo bene cosa vuol dire, una parola molto cristiana, è portare sulle spalle. Sopportare: portare sulle spalle la vita, le difficoltà, il lavoro, tutto, senza perdere la pace. Anzi portare sulle spalle e avere il coraggio di andare avanti. Questo soltanto si capisce quando c’è lo Spirito Santo dentro che ci dà la pace di Gesù”.

Questo “dono promesso da Gesù”, ha concluso papa Francesco, fa « sorridere il cuore »: “La persona che vive questa pace mai perde il senso dell’umorismo. Sa ridere di sé stessa, degli altri, anzi della propria ombra, si ride di tutto… Questo senso dell’umorismo che è tanto vicino alla grazia di Dio. La pace di Gesù nella vita quotidiana, la pace di Gesù nelle tribolazioni e con quel pochino di senso dell’umorismo che ci fa respirare bene. Che il Signore ci dia questa pace che viene dallo Spirito Santo, questa pace che è propria di Lui e che ci aiuta a sopportare, portare su, tante difficoltà nella vita”.

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La storia di Emilia che non abortì

Posté par atempodiblog le 18 mai 2019

La storia di Emilia che non abortì
Tratto da: Frammenti Cattolici Vivi

La storia di Emilia che non abortì dans Aborto Emilia-Wojtyla

“Lei deve abortire signora. Non ha nessuna alternativa purtroppo”. Queste furono le durissime parole dei medici per la terza gravidanza di Emilia che sbiancò e si appoggiò al braccio del marito. Continuarono: “È malata ai reni e il suo cuore è appeso ad un filo… rischiate di morire entrambi. Nelle sue condizioni non riuscirà a portare a termine la gravidanza, il suo bambino, per il quale vuole sacrificare la sua vita, morirà”.

La salute di Emilia cominciò a vacillare sin dalla seconda gravidanza; era soggetta a fortissimi mal di schiena che la costringevano a letto per giorni interi. I medici dicevano che aveva i reni compromessi. Emilia non prese in considerazione l’idea dell’aborto nemmeno un attimo. Sì affidò a Dio.

Quel bambino nacque il 18 maggio 1920 in Polonia col nome di Karol Josef Wojtyla.

Emilia visse ancora per nove anni sopportando il dolore con fede, col sorriso, senza parlare mai dei suoi disturbi. Il resto della storia lo conosciamo.

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È Beata Maria Guadalupe Ortiz, esempio di santità “semplice”

Posté par atempodiblog le 18 mai 2019

È Beata Maria Guadalupe Ortiz, esempio di santità “semplice”
Insegnante di chimica e missionaria in Messico dopo l’incontro folgorante con San Josemaría Escrivà, la nuova Beata è la prima laica dell’Opus Dei a salire agli onori degli altari a Madrid. Alla cerimonia, in rappresentanza del Papa, il Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, card. Angelo Becciu
di Roberta Barbi – Vatican News

Card. Becciu: Beata M. Guadalupe, luce del mondo come vuole Gesù dans Articoli di Giornali e News Beatificazione-di-M-Guadalupe

Una santità semplice, raggiunta con il sudore dell’operosità, con la soddisfazione della fatica e con un sorriso da sfoggiare sempre, anche durante la malattia. Questa era Maria Guadalupe Ortiz de Landazuri, la nuova Beata che fin da giovanissima decise di vivere mettendo Gesù al centro del suo mondo, perché “non si è cristiani con l’orologio in mano”, come ricorda il card. Angelo Becciu, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi: “Essere cristiani non si limita ai momenti che passiamo in chiesa – ammonisce – lì ti raccogli in preghiera e sperimenti quell’unione con Dio che vivi poi tutto il resto della giornata”.

San Josemaría, il secondo padre
Educata alla fede, fin da piccola Maria Guadalupe si dimostra una buona cristiana, piena di forza d’animo e coraggio, ereditati dal padre militare. Ma la santità è un’altra cosa. Rimasta orfana presto, nel 1944 incontra Josemaría Escrivà e si sente “toccata dalla fede”. L’incontro con lui le cambia la vita: inizia a frequentare il primo centro femminile dell’Opus Dei dove scopre di poter amare e glorificare Dio nell’ordinario, con il lavoro quotidiano. Dopo pochi anni lui si fida a tal punto da inviarla come missionaria in Messico a costruire una nuova casa e a portare il messaggio dell’Opera tra quelle popolazioni. Le viene affidato un terreno pieno di rovi dove sorgeva un vecchio zuccherificio; chiunque sarebbe scappato a gambe levate, ma lei si rimbocca le maniche e in poco tempo riesce a farlo fiorire, non solo letteralmente. Con il fondatore, poi, il rapporto epistolare è fitto e profondo, le lettere tra i due sono oltre 300: “L’ultima lettera è di qualche giorno prima che lui morisse – ricorda il porporato – quando c’è questo rapporto così bello e spirituale, le lettere sono necessarie, perché un’anima ha bisogno di esprimersi, di confidarsi. Lei ogni tanto racconta che il padre le aveva raccomandato di fare meglio qualche cosa, in maniera molto caritatevole, la sentiva come una spinta necessaria”.

18 maggio: una data da ricordare
È singolare la ricorrenza di questa data nella vita di Maria Guadalupe. Il 18 maggio 1923, all’età di sette anni, si accosta per la prima volta alla Prima Comunione. Per lei bambina è un’esperienza fortissima. Esattamente 20 anni dopo, il 18 maggio 1944, va a vivere in un centro dell’Opus Dei: la scelta della sua vita è chiara, ma tanta strada ha ancora da fare. All’epoca insegnava chimica in un liceo di Madrid. Lei stessa, allora, annotò nel suo diario questa curiosa coincidenza di date. Tre anni dopo, il 18 maggio 1947, fa l’incorporazione definitiva nell’Opera e inizia a occuparsi a tempo pieno della formazione della donna, viaggiando continuamente. Ancora un 18 maggio, ma del 1950, circa un paio di mesi dopo il suo arrivo in quel Paese, viene celebrata la prima Messa nella nuova casa dell’Opera a Città del Messico, che Maria Guadalupe era stata mandata a fondare. Si trattava di una residenza per studentesse universitarie. E oggi, il 18 maggio 2019, la sua cerimonia di Beatificazione.

Un rapporto particolare con la morte
La vita non risparmia nulla a Maria Guadalupe che a 20 anni sa già bene che cos’è la morte di una persona cara, per averla vissuta da vicino. Suo padre, militare, all’inizio della guerra civile spagnola, viene condannato alla fucilazione. Lei ha occasione di passare del tempo con lui prima dell’esecuzione della condanna, gli dona serenità, lo prepara, in qualche modo, al passaggio necessario per giungere all’incontro con Dio. È un momento di maturazione per entrambi, tant’è vero che lei riuscirà poi addirittura a perdonare gli assassini di suo padre, come solo i Santi sanno fare. Vivrà un nuovo strappo nel cuore quando, nel 1975, anche il suo secondo padre, il futuro San Josemaría Escrivà, muore, ma lei, già molto malata, lo seguirà neppure un mese dopo con una serenità incredibile. “I Santi hanno questa serenità perché durante la vita hanno creato un rapporto bello, vero, confidenziale con Dio, lo hanno sentito vicino ogni giorno di più – conclude il card. Becciu – è allora che la morte viene vissuta per quello che è: un mistero, un passaggio che ci conduce all’incontro con Colui che tutta la vita abbiamo amato e che ci ha amato. Allora non possiamo che imparare dai Santi a stare sereni, anche nella morte”.

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Le lingue di freddo che portano aria artica: «Così cambia il clima»

Posté par atempodiblog le 15 mai 2019

Sannino (Enea): «Intanto in Siberia hanno 30 gradi» 
Le lingue di freddo che portano aria artica: «Così cambia il clima»
La peculiarità di maggio è che si trova a metà della primavera. «Per sua natura — spiega il climatologo — può presentare temperature ora più vicine a quelle invernali ora a quelle estive. Non c’è nulla di strano. La vera anomalia in questo momento è a Est, in Siberia con 30 gradi. Lì senza ombra di dubbio le medie sono superiori anche di 20 gradi a quelle solite». Ma anche in Italia non si sta scherzando. Le temperatura hanno subito forti oscillazioni in pochi giorni. E gli esperti parlano di «lingue di freddo», di fenomeni nuovi e inconsueti.
di Agostino Gramigna – Corriere della Sera
Tratto da: Radio Maria

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Neve anche a basse quote, piogge e temporali, venti violentissimi, aria fredda, sbalzo di temperature anche di decine di gradi. Un maggio freddo e bizzarro come non mai in Italia. Che succede? «Intanto è bene non confondere clima e meteo». Gianmaria Sannino, climatologo dell’Enea, inizia così a spiegare le apparenti stranezze del clima di questo periodo: «Se mi baso solo sul meteo, cioé apro la finestra e traggo conclusioni sulla base di quello che vedo e percepisco, allora il tempo di queste prime due settimane mi sembrerà molto ma molto bizzarro. In realtà per comprendere se siamo di fronte a vere anomali climatiche occorre aspettare. C’è bisogno di dati e di un periodo molto più lungo».

Sannino studia i cambiamenti climatici. Ama parlare con dati e solo su basi scientifiche. Ma anche lui è rimasto sorpreso dal maltempo e dalle ondate di freddo di questa fase della primavera. Come si fa a non pensare che qualcosa di anomalo è ormai in atto? «Anche io — ammette — sono rimasto spiazzato. Tanto che mi sono messo a spulciare i dati. Ma per capire le dinamiche reali del clima occorre aspettare fine mese. Solo allora si potranno avere le medie e fare confronti con quelle degli ultimi 30-40 anni».

La «trottola» artica
La peculiarità di maggio è che si trova a metà della primavera. «Per sua natura — spiega il climatologo — può presentare temperature ora più vicine a quelle invernali ora a quelle estive. Non c’è nulla di strano. La vera anomalia in questo momento è a Est, in Siberia con 30 gradi. Lì senza ombra di dubbio le medie sono superiori anche di 20 gradi a quelle solite». Ma anche in Italia non si sta scherzando. Le temperatura hanno subito forti oscillazioni in pochi giorni. E gli esperti parlano di «lingue di freddo», di fenomeni nuovi e inconsueti.

«Esatto. Ma questo rientra nella narrazione che stavo facendo. Bisogna capire qual è l’impatto dei cambiamenti climatici globali. Le lingue di freddo hanno a che fare con l’aria fredda artica. Che viene spinta in direzione delle regioni meridionali». E cosa crea questa spinta verso il meridione? «L’aria freddissima artica ha una velocità. Se rallenta il suo movimento crea della anse in cui l’aria precipita. Immaginiamo una trottola. Se gira a velocità costante sta in una certa posizione; se rallenta il suo movimento, sbanda e si sposta. Ecco, questo avviene con l’aria artica. Si formano delle vere e proprie anse che hanno come dei cedimenti e prendono delle direzioni. La lentezza del movimento porta poi quest’aria fredda a stagnare per diversi giorni. Quando va via ritornano le temperature primaverili del periodo. E s’impennano con effetti dirompenti. Questo sicuramente è un effetto dei cambiamenti climatici. Abbiamo avuto un fenomeno del genere negli Usa a gennaio. Un freddo estremo»

Scienza e percezione
La spiegazione del climatologo si arricchisce di un altro dato: la percezione del clima influenzata dalla memoria. «Le persone comuni non sono dei computer, non fanno comparazioni di dati. Al massimo possono fare un confronto con il maggio precedente. In questo caso non c’è dubbio che ricorderanno un periodo molto più caldo di quello attuale». Ma la scienza ragiona sui dati: «Tre anni fa — conclude Sannino — ero in Sicilia il 15 di agosto. C’erano 15 gradi e per un paio di giorni è caduta pioggia tutto il giorno. Ma subito dopo è ritornata l’estate. Un fenomeno normalissimo. Tuttavia se il freddo dovesse permanere anche nelle prossime due settimane, bé forse allora si potrebbe parlare di anomalia».

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Medjugorje, la fede mariana e la decisione del Pastore

Posté par atempodiblog le 13 mai 2019

Medjugorje, la fede mariana e la decisione del Pastore
L’autorizzazione dei pellegrinaggi è un segno di riconoscimento del bene che accade nella parrocchia-santuario, dove tante persone si riavvicinano ai sacramenti
di Andrea Tornielli – Vatican News

Medjugorje, la fede mariana e la decisione del Pastore dans Andrea Tornielli Pellegrini-a-Medjugorje

Per comprendere le ragioni e il significato profondo della decisione di autorizzare i pellegrinaggi a Medjugorje da parte di Francesco è utile rileggere alcuni passi dell’esortazione apostolica Evangelii gaudium, il documento che traccia la rotta del suo pontificato. Il Papa in quel testo ricordava che «nella pietà popolare si può cogliere la modalità in cui la fede ricevuta si è incarnata in una cultura e continua a trasmettersi». E ricordava pure, citando le parole del documento finale della conferenza dei vescovi latinoamericani ad Aparecida, che «il camminare insieme verso i santuari e il partecipare ad altre manifestazioni della pietà popolare, portando con sé anche i figli o invitando altre persone, è in sé stesso un atto di evangelizzazione». «Non coartiamo né pretendiamo di controllare questa forza missionaria!», concludeva il Pontefice.

È un dato di fatto che milioni di pellegrini in questi anni abbiano vissuto una significativa esperienza di fede recandosi a Medjugorje: lo attestano le lunghe file ai confessionali e le adorazioni eucaristiche serali nella grande chiesa parrocchiale senza un metro quadrato libero da fedeli inginocchiati.
«Credo» che «a Medjugorje ci sia la grazia. Non si può negare. C’è gente che si converte», aveva detto il Papa dialogando nel 2013 con padre Alexandre Awi Mello mariologo e oggi segretario del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita. In quella intervista, trasformata in un libro (È mia madre. Incontri con Maria, edizioni Città Nuova), Francesco metteva certo in guardia dal protagonismo dei veggenti e dal moltiplicarsi di messaggi e segreti. Ma senza mai disconoscere i frutti positivi dell’esperienza dei pellegrinaggi. Nella prefazione a quel libro, il teologo argentino Carlos María Galli aveva scritto: «Per Francesco la cosa più importante è la fede mariana del “santo popolo fedele di Dio”, che ci insegna ad amare Maria oltre la riflessione teologica. In quanto figlio e membro, come qualsiasi altro, del Popolo di Dio, Bergoglio – Francesco – partecipa del sensus fidei fidelium e si identifica con la profonda pietà mariana del popolo cristiano».

È proprio per questo che, continuando a studiare il fenomeno Medjugorje e senza che vi sia un pronunciamento sull’autenticità delle apparizioni, il Papa ha inteso prendersi cura di chi affronta i disagi del viaggio per recarsi a pregare in quel luogo. Per questo aveva voluto un suo inviato permanente, un vescovo dipendente dalla Santa Sede, incaricato proprio della cura pastorale dei pellegrini. E sempre per questo adesso stabilisce di andare oltre quanto dichiarato più vent’anni fa dalla Congregazione per la dottrina della fede, che permetteva i pellegrinaggi a Medjugorje ma solo «in maniera privata». Ora invece le diocesi e le parrocchie potranno organizzare e guidare quei pellegrinaggi espressione della pietà mariana del popolo di Dio.

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Mese di maggio indimenticabile/ Rinverdire la recita del santo Rosario

Posté par atempodiblog le 1 mai 2019

Mese di maggio indimenticabile/ Rinverdire la recita del santo Rosario
di padre Livio Fanzaga – Radio Maria

Il Rosario è l’occasione per immergersi nella Madonna dans Anticristo ff965t

Cari amici, in questo mese di maggio dobbiamo rinverdire la recita del santo Rosario, non solo individualmente, ma anche nelle famiglie e nelle parrocchie. La Madonna nelle sue apparizioni dà una grande importanza alla recita del santo Rosario. Accogliamo col cuore l’invito della Regina della pace. Faremo un mese di Maggio indimenticabile.

“Cari figli, oggi vi invito a cominciare a dire il Rosario con fede viva, così io potrò aiutarvi. Voi, cari figli, desiderate ricevere grazie, ma non pregate, io non vi posso aiutare dato che voi non desiderate muovervi. Cari figli, vi invito a pregare il Rosario; il Rosario sia per voi un impegno da eseguire con gioia, così comprenderete perché sono da così tanto tempo con voi: desidero insegnarvi a pregare. Grazie per aver risposto alla mia chiamata!” .(12 giugno  1986)

“Figlioli, la preghiera opera miracoli. Quando siete stanchi e malati e non sapete il senso della vostra vita, prendete il rosario e pregate; pregate finché la preghiera diventi un’ incontro gioioso con il vostro Salvatore. Sono con voi e intercedo e prego per voi, figlioli”. (25 aprile 2001).

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