“Il confessore uomo dell’ascolto, non padrone delle coscienze”
Posté par atempodiblog le 9 mars 2018
“Il confessore uomo dell’ascolto, non padrone delle coscienze”
Il Papa riceve i partecipanti al Corso sul Foro Interno concluso oggi a Roma al Palazzo della Cancelleria: «Il sacerdote non è la fonte della Misericordia, ma uno strumento»
di Salvatore Cernuzio – Vatican Insider
«Medico e giudice», «pastore e padre», «maestro ed educatore». E anche «martire», nel senso di testimone. Il profilo del confessore è chiaro. Eppure è abbastanza ricorrente per chi amministra questo importante sacramento il rischio di diventare «padroni delle coscienze» dei penitenti. Specialmente delle coscienze dei giovani «la cui personalità è ancora in formazione e, perciò, molto più facilmente influenzabile». Per questo Papa Francesco, nel suo discorso ai partecipanti al XXIX Corso sul Foro Interno - aperto il 5 marzo con una lectio del Penitenziere maggiore, il cardinale Mauro Piacenza , e che si conclude oggi pomeriggio presso il Palazzo della Cancelleria – chiarisce subito quale sia il ruolo del sacerdote nelle quattro mura del confessionale: «Strumenti». Niente più.
«Il sacerdote confessore non è la fonte della Misericordia: ne è certo l’indispensabile strumento, ma sempre solo strumento!», afferma Bergoglio che proprio oggi pomeriggio presiederà una celebrazione penitenziale nella Basilica di San Pietro. «Ricordare di essere, e dover essere, solo strumenti della Riconciliazione è il primo requisito per assumere un atteggiamento di umile ascolto dello Spirito Santo, che garantisce un autentico sforzo di discernimento», sottolinea. «Essere strumenti non è una diminuzione del ministero, ma, al contrario, ne è la piena realizzazione, poiché nella misura in cui scompare il sacerdote ed appare più chiaramente Cristo sommo ed eterno Sacerdote, si realizza la nostra vocazione di “servi inutili”».
La consapevolezza di questa «dimensione strumentale» – come la definiva San Tommaso – della riconciliazione favorisce «un’attenta vigilanza sul rischio di diventare i “padroni delle coscienze”, soprattutto nel rapporto con i giovani, la cui personalità è ancora in formazione e, perciò, molto più facilmente influenzabile», annota il Pontefice. Da una parte i confessori hanno «il vantaggio di essere giovani» e dunque «di poter vivere il sacramento della Riconciliazione come “giovani tra i giovani”». «Non di rado, la vicinanza nell’età favorisce il dialogo anche sacramentale, per una naturale affinità di linguaggi», osserva il Papa.
D’altro canto la “condizione giovanile” non è «priva di limiti e perfino di rischi, perché – spiega Francesco ai giovani preti – siete all’inizio del vostro ministero e dunque dovete ancora acquisire tutto quel bagaglio di esperienza che un “confessore consumato” ha, dopo decenni di ascolto dei penitenti».
A maggior ragione non bisogna abbassare la guardia né perdere l’umiltà. Il primo passo, sollecita il Papa, è «saper ascoltare le domande, prima di offrire le risposte. Dare risposte, senza essersi preoccupati di ascoltare le domande dei giovani e, laddove necessario, senza aver cercato di suscitare domande autentiche, sarebbe un atteggiamento sbagliato».
Il confessore è infatti un «uomo dell’ascolto»: ascolto «umano» del penitente e ascolto «divino» dello Spirito Santo. «Ascoltando davvero il fratello nel colloquio sacramentale, noi ascoltiamo Gesù stesso, povero ed umile – afferma il Papa -; ascoltando lo Spirito Santo ci poniamo in attenta obbedienza, diventiamo uditori della Parola e dunque offriamo il più grande servizio ai nostri giovani penitenti: li mettiamo in contatto con Gesù stesso».
E «ogni giovane dovrebbe poter udire la voce di Dio sia nella propria coscienza, sia attraverso l’ascolto della Parola». Solo così, aggiunge Papa Bergoglio, essi possono avviarsi verso «quel cammino prudente e orante che è il discernimento vocazionale», il quale deve essere necessariamente «sostenuto dall’accompagnamento sapiente del confessore, che talvolta può anche diventare – su richiesta dei giovani stessi e mai autoproponendosi – padre spirituale».
Il colloquio della confessione può diventare, quindi, «occasione privilegiata di incontro, per porsi entrambi, penitente e confessore, in ascolto della volontà di Dio, scoprendo quale possa essere il suo progetto, indipendentemente dalla forma della vocazione». Infatti, precisa il Papa, «la vocazione non coincide, né può mai coincidere, con una forma! Questo porterebbe al formalismo! La vocazione è il rapporto stesso con Gesù: rapporto vitale e imprescindibile».
In tal senso il confessore è chiamato ad essere soprattutto «un testimone», cioè a «com-patire per i peccati dei fratelli» e rendere «più efficace l’esperienza della misericordia, spalancando ai fedeli un orizzonte nuovo e grande». Quell’orizzonte «che solo Dio può dare all’uomo».
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