La clinica dei baby trans, nuova frontiera della violenza

Posté par atempodiblog le 25 octobre 2017

La clinica dei baby trans, nuova frontiera della violenza
di Tommaso Scandroglio – La nuova Bussola Quotidiana

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In Inghilterra pare che ci sia un boom di baby trans, cioè di bambini che voglio essere bambine e viceversa. A rivelarlo è la londinese Gender Identity Development Service, una clinica nata per trattare la cosiddetta disforia di genere, la quale informa che una cinquantina di bambini e pre-adolescenti ogni settimana varcherebbe la loro porta. Tra questi, nell’ultimo anno, si sono presentati anche due bambini di quattro anni, quattro di cinque anni e 17 bambini di sei. Un aumento di richieste del 24% negli ultimi sei mesi. Nel 2009 furono 97 i minori trattati da questa clinica, nell’anno sociale 2016/2017 ben 2016.

La clinica propone questo percorso da gender-Frankenstein. Prima che il bambino entri nella pubertà vengono prescritti dei bloccanti ormonali. In tal modo – fanno sapere dalla clinica – il minore non diventerà né maschio né femmina, ma rimarrà parcheggiato in un limbo sessuale in attesa che decida a quale sesso vorrà appartenere. In realtà i bloccanti arrestano “solo” lo sviluppo di alcuni caratteri morfologici ed endocrinologi, ma il bambino è già un maschio o una femmina e a dirlo sono in primis, ma non solo, i suoi cromosomi. C’è poi da aggiungere che gli effetti di questi bloccanti ormonali sono ad oggi per la gran parte sconosciuti, sia a livello fisico sia soprattutto a livello psicologico. Poi c’è una seconda fase: compiuti i 16 anni il bambino, se lo vuole, può assumere estrogeni per femminilizzarsi e la bambina testosterone per mascolinizzarsi. Questo può provocare effetti irreversibili come lo sviluppo dei tessuti mammari per i maschi. Infine si può approdare all’ultima fase: l’operazione chirurgica che ad esempio potrà eliminare il pene, rimpiazzato poi da una cavità vaginale artificiale.

La cantante Paloma Faith ha dichiarato che suo figlio nato a dicembre – di cui non vuole rivelare il sesso – dovrà diventare “gender neutral”, cioè sessualmente neutro, né maschio né femmina. Ha aggiunto che questo tragico destino toccherà anche ai suoi prossimi figli. C’è poi la storia di Tegan Dyason, all’anagrafe Tom Dyason, che sin dall’età di tre anni veniva vestito dalla madre come una femminuccia. Ora ne ha 8 di anni e porta gonnelline e trecce. Sua madre ha chiesto ad insegnanti, amici  e parenti di accettare la decisione e di non considerarla solo “come una fase” di transizione. Il piccolo ex Tom è in trattamento presso la Gender Identity Development Service dall’anno scorso. Il quotidiano inglese Mirror, che ha lanciato la notizia del boom di baby trans, ha poi raccolto anche la testimonianza della 30enne Kate che una decina di anni fa, dopo qualche ricerca su internet, ha iniziato ad assumere ormoni maschili ed oggi si è pentita della sua scelta. In merito ai piccoli transgender commenta: “Provo tristezza al pensiero di questo tipo di trattamento… sottoporre i bambini a questo trattamento potrebbe significare perpetuare in futuro un grave danno”. Lei stessa ammette che, con l’approvazione dei genitori, avrebbe sicuramente cercato l’aiuto di una clinica come quella londinese se ai suoi tempi fosse esistita, ma di certo – così ha dichiarato – se ne sarebbe poi pentita.

Il prof. Ashley Grossman, dell’Università di Oxford, e che ha in cura – si fa per dire – questi piccoli pazienti ha dichiarato riguardo a questa crescita esponenziale di richieste di cambiamento di sesso: “Questo è un massiccio aumento. Non sappiamo se si tratta di un aumento effettivo o se invece questi ragazzi in passato non sapevano proprio che questo servizio esistesse”. La direttrice del GIDS, la psicologa Dott.ssa Polly Carmichael, ha aggiunto: “Non esiste una sola spiegazione per l’aumento. Però sappiamo che nella nostra società ci sono stati notevoli progressi verso l’accettazione e il riconoscimento delle persone transgender e di genere diversificato, a cui si aggiunge una  maggiore conoscenza tra le persone sulle cliniche specializzate in questo campo”.

Il professor Miroslav Djordjevic, esperto nel settore della disforia di genere, ha suggerito che l’aumento di richieste potrebbe essere in parte spiegabile come una moda tra i genitori. La Dott.ssa Miriam Stoppard ha infine aggiunto: “Sono sicura che l’accettazione universale delle persone LGBTQ abbia contribuito a legittimare e pubblicizzare la disforia di genere e il suo trattamento.

Queste ultime spiegazioni hanno un fondo di verità. Di teoria di genere, transessualità e liquidità sessuale si continua a parlare da anni anche a livello mass-mediatico. Le menti facilmente suggestionabili di alcuni genitori sono state quindi perfettamente plasmate da questo nuovo credo e gli stessi lo hanno applicato immediatamente ai propri figli. E’ bastato forse un atteggiamento un po’ effeminato del figlio, provare per gioco a mettersi in testo il cappello della mamma, prendere in mano una Barbie e nell’iperansiosa psiche dei genitori è scattato l’allarme gender: “Mio figlio vuole cambiare sesso!”. E come al primo attacco di tosse alcuni, facendosi prendere dal panico, chiamano il pediatra, altri, al manifestarsi di qualche lieve stranezza comportamentale, si sono rivolti alla clinica per disforia di genere.

In realtà ricercatori seri ci dicono, dopo aver revisionato 500 articoli scientifici, che “gli studi scientifici non supportano l’ipotesi che l’identità di genere sia una proprietà innata e umana fissa e indipendente dal sesso biologico, cioè che una persona è “un uomo intrappolato nel corpo di una donna » o « una donna è intrappolata nel corpo di un uomo », come se ci fosse un errore nel suo corpo e nei suoi genitali. Chiaramente non ha alcun supporto scientifico l’idea che un bambino di due anni, che ha espresso pensieri o comportamenti che sono identificati con il sesso opposto, possa essere bollato per la vita come transgender. E’ perverso credere che tutti i bambini con pensieri o comportamenti di genere atipici a un certo punto del loro sviluppo, in particolare prima della pubertà, dovrebbero essere incoraggiati a diventare transgender. (Lawrence S. Mayer – Paul R. McHugh, Sessualità e genere. Risultati di carattere biologico, psicologico e sociale, in The New Atlantis, 2016Come appuntavamo lo scorso gennaio “lo studio ha ricordato che solo un piccolo numero di bambini con problemi di disforia continua a presentare queste problematiche nell’adolescenza e nell’età adulta. Anche la Società Pediatrica Americana ha ribadito che il 98% dei bambini e l’88% delle bambine che presentano problematiche di questo tipo accettano senza difficoltà e in modo naturale il loro sesso biologico all’entrata dell’età puberale. Per gli altri esiste sempre l’accompagnamento psicologico se vogliono”.

Inoltre Mayer e McHugh hanno aggiunto che “ci sono poche prove scientifiche sul valore terapeutico degli interventi per ritardare la pubertà o per modificare i caratteri sessuali secondari degli adolescenti e “non vi è alcuna prova che si dovrebbero incoraggiare a diventare transgender tutti i bambini che esprimono idee o comportamenti atipici sul genere.

La creazione di baby trans è in fondo una forma recente di pedofilia. I bambini possono essere violentati fisicamente, sessualmente e dunque psicologicamente non solo con amplessi ma anche con ormoni, indumenti e giochi non adatti al loro sesso di appartenenza.

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