CHARLIE GARD DEVE MORIRE/ Quella volontà cattiva di sbarazzarci del Mistero

Posté par atempodiblog le 28 juin 2017

CHARLIE GARD DEVE MORIRE/ Quella volontà cattiva di sbarazzarci del Mistero
I giudici della Cedu hanno dato ragione all’Alta corte inglese: Charlie Gard non ha diritto di vivere. Va eliminato. Perché ci rifiutiamo di esserne custodi?
di Don Federico Pichetto – Il Sussidiario

CHARLIE GARD DEVE MORIRE/ Quella volontà cattiva di sbarazzarci del Mistero dans Articoli di Giornali e News Charlie_Gard

CHARLIE GARD. Giunge ad un triste epilogo la vicenda di Charlie Gard, il piccolo neonato britannico affetto da una malattia mitocondriale molto rara dinnanzi alla quale i medici hanno pronosticato morte certa, mentre i genitori hanno vagliato qualunque via legale per poterlo tenere in vita. L’ultima carta l’hanno giocata alla Corte europea dei diritti dell’uomo che ha, dapprima, deferito la decisione e poi, nella serata di ieri, accolto le conclusioni del personale medico inglese e sentenziato che Londra può portare avanti le procedure per interrompere quello che la giustizia di Sua Maestà ha definito un accanimento terapeutico foriero solo di inutile dolore.

La domanda che tocca farsi è però molto diversa da quella che ha animato tanti dibattiti di questi mesi. Non importa, infatti, sapere chi ha ragione, quanto comprendere che tipo di problema Charlie sollevi nella nostra vita. Non si tratta di un problema legale, ossia di determinare fino a che punto le leggi degli stati possano spingersi nella vita degli uomini. Infatti le leggi, in questo caso, regolano atteggiamenti, comportamenti e azioni che vengono prima della legge stessa. Non è neppure un problema di libertà della famiglia: molte famiglie compiono scelte libere ma sbagliate per i loro figli e idolatrare la libertà della famiglia di Charlie oggi, solo perché coincide con quello che si pensa, potrebbe essere deleterio domani, quando magari dovremmo decidere se una famiglia può alimentare in modo vegano un neonato privandolo dell’apporto fondamentale di alcuni nutrienti.

Tutte queste cose sono per esperti, per tecnici che non mancheranno — anche su queste stesse colonne — di fornire i loro pareri e i loro punti di vista. La storia di Charlie è al contrario un problema di realtà e la questione che pone Charlie è il fatto stesso che lui c’è, esista. Mai come in questo caso possiamo toccare con mano che cos’è che ferisce davvero la nostra vita e il nostro amor proprio: il fatto che una cosa, che le cose, ci siano. Charlie è una persona viva, presente, la cui stessa esistenza risulta intollerabile non a lui, ma a chi tutti i giorni deve incrociarne lo sguardo.

Come una moglie, un marito, un collega, un figlio, una madre o un vicino di casa, è il fatto che egli sia che ci tormenta e che ci costringe a metterci in discussione. Charlie non è quello che ci aspettavamo, non è il bambino delle pubblicità, non è l’ideale di figlio che i genitori sognano quando mettono la testa e il cuore sul proprio futuro, ma è quello che c’è, quello che esiste. Più lui permane, più la nostra impotenza come medici e come adulti permane, più lui ci pone un problema, ci pone delle domande, ci sfida. Siamo così presi dalle nostre idee, dalle nostre opinioni, che non possiamo tollerare che qualcosa persista e continui a disturbarci.

Lo vogliono togliere di mezzo. Non le leggi dei giudici inglesi, non i pareri dei medici, ma il cuore degli uomini. I genitori, in tutto questo, non chiedono altro che attendere, che aspettare, che lasciare aperta una porticina, uno spiraglio, alla speranza, alla luce, all’esistenza. Ma si creerebbe troppo imbarazzo se lui, con la sua resilienza, continuasse a vivere, a lottare, a rimanere, si creerebbero costi, rebus collaterali, nuove diatribe. Quella vita, insomma, va eliminata perché disturba. Essa mette troppo in gioco le dinamiche, le strutture e i processi del nostro tempo. E c’è da giurarci che i fedeli garanti della giustizia lo faranno, lo faranno presto, nel giro di poche ore. Senza alcuna compassione, senza alcuna pietà. Col solo desiderio di togliersi dal cuore il dubbio, l’ombra, che Charlie continua a insinuare con la sua esistenza. E se fosse vero? E se la vita non fosse solo nostra?

Non c’è tempo, bisogna agire. E come Caino di ritorno dai campi, a chi dovesse chiedere conto di quanto accaduto si potrà sempre rispondere con una punta di sdegno: “Sono forse io il custode del mio fratello?”, oppure usando parole ben più macabre e più contemporanee, ribadire che – in fondo – “si sono solo eseguiti gli ordini”.

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San Josemaría Escrivá: “…siate uomini di orazione…”

Posté par atempodiblog le 25 juin 2017

San Josemaría Escrivá de Balaguer/ Accadde Oggi
25.6.1944

San Josemaría Escrivá: “...siate uomini di orazione...” dans Beato Álvaro del Portillo San_josemaria

Si ordinano sacerdoti i primi tre fedeli dell’Opus Dei: Álvaro del Portillo, José Luis Múzquiz e José María Hernández de Garnica.

Quel giorno commenta: «Vi chiederanno: che cosa vi disse il Padre il giorno dell’ordinazione dei primi tre sacerdoti? Allora voi risponderete: “Ci disse: siate uomini di orazione, uomini di orazione, uomini di orazione”».

Tratto da: josemariaescriva.info

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Le apparizioni di Medjugorje, l’evento più significativo dei tempi moderni

Posté par atempodiblog le 24 juin 2017

Le apparizioni di Medjugorje, l’evento più significativo dei tempi moderni
Padre Livio Fanzaga – Radio Maria

Le apparizioni di Medjugorje, l'evento più significativo dei tempi moderni dans Apparizioni mariane e santuari Medjugorje

Le apparizioni di Medjugorje sono l’evento più significativo dei tempi moderni, che si collocano al crocevia fra un millennio e l’altro, al centro di un drammatico combattimento escatologico fra la Donna vestita di sole e il dragone infernale. La nostra generazione ne è coinvolta e nessuno può illudersi di sfuggire alla decisione di fare una scelta di campo.

La Regina della pace è qui da così tanto tempo per contrastare la tenebra della menzogna e della morte, che ha avvolto il mondo e che prepara la sua distruzione. Dal quel 24 Giugno 1981, quando la Madonna è apparsa sulla collina con un Bambino in braccio, il mondo ha fatto un cambiamento radicale. E’ crollato il comunismo e le chiese incatenate dal dragone sono state liberate. L’Occidente al contrario sta apostatando dalla fede, nella luciferina illusione di creare un mondo senza Dio, dove l’uomo è l’assoluto padrone. La Chiesa è ovunque perseguitata e indebolita nella sua testimonianza dalla tiepidezza e dal modernismo.

La Regina della pace è instancabile nell’invitarci alla preghiera e alla conversione, per essere decisi e forti nella fede e per essere delle piccoli luci che brillano nelle tenebre del mondo. La nostra risposta deve essere generosa, fedele e perseverante. La vittoria del suo Cuore Immacolato incomincia nel cuore di ognuno di noi.

Ascoltiamo i suoi messaggi, pieni di sapienza e di santità e mettiamoli in pratica. Non lasciamoci sorprendere come gli apostoli nel Getzemani, che dormivano nell’ora dell’impero delle tenebre. Vegliamo e preghiamo. Liberiamoci dai lacci con i quali il demonio ci imprigiona. Scarichiamo dalla nostra vita le zavorre inutili, perché questo tempo è un punto di svolta. Mettiamoci a disposizione della nostra Regina, come apostoli generosi, per la grande battaglia della fede, per la salvezza delle anime, per un futuro di pace.

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AMERICA/MESSICO – “E’ necessario ricostruire il tessuto sociale, c’è troppa violenza” afferma Mons. Patiño Leal

Posté par atempodiblog le 10 juin 2017

Per comporre la società/ È importante guarire prima spiritualmente
AMERICA/MESSICO – “E’ necessario ricostruire il tessuto sociale, c’è troppa violenza” afferma Mons. Patiño Leal

AMERICA/MESSICO - “E' necessario ricostruire il tessuto sociale, c'è troppa violenza” afferma Mons. Patiño Leal dans Articoli di Giornali e News Violenza

Córdoba (Agenzia Fides) – Dato il deterioramento del tessuto sociale a causa di tanta violenza, insicurezza, disuguaglianza sociale ed economica, alcuni Vescovi messicani, come il Vescovo della diocesi di Córdoba, Veracruz, Sua Ecc. Mons. Eduardo Porfirio Patiño Leal, si sono pronunciati per un impegno a ricostruire la pace, ma anche per ricordare ai governi locali di fare il loro lavoro.

Mons. Patiño Leal ha affermato che tutti i sacerdoti svolgono un importante lavoro sociale nelle rispettive parrocchie, ma oggi cresce la necessità di trovare nuovi modi per ascoltare coloro che soffrono per tanti crimini. Bisogna dire che quello che ora si sta vivendo a livello diocesano in seguito alla violenza e all’insicurezza, non si sarebbe mai immaginato una decina di anni fa.

Il Vescovo ha fatto queste dichiarazioni commentando la recente pubblicazione del rapporto del Consiglio Nazionale per la valutazione della politica di sviluppo sociale (CONEVAL), dove si ricorda che degli 8 milioni di “veracruzanos”, il 60 per cento vive in una situazione di grande emarginazione.

“Nella zona – ha commentato il Vescovo -, da un lato ci sono i milionari e dall’altro persone che devono emigrare a causa della mancanza di posti di lavoro e di salari decenti”. Questo tessuto sociale disintegrato fa sì che i giovani diventino facile preda per i criminali e la droga, quindi è importante guarire prima spiritualmente, per comporre la società, ha esortato.

Il rapporto intitolato “Considerazioni per la preparazione del Budget 2018”, mira a rafforzare il processo decisionale in materia di bilancio, ma offre soprattutto un’analisi delle priorità, delle conclusioni e delle raccomandazioni sullo sviluppo sociale del governo federale. Viene considerato un importante indicatore della realtà sociale nazionale da tutte le istituzioni messicane.
(CE) (Agenzia Fides, 10/06/2017)

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Appropriazione della vigna del Signore/ Il Papa profondamente addolorato per le vicende della diocesi di Ahiara

Posté par atempodiblog le 10 juin 2017

Appropriazione della vigna del Signore/ “Chi si è opposto alla presa di possesso del Vescovo Mons. Okpaleke vuole distruggere la Chiesa”
Il Papa profondamente addolorato per le vicende della diocesi di Ahiara

Appropriazione della vigna del Signore/ Il Papa profondamente addolorato per le vicende della diocesi di Ahiara dans Articoli di Giornali e News Il_Papa_addolorato_per_le_vicende_della_diocesi

Città del Vaticano (Agenzia Fides) – Il Santo Padre Francesco ha ricevuto ieri in udienza privata una delegazione della diocesi di Ahiara, in Nigeria, che vive da anni una dolorosa situazione (vedi Fides 8/6/2017). I membri della Delegazione erano accompagnati dal Card. J.O. Onaiyekan, Arcivescovo di Abuja e Amministratore Apostolico di Ahiara, dagli Ecc.mi A.J. Obinna, Arcivescovo Metropolita di Owerri, I.A. Kaigama, Arcivescovo di Jos e Presidente della Conferenza Episcopale della Nigeria, da S.E. Mons. P.E. Okpaleke, Vescovo di Ahiara. Erano inoltre presenti all’incontro il Cardinale Segretario di Stato, il Prefetto e i Superiori della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli. Della Delegazione hanno fatto parte i Rev.di Sacerdoti C. O. Ebii, J. N. Uwalaka e U. I.Olekamma; inoltre, Suor B. O. Ezeyi e S.A.R. P. Iwu, Capo Tradizionale per conto dei religiosi e dei fedeli laici.

L’incontro, caratterizzato dal dialogo e dall’ascolto, si è concluso con una preghiera a Maria e la benedizione del Papa. Di seguito riportiamo il testo del Santo Padre Francesco.

“Saluto cordialmente la Delegazione e ringrazio per essere venuti dalla Nigeria con spirito di pellegrinaggio. Per me, è una consolazione questo incontro, perché sono molto triste per la vicenda della Chiesa in Ahiara.

La Chiesa, infatti (e mi scuso per la parola), è come in stato di vedovanza per aver impedito al Vescovo di andarvi. Tante volte mi è venuta in mente la parabola dei vignaioli assassini, di cui parla il Vangelo (cfr. Mt 21, 33-44)…che vogliono appropriarsi dell’eredità. In questa situazione la Diocesi di Ahiara è come senza sposo, ed ha perso la sua fecondità e non può dare frutto.

Chi si è opposto alla presa di possesso del Vescovo Mons. Okpaleke vuole distruggere la Chiesa; ciò non è permesso; forse non se ne accorge, ma la Chiesa sta soffrendo e il Popolo di Dio in essa. Il Papa non può essere indifferente.

Conosco molto bene le vicende che da anni si trascinano nella Diocesi e ringrazio per l’atteggiamento di grande pazienza del Vescovo; dico di santa pazienza da lui dimostrata. Ho ascoltato e riflettuto molto, anche sull’idea di sopprimere la Diocesi; ma poi ho pensato che la Chiesa è madre e non può lasciare tanti figli come voi. Ho un grande dolore verso questi sacerdoti che sono manipolati, forse anche dall’estero e da fuori Diocesi.

Ritengo che qui non si tratti di un caso di tribalismo, ma di appropriazione della vigna del Signore. La Chiesa è madre e chi la offende compie un peccato mortale, è grave. Perciò ho deciso di non sopprimere la Diocesi. Tuttavia, desidero dare alcune indicazioni da comunicare a tutti: anzitutto va detto che il Papa è profondamente addolorato, pertanto, chiedo che ogni sacerdote o ecclesiastico incardinato nella Diocesi di Ahiara, sia residente, sia che lavori altrove, anche all’estero, scriva una lettera a me indirizzata in cui domanda perdono; tutti, devono scrivere singolarmente e personalmente; tutti dobbiamo avere questo comune dolore.

Nella lettera
1. si deve chiaramente manifestare totale obbedienza al Papa, e
2. chi scrive deve essere disposto ad accettare il Vescovo che il Papa invia e il Vescovo nominato.
3. La lettera deve essere spedita entro 30 giorni a partire da oggi fino al 9 luglio p.v. Chi non lo farà ipso facto viene sospeso a divinis e decade dal suo ufficio.

Questo sembra molto duro, ma perché il Papa fa questo? Perché il Popolo di Dio è scandalizzato. Gesù ricorda che chi scandalizza, deve portarne le conseguenze. Forse qualcuno è stato manovrato senza una piena cognizione della ferita inferta alla comunione ecclesiale.

A voi, fratelli e sorelle, manifesto vivo ringraziamento per la vostra presenza; così pure al Cardinale Onaiyekan per la sua pazienza e al Vescovo Okpaleke, di cui ho ammirato oltre la pazienza anche l’umiltà. Grazie a tutti”.

Successivamente il Card. Onaiyekan ha ringraziato il Santo Padre. Il Cardinale Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, Card. Fernando Filoni, ha chiesto al Santo Padre, il Quale ha accettato, che, a conclusione di questa vicenda, la Diocesi di Ahiara, con il suo Vescovo, compiano un pellegrinaggio a Roma e incontrino il Santo Padre. (Agenzia Fides 9/6/2017)

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Il Santo Padre e  la  non accettabilità della situazione in Ahiara
Pugno di ferro di Papa Bergoglio contro i preti ribelli nigeriani che, nella diocesi di Ahiara, in Nigeria, da quattro anni fanno il bello e il brutto tempo creando divisioni, sollevando liti, esacerbando animi pur di non accettare il vescovo designato legittimamente dal Vaticano. Per rimettere in riga la comunità Bergoglio ha preparato provvedimenti draconiani e inediti.

di Franca Giansoldati – Il Mattino

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Embrione è già persona/ Nature, la scienza “conferma” la realtà: è progetto d’individuo

Posté par atempodiblog le 9 juin 2017

Embrione è già persona/ Nature, la scienza “conferma” la realtà: è progetto d’individuo
Embrione è già persona: la scienza conferma la realtà, al netto di ogni discussione. Lo studio su Nature Genetics « rivoluziona » la scienza embrionale e lo sviluppo dell’indiviuo cellulare
di Niccolò Maagnani – Il Sussidiario.net
Tratto da: Una casa sulla Roccia

Embrione è già persona/ Nature, la scienza “conferma” la realtà: è progetto d’individuo dans Aborto Embrione_e_maternit

EMBRIONE È GIÀ PERSONA, LA SCIENZA CONFERMA: “È GIÀ UN PROGETTO DI INDIVIDUO” - Un momento storico per la scienza ma soprattutto storico per l’intera razza umana: con l’ultimo studio pubblicato su Nature si conferma che l’embrione possiede tutto il materiale e gli elementi che lo fanno già un progetto di persona nel momento in cui viene formato nell’utero. L’ultimo articolo apparso nel numero di aprile della storica rivista scientifica mondiale (non certo qualche rivista pro-Life accusabile di poca “neutralità”) rischia di sconfessare anni e anni di contestazioni e attacchi diretti a tutti coloro che osavano affermare come uccidere un embione con l’aborto significa di fatto sopprimere una vita già umana. Un gruppo di ricercatori dell’Università Politecnica Federale di Losanna (Svizzera), guidato da Julien Duc e Didier Tronto, ha pubblicato su Nature Genetics una ricerca che farà certamente parlare e molto nei prossimi mesi a venire. In pratica, studiando la conoscenza del processo di formazione e sviluppo della vita umana individuale, è stato scoperto come in realtà il dna dell’embrione ad una sola cellula (appena dopo il processo di fecondazione) viene già “sfogliato” all’inizio della sua vita cellulare, in questa modalità: quello che contiene  le informazioni per lo sviluppo e il mantenimento dell’architettura del corpo umano è di fatto un materiale d’informazioni fino a quel momento chiuso che si pensava fino a questa ricerca che venisse tradotto solo in un secondo momento, fornendo dunque la “patente” di individuo in qualche stadio successivo e non fin dalla sua origine.

Invece, è stato scoperto lo ‘starter’ dello sviluppo dell’embrione nei mammiferi: è una famiglia di proteine chiamata Dux e specializzata nello sferrare il ‘calcio d’inizio’ del processo di crescita che porta alla formazione di un individuo (spiega l’Ansa riportano ampi stralci dello studio di Nature). Si scopre in questo modo, cercando di essere meno tecnici possibili, che il “libro del Dna” viene aperto fin dall’inizio appena finisce il processo di fertilizzazione e da qui si comincia a guidare lo sviluppo del corpo umano embrionale, proprio sotto lo stimolo di queste proteine. Una preziosa scoperta che alla luce porta una “realtà” da sempre affermata dalla Chiesa e non solo, da chi ritiene che la vita umana abbia senso e valore in quanto esistente in sé e per sé, e che questo processo inizi appena scattata la fecondazione. Questa realtà oggi pare venire confermata anche dalla scienza, facendo risuonare come attualissime le parole della Evangelium vitae, riportate dai colleghi di Avvenire: «dal primo istante si trova fissato il programma di ciò che sarà questo vivente: una persona, questa persona individua con le sue note caratteristiche già ben determinate. Fin dalla fecondazione è iniziata l’avventura di una vita umana, di cui ciascuna delle grandi capacità richiede tempo, per impostarsi e per trovarsi pronta ad agire».

EMBRIONE È GIÀ PERSONA, LA SCIENZA CONFERMA: LA PROTEINA CHE DÀ IL “CALCIO D’INIZIO” - Si chiama Due ed è di fatto una famiglia di proteine che pare dia il “calcio d’inizio” allo sviluppo dell’embrione, codificando tutte le informazioni che già sono presenti come progetto di persona all’interno dell’embrione (per l’appunto detto “umano”). La scoperta mostrata da Nature Genetics ha del clamoroso e potrebbe ampliare ancora di più le discussioni sul quando comincia ad essere valutata vita umana la vita di ognuno di noi; «abbiamo fatto luce su ciò che attiva il programma genetico che ci fa diventare ciò che siamo» ha commentato uno dei due ricercatori del Politecnico di Losanna, Didier Trono. La scoperta, aggiunge lo scienziato, «può anche aiutarci a comprendere alcuni casi di infertilità e forse portare allo sviluppo di nuovi trattamenti per alcune distrofie muscolari».

Le proteine Dux vengono dimostrare essere decisive per lo sviluppo dell’embrione e dopo anni di esprimenti a partire dalla distrofia muscolare, ora si è arrivati a queste prime conclusioni: «nelle cellule si accumulava una proteina della famiglia Dux, chiamata Dux4, fino a quel momento nota per essere coinvolta nelle fasi iniziali dello sviluppo embrionale», spiega l’Ansa nell’articolo speciale sulla rivista Nature. A questa osservazione si è aggiunta quella che, ancora nelle cellule dei muscoli, «è attivo un intero gruppo di geni attivi a all’inizio dello sviluppo embrionale, quando subito dopo la fecondazione ovicita e spermatozoo si fondono formando la struttura chiamata zigote» conclude lo speciale.

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Senza la fede giudaico-cristiana la scienza moderna non esisterebbe

Posté par atempodiblog le 4 juin 2017

Senza la fede giudaico-cristiana la scienza moderna non esisterebbe
Nel momento in cui si afferma l’unicità di Dio la natura acquista una nuova fisionomia: l’inizio della conoscenza. Come salvarsi dai soliti e inflazionati pregiudizi anti religiosi
di Luca Del Pozzo – Il Foglio

Senza la fede giudaico-cristiana la scienza moderna non esisterebbe dans Articoli di Giornali e News Senza_la_fede_giudaico-cristiana_la_scienza_mode

Sulla questione del rapporto tra religione e scienza, che anche di recente ha visto un intervento sul Corriere della Sera del fisico Carlo Rovelli, sarebbe quanto mai opportuno sgomberare il campo da alcuni pregiudizi che non aiutano a inquadrare il dibattito nella giusta prospettiva. Primo fra tutti, ciò da cui discende tutto il resto, quello secondo cui le religioni, in particolare quella cattolica, sarebbero (sono?) un ostacolo allo sviluppo della scienza. L’errore di fondo di questa visione consiste nel misconoscere un fatto fondamentale: senza la fede giudaico-cristiana la scienza moderna non sarebbe mai sorta. Partiamo da un presupposto elementare: la scienza, intesa nel senso di conoscenza (della natura, del mondo ecc.), si fonda su un principio molto semplice: si può conoscere solo ciò di cui non si ha paura. Nell’antichità ciò che rendeva impenetrabile la natura era la presenza del sacro. Le divinità naturali e cosmiche delle religioni politeiste generavano paura e timore nell’uomo, che era quindi costretto ad offrire sacrifici, a volte anche umani, per godere del favore degli dèi. Questa visione del rapporto uomo-divinità è stata superata grazie all’affermazione del monoteismo giudaico, poi ripreso dal cristianesimo, nella misura in cui esso rappresenta una sorta di desacralizzazione della natura. Nel momento in cui si afferma l’unicità di Dio, tutte quelle divinità che prima incutevano timore all’uomo ostacolandone la curiosità sono ridotte al rango di semplici creature, e la natura acquista una nuova fisionomia. Questo processo è chiaro fin dal primo capitolo del Genesi, soprattutto se lo si confronta con i racconti di creazione babilonesi, a cui si ispirarono gli scrittori biblici. Laddove per i babilonesi il Sole, la Luna e gli astri erano divinità, in Genesi 1 sono realtà create dall’unico Dio: importanti quanto si vuole per la vita dell’uomo, ma che sono e restano creature senza alcuna connotazione sacra. E questo passaggio, cioè il venir meno della paura nei confronti di forze oscure e divinità minacciose, ha coinciso con l’inizio della conoscenza. A ciò si aggiunga che nel corso dei secoli il giudaismo entrò in contatto con il mondo ellenico, più portato alla speculazione e alla ricerca, e da questo connubio nacquero le premesse teoriche che stanno alla radice della scienza moderna (oltreché dell’intera civiltà europea).

C’è poi un secondo pregiudizio, non meno tenace e altrettanto infondato del primo, che riguarda invece la natura dei testi biblici, a partire proprio da Genesi 1. Da diversi decenni gli studi biblici hanno chiarito che il racconto mitologico (nel senso di “mito” come genere letterario, non di favoletta per bambini) di Genesi 1 risponde al “perché” della vita e dell’universo, e non del “come” ciò sia avvenuto. La fede ebraica, da cui quel testo è scaturito, dice semplicemente che all’origine del creato c’è Dio in quanto causa prima. Di più non afferma, e sbaglierebbe chi volesse attribuire alla Bibbia significati che esulano dalla sua genesi e dalla sua finalità. Tra l’altro, anche l’affermazione secondo cui la creazione sarebbe avvenuta in sei giorni andrebbe come minimo contestualizzata alla luce dei più recenti studi biblici – da cui emerge un quadro ben diverso da quello che comunemente si pensa – anziché presa alla lettera come usano fare fondamentalisti di ogni schieramento. E’ ormai appurato che quel testo, risalente al periodo dell’esilio babilonese, fu scritto dalla classe sacerdotale. Più interessante è rispondere alla domanda sul perché i sacerdoti adottarono proprio lo schema sei più uno, che in gergo tecnico si chiama “settenario”. Nel racconto c’è un centro focale, un punto dove tutto converge: è il settimo giorno, quando Dio “si riposò”. Ma nel calendario ebraico il settimo giorno coincide con lo Shabbat (che significa riposo), cioè il giorno in cui i sacerdoti si recavano al Tempio per officiare il culto. Dunque il settimo giorno era il giorno per eccellenza della classe sacerdotale, che quindi poteva riacquistare agli occhi del popolo quell’autorità che era venuta meno con la disfatta dell’esilio. Non bisogna dimenticare infatti che i primi “colpevoli” dell’esilio babilonese furono ritenuti proprio i sacerdoti, a causa dei loro peccati contro Dio e contro il popolo denunciati dai profeti. Al racconto di Genesi 1 soggiace insomma un’esigenza apologetica della classe sacerdotale per riacquistare credibilità e autorevolezza. Questa la genesi storico-letteraria del testo “incriminato”, che ovviamente nulla toglie all’interpretazione teologica, di cui è legittimo e unico depositario il magistero della chiesa.

Per concludere. Quando si discute su questa come su altre questioni che hanno a che fare con i testi biblici, bisognerebbe tenere presente che religione e scienza hanno statuti differenti che vanno rispettati. La religione dà una risposta alle domande ultime, al “perché” delle cose (e nel caso specifico di quella cattolica essa si fonda sulla Rivelazione di Dio – ciò che la distingue da tutto il resto e la connota più come fede che come religione – non è per nulla un fatto soggettivo né tantomeno intimistico-psicologico come vorrebbe la vulgata laicista e certa teologia catto-protestante); la scienza, invece, cerca di scoprire “come” avvengono i fenomeni. Tra le due prospettive non c’è opposizione, ma distinzione senza che ciò precluda la possibilità di essere allo stesso tempo scienziati e credenti. E forse non è un caso se tutti i più grandi scienziati della storia erano credenti e la maggior parte di essi cattolici. E’ tipico di una certa visione positivistica, purtroppo ancora oggi imperante, rappresentare la scienza come la luce contrapposta alle tenebre della fede.

Un pregiudizio bello e buono, propinato ad arte e consolidatosi nel corso dei secoli fino a diventare luogo comune. E come tutti i luoghi comuni, anche questo sul rapporto tra fede e scienza fatica a morire.

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Papa Francesco: sa congedarsi il pastore che non si crede il centro della storia

Posté par atempodiblog le 2 juin 2017

Don Giustino [Russolillo] riteneva necessari per i Vocazionisti tre oggetti, l’orologio per la santificazione del tempo, la penna per scrivere le divine ispirazioni del momento, e la valigia per ricordarci che dobbiamo sempre essere pronti a partire dove l’obbedienza ci chiama.

Tratto da: Libro dell’anima (parte I). Ed. Vocazioniste

Papa Francesco: sa congedarsi il pastore che non si crede il centro della storia dans Commenti al Vangelo Papa-Francesco-e-Ges

Papa Francesco: sa congedarsi il pastore che non si crede il centro della storia
Il vero pastore sa congedarsi bene dalla sua Chiesa, perché sa di non essere il centro della storia, ma un uomo libero, che ha servito senza compromessi e senza appropriarsi del gregge: è quanto ha detto il Papa nella Messa del mattino a Casa Santa Marta.
di Sergio Centofanti – Radio Vaticana

Un pastore deve essere pronto a congedarsi bene, non a metà
Al centro dell’omelia è la prima Lettura tratta dagli atti degli Apostoli, che si può intitolare – sottolinea Francesco – “Il congedo di un vescovo”. Paolo si congeda dalla Chiesa di Efeso, che lui aveva fondato. “Adesso deve andarsene”:

“Tutti i pastori dobbiamo congedarci. Arriva un momento dove il Signore ci dice: vai da un’altra parte, vai di là, va di qua, vieni da me. E uno dei passi che deve fare un pastore è anche prepararsi per congedarsi bene, non congedarsi a metà. Il pastore che non impara a congedarsi è perché ha qualche legame non buono col gregge, un legame che non è purificato per la Croce di Gesù”.

Pastori senza compromessi
Paolo, dunque, chiama tutti i presbiteri di Efeso e in una sorta di “consiglio presbiteriale” si congeda. Il Papa sottolinea “tre atteggiamenti” dell’apostolo. Innanzitutto afferma di non essersi mai tirato indietro: “Non è un atto di vanità”, “perché lui dice che è il peggiore dei peccatori, lo sa e lo dice”, ma semplicemente “racconta la storia”. E “una delle cose che darà tanta pace al pastore quando si congeda – spiega il Papa – è ricordarsi che mai è stato un pastore di compromessi”, sa “che non ha guidato la Chiesa con i compromessi. Non si è tirato indietro”. “E ci vuole coraggio per questo”.

Pastori che non si appropriano del gregge
Secondo punto. Paolo dice che si reca a Gerusalemme “costretto dallo Spirito”, senza sapere ciò che là gli accadrà”. Obbedisce allo Spirito. “Il pastore sa che è in cammino”:

“Mentre guidava la Chiesa era con l’atteggiamento di non fare compromessi; adesso lo Spirito gli chiede di mettersi in cammino, senza sapere cosa accadrà. E continua perché lui non ha cosa propria, non ha fatto del suo gregge un’appropriazione indebita. Ha servito.

‘Adesso Dio vuole che io me ne vada? Me ne vado senza sapere cosa mi accadrà. So soltanto – lo Spirito gli aveva fatto sapere quello – che lo Spirito santo di città in città mi attesta che mi attendono catene e tribolazioni’. Quello lo sapeva. Non vado in pensione. Vado altrove a servire altre Chiese. Sempre il cuore aperto alla voce di Dio: lascio questo, vedrò cosa il Signore mi chiede. E quel pastore senza compromessi è adesso un pastore in cammino”.

Pastori che non si ritengono il centro della storia
Il Papa spiega perché non si è appropriato del gregge. Terzo punto. Paolo dice: “Non ritengo in nessun modo preziosa la mia vita”: non è “il centro della storia, della storia grande o della storia piccola”, non è il centro, è “un servitore”. Francesco cita un detto popolare: “Come si vive, si muore; come si vive, ci si congeda”. E Paolo si congeda con una “libertà senza compromessi” e in cammino. “Così si congeda un pastore”:

“Con questo esempio tanto bello preghiamo per i pastori, per i nostri pastori, per i parroci, per i vescovi, per il Papa, perché la loro vita sia una vita senza compromessi, una vita in cammino, e una vita dove loro non si credano che sono al centro della storia e così imparino a congedarsi. Preghiamo per i nostri pastori”.

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Festa della Repubblica italiana

Posté par atempodiblog le 2 juin 2017

Festa della Repubblica italiana dans Citazioni, frasi e pensieri Festa-della-Repubblica

Don Giustino M. Russolillo [...] amava l’Italia, eccome! E quanto! Ricordano ancora l’ardore con cui declamò a 5 anni una poesia insegnatagli dalla zia Giovannina che terminava:

“Non sono francese, non sono inglese, l’Italia bella è il mio paese”.

Tratto da: Pianura. Angolo dei Campi Flegrei

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