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Critiche al Papa, se s’indigna il popolo

Posté par atempodiblog le 12 avril 2017

Critiche al Papa, se s’indigna il popolo
Il popolo di Dio, a messa in parrocchia, ha tutto il diritto di indignarsi e di gridare un liberante “Basta!” se il prete usa il pulpito per sparlare del Papa
di Andrea Tornielli – Sacri Palazzi

Critiche al Papa, se s'indigna il popolo dans Andrea Tornielli Papa_Francesco

L’episodio in sé non va certo enfatizzato. Domenica scorsa, nel giorno della celebrazione delle Palme, un viceparroco di origini indiane in una parrocchia di Montesilvano, in provincia di Pescara, ha criticato dal pulpito Papa Francesco. Non era la prima volta che accadeva. Don Edward Pushparaj, invece di commentare il Vangelo della Passione, si è prima lamentato del fatto che il Pontefice fin dal suo primo Giovedì Santo abbia incluso una donna e una donna musulmana (in un carcere minorile) tra le persone alle quali ha lavato i piedi, facendo memoria del gesto compiuto da Gesù. Com’è noto, con un apposito decreto della Congregazione del Culto divino la possibilità (non certo l’obbligo) di includere delle donne è stata ufficializzata dalla Santa Sede.

Il sacerdote non si è limitato a questo ma ha aggiunto che “in questi quattro anni Francesco ha fatto solo del male alla Chiesa”. Ora, nel web di preti che criticano il Papa – l’attuale e i predecessori – se ne trovavano e se ne trovano anche diversi. Don Edward però lo ha fatto dal pulpito, durante l’omelia della messa delle Palme in parrocchia.

La notizia – ed è il motivo per cui vi dedico queste righe – è però un’altra. La gente, i fedeli presenti a messa non hanno sopportato in silenzio come accade spesso durante le celebrazioni. Non ce l’hanno fatta a sopportare e hanno cominciato a contestare il prete contestatore chiedendogli di smettere. Alcuni si sono alzati e sono usciti dalla Chiesa.

Certo, non è mai bello che una celebrazione liturgica venga interrotta. Ma il troppo è troppo. E anche il “santo popolo fedele di Dio”, come lo chiama Papa Francesco, ha diritto di indignarsi un po’ e di chiedere al prete di non scandalizzare i semplici fedeli usando l’omelia per attaccare il Pontefice. E’ una piccola notizia che dà speranza. Sì, perché di fronte a certe elucubrazioni, a certe campagne mediatiche, ai complottismi senza ritorno ormai di stampo blasfemo messi nero su bianco da chi faceva l’iper-papista fino a quattro anni fa; di fronte all’insistenza con cui si cerca di confondere la gente per poi dire – dopo aver seminato confusione – che le persone sono confuse, l’unica vera risposta è una reazione pacata ma ferma. Una reazione sdrammatizzante dal basso. Servono a poco o a nulla le controdeduzioni sul web o sui social, il batti e ribatti nei circoli autoreferenziali di chi vive occupandosi esclusivamente di quale cartuccia mediatica sparare contro il Papa. Nel caso di don Edward non si è trattato di tifoserie manipolate o “gestite” da qualcuno, non erano truppe cammellate venute lì per contestare un povero prete “resistente”.

No, era gente comune, che andando a messa la Domenica delle Palme non ha tollerato di sentire un prete che dal pulpito attaccava il Papa. L’arcivescovo di Pescara, Tommaso Valentinetti, ha invitato il sacerdote a prendersi qualche giorno di riposo lontano dalla parrocchia. E pare gli abbia espresso un pensiero riassumibile in questo modo: io sono nato quando il Papa era Pio XII. A me hanno insegnato a voler bene al Papa e ho voluto bene a Pio XII, a Giovanni XXIII, a Paolo VI, a Giovanni Paolo I, a Giovanni Paolo II, a Benedetto XVI e ora a Francesco.

Un prete ha tutto il diritto di avere delle obiezioni su questa o quella decisione dell’attuale Vescovo di Roma come dei suoi predecessori. Ha diritto di esprimerle, di scriverle, etc. Ma il popolo di Dio, a messa in parrocchia, ha tutto il diritto di indignarsi e di gridare un liberante “Basta!” se il prete usa il pulpito per sparlare del Papa. Un liberante “Basta!” dei semplici fedeli ci salverà.

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«I 90 anni di Ratzinger lontano dal mondo, ma non si è mai pentito». Intervista a Georg Gänswein

Posté par atempodiblog le 12 avril 2017

«I 90 anni di Ratzinger lontano dal mondo, ma non si è mai pentito». Intervista a Georg Gänswein
Il segretario alla vigilia del compleanno: “Ha voluto una festa alla bavarese”

di Paolo Rodari – La Repubblica
Tratto da: Cinquantamila

«I 90 anni di Ratzinger lontano dal mondo, ma non si è mai pentito». Intervista a Georg Gänswein dans Articoli di Giornali e News Georg_G_nswein

Novant’anni domenica prossima, il giorno di Pasqua, Joseph Ratzinger vive «serenamente» e «con lucidità» l’ultima tappa della sua vita.
Legge «i padri della Chiesa» coi quali si è formato da giovane, convinto di «aver fatto la cosa giusta» quell’11 febbraio del 2013, quando rinunciò. Non ricevette «alcuna pressione», allora, e oggi vive sereno «senza farsi provocare» da coloro che continuamente lo contrappongono a Francesco, il successore che per lui rappresenta una «ventata di aria fresca» nella Chiesa.
A Repubblica è monsignor Georg Gänswein a raccontare la vita di Benedetto XVI, nel ritiro del Mater Ecclesiae.

Come si avvicina Benedetto XVI al suo compleanno?
«È sereno, tranquillo e di buon umore. Vorrebbe fare solo una piccola cosa adatta alle sue forze. Verrà per qualche giorno anche il suo fratello Georg. Ed è questo per lui il dono più grande. A Pasquetta, un giorno dopo il compleanno, ci sarà un modesto festeggiamento alla “bavarese”, con una piccola delegazione dalla Baviera, fra di loro anche gli Schützen».

Fisicamente come sta?
«È un uomo di novant’anni, lucidissimo, ma le forze fisiche diminuiscono. Le gambe sono affaticate. Perciò, per essere più sicuro, si appoggia su un girello che gli garantisce autonomia e sicurezza nel movimento».

Suona ancora il piano?
«Di meno rispetto a un anno fa. Dice che le mani non obbediscono più come una volta o almeno non come dovrebbero obbedire per suonare bene».

Guarda la tv?
«Solo il telegiornale alle 20 o alle 20.30. Riceve L’Osservatore Romano e l’Avvenire e due giornali tedeschi. Tutti i giorni c’è inoltre la rassegna stampa che gli passa la Segreteria di Stato».

A quali letture si dedica?
«Soprattutto ai suoi grandi maestri, i padri della Chiesa che tanto l’avevano accompagnato negli anni in cui insegnava teologia, ma ama anche restare aggiornato sulle recenti pubblicazioni teologiche, le voci più importanti almeno».

Ha scritto un testamento?
«Il suo testamento spirituale è il libro su Gesù di Nazareth. Ovviamente ha fatto anche un suo testamento personale».

Parla mai dell’aldilà?
«Nel suo ultimo saluto a Castel Gandolfo, la sera del 28 febbraio 2013, accennò al fatto che lì iniziava per lui l’ultima tappa del suo pellegrinaggio terreno. Ogni giorno questa cosa è vera per lui. Ciò che si aspetta nell’aldilà l’ha ripetuto diverse volte quando ha “dialogato” con dei bambini sulla vita eterna».

In questi anni è mai ritornato sulla rinuncia?
«Non si è mai pentito. È convinto di avere fatto la cosa giusta, per amore del Signore e per il bene della Chiesa. Nella sua anima c’è una pace toccante, che fa capire che nella coscienza c’è la certezza di aver fatto bene davanti a Dio. La presenza della pace dentro di lui è un dono bellissimo conseguente alla decisione».

Ha avuto pressioni per dimettersi?
«No, per niente! L’ha detto lui stesso nel libro “Ultime conversazioni” di Peter Seewald; non ha avuto pressioni da nessun parte. Se ci fossero state, lui non avrebbe ceduto. Era divenuto consapevole di non avere più le forze necessarie per guidare la barca di Pietro che aveva necessità di un timone forte. Ha capito di dover ridare nelle mani del Signore ciò che aveva ricevuto da Lui».

Al Conclave si arrivò dopo i mesi burrascosi di Vatileaks. Ritiene che senza Vatileaks sarebbe mai stato eletto Bergoglio?
«Non credo che la faccenda “Vatileaks” abbia avuto un tale influsso sul Conclave. Benedetto ha seguito il Conclave alla televisione. Nel già citato libro di Seewald, un anno dopo le elezioni, disse che Papa Francesco era una bella boccata d’aria fresca; altri commenti non ha fatto».

Non mancano coloro che contrappongono il magistero di Benedetto a quello di Francesco. Lui è a conoscenza di questa operazione?
«Leggendo i giornali e vedendo le notizie non è possibile che Benedetto non si accorga che ogni tanto si fanno queste contrapposizioni. Ma non si lascia provocare da articoli o affermazioni del genere. Ha deciso di tacere e rimanere fedele a questa decisione. Non ha nessuna intenzione di entrare in diatribe che sente lontane da sé».

Si è mai pentito di essere rimasto vestito di bianco?
«È una questione che per lui non si poneva e non si pone. È stata una cosa naturale. Non vede problemi. Ha tolto il mantelletto e anche la fascia. Per lui è semplicemente una veste come un’altra».

Grande discussione nella Chiesa ha provocato “Amoris laetitia”. In particolare, per alcuni il testo avrebbe provocato confusione a livello pastorale. Benedetto XVI cosa pensa?
«Ha ricevuto una copia dell’Amoris laetitia personalmente da Francesco, in bianco e con autografo. L’ha letta accuratamente. Ma lui non commenta in nessun modo il contenuto. Certamente sta prendendo atto della discussione e delle diverse forme in cui è stato recepito».

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