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Funerali Emanuele Morganti, Mons. Loppa: “imparare a essere custodi della vita”, per non diventare “analfabeti del cuore”

Posté par atempodiblog le 1 avril 2017

Funerali Emanuele Morganti, Mons. Loppa (vescovo Anagni-Alatri): “imparare a essere custodi della vita”, per non diventare “analfabeti del cuore”
di Agenzia SIR

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“Non bisogna vergognarsi di piangere davanti alla tomba di un amico, come ha fatto Gesù per Lazzaro”. È l’invito che ha rivolto oggi pomeriggio mons. Lorenzo Loppa, vescovo di Anagni-Alatri, ai partecipanti, nella chiesa di Tecchiena, frazione di Alatri, in provincia di Frosinone, ai funerali di Emanuele Morganti, ucciso ad Alatri fuori a una discoteca. “La violenza – ha sottolineato il presule – può scatenarsi anche per futili motivi. Quando Gesù dice che anche dare agli altri dello stupido o del pazzo con rabbia significa ‘uccidere gli altri’, ci vuole mettere in guardia da sentimenti di inimicizia e ostilità assecondati nel tempo. Abbiamo smarrito uno sguardo alla vita che abbia come punto di riferimento il bene comune e la dignità umana. La nostra è una crisi di civiltà, morale, spirituale: abbiamo un elevato tasso di litigiosità e un rapporto con i poveri non dettato dalla misericordia, ma dal fastidio”. In questo esplodere della violenza, ha aggiunto mons. Loppa, entra in gioco anche “una latitanza nell’educare di istituzioni statali, famiglia, scuola, mezzi di comunicazione sociale, Chiesa. Potremmo fare molto di più. Chiediamoci cosa stiamo facendo per i ragazzi che crescono, come accompagniamo gli adolescenti negli snodi fondamentali della vita”.

Malgrado le difficoltà e i dolori, la speranza non si spegne: “Da cristiani, sappiamo che la forza straordinaria della Pasqua è all’opera per trasformare il mondo. Basta guardare la propria vita con una maggiore generosità, una maggiore responsabilità e una maggiore passione per la felicità condivisa, scegliendo lo stile di Gesù, che è quello della non violenza, che si impara in famiglia. È lì che si impara ad essere servitori e custodi della vita oppure analfabeti del cuore”. Il vescovo ha suggerito “tolleranza zero” verso l’aggressività in tutti gli ambiti. “Noi crediamo che Emanuele viva in Gesù ora, ma anche che il mondo possa essere migliore, non rispondendo alla violenza con la violenza. Il nemico della morte non è la vita, ma l’amore: e l’amore di Dio è più forte di tutto”, ha concluso mons. Loppa.

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Card. Bagnasco: “Richiamare l’Europa alle sue radici cristiane è santa dissidenza”

Posté par atempodiblog le 1 avril 2017

Card. Bagnasco: “Richiamare l’Europa alle sue radici cristiane è santa dissidenza”
Il porporato sottolinea che i giovani possono denunciare che l’Europa è come “il Re nudo” e ricominciare a costruire il suo “abito vero” che “tutti amiamo”
di Salvatore Cernuzio – Zenit

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“I giovani possono dare dissidenza. Una dissidenza positiva e santa, non certo di altro tipo. E cioè un andare controcorrente e poter dire con amore, passione ed entusiasmo, ‘Il Re è nudo’, vale a dire che l’Europa così rischia di essere nuda, di non avere più niente della sua ricchezza, della sua bellezza. Allora andare controcorrente vuol dire ricominciare a costruire l’abito vero dell’Europa che tutti amiamo”. Lo afferma il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana e del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa, in un’intervista al Sir a conclusione dell’incontro promosso dal Ccee a Barcellona.

Secondo il porporato l’Europa è in crisi perché “ha negato se stessa e le sue origini e creduto di potersi rifare, ripensare e ridefinire a prescindere dalle proprie origini. Ma questo è impossibile. Da tutti i punti di vista. Se l’Europa continuerà a tagliare con le proprie origini, diventerà qualcos’altro ma non sarà migliore”.

Ecco allora – prosegue – che “la Chiesa vuole essere una presenza di riferimento, una maternità su cui contare anche se a volte questa maternità non sempre i giovani l’avvertono, purtroppo. Ma nella Chiesa ci deve essere e c’è”.

Una Chiesa che non può rinunciare alla presenza dei giovani, altrimenti sarebbe come “una famiglia senza figli”. Del resto – aggiunge – “la giovinezza in sé è la stagione che esprime, meglio di qualunque altra stagione della vita, il futuro, la speranza, l’immaginazione e il desiderio di partecipare e di esserci. E questo è un patrimonio che deve essere valorizzato, promosso, custodito e rilanciato. Questo vale per la Chiesa e per l’Europa”.

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La carezza della bimba che non vede

Posté par atempodiblog le 1 avril 2017

La carezza della bimba che non vede
C’erano cinquanta bimbi che non vedono dalla nascita, o divenuti ciechi per malattie gravissime, ad accogliere Francesco ieri pomeriggio. È Sophie, nove anni, ad alzarsi in piedi per conoscere al tatto il volto del Papa.
di Gian Guido Vecchi – Corriere della Sera

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«Ti voglio bene». La bambina si alza sulle punte e tende le braccia fino a sfiorare il viso di Francesco, ne percorre attenta i tratti con i polpastrelli, il capo chino, mentre il Papa la guarda come fosse lui a ricevere la benedizione, «ti voglio bene anch’io». La visita a sorpresa al centro per ciechi e ipovedenti «Sant’AlessioMargherita di Savoia» di Roma è l’immagine della misericordia che Bergoglio ha messo al centro del suo pontificato.

C’erano cinquanta bimbi che non vedono dalla nascita, o divenuti ciechi per malattie gravissime, ad accogliere Francesco ieri pomeriggio. Li hanno chiamati «Venerdì della misericordia», le visite agli esclusi che il Papa ha deciso di proseguire oltre il Giubileo. La misericordia come «realtà concreta» nella quale «Dio rivela il suo amore come un padre o una madre che si commuovono fin dal profondo delle viscere per il proprio figlio», spiegava: il verbo che nel greco dei Vangeli dice la compassione di Gesù, splanchnízomai, viene da splánchna, l’utero materno. E Francesco, accompagnato dall’arcivescovo Rino Fisichella, si avvicina ai bambini, li abbraccia e li carezza e li bacia sulla fronte, uno ad uno. È Sophie, nove anni, ad alzarsi in piedi per conoscere al tatto il volto del Papa. «L’amore condiviso, le parole», scriveva in «Elogio dell’ombra» un grande poeta cieco amico di Bergoglio, Jorge Luis Borges. Le mamme non trattengono le lacrime, Francesco ha gli occhi lucidi, «io prego per voi e voi pregate per me». Al piano di sopra ci sono 37
anziani, nella cappella ancora tanti ragazzini spesso affetti da disabilità plurime. Nessun discorso. «Francesco “tocca” la vita di persone delle quali la nostra società, oggi, neppure conosce l’esistenza», mormora monsignor Fisichella.

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