• Accueil
  • > Archives pour le Mardi 31 janvier 2017

Perché volere che un bambino handicappato viva?

Posté par atempodiblog le 31 janvier 2017

Perché volere che un bambino handicappato viva?
Fonte: Amici di Lazzaro
Tratto da: Una casa sulla Roccia

Perché volere che un bambino handicappato viva? dans Articoli di Giornali e News Bambini_con_disabilit

Avra’ una vita felice o infelice? Questo non dipende dalla gravità del suo handicap. Non dipende neppure dal numero di cellule del suo cervello. Dipende da chi la circonda, perché l’essenziale per essere felice – per lui, come per ciascuno di noi – è amare ed essere amato.
Il bambino non conosce tutto il dramma vissuto attorno a lui, ma lo percepisce con tutte le fibre del suo essere. Attraverso la tonalità della voce, la dolcezza o l’indifferenza dei gesti, la tranquillità o l’angoscia con cui gli si sta accanto. Egli capisce di essere accolto o rifiutato.
Anche l’handicappato più grave, se lo crediamo, è una persona. Quanti genitori – come il filosofo Emmanuel Mounier di fronte alla sua piccola Francesca, la cui intelligenza sembrava completamente spenta – hanno percepito una presenza che li chiama ad un amore, ad una speranza, ad una tenerezza più grandi.
Ma abbandonati alla loro solitudine, molti genitori sono quasi incapaci di questo amore incondizionato. Hanno bisogno di essere circondati da una rete di amici. E ciascuno di noi può diventare uno di questi amici.

Testimonianza di Anna

Quando avevo 33 anni, misi al mondo la nostra terza creatura, una bambina che avevamo scelto di chiamare Maria. Un quarto d’ora dopo la sua nascita, il pediatra venne a comunicarmi che la bambina era affetta da trisomia 21, il nome scientifico del mongolismo. Niente aveva fatto presagire questo handicap: non rientrando nella fascia di età considerata «a rischio», non avevo ritenuto utile sottopormi alle analisi diagnostiche preventive. Ad ogni modo, mio marito ed io avevamo deciso che, anche se uno dei nostri figli fosse stato colpito da un handicap, avremmo rifiutato l’aborto. Dopo la notizia, mi ha sollevato per lo meno il pensiero che, non essendo stato rilevato nulla nella fase prenatale, avevo almeno potuto trascorrere una gravidanza serena.
Sul momento, per merito sicuramente di una grazia particolare, non ho sentito il mondo crollarmi addosso. Mi ero già occupata di bambini mongoloidi, sapevo che il loro handicap può anche essere lieve, che sono bambini particolarmente affettuosi e possono integrarsi molto bene in un ambiente normale. Mio marito, invece, ne fu sconvolto. Si sentiva incapace di accogliere Maria e preferiva che ce ne separassimo in modo legale al più presto… Entrambe le nostre famiglie condivisero subito la sua reazione. E anch’io fui presa dal panico: perché un figlio così? Perché a noi? Nella mia fascia di età, c’è una probabilità su 750 che un figlio nasca trisomico, ed era successo proprio a noi… Che fare? Come avrebbero reagito i nostri due figli più grandi? E la gente intorno a noi? Cosa ci riservava il futuro?

Se hai coraggio tu, l’avrò anch’io
Fortunatamente, mia madre mi indicò un’associazione cristiana che si occupa dei portatori di handicap. Telefonai subito, spiegando la situazione. Il giorno dopo una persona venne a trovarmi in clinica, e potei rivolgerle tutte le mie domande. Mi spiegò che, se anche lo sviluppo di questi bambini è più lento di quello dei bambini normali, essi possono comunque iniziare a camminare verso i due anni, tenersi puliti a due anni e mezzo e andare alla scuola materna con gli altri bambini. Sono molto socievoli, amano generalmente molto la musica – particolare molto importante in quanto mio marito è musicista – e, se anche la loro età mentale non supera gli otto anni, possono comunque seguire la scuola elementare con l’insegnante di sostegno o essere accolti in idonee strutture specializzate.

Questa persona tornò a trovarci ogni giorno. Dopo una settimana, dissi a mio marito che pensavo di avere la forza di tenere Maria. «Se tu hai questo coraggio», mi rispose, «l’avrò anch’io». Capiva che, se noi avessimo abbandonato Maria, non avrei mai più potuto essere felice come prima. Siamo dunque tornati a casa con Maria. Era una bambina molto tranquilla, che iniziò ben presto a dormire tutta la notte. Certo, le nostre famiglie furono molto sconcertate per la nostra decisione ma, fin dalla prima volta in cui andammo a trovarle, furono tutti conquistati dal simpatico visetto e dalla grazia di Maria.

Sostegni per il futuro
La nostra piccina adesso ha un anno e devo constatare che, per il momento, la vita non è più difficile di prima. Al contrario, siamo colpiti dall’attenzione e dalla delicatezza che i nostri parenti e amici hanno per lei: tutti ci chiedono sue notizie e si rallegrano per i suoi progressi.

Come vediamo l’avvenire? Senza troppa apprensione, perché ci sentiamo ben sostenuti sia a livello medico che personale. Attualmente vengono effettuate molte ricerche ed esperimenti per stimolare ed integrare i bambini trisomici: Maria beneficia, ad esempio, di sedute di fisioterapia a domicilio, che la aiutano ad irrobustire i muscoli.

Una fortuna per i nostri figli
E’ senz’altro un’esperienza paradossale scoprire che la felicità può nascere dalla prova vissuta con l’aiuto di Dio: perché noi siamo davvero felici! Maria ci porta il messaggio essenziale che, al di là di una completa riuscita intellettuale e sociale, ogni persona ha un valore in sé. I nostri figli più grandi saranno sensibilizzati da questo messaggio e questo sarà sicuramente un guadagno per il loro avvenire.

Publié dans Articoli di Giornali e News, Fede, morale e teologia, Riflessioni, Stile di vita | Pas de Commentaire »

Papa: “Se nelle nostre comunità ci fossero più poveri in spirito, ci sarebbero meno divisioni, contrasti e polemiche!”

Posté par atempodiblog le 31 janvier 2017

Papa: “Se nelle nostre comunità ci fossero più poveri in spirito, ci sarebbero meno divisioni, contrasti e polemiche!”
“La felicità dei poveri in spirito ha una duplice dimensione: nei confronti dei beni e nei confronti di Dio. Riguardo ai beni materiali questa povertà in spirito è sobrietà: non necessariamente rinuncia, ma capacità di gustare l’essenziale, di condivisione; capacità di rinnovare ogni giorno lo stupore per la bontà delle cose, senza appesantirsi nell’opacità della consumazione vorace: più ho più voglio”.
di AsiaNews

Papa: “Se nelle nostre comunità ci fossero più poveri in spirito, ci sarebbero meno divisioni, contrasti e polemiche!” dans Commenti al Vangelo Papa-Francesco
Immagine tratta da: Familia Cristiana

“Il povero in spirito è il cristiano che non fa affidamento su sé stesso, sulle sue ricchezze materiali, non si ostina sulle proprie opinioni, ma ascolta con rispetto e si rimette volentieri alle decisioni altrui”. Nella domenica nella quale il Vangelo propone il discorso delle Beatitudini, papa Francesco ha voluto sottolineare in particolare il senso della beatitudine dei poveri in spirito, commentando anche che “se nelle nostre comunità ci fossero più poveri in spirito, ci sarebbero meno divisioni, contrasti e polemiche!”.

Alle 30mila persone presenti in piazza san Pietro per la recita dell’Angelus, il Papa ha infatti ricordato che “la liturgia di questa domenica ci fa meditare sulle Beatitudini (cfr Mt 5,1-12a), che aprono il grande discorso detto ‘della montagna’, la ‘magna charta’ del Nuovo Testamento. Gesù manifesta la volontà di Dio di condurre gli uomini alla felicità. Questo messaggio era già presente nella predicazione dei profeti: Dio è vicino ai poveri e agli oppressi e li libera da quanti li maltrattano. Ma in questa sua predicazione Gesù segue una strada particolare: comincia con il termine «beati», cioè felici; prosegue con l’indicazione della condizione per essere tali; e conclude facendo una promessa. Il motivo della beatitudine, cioè della felicità, non sta nella condizione richiesta – per esempio «poveri in spirito», «afflitti», «affamati di giustizia», «perseguitati»… – ma nella successiva promessa, da accogliere con fede come dono di Dio. Si parte dalla condizione di disagio per aprirsi al dono di Dio e accedere al mondo nuovo, il «regno» annunciato da Gesù. Non è un meccanismo automatico questo, ma un cammino di vita al seguito del Signore, per cui la realtà di disagio e di afflizione viene vista in una prospettiva nuova e sperimentata secondo la conversione che si attua. Non si è beati se non si è convertiti, in grado di apprezzare e vivere i doni di Dio”.

“Mi soffermo sulla prima beatitudine: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli» (v. 4). Il povero in spirito è colui che ha assunto i sentimenti e l’atteggiamento di quei poveri che nella loro condizione non si ribellano, ma sanno essere umili, docili, disponibili alla grazia di Dio. La felicità dei poveri in spirito ha una duplice dimensione: nei confronti dei beni e nei confronti di Dio. Riguardo ai beni materiali questa povertà in spirito è sobrietà: non necessariamente rinuncia, ma capacità di gustare l’essenziale, di condivisione; capacità di rinnovare ogni giorno lo stupore per la bontà delle cose, senza appesantirsi nell’opacità della consumazione vorace: più ho più voglio. Questa è la consumazione vorace e questo uccide l’anima”. “Nei confronti di Dio è lode e riconoscimento che il mondo è benedizione e che alla sua origine sta l’amore creatore del Padre. Ma è anche apertura a Lui, è Lui il Signore, non io, è docilità alla sua signoria, che ha voluto il mondo per tutti gli uomini nella loro condizione di pochezza e di limite”.

“Il povero in spirito è il cristiano che non fa affidamento su sé stesso, sulle sue ricchezze materiali, non si ostina sulle proprie opinioni, ma ascolta con rispetto e si rimette volentieri alle decisioni altrui. Se nelle nostre comunità ci fossero più poveri in spirito, ci sarebbero meno divisioni, contrasti e polemiche! L’umiltà, come la carità, è una virtù essenziale per la convivenza nelle comunità cristiane. I poveri, in questo senso evangelico, appaiono come coloro che tengono desta la meta del Regno dei cieli, facendo intravedere che esso viene anticipato in germe nella comunità fraterna, che privilegia la condivisione al possesso. Questo vorrei sottolinearlo, privilegiare la comunione al possesso. La Vergine Maria, modello e primizia dei poveri in spirito perché totalmente docile alla volontà del Signore, ci aiuti ad abbandonarci a Dio, ricco di misericordia, affinché ci ricolmi dei suoi doni, specialmente dell’abbondanza del suo perdono”.

Anche quest’anno, dopo la recita della preghiera mariana, accanto a Francesco si sono affacciati due ragazzi dell’Azione cattolica delle parrocchie e delle scuole cattoliche di Roma. I ragazzi, a conclusione della ‘Carovana della Pace’, il cui slogan è Circondati di Pace, hanno letto un messaggio a favore della pace, dopo il quale dalla piazza sono stati lanciati dei palloncini colorati.

Il Papa ha infine ricordato che si celebra oggi la Giornata mondiale dei malati di lebbra. “Questa malattia, pur essendo in regresso, è ancora tra le più temute e colpisce i più poveri ed emarginati. È importante lottare contro questo morbo, ma anche contro le discriminazioni che esso genera. Incoraggio quanti sono impegnati nel soccorso e nel reinserimento sociale delle persone colpite dalla lebbra, per le quali assicuriamo la nostra preghiera”.

Publié dans Commenti al Vangelo, Fede, morale e teologia, Papa Francesco I, Riflessioni, Stile di vita | Pas de Commentaire »