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Papa Francesco: no a “religione del maquillage”, respingere apparenze

Posté par atempodiblog le 12 octobre 2016

Papa Francesco: no a “religione del maquillage”, respingere apparenze
Gesù ci chiede di fare il bene con umiltà, rifuggendo l’apparire, il “far finta” di fare qualcosa. E’ quanto affermato da Papa Francesco nella Messa mattutina a Casa Santa Marta, nella memoria di San Giovanni XXIII. Il Pontefice ha dunque messo in guardia da una “religione del maquillage” ribadendo che la via del Signore è la via dell’umiltà.
di Alessandro Gisotti – Radio Vaticana

Papa Francesco: no a “religione del maquillage”, respingere apparenze dans Commenti al Vangelo Papa_Francesco

La libertà cristiana viene da Gesù, “non dalle nostre opere”. Papa Francesco ha sviluppato la sua omelia muovendo dalla Lettera di San Paolo ai Galati per rivolgere poi l’attenzione al Vangelo odierno laddove Gesù rimprovera un fariseo tutto concentrato sulle apparenze e non sulla sostanza della fede.

Gesù ci chiede di accettare la giustizia che viene da Dio
A quel dottore della legge che aveva criticato Gesù perché non aveva fatto le abluzioni prima del pranzo, ha detto il Papa, il Signore risponde in modo netto:

“‘Voi farisei pulite l’esterno del bicchiere e del piatto ma il vostro interno è pieno di avidità e di cattiveria’. E questo Gesù lo ripete tante volte nel Vangelo a questa gente: ‘Il vostro interno è cattivo, non è giusto, non è libero. Siete schiavi perché non avete accettato la giustizia che viene da Dio, la giustizia che ci ha dato Gesù’”.

In un altro passo del Vangelo, ha proseguito il Papa, Gesù chiede di pregare senza farsi vedere, senza apparire. Alcuni, ha notato, avevano “le facce toste”, “non avevano vergogna”: pregavano e facevano l’elemosina per farsi ammirare. Il Signore, invece, indica la strada dell’umiltà.

No alla “religione del maquillage”, rifuggire dalle apparenze
“Quello che importa, dice Gesù – è la riflessione di Francesco – è la libertà che ci ha dato la redenzione, che ci ha dato l’amore, che ci ha dato la ricreazione del Padre”:

“Quella libertà interna, quella libertà che si fa il bene di nascosto, senza far suonare la tromba perché la strada della vera religione è la stessa strada di Gesù: l’umiltà, l’umiliazione. E Gesù, Paolo lo dice ai Filippesi, umiliò se stesso, svuotò se stesso. E’ l’unica strada per togliere da noi l’egoismo, la cupidigia, la superbia, la vanità, la mondanità.

Al contrario questa gente che Gesù rimprovera è gente che segue la religione del maquillage: l’apparenza, l’apparire, fare finta di sembrare ma dentro… Gesù usa per questa gente un’immagine molto forte: ‘Voi siete sepolcri imbiancati, belli al di fuori ma dentro pieni di ossa di morti e marciume’”.

Chiediamo al Signore di respingere la religione dell’apparire
“Gesù – ha ripreso – ci chiama, ci invita a fare il bene con umiltà”. “Tu – ha detto – puoi fare tutto il bene che tu vuoi ma se non lo fai umilmente, come ci insegna Gesù, questo bene non serve, perché un bene che nasce da te stesso, dalla tua sicurezza non dalla redenzione che Gesù ci ha dato”. La redenzione, ha soggiunto, “viene per la strada dell’umiltà e delle umiliazioni perché non si arriva mai all’umiltà senza le umiliazioni. E vediamo Gesù umiliato in croce”:

“Chiediamo al Signore di non stancarci di andare su questa strada, di non stancarci di respingere questa religione dell’apparire, del sembrare, del fare finta di… E andare silenziosamente facendo il bene, gratuitamente come noi gratuitamente abbiamo ricevuto la nostra libertà interiore. E che Lui custodisca questa libertà interiore di tutti noi. Chiediamo questa grazia”.

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La lezione di Montolivo: una carezza che spiazza gli sciacalli del web

Posté par atempodiblog le 12 octobre 2016

La lezione di Montolivo: una carezza che spiazza gli sciacalli del web
di Roberto De Ponti – Corriere della Sera

La lezione di Montolivo: una carezza che spiazza gli sciacalli del web dans Articoli di Giornali e News Montolivio

«Devi morire». Siamo così abituati al becero coro da stadio, quando il calciatore di turno rimane a terra, da non far più caso a quanto greve (oltre che grave) possa essere un invito a passare a miglior vita rivolto a un giocatore infortunato.

È la forza — si fa per dire — dell’anonimato da curva. Nascondendosi nel branco, è possibile vomitare insulti di ogni genere con la tranquillità vigliacca di rimanere impuniti. In piccolo, quello che capita nella Rete.

Accade che Riccardo Montolivo, calciatore del Milan inspiegabilmente assurto a causa di tutti i mali del calcio italiano, si frantumi un ginocchio giocando in Nazionale, ed è quello stesso Montolivo che nell’ultima amichevole prima del Mondiale 2014 si è fratturato una tibia, giusto per ricordare che il ragazzo non è particolarmente fortunato. Accade che mentre esce dal campo in barella, Montolivo venga «salutato» dai tifosi italiani con fischi («osceni», li definirà a fine partita il capitano azzurro Buffon).

Accade soprattutto che il calciatore, nel suo letto d’ospedale, venga bersagliato via Internet da insulti di ogni genere. E che risponda su Facebook in modo disarmante: «Grazie di cuore a tutte le persone che hanno speso un pensiero per me… tifosi, colleghi, addetti ai lavori. È stato bello, in un momento così faticoso, ricevere così tanti attestati di stima e affetto. E una carezza a tutti quelli che mi hanno augurato la rottura di tibia e perone, la rottura di tutti i legamenti e la morte… con l’augurio che la vita riesca a farvi crescere in educazione e rispetto dell’essere umano». Grande Montolivo. Più limpido di un passaggio filtrante, più essenziale di un gol all’incrocio.

Sappiatelo, fenomeni che nascosti nell’anonimato della Rete insultate, invitate alla morte, spingete al suicidio: una carezza vi seppellirà.

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Quelle bufale su Internet e la gente che ci crede

Posté par atempodiblog le 12 octobre 2016

Quelle bufale su Internet e la gente che ci crede
È ancora in circolazione la balla sull’inesistente senatore Cirenga e la nascita del fondo per i «parlamentari in crisi» alla ricerca di un lavoro
di Gian Antonio Stella – Corriere della Sera

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Ancora? Sono passati almeno quattro anni da quando venne bucata e sgonfiata sul web, speravamo per sempre, la gigantesca bolla di sapone dell’inesistente senatore Cirenga. Quattro anni. Eppure la notizia, assolutamente falsa, continua a girare. Anche in queste ore: «Ieri il Senato ha approvato con 257 voti favorevoli e 165 astenuti il disegno di legge del Senatore Cirenga che prevede la nascita del fondo per i “parlamentari in crisi” creato in vista dell’imminente fine legislatura. Questo fondo prevede lo stanziamento di 134 miliardi di euro da destinarsi a tutti i deputati che non troveranno lavoro nell’anno successivo alla fine del mandato. Questo quando in Italia i malati di Sla sono costretti a pagarsi da soli le cure. Rifletti e fai girare». Non bastasse, la balla è preceduta da due righe che invitano il popolino citrullo a ribellarsi ai perfidi organizzatori del complotto planetario che gli hanno finora tenuta nascosta la notizia: «Come mai il telegiornale non dice queste cose? Come mai il telegiornale parla della Belen? Come mai gli italiani non sanno queste cose?».

Bene: spiegava già nel 2012 il benemerito sito bufale.net: «Partiamo da un fatto rilevante: i votanti citati sono 422 (257+165), mentre il Senato è formato da 315 senatori (309 in Italia e 6 all’estero). Prima falsità». Seguiva la seconda, e cioè l’assurdità della cifra: 134 miliardi di euro equivalgono al costo di 268 anni nell’intero Senato. Quindi la terza: questo «senatore Cirenga», come dicevamo, non esiste e non è mai esistito. Macché, c’è ancora chi spaccia questa merce falsa e c’è chi ancora abbocca all’amo. E magari si lascia pure influenzare da queste chiacchiere da comari di ballatoio per decidere chi e come votare. Nessuno stupore.

In questi ultimi anni c’è chi si è bevuto di tutto. La foto taroccata di Maria Elena Boschi che giura al Quirinale con il tanga che spunta dai pantaloni. La ragazza americana con tre mammelle. I gatti bonsai allevati in bottiglia. Laura Boldrini con un passato da ragazza coccodè. La morte di Paul McCartney nel 1962 sostituito da un sosia. Fino alla resurrezione di Michael Jackson che ora, in incognito, farebbe il benzinaio in Canada.

Aveva proprio ragione Umberto Eco: «Ormai Internet è divenuto territorio anarchico dove si può dire di tutto senza poter essere smentiti. Però, se è difficile stabilire se una notizia su Internet sia vera, è più prudente supporre che sia falsa». Concluderebbe Renzo Arbore: «Meditate, gente. Meditate…».

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Paolo VI: «Monstra Te esse Matrem»

Posté par atempodiblog le 11 octobre 2016

PAOLO VI
UDIENZA GENERALE
Mercoledì, 11 ottobre 1967

Paolo VI: «Monstra Te esse Matrem» dans Fede, morale e teologia Divina_maternit

«Monstra Te esse Matrem»

Diletti Figli e Figlie!

La vostra vita coincide con la festa della Maternità di Maria Santissima, festa istituita dal Nostro Predecessore Papa Pio XI, nel 1931, per commemorare e per celebrare il XV centenario del Concilio Ecumenico di Efeso, nel quale fu riconosciuto e proclamato il titolo di Madre di Dio, Theotókos, alla Madonna; e coincide altresì con il quinto anniversario dalla apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II, inaugurato appunto in questo giorno da Papa Giovanni XXIII, di venerata memoria. L’una e l’altra ricorrenza invitano il nostro pensiero a venerare in modo particolare la Madonna e ad affidare alla sua materna tutela la santa Chiesa, che onorando in Maria la Madre di Cristo, esalta la sua divina Maternità, per il fatto che Cristo era non solo uomo, ma Dio, Figlio di Dio, e nello stesso tempo confessa una Maternità spirituale di Maria verso di noi, verso il Corpo Mistico di Cristo, che è la Chiesa.

Vi esortiamo perciò, Figli carissimi, a ricordare questi misteri della Madonna, a comprendere perché la dottrina e la pietà cattolica tributano a Lei un particolare culto, e ad avere per Lei una filiale e cordiale devozione. Bisogna che Maria Santissima abbia sempre un posto speciale nella nostra professione religiosa, quello che appunto Le compete nel disegno divino della nostra Redenzione, non certo in competizione con quello di Cristo, ma da quello di Cristo completamente dipendente e derivato e a quello di Cristo mirabilmente associato.

Questa verità ci autorizza, ben lo sappiamo, a ricorrere alla intercessione di Maria, come a quella d’una madre altrettanto buona che potente presso la sorgente d’ogni grazia, cioè presso Cristo Figlio suo e nostro Salvatore. La pregheremo perciò la Madonna per tutte le nostre necessità spirituali, e non escluse – come avvenne alle nozze di Cana – anche quelle nostre temporali, collegate con le prime.

L’udienza presente unirà alle vostre la Nostra orazione, affinché la Madonna Santissima vi ottenga dal Signore tutti i favori di cui avete desiderio e bisogno; per voi, proprio per ciascuno di voi, per i vostri cari, presenti e assenti, per le vostre famiglie, le vostre associazioni, le vostre parrocchie e diocesi e comunità, le vostre rispettive Nazioni. La Madonna, dal Cielo, cioè in Dio, può tutto e tutti vedere, e tutti proteggere e beneficare.

E voi, in questo incontro familiare, unite alla Nostra preghiera la vostra, per la santa Chiesa, a Noi affidata, che sopra ogni cosa Ci è nel cuore; per i Fratelli cristiani ancora da noi separati, per la pace nel mondo. Che Maria, vedendoci così uniti in questo prezioso istante spirituale, ci esaudisca: «Monstra Te esse Matrem», Le diciamo; ci si dimostri Madre; e tutti ci assista.

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«Asia Bibi sarà libera». Intervista al marito Ashiq Masih

Posté par atempodiblog le 11 octobre 2016

«Asia Bibi sarà libera». Intervista al marito Ashiq Masih
«Solo una donna coraggiosa e audace come lei poteva resistere così tanto senza perdere la fede. Il Signore non l’ha mai abbandonata».
di Leone Grotti – Tempi

«Asia Bibi sarà libera». Intervista al marito Ashiq Masih dans Articoli di Giornali e News Ashiq_Masih_ansa

Ashiq Masih (a destra nella foto dell’Ansa), marito di Asia Bibi, insieme a due delle figlie e al ministro cattolico Shahbaz Bhatti. Il politico, dopo aver preso le difese dei cristiani pakistani, è stato assassinato dagli estremisti islamici

La Corte suprema del Pakistan ha annunciato che nella seconda settimana di ottobre emetterà il verdetto definitivo sul processo per blasfemia di Asia Bibi. La madre cattolica di cinque figli è stata condannata all’impiccagione in primo e secondo grado per insulti (mai rivolti) al profeta Maometto. La sua unica colpa, in realtà, è quella di avere bevuto un bicchiere d’acqua e di non avere accettato la conversione all’islam. Per questo è rinchiusa in carcere da oltre sette anni, 2.662 giorni per la precisione. La Corte non ha voluto comunicare la data precisa del processo, segno che potrebbe essere rimandato ancora, ma il marito di Asia Bibi, Ashiq Masih, intervistato da Tempi, è convinto che sarà presto liberata.

Che ricordo ha del 14 giugno 2009, giorno in cui sua moglie è tornata a casa ferita e malmenata?
Quello è il giorno più doloroso della mia vita. Asia ha solo avuto un diverbio sulla religione con delle donne musulmane al lavoro. Ma l’hanno accusata di avere offeso il profeta Maometto, hanno montato ad arte un caso e i musulmani del nostro villaggio, insieme a quelli residenti nei villaggi vicini, l’hanno presa, picchiata in modo disumano, degradata e umiliata per strada.

Lei che cosa le ha raccontato a casa?
Niente, eravamo abituati a episodi del genere. Tutto il villaggio l’ha assalita, ma grazie a Dio un insegnante e la polizia hanno impedito il peggio.

Poi cosa è accaduto?
Per cinque giorni la nostra vita è proseguita come prima. Ma il 19 giugno l’hanno accusata falsamente di essere una blasfema e l’hanno arrestata. Da allora io e i nostri cinque figli viviamo costantemente nel terrore. Io ho perso mia moglie, i miei figli loro madre. Ci manca moltissimo.

Come ha spiegato ai suoi figli ciò che è successo?
Non ho avuto bisogno di spiegare niente, loro sono dei testimoni. Hanno assistito agli abusi con i loro occhi.

Com’è possibile che Asia Bibi sia in carcere da oltre sette anni solo per avere bevuto un bicchiere d’acqua?
È semplice, in Pakistan i cristiani vengono trattati come cittadini di serie B. Non abbiamo gli stessi diritti dei musulmani.

Gli avvocati insistono che non ci sono prove contro sua moglie, eppure è stata condannata nei primi due gradi di giudizio. Perché?
La legge sulla blasfemia viene usata dai musulmani come arma per vendicarsi e colpire i cristiani. Quando una persona viene accusata di blasfemia, nessuno si impegna per svolgere un’indagine seria. Il blasfemo va punito con la morte. E questo è tutto. Se Asia non è stata ancora liberata è solo perché gli estremisti fanno una pressione tremenda ai giudici, anche durante le udienze. Non è un caso se hanno messo una taglia sulla testa di mia moglie: chiunque la ucciderà, guadagnerà fino a 500 mila rupie.

Chi ha provato a difenderla, in effetti, è stato assassinato.
Non dimenticherò mai gli sforzi fatti da Shahbaz Bhatti e Salman Taseer per salvarla. Non trovo le parole per ringraziarli.

La Corte suprema ha annunciato che l’udienza finale del processo si terrà nella seconda settimana di ottobre.
Ma non hanno ancora comunicato la data precisa. Penso che si terrà il 10 ottobre, ma non ne abbiamo la certezza.

Pensa che il vostro calvario finirà?
Sì, Asia sarà liberata con la Grazia di Dio, perché il Signore non l’ha mai abbandonata.

Come sta sua moglie? Molti scrivono che la sua salute è peggiorata.
Grazie al cielo sta bene. Solo una donna coraggiosa e audace come lei poteva resistere così tanto in carcere, senza perdere la fede o la vita.

Il mondo è rimasto ammirato quando ha saputo che Asia si era rifiutata di barattare la sua fede con la libertà.
Ammiro la sua fede, che Dio ha rafforzato sostenendola in ogni momento.

Da quando Asia è stata incarcerata, anche la vita della vostra famiglia è cambiata. Come?
Viviamo costantemente nella paura di essere uccisi. Abbiamo dovuto cambiare casa molte volte e se ora siamo al sicuro è solo grazie all’impegno della Renaissance Education Foundation.

Negli ultimi mesi decine di migliaia di persone sono scese in piazza per chiedere che Asia venga impiccata.
Gli estremisti e le organizzazioni islamiche prendono i casi di blasfemia sul personale. È un problema di orgoglio. Per questo i processi sono così sensibili. Comunque vada a finire, fino a quando non ce ne andremo dal Pakistan non saremo mai al sicuro. Avremo sempre paura.

Ma se Asia verrà dichiarata innocente…
Tutto potrebbe succedere. Saremmo comunque in pericolo.

Non ha mai chiesto a Dio perché avete dovuto soffrire così tanto?
Chi ha fede non smette di credere in Dio quando viene trattato come noi siamo stati trattati. Io so che ci hanno perseguitato a causa del Suo nome.

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Papa ai Pallottini: siate gioia e speranza per i cuori induriti e desolati

Posté par atempodiblog le 11 octobre 2016

Papa Francesco: Vincenzo Pallotti “si considerava un prodigio della misericordia di Dio”
Papa ai Pallottini: siate gioia e speranza per i cuori induriti e desolati
“Vi incoraggio a proseguire con gioia e speranza”: così il Papa ai 65 delegati Pallottini arrivati da tutto il mondo per la 21.ma Assemblea generale della Società dell’Apostolato cattolico, fondata nel 1835 a Roma da San Vincenzo Pallotti, “faro illuminante ed ispiratore della Chiesa”, ha sottolineato Francesco, ricevendoli in Vaticano. I Pallottini, circa 2.300, sono presenti oggi in 300 comunità, sparse nei cinque continenti.
di Roberta Gisotti – Radio Vaticana

Papa ai Pallottini: siate gioia e speranza per i cuori induriti e desolati dans Fede, morale e teologia Pallottini

Cristo “divino Modello di tutto il genere umano”, ben comprese Vincenzo Pallotti – ha osservato il Papa – che “Gesù è l’Apostolo del Padre, grande nell’amore e ricco di misericordia”. “Questo mistero della paternità di Dio, che apre ad ogni uomo, mediante l’opera del Figlio, il suo cuore pieno di amore e di compassione”, acquista – ha sottolineato Francesco – “un particolare significato ai nostri tempi”:

“Davanti ai nostri occhi scorrono ogni giorno scene di violenza, volti senza pietà, cuori induriti e desolati. Abbiamo tanto bisogno di ricordarci di quel Padre, il cui cuore pensa a tutti e vuole la salvezza di ogni uomo”.

Da qui l’invito di Francesco a tutti i Pallottini:

“Vi incoraggio a proseguire con gioia e speranza il vostro cammino, impegnandovi con tutto il cuore e con tutte le forze, perché il carisma del vostro Fondatore porti frutti abbondanti anche nel nostro tempo”.

Vincenzo Pallotti, ha ricordato poi il Papa, “si considerava un prodigio della misericordia di Dio”:

“Egli amava ripetere che la chiamata all’apostolato non è riservata ad alcuni, ma è rivolta a tutti, ‘qualunque sia il loro stato, la loro condizione, la loro professione, la loro fortuna, tutti possono farvi parte’”.

L’Unione dell’Apostolato cattolico, che “offre tanti spazi e apre nuovi orizzonti” per partecipare alla missione della Chiesa, è dunque “chiamata a operare con rinnovato slancio per risvegliare la fede e riaccendere la carità »:

“…specialmente tra le fasce più deboli della popolazione, povere spiritualmente e materialmente”.

Infine, l’auspicio:

“Possiate aiutare quanti incontrate nel vostro ministero a riscoprire l’immenso amore di Dio nella nostra vita”.

L’Assemblea generale della Società dell’apostolato – ospitata nella Casa Divin Maestro di Ariccia, nei pressi di Roma, dal 19 settembre al 15 ottobre – ha riconfermato nell’incarico di rettore generale Don Jacob Nampudakam, 61 anni, di nazionalità indiana.

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ARTE/ Cristo trionfante o sofferente? La svolta di san Francesco

Posté par atempodiblog le 4 octobre 2016

ARTE/ Cristo trionfante o sofferente? La svolta di san Francesco
di Francesco Baccanelli – Il Sussidiario.net

ARTE/ Cristo trionfante o sofferente? La svolta di san Francesco dans Articoli di Giornali e News San_Francesco_d_Assisi

Cristo crocifisso; Cristo sofferente, spezzato, sprezzato; Cristo che per amore dell’uomo accetta una crudele agonia. È questo il riferimento principe di san Francesco d’Assisi; è questa la decisiva compagnia che abbraccia, nutre (come sale che insaporisce e nel contempo tiene viva la carne) il suo tanto breve quanto denso cammino.

Dall’appello accolto davanti al crocifisso di San Damiano (“va’, ripara la mia casa che, come vedi, è tutta in rovina”) fino all’esperienza dolorosa e sublime delle stigmate, il muoversi di Francesco non conosce altra via che la croce, con tutto ciò che una simile scelta può portare con sé. Non sbaglia Giotto nella Basilica Superiore di Assisi quando, nell’episodio del presepe di Greccio, pone la mangiatoia sotto una grande croce: con un’unica immagine riesce a richiamare non solo lo scopo dell’Incarnazione, ma anche la preferenza di Francesco per i momenti di maggiore debolezza del Dio fatto uomo: la primissima infanzia e l’agonia.

In contrapposizione alle idee docetiste dei catari, Francesco difende la componente umana di Cristo (dal grembo di Maria — afferma nella seconda recensione della Lettera ai fedeli — “ricevette la vera carne della nostra umanità e fragilità”). Il pensiero del Verbo che si è fatto carne, che ha svuotato se stesso (la kénosis) fino a morire uomo tra gli uomini, ultimo tra gli ultimi, deriso, odiato, condannato a una pena capitale infamante, è sempre presente nella sua testa e nei suoi discorsi; e, ovviamente, anche nel suo vivere, ché il limitarsi a descriverlo a parole — lo dichiara nelle Ammonizioni — sarebbe stato per lui una vergogna. Francesco alter Christus: la sua vita, giorno dopo giorno, stazione dopo stazione, dice questo; e a confermarlo arrivano anche le stigmate.

L’eredità che lascia ai suoi seguaci si riassume in un’ideale di vita semplice, povera, nuda, che accetta con umiltà e letizia tutto ciò che viene da Dio, finanche “infirmitate”, “tribulatione” e “sora nostra Morte corporale”, in piena conformità al Vangelo. La croce pregata, predicata e vissuta da Francesco resta un pilastro anche per loro, e ben presto si avverte il bisogno di tradurla in una forma artistica adeguata. Quasi tutti i crocifissi del tempo proponevano un Cristo trionfante, impassibile, spesso con gli occhi aperti, in qualche caso persino sorridente, quasi che non provasse dolore, e non davano un’idea piena della realtà del Golgota. Gli eredi di Francesco vogliono altro; vogliono una rappresentazione verace, un’immagine che porti la gente a meditare a fondo il sacrificio del Figlio di Dio; e così, cercando qualcosa di più vicino alla lezione del loro maestro, finiscono per aprire definitivamente la strada all’iconografia del Cristo sofferente, nota all’arte già da qualche secolo ma adottata solo di rado.

Uno dei primi crocifissi di commissione francescana, se non addirittura il primo in assoluto, l’archetipo, è quello dipinto da Giunta Pisano su richiesta di frate Elia, purtroppo perduto. Da una lettera inviata nel 1624 dal vescovo di Assisi a Federico Borromeo sappiamo che era firmato, datato (1236!), che riportava l’effigie del committente (insieme, verosimilmente, a quella di Francesco), e che fino al terzo decennio del ’600 trovava posto nella Basilica Superiore. Non doveva essere molto diverso dal crocifisso dello stesso Giunta Pisano che vediamo nel Museo della Porziuncola, da quello del Maestro di Santa Chiara nell’omonima chiesa assisana e da quello del Maestro di San Francesco nella Galleria Nazionale dell’Umbria: quindi, un Cristo nella sofferenza, con gli occhi chiusi, il volto affranto, il corpo piegato dal dolore.

Grazie alla predicazione e alle preferenze iconografiche degli eredi di Francesco, il Christus patiens guadagna sempre più terreno: diventa la norma.

Chi si aspetta che da quel momento i crocifissi francescani perdano ogni peculiarità rimarrà sorpreso nello scoprire l’inesattezza delle proprie previsioni. Essi, infatti, continuano (per secoli) a distinguersi dalle tipologie più diffuse in virtù di un evidente e convinto realismo. Attenzione: non si sta sostenendo che le immagini di Cristo in croce di una certa crudezza siano tutte, nessuna esclusa, debitrici di Francesco (la sofferenza del Golgota è centrale anche per altri protagonisti della storia della Chiesa, ed esistono casi nei quali il realismo è frutto soltanto della sensibilità dell’artista e/o del committente); si vuole semplicemente far notare come i crocifissi francescani nel descrivere l’agonia di Cristo si spingano sempre nel cuore della kénosis. Non è un caso che il più realistico dei suoi crocifissi Donatello lo realizzi per una (importante) chiesa francescana (si sta parlando, ovviamente, del famoso “crocifisso contadino” in Santa Croce a Firenze); e non è un caso neppure che tra gli autori dei crocifissi più aderenti al vero troviamo molti francescani (tra i più dotati, fra Umile da Petralia e fra Diego da Careri). La via aperta da Francesco accelera l’ascesa degli artisti al Golgota; seguire la lezione dell’alter Christus insegna a non temere la realtà della croce.

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