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Papa Francesco: “Dialogo significa ascoltare, non ‘abbaiare’ contro l’altro”

Posté par atempodiblog le 23 octobre 2016

Papa Francesco: “Dialogo significa ascoltare, non ‘abbaiare’ contro l’altro”
Nell’Udienza giubilare, Francesco incita i 100mila fedeli presenti al dialogo per “abbattere muri di divisioni e incomprensioni” e creare “ponti di comunicazione”, non rinchiudendosi “nel proprio piccolo mondo”
di Salvatore Cernuzio – Zenit

Papa Francesco: “Dialogo significa ascoltare, non ‘abbaiare’ contro l’altro” dans Commenti al Vangelo balaguer

“Ascoltare, spiegare, mitezza, non abbaiare l’altro, non urlare, cuore aperto”. È la ricetta che Papa Francesco offre ai 100mila fedeli presenti all’Udienza giubilare, per avviare un dialogo e un dialogo che vada a buon fine: in famiglia, nel quartiere, a scuola, sul posto di lavoro.

“C’è tanto bisogno di dialogo nelle nostre famiglie, e come si risolverebbero più facilmente le questioni se si imparasse ad ascoltarsi vicendevolmente!”, afferma il Papa.

“Il dialogo abbatte i muri delle divisioni e delle incomprensioni; crea ponti di comunicazione e non consente che alcuno si isoli, rinchiudendosi nel proprio piccolo mondo”.

Esso è “un aspetto molto importante della misericordia” nonché elemento essenziale per la vita di ciascuno perché “permette alle persone di conoscersi e di comprendere le esigenze gli uni degli altri”.

Anzitutto, spiega il Papa, il dialogo “è un segno di grande rispetto, perché pone le persone in atteggiamento di ascolto e nella condizione di recepire gli aspetti migliori dell’interlocutore”. Proprio come accadde con la samaritana e Gesù di cui parla il Vangelo di oggi.

In secondo luogo, “il dialogo è espressione di carità”, sottolinea il Santo Padre, “perché, pur non ignorando le differenze, può aiutare a ricercare e condividere il bene comune”.

Inoltre, “il dialogo ci invita a porci dinanzi all’altro vedendolo come un dono di Dio, che ci interpella e ci chiede di essere riconosciuto”.

Molte volte, infatti, “non incontriamo i fratelli, pur vivendo loro accanto, soprattutto quando facciamo prevalere la nostra posizione su quella dell’altro”.

“Quante volte, quante volte – esclama Bergoglio a braccio – stiamo ascoltando uno e lo fermiamo: ‘No, questo non è così!’. Lasciamo che lui finisca di spiegare quello che vuole dire. Questo impedisce il vero dialogo, questa è aggressione…”.

Non si può parlare di dialogo, dunque, quando non si ascolta abbastanza o quando si tende a interrompere l’altro “per dimostrare di avere ragione”. Il vero dialogo necessita invece di “momenti di silenzio, in cui cogliere il dono straordinario della presenza di Dio nel fratello”, evidenzia Francesco.

È così che si aiuta le persone “a umanizzare i rapporti e a superare le incomprensioni”.

E questo accade nel rapporto tra marito e moglie, tra genitori e figli, ma anche tra gli insegnanti e i loro alunni oppure tra dirigenti e operai. Poi c’è il dialogo tra le religioni, “per scoprire la verità profonda della loro missione in mezzo agli uomini” e “per contribuire alla costruzione della pace e di una rete di rispetto e di fraternità”.

Di dialogo “vive anche la Chiesa con gli uomini e le donne di ogni tempo, per comprendere le necessità che sono nel cuore di ogni persona e per contribuire alla realizzazione del bene comune”. “Pensiamo al grande dono del creato e alla responsabilità che tutti abbiamo di salvaguardare la nostra casa comune: il dialogo su un tema così centrale è un’esigenza ineludibile”, osserva il Pontefice.

Tutte le forme di dialogo sono pertanto “espressione della grande esigenza di amore di Dio”, che “a tutti va incontro e in ognuno pone un seme della sua bontà, perché possa collaborare alla sua opera creatrice”.

Allora “non dimenticate”, raccomanda a braccio Francesco, “dialogare è ascoltare quello che mi dice l’altro e dire con mitezza quello che penso io. Se le cose vanno così la famiglia, il quartiere, il posto di lavoro andranno bene.

Ma se io non lascio che l’altro dica tutto quello che ha nel cuore, incomincio a urlare – oggi si urla tanto – non avrà buon fine questo rapporto fra noi, non avrà buon fine fra marito e moglie, tra genitori e figli”.

“Gesù – conclude il Santo Padre – ben conosceva quello che c’era nel cuore della samaritana; ciononostante non le ha negato di potersi esprimere ed è entrato poco alla volta nel mistero della sua vita”.

Un insegnamento, questo, che vale anche per noi: “Attraverso il dialogo – assicura Bergoglio – possiamo far crescere i segni della misericordia di Dio e renderli strumento di accoglienza e rispetto”.

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Obiezione di coscienza: un diritto sempre più minacciato

Posté par atempodiblog le 23 octobre 2016

Obiezione di coscienza: un diritto sempre più minacciato
In Italia è a rischio la tutela dei farmacisti contrari all’aborto e dei sindaci contrari alle unioni civili. Il tema discusso in un convegno promosso dal Centro Studi Livatino
di Luca Marcolivo – Zenit

Obiezione di coscienza: un diritto sempre più minacciato dans Aborto Obiezione_di_coscienza

L’obiezione di coscienza è un diritto inalienabile, in Italia tutelato dalla Costituzione. Ciononostante, questo diritto è messo sempre più in discussione dalla cultura relativista odierna. Il tema è stato affrontato ieri nel corso del convegno Coscienza senza diritti?, ospitato alla Camera dei Deputati e promosso dal Centro Studi Rosario Livatino, i cui vicepresidenti, Domenico Airoma, Alfredo Mantovano e Filippo Vari, hanno moderato le sessioni.

In apertura del convegno è stata data lettura del messaggio del cardinale Segretario di Stato Vaticano, Pietro Parolin, secondo il quale l’obiezione di coscienza è “una delle molte frontiere lungo le quali si decide il confronto tra una visione strutturata e valoriale della persona umana e una visione molto più fluida, se non addirittura ‘liquida’ […] di un uomo disancorato da solidi punti di riferimento, secondo una malintesa idea della libertà”.

Al tempo stesso, ha aggiunto il porporato, “l’obiezione di coscienza è anche il luogo dove si misura il fondamento della dignità umana e dove, al tempo stesso ed in negativo, si manifestano le contraddizioni conseguenti ad una incontrollata proliferazione dei diritti, spesso avvenuta trascurando i corrispondenti doveri ed il fondamento degli uni e degli altri, che la Chiesa ravvisa nella dignità inalienabile dell’essere umano in quanto creato da Dio”.

La prima tavola rotonda, introdotta dal questore della Camera dei Deputati, Stefano Dambruoso, che ha accennato alle varie proposte di legge giacenti in Parlamento a regolamentazione dell’obiezione di coscienza, tra le quali quella sulle unioni civili, quella a tutela dei farmacisti (a cura del presidente del Movimento per la Vita, Gian Luigi Gigli) e sulla legalizzazione della cannabis (a cura del vicepresidente della Camera, Roberto Giachetti).

Da parte sua, il presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati, Piercamillo Davigo, ha ricordato la principale fonte del diritto all’obiezione di coscienza, ovvero il “contrasto tra ciò che la coscienza suggerisce e ciò che la legge impone”. In tal senso è la coscienza a prevalere, tanto è vero che perfino nella difesa della patria, definita “sacro dovere del cittadino” (Art. 52 Cost.) – unico passaggio della Costituzione in cui viene utilizzato l’aggetto “sacro” – la legislazione ordinaria ha previsto la possibilità di sostituire il servizio civile al servizio di leva.

Ci sono poi casi, in cui i funzionari pubblici – dal magistrato al capo di stato – possono applicare l’obiezione di coscienza, soltanto dimettendosi dal proprio incarico, come fece – sia pure temporaneamente – il Re del Belgio, Baldovino, nel 1990, per non firmare la legge sull’aborto.

Gregor Puppinck, direttore dello European Center for Law and Justice, ha invece messo in luce un carattere intrinseco dell’obiezione di coscienza: l’astensione da un’azione che la coscienza indica come malvagia, come nel caso dell’uccisione di un bambino ancora nel grembo materno, oppure, in guerra, di un soldato di un esercito avversario.

“Bene e male non sono simmetrici”, ha osservato Puppinck, in quanto “il male va evitato in tutte le circostanze”, mentre il bene va applicato “a seconda delle circostanze”, pertanto andrà sempre applicata la legge che, eventualmente, prescriva l’astensione da un atto anche intrinsecamente buono.

Da parte sua il magistrato Giacomo Rocchi, consigliere della Corte di Cassazione, ha evidenziato come il legislatore italiano, dal 1972 al 2004, abbia sempre privilegiato l’obiezione di coscienza: i casi più significativi, in tal senso, sono il già citato servizio civile e la possibilità per i medici o gli infermieri di non praticare l’aborto, come previsto dalla legge 194, senza trascurare l’astinenza dalla sperimentazione sugli animali o il diritto a non andare a scuola il sabato per gli studenti ebrei.

Oggi, però, “abbiamo perso il significato dell’obiezione”, ha sottolineato Rocchi, come testimoniano le anomalie e i vuoti legislativi come quello della legge sulle unioni civili, che esplicitamente non la prevede.

Eppure, ha aggiunto il magistrato, è proprio “la coscienza che distingue gli esseri umani dagli animali”; essa è qualcosa che va “al di là delle semplici opinioni” e “la grandezza dell’uomo è nelle sue profonde convinzioni”.

Proprio per questo, la recente sentenza del TAR del Lazio che ha vietato l’obiezione di coscienza nei consultori, è la premessa per uno “stato totalitario”.

Le ragioni dei medici obiettori sono state illustrate da Ermanno Pavesi, segretario dell’Associazione Internazionale dei Medici Cattolici, che ha rilevato come in questi anni di “cambiamenti epocali”, si stia verificando un “conflitto tra volontà del malato e del medico”, oggi decisamente sbilanciate a favore del malato; ne è un esempio, l’imposizione in Francia della “sedazione terminale profonda” per i malati terminali, con la quale surrettiziamente si sdogana l’eutanasia.

Altra vittima della mancata chiarezza legislativa è quella dei farmacisti, come ha denunciato Piero Uroda, presidente dell’Unione Cattolica Farmacisti Italiani, anni fa vittima di aggressioni e campagne denigratorie, per il rifiuto di vendere la “pillola del giorno dopo”.

Secondo Uroda, “serpeggiano una mentalità contraria alle verità sgradevoli e l’indifferenza ai valori universali”. La mancata tutela dell’obiezione di coscienza, ha aggiunto, ha determinato veri e propri drammi per farmacisti che si sono ritrovati all’alternativa tra vendere la pillola e chiudere l’attività, pur avendo una famiglia da mantenere.

Il tema dell’obiezione di coscienza per i sindaci che non vogliono ratificare le unioni civili è stato sollevato da Paolo Maria Floris, dirigente della Pubblica Amministrazione, che ha messo in guardia dal rischio di un “mito dell’infallibilità del legislatore” che rischia di andare a scapito della stessa “dignità umana”, mentre il neuropsichiatra Massimo Gandolfini, fondatore e presidente del Comitato Difendiamo i Nostri Figli, ha ribadito come la sfida si stia spostando soprattutto in ambito educativo.

Di fronte ai pericoli di una disgregazione antropologica rappresentati dall’ideologia del gender, Gandolfini ha preso atto di come, dopo i due Family Day del 20 giugno 2015 e del 30 gennaio 2016, “le famiglie stiano diventando sempre più consapevoli” e si ingrossano le fila dei genitori che, di fronte alle linee guida del MIUR contro le discriminazioni, si stanno battendo per il diritto al “consenso informato preventivo”, che permetterebbe di esentare i bambini dalle lezioni di gender, per le quali il maschile e il femminile biologici non sono più “archetipi” ma “stereotipi”.

Concludendo il convegno, il presidente del Centro Studi Livatino, Mauro Ronco, ha attribuito un ruolo “profetico” alla difesa dell’obiezione di coscienza, in un momento in cui avanza una cultura che trasforma in “desideri”, dei “crimini” come l’eutanasia o la sterilizzazione, peraltro legalizzati nella Germania nazista.

Nel caso delle unioni civili, ha denunciato poi Ronco, sta prendendo piede la prassi delle “celebrazioni” in municipio – atto dalla rilevanza simbolica assai forte – alla stregua di un vero e proprio matrimonio, quando, in realtà esse consistono in una semplice “dichiarazione”.

Quanto all’indottrinamento gender, ha concluso il presidente del Centro Studi Livatino, abbiamo la certezza che, presto o tardi, “la natura prevarrà sull’ideologia” ma se non si interviene in tempo, le “sofferenze” per la società intera potrebbero essere devastanti.

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