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Come la Clinton tenta d’infiltrarsi nella Chiesa

Posté par atempodiblog le 15 octobre 2016

Come la Clinton tenta d’infiltrarsi nella Chiesa
Wikileaks rivela le manovre dello staff di Hillary Clinton: creare associazioni di “cattolici adulti” per infiltrare la Chiesa e promuovere una rivoluzione culturale e dottrinale. Lo scopo e far accettare l’agenda liberaldem su contraccezione, omosessualità, gender. Ma ma non sono solo i Dem a cercare di manipolare l’insegnamento della Chiesa e il comportamento politico dei cattolici: per questi ultimi resta solo il dovere di «aprire una terza via»
di Emiliano Fumaneri  – La Croce – Quotidiano

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La notizia ha del clamoroso. Il settimanale “The Catholic Herald” denuncia lo staff di Hillary Clinton per aver operato, almeno dal 2012, al fine di promuovere una specie di “primavera” nella Chiesa Cattolica (sul modello delle primavere arabe) infiltrandola con agitatori. A questo scopo i Democratici avrebbero creato dei gruppi di pressione interni per istigare una rivoluzione culturale e dottrinale nella Chiesa, una rivoluzione capace di propiziare l’accettazione della contraccezione, dell’omosessualità, del gender, del sacerdozio femminile. In breve, un “cambio di paradigma” che aprisse la Chiesa all’agenda liberaldemocratica.

È quanto emerge da alcuni “leaks”, in particolare dalla pubblicazione delle email di John Podestà, cattolico organico al Partito Democratico e responsabile della campagna elettorale della Clinton. Podestà confessa di aver sostenuto due organizzazioni cattoliche per promuovere una “rivoluzione” nella Chiesa.

In una mail del febbraio 2012 pubblicata da Wikileaks, Podesta risponde al suo vecchio capo e amico di Obama Sandy Newman a proposito di un auspicato cambio di linea nella Chiesa Cattolica. Scrive Newman: «Ciao John, tutta questa controversia coi vescovi che si oppongono alla copertura contraccettiva, anche se il 98% delle donne cattoliche (compresi i loro partner coniugali) ha fatto uso della contraccezione, mi ha fatto pensare». La polemica con l’episcopato è quella sorta attorno all’Obamacare, la contestata riforma sanitaria varata nel 2010 dall’amministrazione democratica che includeva nell’assicurazione obbligatoria anche coperture per pratiche abortive e anticoncezionali (e sulla quale pendeva il giudizio di costituzionalità della Corte Suprema).

Sandy Newman invoca per questo una «primavera cattolica» (Catholic Spring) in cui «gli stessi cattolici chiedono la fine di una dittatura medievale, l’inizio di un po’ di democrazia e il rispetto dell’uguaglianza di genere nella Chiesa Cattolica». La «copertura contraccettiva», prosegue Newman, «è una questione sulla quale questo potrebbe realizzarsi?», si chiede Newman. «I Vescovi senza dubbio continueranno la battaglia. L’appoggio della Catholic Hospital Association alla nuova politica dell’Amministrazione, assieme col “98%”, può creare un’opportunità?». «Naturalmente – prosegue Newman – questa idea rivela forse solo la mia totale incomprensione della Chiesa Cattolica, del potere economico che è in grado di far valere su suore e preti che su di lei fanno assegnamento per mantenersi, ecc. Anche se l’idea non è assurda, non ritengo di essere idoneo a farmi coinvolgere e nemmeno so come qualcuno potrebbe “piantare i semi della rivoluzione” né chi potrebbe farlo. Mi chiedevo solo… ”.

Qualche seme di sobillazione in effetti è già stato piantato, gli replica Podesta: «Abbiamo creato i Catholics in Alliance for the Common Good per organizzare un momento come questo. Ma penso che manchi la leadership per farlo ora. Lo stesso vale per i Catholics United. Come la maggior parte dei movimenti della primavere, penso che dovranno svilupparsi dal basso. Ne discuterò con Tara. Kathleen Kennedy Townsend (ex vicegovernatore del Maryland e figlia primogenita di Bobby Kennedy, il fratello di JFK; ndc) è l’altra persona da consultare». La «Tara» a cui fa riferimento Podesta è presumibilmente Tara McGuinness, veterana del Partito Democratico di famiglia cattolica e membro del Center for American Progress, il think tank liberal fondato dallo stesso Podesta. Sempre quello stesso anno, nel 2012, sulle colonne di “New Republic Tara McGuinness ha esortato i cattolici a sospendere le ostilità contro l’amministrazione di Obama sul controverso tema del controllo delle nascite e della salute riproduttiva.

Si intuisce facilmente l’importanza che poteva avere per i Democratici orientare a proprio favore l’opinione pubblica dei cattolici americani. La “captatio benevolentiae” di Tara, guarda caso, faceva leva proprio sull’argomento del «98% di donne cattoliche» che usano la contraccezione. È di tutta evidenza che a una simile “svolta” sono funzionali proprio movimenti come i Catholics in Alliance for the Common Good (CACG, Cattolici in alleanza per il bene comune), fondati nel 2005 da Tom Periello. Il presidente dei CACG è tale Fred Rotondaro. Entrambi, ricorda “Catholic Herald”, sono membri del Centre for American Progress, la creatura di Podesta.

Nel 2010 il “cattolico” Rotondaro invocava l’ordinazione sacerdotale femminile: «Non ho mai visto alcuna motivazione razionale sul perché una donna non possa essere sacerdote », scriveva sull’Huffington Post. Sempre nello stesso articolo Rotondaro contesta la dottrina cattolica sulla contraccezione e sostiene che «il sesso omosessuale viene da Dio» chiedendosi se «qualche cattolico praticante sotto gli 80 anni» condivida ancora la bislacca tesi del magistero cattolico sulla immoralità del sesso scollegato dalla procreazione.

Questa e altre “perle” sembrano rendere pienamente ragione al giudizio di chi ha sempre descritto i CACG come un “cavallo di Troia” creato per minare l’insegnamento della Chiesa. Ma prima del “leaks” di Podesta i legami col Partito Democratico non erano così evidenti. L’altro cavallo di Troia, ovvero i Catholics United, è stato fondato nel 2005 dagli attivisti democratici Chris Korzen e James Salt.

Nel 2008 ii Catholics United hanno denigrato i vescovi che negavano la Comunione ai politici per il loro appoggio all’aborto descrivendo la loro presa di posizione come «un vergognoso tentativo di usare il sacramento cattolico della Comunione come arma politica». Dopo le rivelazioni di Wikileaks appare evidente che questi organismi di rispondono a una raffinata operazione di propaganda conosciuta come “astroturfing”, un termine forgiato in Usa negli anni Ottanta. Con questa tecnica si intende la creazione a tavolino di un consenso dal basso a favore di un prodotto, di un’idea, di un candidato alle elezioni. Il termine prende il nome da “AstroTurf”, un’erba artificiale prodotta e commercializzata su larga scala dalla Monsanto. Il primo a impiegarlo fu un senatore texano che, insospettito da una intensa campagna di lettere da parte delle assicurazioni, parlò di “astroturfing” come sinonimo di “corrispondenza organizzata”.

Le manovre di “astroturfing” si avvalgono spesso di individui pagati per produrre artificialmente un’aura positiva intorno all’oggetto da promuovere. Nulla impedisce naturalmente che agiscano anche da sicofanti in operazioni di killeraggio mediatico tese a screditare l’immagine del “nemico”.

Non è la prima volta che Wikileaks fa emergere infiltrazioni e manovre lobbistiche tese a fomentare una sollevazione progressista nella Chiesa. Prima di Podesta toccò a uno scambio di mail tra Jennifer Palmieri, responsabile della comunicazione per la campagna di Hilary Clinton, e John Halpin (organico al Centre for American Progress). Uno scambio nato da un articolo del “New Yorker” su Rupert Murdoch nel quale si faceva notare come il magnate televisivo e Robert Thomson, allora direttore editoriale del Wall Street Journal, fossero cattolici.

In una mail del 2011, Halpin scrive: «Molti dei più potenti componenti del movimento conservatore sono tutti cattolici (molti convertiti), dalla SC (un probabile riferimento alla Corte Suprema; ndc) e dai think tank fino ai mass media e alle associazione». Per Halpin l’impegno di questi cattolici nella fila del conservatorismo americano testimonia la loro cattiva interpretazione del cattolicesimo politico. Si tratta, sentenzia il lobbista, di uno «sbalorditivo imbastardimento della fede». Costoro, sempre secondo Halpin, sarebbero «totalmente all’0scuro del cristianesimo democratico» nonché attratti «dal pensiero sistematico e da relazioni di genere rigorosamente arretrate». Jennifer Palmieri concorda col collega: «Immagino che pensino che una religiosità politicamente conservatrice sia quella più accettabile socialmente. I loro ricchi amici non comprenderebbero se diventassero evangelici». «Ottima osservazione», replica Halpin: «Possono buttare lì un po’ di pensiero “tomistico”, di “sussidiarietà”, e apparire sofisticati perché nessuno sa di che diavolo stiano parlando».

Certo, notizie come queste stupiscono solo chi ignora l’esistenza e l’importanza della guerra psicologica. In particolare la strategia americana si ispira al concetto militare di “full spectrum dominance” (dominio dell’intero spettro). Secondo questa teoria le forze armate statunitensi devono ottenere il controllo pieno e simultaneo delle cinque dimensioni dello spettro del campo di battaglia (terra, mare, aria, spazio extra-atmosferico e cyberspazio, che comprende anche le operazioni informativa, di propaganda e di guerra psicologica). La strategia di dominio dell’intero spettro fa ampio uso dello “smart power”, una combinazione tra l’uso della forza (hard power) e il potere di persuasione (soft power, ovvero una sottile forma di propaganda).

Così il perseguimento di obiettivi statunitensi viene mascherato da protezione di diritti universali.

In questa strategia rientra anche l’appoggio a movimenti e associazioni che “promuovono la democrazia” in quegli stati in cui, nell’ottica di Washington, è auspicabile un cambio di regime. Le mail pubblicate da Wikileaks mostrano che anche un organismo sui generis come la Chiesa Cattolica è integrato nelle strategie di intelligence americane. Essa appare al tempo stesso come luogo di raccolta delle informazioni e come luogo dove esercitare sofisticate operazioni informative- disinformative e psicologiche. Se qualcuno credesse che solo i Democratici cerchino di manipolare gli stati d’animo dei cattolici, temiamo che costui si ingannerebbe.

Per convincersi del contrario basta leggere quanto scrive il saggista americano E. Michael Jones in un articolo che denuncia l’«operazione nera» mirata ad accattivarsi l’appoggio cattolico alla guerra irachena del 2003 (“Manipulating Catholic Support for the War: The Black Operation Known as ‘Conservatism’”). È così che nel marzo del 2003, mentre le truppe americane cominciano ad ammassarsi ai confini dell’Iraq, appare sul “Wall Street Journal” un articolo a firma di Rob Dreher, che si identica come “cattolico” esortando i suoi correligionari a non prestare ascolto a papa Giovanni Paolo II – contrario all’avventura irachena – perché con lo scandalo della pedofilia dei preti la Chiesa avrebbe perso in credibilità.

Nel 2003 Rob Dreher è un giornalista 27enne, che lavora per “National Review” (un giornale su cui pesano sospetti di infiltrazioni dell’intelligence). Il suo articolo è tutto un sibilo velenoso: «Perché gli scandali degli abusi sessuali non hanno agitato il Vaticano come ha fatto la guerra?». Una insinuazione odiosa, screditante, preludio della stoccata successiva: «I cattolici non sono obbligati ad essere d’accordo col Papa su questa materia. La legittimità o l’illegittimità di questa di qualunque guerra particolare è una questione opinabile… Il 50% dei cattolici americani che in questo campo stanno dalla parte del loro Presidente, e non del loro Papa, non per questo sono meno cattolici».

La propaganda, di qualunque colorazione politica, sembra avere un debole per l’argomento “percentuale” (è la tattica psicologica del “granfalloon”, che fa leva sulla forza del numero per spingere una minoranza ad adeguarsi all’opinione dominante). Il “cattolico” Dreher conclude la sua vergognosa articolessa ricordando quanto sia «impressionante vedere il Presidente Bush, responsabile della salvaguardare 280 milioni di noi dai terroristi e dagli stati terroristi, che viene ripreso […] da una Chiesa che non ha intenzione di proteggere i bambini dai suoi stessi preti canaglia e dai vescovi che glielo consentivano». Sei giorni dopo, David Frum sul “National Review” rincara la dose attaccando i paleoconservatori come Pat Buchanan contrari all’invasione dell’Iraq, che dipinge come traditori. Sono solo alcuni esempi, osserva E. Michael Jones, «di un fuoco di sbarramento propagandistico lanciato dai neoconservatori per silenziare le critiche interne alla guerra in Iraq di George W. Bush».

Si è trattato di una operazione di delegittimazione in piena regola: «Un fuoco di sbarramento mirato a conquistare l’appoggio cattolico alla guerra attraverso l’indebolimento dell’influenza e dell’autorità della Chiesa, che si opponeva in massa alla guerra».

Papa Francesco non parla a caso quando evoca le “colonizzazioni ideologiche”. Esistono effettivamente gruppi di potere e apparati che aspirano a mobilitare masse di persone – come i cattolici, ad esempio – a sostegno di politiche governative o di agende di partito. Esistono per colonizzare queste masse, per dividerle secondo linee di frattura e conquistarle (l’antico metodo del “divide et impera”).

Lo scopo che si prefiggono non è altro che, cinicamente, quello di usarle come inconsapevoli pedine di qualche strategia di potere. E per fare questo non esitano ad arruolare e a mettere in campo “cattolici” pronti a ostentare la propria “cattolicità” solo per scagliarsi contro il Papa. Come non vedere, dietro a questi oscuri giochi, il marchio del principe di questo mondo?

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Nuove buone ragioni per dire no alla legalizzazione della cannabis

Posté par atempodiblog le 15 octobre 2016

Nuove buone ragioni per dire no alla legalizzazione della cannabis
Oggi e domani i Radicali raccolgono firme in favore della legalizzazione. Qualche settimana fa il presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione si è schierato anche lui positivamente. Qualche dato e qualche esperienza per spiegare che la soluzione non è così semplice
di Alfredo Mantovano – Il Foglio

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Rispetto ai numerosi argomenti pro legalizzazione adoperati da Roberto Saviano (su cui rinvio al mio intervento sul Foglio), quelli del dr. Raffaele Cantone sono appena un paio e hanno un tratto problematico più che apodittico. La sintesi mediatica è stata però che pure il presidente dell’Anticorruzione è per la cannabis legalmente distribuita: rispetto ai proclami dell’autore di “Gomorra” distinguo e differenze, non solo di toni, non hanno avuto peso. E’prevalsa – e come poteva essere diversamente? – la dichiarazione virtuale di voto del responsabile di una delle istituzioni più esposte contro la criminalità economica. Sì o no, come cantava Fiorello una ventina di anni fa: e qui il sì è clamoroso. Come per Saviano, passo in rassegna le ragioni del sì del capo dell’Anac, riprendendo le sue parole, e le confronto con l’esperienza maturata in Italia nel contrasto alla droga.

“(…) ho potuto constatare quanto è diffuso il fenomeno tra i ragazzini di oggi. (…) la domanda sorge spontanea. Siamo sicuri che la politica proibizionistica di questi decenni abbia funzionato?” Chiedo al dr. Cantone: può precisare quali sono i decenni di proibizionismo  vissuti dall’Italia? Dal 1975 in poi le leggi sulla droga, inclusa l’ultima del 2014, hanno brillato più per permissivismo; con due eccezioni: la legge Vassalli-Russo Iervolino del 1990 e la Fini-Giovanardi del 2006. La prima ha retto nel suo assetto originario per meno di tre anni, fino al referendum del 1993; la seconda è durata un po’ di più, dal 2006 al 2014. Il totale fa appena un decennio, non più decenni, ma né l’una né l’altra legge meritano la qualifica di proibizioniste, se è vero che – insieme con richiamo alla responsabilità – hanno la prima introdotto e la seconda ampliato le vie per evitare il carcere a chi affronti un percorso di recupero. Se hanno un senso le relazioni annuali del dipartimento antidroga della presidenza del Consiglio sui dati della diffusione degli stupefacenti, basate su criteri obiettivi come le relazioni delle Asl e l’esame delle acque reflue, a partire dal 2008, quando la legge di due anni prima è diventata operativa, si è registrata una contrazione sensibile dell’uso di droga in Italia. Il dato ha ripreso a crescere solo per i derivati della cannabis nel 2011, in parallelo con la capillare offerta per web di acquisto di spinelli e piantine, e della propaganda correlata a tale offerta; e anche questo è illustrato con dovizia di dettagli nelle relazioni ufficiali che fanno capo a Palazzo Chigi. La causale non è un inesistente proibizionismo, ma un fenomeno specifico e individuato, che avrebbe meritato un contrasto proporzionato alla sua estensione.

“(…) vogliamo renderci conto di quanti ragazzini entrano in contato diretto con la criminalità organizzata quando vanno a comprarsi il fumo per strada?” In quest’ottica la legalizzazione avrebbe l’obiettivo di sottrarre i “ragazzini” da contaminazioni criminali. Il termine “ragazzini” è assai prossimo a quello di “minori”: non qualificherei “ragazzino” un diciannovenne. La proposta Giachetti all’esame della Camera esclude dall’accesso “legale” alla cannabis i minori. La sua eventuale approvazione spingerebbe la criminalità a intensificare l’offerta proprio verso una platea di acquirenti al di sotto dei 18 anni. Che facciamo, per evitare “contatti”, andiamo oltre la proposta Giachetti e immaginiamo spaccio e coltivazione “legali” anche verso i minori?

“Ho conosciuto tante persone che hanno fumato spinelli e nessuno di loro è mai finito a consumare droghe pesanti”. Invito il dr. Cantone, se privilegia l’approccio esperenziale, a visitare qualche comunità di recupero e a farsi raccontare da chi affronta un percorso così impegnativo come è arrivato all’eroina e/o alla cocaina; ne riparliamo all’esito. Se invece si fida del contributo scientifico degli addetti ai lavori, è sufficiente che riguardi le relazioni dei vari tossicologi ascoltati dalla Commissione giustizia della Camera nelle sedute di inizio aprile 2014: non ne troverà uno che abbia negato il carattere di droga di passaggio della cannabis rispetto a stupefacenti come eroina o cocaina. Ancora: esaminando le relazioni del dipartimento antidroga della presidenza del Consiglio constaterà, emerge il recente incremento – in Europa e in Italia – di ricoveri in ospedale di assuntori di cannabis, più significativo per i minori.

“Sono contrario all’uso di stupefacenti (…) su questa materia non ho certezze”. Se è contrario è evidentemente perché fanno male; perché allora incrementarne la diffusione? Se non ha certezze, non dovrebbe valere la massima, ripresa dalle aule di giustizia di comune frequentazione e adattata, “in dubio pro salute”?

“La vera considerazione che mi ha portato a cambiare idea sono stati i miei figli: da quando sono diventati più grandi ho cominciato a guardare questo fenomeno (…) da una finestra molto diversa”. Qui una certezza c’è: che se c’è una interlocuzione seria con i figli, per quanto complicata, è il terreno migliore per approfondire insieme la questione, senza moralismi e guardando ai dati di realtà. E quindi mettendo da parte esperimenti normativi che hanno fallito ovunque sono stati realizzati.

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