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Esorcisti: la festa di Halloween sfruttata dai satanisti

Posté par atempodiblog le 30 octobre 2016

Esorcisti: la festa di Halloween sfruttata dai satanisti
Per padre Francesco Bamonte, presidente dell’Associazione Internazionale degli Esorcisti, la notte di Halloween del 31 ottobre è “tutt’altro che uno scherzo”. “In alcuni siti internet di personaggi per bambini – afferma – si possono trovare link dai quali si accede direttamente ai siti di satanismo e magia nera”. “I pianificatori sociali del male – aggiunge – sanno che abituando i bambini sin dai primi anni di vita alla familiarità e alle immagini del linguaggio occultista, in età adulta rischiano di essere indotti all’occultismo vero e proprio che può diventare, per le nuove generazioni, l’alternativa al cristianesimo”. Luca Collodi, per Radio Vaticana, ne ha parlato con don Aldo Buonaiuto, sacerdote esorcista e coordinatore generale del Servizio Antisette della Comunità Papa Giovanni XXIII, fondata da don Oreste Benzi:

Esorcisti: la festa di Halloween sfruttata dai satanisti dans Anticristo halloween-e-zucche-vuote

R. - Il 31 ottobre non è tanto la festa di Halloween – non dovremmo definirla una festa – ma, come la definisco io, un fenomeno. Perché il 31 è la vigilia della festa di Ognissanti. Già questa parola “Halloween” non andrebbe utilizzata perché, purtroppo, riconducibile ad un altro fenomeno della modernità. Quello legato al capodanno dei satanisti e dell’esaltazione del mondo dell’occultismo, con tutto il suo horror e con tutto il macabro che rappresenta. Noi cristiani celebriamo la Festa dei Santi, la festa di persone realmente esistite, non fantasmi, zombie, vampiri, mostri, mostriciattoli, ma persone eroiche che hanno dato la vita nella storia della cristianità, con la capacità di cambiare gli eventi della storia nella direzione del bene.

D. – Ma in verità, don Buonaiuto, dobbiamo dire che la gente, alla fine, festeggia comunque Halloween senza molti problemi…
R. – E’ un fenomeno e, per alcuni appunto una festa, che non riguarda la nostra tradizione. Si mischiano aspetti che, sia pure in libertà di coscienza, un cristiano non può non criticare. A partire dall’enorme indotto commerciale prodotto. Fu Papa Sisto IV, nel 1480 a solennizzare definitivamente la Festa di Ognissanti. Perché le superstizioni portavano i contadini, gli allevatori non solo a pregare, ma anche a ingraziarsi questi spiriti delle tenebre all’inizio dell’inverno. Contadini e allevatori ripercorrevano ciò che accadeva al tempo dei druidi, quando questi sacerdoti andavano di casa in casa per chiedere l’offerta.

La domanda non era “ Trick or treat?”, “Dolcetto o scherzetto?”, ma era: “Offerta o maledizione?”, cioè: “Dai l’offerta perché si faccia la festa del principe Samhain, colui al quale il dio Sole deve lasciare il posto affinché ci sia protezione nella famiglia, nel raccolto, nell’allevamento? ». Quindi: “Vuoi ingraziarti questo principe delle tenebre chiamato Samhain, oppure preferisci che la maledizione arrivi nella tua casa, nel tuo lavoro?”. Poi, con la presenza in modo particolare degli irlandesi negli Stati Uniti, questa tradizione, superstizione, diventa per un periodo prevalentemente riconducibile al mondo commerciale e ai bambini.

D. – Per padre Bamonte, il responsabile degli esorcisti di tutto il mondo, si tratta di una celebrazione esoterica. E Halloween è il capodanno di satana…
R. – Sì. E’ il capodanno di satana perché anche i satanisti hanno un loro calendario. E in questo calendario il mese di ottobre è quello votato all’adescamento di nuovi adepti e alla sua preparazione, perché questo evento viene preparato per tutto il mese. Addirittura, credono che quanti, anche indirettamente, partecipano a questo fenomeno chiamato “Halloween” e che celebrano questo rituale di esaltazione, possano partecipare all’adorazione e al culto di satana.

D. – Don Bonaiuto, lei ci dice che attraverso un elemento ludico, talvolta di scherzo, si cela un possibile ingresso al mondo dell’occulto?
R. – Ecco, questo è il messaggio che noi dobbiamo dare a tutti coloro che ci ascoltano. Guai però a estremizzare. E’ infatti pericoloso quel voler per forza vedere il diavolo dappertutto, ma è altrettanto pericoloso l’estremo opposto, quello di banalizzare, ridicolizzare e relativizzare ciò che invece può essere un apripista ad un mondo molto pericoloso.

Dalla nostra esperienza, dal numero verde Antisette della Comunità Papa Giovanni XXIII, (800.228.866) vediamo come spesso dietro ai ragazzi ci sia sempre qualche mente diabolica e la presenza di adulti. Quindi attenzione. Un’attenzione in più da parte delle famiglie sui loro figli, proprio perché questo lato oscuro di Halloween non continui a produrre danni in particolare sui giovani.

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Torino, verso la festa di Tutti i Santi

Posté par atempodiblog le 30 octobre 2016

Torino, verso la festa di Tutti i Santi

Torino, verso la festa di Tutti i Santi dans Fede, morale e teologia Torino-e-Tutti-i-Santi

Torino: per tutta la giornata una missione per le vie del centro della città con i bambini che indossano gli abiti preparati dalle mamme delle amiche della comunità latinoamericana con alcuni santi.

Hanno portato non solo la testimonianza della gioia della santità, ma distribuito le immaginette benedette dei santi che rappresentano. Autorizzata dalle mamme ecco alcune foto e più tardi la foto di gruppo.

Ciao,
Mariagrazia di Torino
Tratto da: Radio Maria Fb

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L’acutissimo senso del peccato altrui

Posté par atempodiblog le 30 octobre 2016

L'acutissimo senso del peccato altrui dans Cardinale Giacomo Biffi Mafalda-in-conclave-con-il-cardinale-Biffi

“Oggi il senso del peccato è acutissimo, ma è il senso del peccato altrui”.

Cardinale Giacomo Biffi

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Santuario della Madonna del Cerro

Posté par atempodiblog le 29 octobre 2016

Santuario della Madonna del Cerro
Rotondo Di Sassoferrato  Cabernardi (AN)
Tratto da: Radio Maria Fb

Santuario della Madonna del Cerro dans Apparizioni mariane e santuari Santuario_Madonna_Del_Cerro

Il cuore del Santuario è l’immagine della Madonna, il cui originario affresco è stato ritrovato nel 1955. La composizione dell’ignoto pittore cinquecentesco ritrae la Madonna con lo scettro nella mano destra alzata, sul cui capo (dal viso dolcissimo) due angeli sorreggono una corona di rose. Ai suoi piedi sono una donna in preghiera ed un bambino che si attacca alle vesti della Madonna per sottrarsi al demonio che cerca di ghermirlo.

L’affresco ricorda il seguente fatto miracoloso. Una madre imprecò contro il suo bambino: che ti porti via il demonio! La sciagurata imprecazione stava per avverarsi perché il demonio comparve per impossessarsi del bambino. La donna, allora, sinceramente pentita fece ricorso alla Madonna, la quale, strappato il bambino dal demonio lo ridette a sua madre.

Dinanzi a questa immagine miracolosa sono passati migliaia e migliaia di pellegrini ad invocare la sua mediazione di grazia per grandi sofferenze fisiche, morali, e spirituali. E la Vergine amabilissima ha ottenuto miracoli e grazie ai suoi figli devoti e fiduciosi nella sua materna intercessione.

Il passato è garanzia per il presente e per l’avvenire. Il Santuario del Cerro è trono di grazia ed è il luogo prediletto della misericordia e bontà di Maria Santissima, soccorritrice e consolatrice.

Orario Sante Messe
Mese di maggio:
Giorni festivi ore 8:00  9:30  11,00  17:30
Giorni feriali ore 17:30
S. Rosario ore 17:30

Da aprile a ottobre:

Giorni festivi ore 8:00  11:00  17:30
Giorni feriali ore 17:30
S. Rosario ore 17:00

Da novembre a marzo:
Giorni festivi ore 9:00  11:00  16:00
Giorni feriali ore 16:00
S. Rosario ore 15:30

Adorazione Eucaristica
Tutti i Sabati: 
ore 16:30 17:30 (orario estivo)
ore 15:00  16:00 (orario invernale)

Primo e ultimo sabato di ogni mese: preghiera d’intercessione per i malati.

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Papa Francesco: i rigidi sembrano buoni ma non conoscono la libertà dei figli di Dio

Posté par atempodiblog le 25 octobre 2016

Papa Francesco: i rigidi sembrano buoni ma non conoscono la libertà dei figli di Dio
Dietro la rigidità c’è sempre qualcosa di nascosto, una doppia vita, i rigidi non sono liberi, sono schiavi della legge, Dio invece dona la libertà, la mitezza, la bontà: è quanto ha detto il Papa nella Messa del mattino a Casa Santa Marta.
di Sergio Centofanti – Radio Vaticana

Papa Francesco: i rigidi sembrano buoni ma non conoscono la libertà dei figli di Dio dans Commenti al Vangelo Papa_Francesco

Nel Vangelo del giorno, Gesù guarisce una donna di sabato provocando lo sdegno del capo della Sinagoga perché – dice – è stata violata la Legge del Signore. “Non è facile – commenta il Papa – camminare nella Legge del Signore”, è “una grazia che dobbiamo chiedere”. Gesù lo accusa di essere ipocrita, una parola che “ripete tante volte ai rigidi, a quelli che hanno un atteggiamento di rigidità nel compiere la legge”, che non hanno la libertà dei figli, “sono schiavi della Legge”. Invece, “la Legge – osserva – non è stata fatta per farci schiavi, ma per farci liberi, per farci figli”. “Dietro la rigidità c’è un’altra cosa, sempre! E per questo Gesù dice: ipocriti!”:

“Dietro la rigidità c’è qualcosa di nascosto nella vita di una persona. La rigidità non è un dono di Dio. La mitezza, sì; la bontà, sì; la benevolenza, sì; il perdono, sì. Ma la rigidità no!

Dietro la rigidità c’è sempre qualcosa di nascosto, in tanti casi una doppia vita; ma c’è anche qualcosa di malattia. Quanto soffrono i rigidi: quando sono sinceri e si accorgono di questo, soffrono! Perché non riescono ad avere la libertà dei figli di Dio; non sanno come si cammina nella Legge del Signore e non sono beati. E soffrono tanto! Sembrano buoni, perché seguono la Legge; ma dietro c’è qualcosa che non li fa buoni: o sono cattivi, ipocriti o sono malati. Soffrono!”.

Papa Francesco ricorda la parabola del figlio prodigo, in cui il figlio maggiore, che si era comportato sempre bene, s’indigna col padre perché riaccoglie con gioia il figlio minore dissoluto, ma tornato a casa pentito.  Questo atteggiamento – spiega il Papa – fa vedere cosa c’è dietro una certa bontà: “la superbia di credersi giusto”:

“Dietro questo far bene, c’è superbia. Quello sapeva che aveva un padre e nel momento più buio della sua vita è andato dal padre; questo soltanto del padre capiva che era il padrone, ma mai lo aveva sentito come padre. Era un rigido: camminava nella Legge con rigidità. L’altro ha lasciato la Legge da parte, se ne è andato senza la Legge, contro la Legge, ma ad un certo punto ha pensato al padre ed è tornato. E ha avuto il perdono. Non è facile camminare nella Legge del Signore senza cadere nella rigidità”.

Il Papa conclude l’omelia con questa preghiera:

“Preghiamo il Signore, preghiamo per i nostri fratelli e le nostre sorelle che credono che camminare nella Legge del Signore è diventare rigidi. Che il Signore faccia sentire loro che Lui è Padre e che a Lui piace la misericordia, la tenerezza, la bontà, la mitezza, l’umiltà. E a tutti ci insegni a camminare nella Legge del Signore con questi atteggiamenti”.

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Papa Francesco: “Dialogo significa ascoltare, non ‘abbaiare’ contro l’altro”

Posté par atempodiblog le 23 octobre 2016

Papa Francesco: “Dialogo significa ascoltare, non ‘abbaiare’ contro l’altro”
Nell’Udienza giubilare, Francesco incita i 100mila fedeli presenti al dialogo per “abbattere muri di divisioni e incomprensioni” e creare “ponti di comunicazione”, non rinchiudendosi “nel proprio piccolo mondo”
di Salvatore Cernuzio – Zenit

Papa Francesco: “Dialogo significa ascoltare, non ‘abbaiare’ contro l’altro” dans Commenti al Vangelo balaguer

“Ascoltare, spiegare, mitezza, non abbaiare l’altro, non urlare, cuore aperto”. È la ricetta che Papa Francesco offre ai 100mila fedeli presenti all’Udienza giubilare, per avviare un dialogo e un dialogo che vada a buon fine: in famiglia, nel quartiere, a scuola, sul posto di lavoro.

“C’è tanto bisogno di dialogo nelle nostre famiglie, e come si risolverebbero più facilmente le questioni se si imparasse ad ascoltarsi vicendevolmente!”, afferma il Papa.

“Il dialogo abbatte i muri delle divisioni e delle incomprensioni; crea ponti di comunicazione e non consente che alcuno si isoli, rinchiudendosi nel proprio piccolo mondo”.

Esso è “un aspetto molto importante della misericordia” nonché elemento essenziale per la vita di ciascuno perché “permette alle persone di conoscersi e di comprendere le esigenze gli uni degli altri”.

Anzitutto, spiega il Papa, il dialogo “è un segno di grande rispetto, perché pone le persone in atteggiamento di ascolto e nella condizione di recepire gli aspetti migliori dell’interlocutore”. Proprio come accadde con la samaritana e Gesù di cui parla il Vangelo di oggi.

In secondo luogo, “il dialogo è espressione di carità”, sottolinea il Santo Padre, “perché, pur non ignorando le differenze, può aiutare a ricercare e condividere il bene comune”.

Inoltre, “il dialogo ci invita a porci dinanzi all’altro vedendolo come un dono di Dio, che ci interpella e ci chiede di essere riconosciuto”.

Molte volte, infatti, “non incontriamo i fratelli, pur vivendo loro accanto, soprattutto quando facciamo prevalere la nostra posizione su quella dell’altro”.

“Quante volte, quante volte – esclama Bergoglio a braccio – stiamo ascoltando uno e lo fermiamo: ‘No, questo non è così!’. Lasciamo che lui finisca di spiegare quello che vuole dire. Questo impedisce il vero dialogo, questa è aggressione…”.

Non si può parlare di dialogo, dunque, quando non si ascolta abbastanza o quando si tende a interrompere l’altro “per dimostrare di avere ragione”. Il vero dialogo necessita invece di “momenti di silenzio, in cui cogliere il dono straordinario della presenza di Dio nel fratello”, evidenzia Francesco.

È così che si aiuta le persone “a umanizzare i rapporti e a superare le incomprensioni”.

E questo accade nel rapporto tra marito e moglie, tra genitori e figli, ma anche tra gli insegnanti e i loro alunni oppure tra dirigenti e operai. Poi c’è il dialogo tra le religioni, “per scoprire la verità profonda della loro missione in mezzo agli uomini” e “per contribuire alla costruzione della pace e di una rete di rispetto e di fraternità”.

Di dialogo “vive anche la Chiesa con gli uomini e le donne di ogni tempo, per comprendere le necessità che sono nel cuore di ogni persona e per contribuire alla realizzazione del bene comune”. “Pensiamo al grande dono del creato e alla responsabilità che tutti abbiamo di salvaguardare la nostra casa comune: il dialogo su un tema così centrale è un’esigenza ineludibile”, osserva il Pontefice.

Tutte le forme di dialogo sono pertanto “espressione della grande esigenza di amore di Dio”, che “a tutti va incontro e in ognuno pone un seme della sua bontà, perché possa collaborare alla sua opera creatrice”.

Allora “non dimenticate”, raccomanda a braccio Francesco, “dialogare è ascoltare quello che mi dice l’altro e dire con mitezza quello che penso io. Se le cose vanno così la famiglia, il quartiere, il posto di lavoro andranno bene.

Ma se io non lascio che l’altro dica tutto quello che ha nel cuore, incomincio a urlare – oggi si urla tanto – non avrà buon fine questo rapporto fra noi, non avrà buon fine fra marito e moglie, tra genitori e figli”.

“Gesù – conclude il Santo Padre – ben conosceva quello che c’era nel cuore della samaritana; ciononostante non le ha negato di potersi esprimere ed è entrato poco alla volta nel mistero della sua vita”.

Un insegnamento, questo, che vale anche per noi: “Attraverso il dialogo – assicura Bergoglio – possiamo far crescere i segni della misericordia di Dio e renderli strumento di accoglienza e rispetto”.

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Obiezione di coscienza: un diritto sempre più minacciato

Posté par atempodiblog le 23 octobre 2016

Obiezione di coscienza: un diritto sempre più minacciato
In Italia è a rischio la tutela dei farmacisti contrari all’aborto e dei sindaci contrari alle unioni civili. Il tema discusso in un convegno promosso dal Centro Studi Livatino
di Luca Marcolivo – Zenit

Obiezione di coscienza: un diritto sempre più minacciato dans Aborto Obiezione_di_coscienza

L’obiezione di coscienza è un diritto inalienabile, in Italia tutelato dalla Costituzione. Ciononostante, questo diritto è messo sempre più in discussione dalla cultura relativista odierna. Il tema è stato affrontato ieri nel corso del convegno Coscienza senza diritti?, ospitato alla Camera dei Deputati e promosso dal Centro Studi Rosario Livatino, i cui vicepresidenti, Domenico Airoma, Alfredo Mantovano e Filippo Vari, hanno moderato le sessioni.

In apertura del convegno è stata data lettura del messaggio del cardinale Segretario di Stato Vaticano, Pietro Parolin, secondo il quale l’obiezione di coscienza è “una delle molte frontiere lungo le quali si decide il confronto tra una visione strutturata e valoriale della persona umana e una visione molto più fluida, se non addirittura ‘liquida’ […] di un uomo disancorato da solidi punti di riferimento, secondo una malintesa idea della libertà”.

Al tempo stesso, ha aggiunto il porporato, “l’obiezione di coscienza è anche il luogo dove si misura il fondamento della dignità umana e dove, al tempo stesso ed in negativo, si manifestano le contraddizioni conseguenti ad una incontrollata proliferazione dei diritti, spesso avvenuta trascurando i corrispondenti doveri ed il fondamento degli uni e degli altri, che la Chiesa ravvisa nella dignità inalienabile dell’essere umano in quanto creato da Dio”.

La prima tavola rotonda, introdotta dal questore della Camera dei Deputati, Stefano Dambruoso, che ha accennato alle varie proposte di legge giacenti in Parlamento a regolamentazione dell’obiezione di coscienza, tra le quali quella sulle unioni civili, quella a tutela dei farmacisti (a cura del presidente del Movimento per la Vita, Gian Luigi Gigli) e sulla legalizzazione della cannabis (a cura del vicepresidente della Camera, Roberto Giachetti).

Da parte sua, il presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati, Piercamillo Davigo, ha ricordato la principale fonte del diritto all’obiezione di coscienza, ovvero il “contrasto tra ciò che la coscienza suggerisce e ciò che la legge impone”. In tal senso è la coscienza a prevalere, tanto è vero che perfino nella difesa della patria, definita “sacro dovere del cittadino” (Art. 52 Cost.) – unico passaggio della Costituzione in cui viene utilizzato l’aggetto “sacro” – la legislazione ordinaria ha previsto la possibilità di sostituire il servizio civile al servizio di leva.

Ci sono poi casi, in cui i funzionari pubblici – dal magistrato al capo di stato – possono applicare l’obiezione di coscienza, soltanto dimettendosi dal proprio incarico, come fece – sia pure temporaneamente – il Re del Belgio, Baldovino, nel 1990, per non firmare la legge sull’aborto.

Gregor Puppinck, direttore dello European Center for Law and Justice, ha invece messo in luce un carattere intrinseco dell’obiezione di coscienza: l’astensione da un’azione che la coscienza indica come malvagia, come nel caso dell’uccisione di un bambino ancora nel grembo materno, oppure, in guerra, di un soldato di un esercito avversario.

“Bene e male non sono simmetrici”, ha osservato Puppinck, in quanto “il male va evitato in tutte le circostanze”, mentre il bene va applicato “a seconda delle circostanze”, pertanto andrà sempre applicata la legge che, eventualmente, prescriva l’astensione da un atto anche intrinsecamente buono.

Da parte sua il magistrato Giacomo Rocchi, consigliere della Corte di Cassazione, ha evidenziato come il legislatore italiano, dal 1972 al 2004, abbia sempre privilegiato l’obiezione di coscienza: i casi più significativi, in tal senso, sono il già citato servizio civile e la possibilità per i medici o gli infermieri di non praticare l’aborto, come previsto dalla legge 194, senza trascurare l’astinenza dalla sperimentazione sugli animali o il diritto a non andare a scuola il sabato per gli studenti ebrei.

Oggi, però, “abbiamo perso il significato dell’obiezione”, ha sottolineato Rocchi, come testimoniano le anomalie e i vuoti legislativi come quello della legge sulle unioni civili, che esplicitamente non la prevede.

Eppure, ha aggiunto il magistrato, è proprio “la coscienza che distingue gli esseri umani dagli animali”; essa è qualcosa che va “al di là delle semplici opinioni” e “la grandezza dell’uomo è nelle sue profonde convinzioni”.

Proprio per questo, la recente sentenza del TAR del Lazio che ha vietato l’obiezione di coscienza nei consultori, è la premessa per uno “stato totalitario”.

Le ragioni dei medici obiettori sono state illustrate da Ermanno Pavesi, segretario dell’Associazione Internazionale dei Medici Cattolici, che ha rilevato come in questi anni di “cambiamenti epocali”, si stia verificando un “conflitto tra volontà del malato e del medico”, oggi decisamente sbilanciate a favore del malato; ne è un esempio, l’imposizione in Francia della “sedazione terminale profonda” per i malati terminali, con la quale surrettiziamente si sdogana l’eutanasia.

Altra vittima della mancata chiarezza legislativa è quella dei farmacisti, come ha denunciato Piero Uroda, presidente dell’Unione Cattolica Farmacisti Italiani, anni fa vittima di aggressioni e campagne denigratorie, per il rifiuto di vendere la “pillola del giorno dopo”.

Secondo Uroda, “serpeggiano una mentalità contraria alle verità sgradevoli e l’indifferenza ai valori universali”. La mancata tutela dell’obiezione di coscienza, ha aggiunto, ha determinato veri e propri drammi per farmacisti che si sono ritrovati all’alternativa tra vendere la pillola e chiudere l’attività, pur avendo una famiglia da mantenere.

Il tema dell’obiezione di coscienza per i sindaci che non vogliono ratificare le unioni civili è stato sollevato da Paolo Maria Floris, dirigente della Pubblica Amministrazione, che ha messo in guardia dal rischio di un “mito dell’infallibilità del legislatore” che rischia di andare a scapito della stessa “dignità umana”, mentre il neuropsichiatra Massimo Gandolfini, fondatore e presidente del Comitato Difendiamo i Nostri Figli, ha ribadito come la sfida si stia spostando soprattutto in ambito educativo.

Di fronte ai pericoli di una disgregazione antropologica rappresentati dall’ideologia del gender, Gandolfini ha preso atto di come, dopo i due Family Day del 20 giugno 2015 e del 30 gennaio 2016, “le famiglie stiano diventando sempre più consapevoli” e si ingrossano le fila dei genitori che, di fronte alle linee guida del MIUR contro le discriminazioni, si stanno battendo per il diritto al “consenso informato preventivo”, che permetterebbe di esentare i bambini dalle lezioni di gender, per le quali il maschile e il femminile biologici non sono più “archetipi” ma “stereotipi”.

Concludendo il convegno, il presidente del Centro Studi Livatino, Mauro Ronco, ha attribuito un ruolo “profetico” alla difesa dell’obiezione di coscienza, in un momento in cui avanza una cultura che trasforma in “desideri”, dei “crimini” come l’eutanasia o la sterilizzazione, peraltro legalizzati nella Germania nazista.

Nel caso delle unioni civili, ha denunciato poi Ronco, sta prendendo piede la prassi delle “celebrazioni” in municipio – atto dalla rilevanza simbolica assai forte – alla stregua di un vero e proprio matrimonio, quando, in realtà esse consistono in una semplice “dichiarazione”.

Quanto all’indottrinamento gender, ha concluso il presidente del Centro Studi Livatino, abbiamo la certezza che, presto o tardi, “la natura prevarrà sull’ideologia” ma se non si interviene in tempo, le “sofferenze” per la società intera potrebbero essere devastanti.

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La moderna scuola elementare

Posté par atempodiblog le 22 octobre 2016

La moderna scuola elementare dans Citazioni, frasi e pensieri scuola_primaria

Non penso che la moderna scuola elementare diffonda la luce della conoscenza. Non penso che diffonda niente, se non ogni tanto gli orecchioni.

Gilbert Keith Chesterton

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Papa Francesco: cristiani rifiutino lotte, lavorare per l’unità nella Chiesa

Posté par atempodiblog le 21 octobre 2016

Papa Francesco: cristiani rifiutino lotte, lavorare per l’unità nella Chiesa
Umiltà, dolcezza, magnanimità. Nella Messa mattutina a Casa Santa Marta, Papa Francesco ha indicato questi tre punti chiave per costruire l’unità nella Chiesa. Ancora una volta, il Pontefice ha dunque esortato i cristiani a rifiutare le gelosie, le invidie e le lotte.
di Alessandro Gisotti – Radio Vaticana

 Papa Francesco: cristiani rifiutino lotte, lavorare per l'unità nella Chiesa dans Commenti al Vangelo Papa_Francesco

“Pace a voi”. Papa Francesco ha sviluppato la sua omelia sottolineando che il saluto del Signore “crea un vincolo”, un vincolo di pace.

Un saluto, ha ripreso, che “ci unisce per fare l’unità dello spirito”. “Se non c’è pace – ha osservato – se non siamo capaci di salutarci nel senso più ampio della parola, avere il cuore aperto con spirito di pace, mai ci sarà l’unità”.

Lo spirito del male semina guerre, i cristiani evitino lotte 
E questo, ha precisato Francesco, vale per “l’unità nel mondo, l’unità nelle città, nel quartiere, nella famiglia”:

“Lo spirito del male semina guerre, sempre. Gelosie, invidie, lotte, chiacchiere … sono cose che distruggono la pace e pertanto non può essere l’unità. E come è il comportamento di un cristiano per l’unità, per trovare questa unità? Paolo dice chiaramente: ‘Comportatevi in maniera degna, con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità’.

Questi tre atteggiamenti. Umiltà: non si può dare la pace senza l’umiltà. Dove c’è la superbia, c’è sempre la guerra, sempre la voglia di vincere sull’altro, di credersi superiore. Senza umiltà non c’è pace e senza pace non c’è unità”.

Riscoprire la dolcezza, il sopportarsi a vicenda
Il Papa ha quindi constatato con amarezza che abbiamo ormai “dimenticato la capacità di parlare con dolcezza, il nostro parlato è sgridarci. O sparlare degli altri … non c’è dolcezza”.

La dolcezza, invece, “ha un nocciolo che è la capacità di sopportare gli uni gli altri”: ‘Sopportandovi a vicenda’, dice Paolo. Bisogna avere pazienza, ha ripreso il Papa, “sopportare i difetti degli altri, le cose che non piacciono”:

“Primo: umiltà; secondo: dolcezza, con questo sopportarsi a vicenda; e terzo: magnanimità: cuore grande, cuore largo che ha capacità per tutti e non condanna, non si rimpiccolisce nelle piccolezze, ‘che ha detto questo’, ‘che ho sentito questo’, ‘che …’: no: largo il cuore, c’è posto per tutti. E questo fa il vincolo della pace, questo è il modo degno di comportarci per fare il vincolo della pace che è creatore di unità. Creatore di unità è lo Spirito Santo, ma favorisce, prepara la creazione dell’unità”.

Aiutiamo a costruire l’unità con il vincolo della pace
“Questa – ha detto ancora – è la maniera degna della chiamata del mistero al quale siamo stati chiamati, il mistero della Chiesa”. Il Papa ha così invitato tutti a riprendere il capitolo XIII della Lettera ai Corinzi che ci “insegna come fare lo spazio allo Spirito, con quali atteggiamenti nostri perché Lui faccia l’unità”:

“Il mistero della Chiesa è il mistero del Corpo di Cristo: ‘Una sola fede, un solo Battesimo’, ‘un solo Dio Padre di tutti che è al di sopra di tutti’, opera ‘per mezzo di tutti ed è presente in tutti’: questa è l’unità che Gesù ha chiesto al Padre per noi e che noi dobbiamo aiutare a fare, questa unità, con il vincolo della pace. E il vincolo della pace cresce con l’umiltà, con la dolcezza, con il sopportarsi l’uno con l’altro, e con la magnanimità”.

“Chiediamo che lo Spirito Santo – è stata la sua invocazione – ci dia la grazia non solo di capire, ma di vivere questo mistero della Chiesa, che è un mistero di unità”.

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Papa Francesco: Pastorale vocazionale non un programma, ma incontro con Gesù

Posté par atempodiblog le 21 octobre 2016

Papa Francesco: Pastorale vocazionale non un programma, ma incontro con Gesù
La pastorale vocazionale non è un progetto, ma consiste nell’imparare lo stile di Gesù. Così, in sintesi, il Papa nel discorso ai partecipanti al Convegno Internazionale di Pastorale vocazionale, in corso da mercoledì scorso in Vaticano, promosso dalla Congregazione per il Clero. Ai circa 255 partecipanti, ricevuti stamani in Sala Clementina, Francesco ha chiesto di “essere pastori in mezzo al popolo”, capaci di ascolto e misericordia.
di Debora Donnini – Radio Vaticana

Papa Francesco: Pastorale vocazionale non un programma, ma incontro con Gesù dans Commenti al Vangelo Pastorale_vocazionale

La chiamata di Matteo. E’ l’episodio del Vangelo con cui il Papa spiega la pastorale vocazionale: Gesù esce a predicare, poi vede Levi, il pubblicano, seduto al banco delle imposte, quindi lo chiama. “Uscire, vedere, chiamare” sono i tre verbi che incarnano questo dinamismo. Il motto del suo Pontificato,  Miserando atque eligendo, si riferisce proprio alla chiamata di Matteo e costituisce il tema dello stesso Convegno vocazionale. Un motto che fa memoria degli anni giovanili del Papa, quando sentì la chiamata del Signore: non “a seguito di una conferenza”, ricorda, ma “per aver sperimentato l’amore misericordioso di Gesù »:

“Dunque, è bello che siate venuti qui, da molte parti del mondo, a riflettere su questo tema, ma, per favore, che non finisca tutto con un bel convegno! La pastorale vocazionale è imparare lo stile di Gesù, che passa nei luoghi della vita quotidiana, si ferma senza fretta e, guardando i fratelli con misericordia, li conduce all’incontro con Dio Padre”.

Bisogna uscire e ascoltare i giovani. Non è un compito da ufficio burocratico
Prima di tutto dunque bisogna “uscire”. Serve una Chiesa in movimento, ricorda Francesco, che non resti chiusa “nel comodo criterio pastorale del ‘si è fatto sempre così’”. Bisogna invece essere “audaci e creativi”, uscire dalle rigidità e “dalle formule standardizzate che spesso risultano anacronistiche”:

“Lo chiedo soprattutto ai pastori della Chiesa, ai vescovi e ai sacerdoti: voi siete i principali responsabili delle vocazioni cristiane e sacerdotali, e questo compito non si può relegare a un ufficio burocratico. Anche voi avete vissuto un incontro che ha cambiato la vostra vita, quando un altro prete – il parroco, il confessore, il direttore spirituale – vi ha fatto sperimentare la bellezza dell’amore di Dio”.

Il Papa esorta quindi i pastori a fare lo stesso: uscire, ascoltare i giovani, aiutarli a discernere. “E’ triste – nota – quando un prete vive solo per se stesso, chiudendosi nella fortezza sicura della canonica”:

“Al contrario, siamo chiamati a essere pastori in mezzo al popolo, capaci di animare una pastorale dell’incontro e di spendere tempo per accogliere e ascoltare tutti, specialmente i giovani”.

Il pastore deve avere lo stesso sguardo misericordioso di Gesù, senza fretta e con discernimento
Il secondo asse portante per Francesco è “vedere”: senza farsi prendere dalla fretta o dall’”attivismo organizzato”, bisogna invece trovare il tempo per incontrare le persone.

Il termine miserando infatti esprime proprio un abbracciare con gli occhi e col cuore. Così Gesù ha guardato Matteo: e questo pubblicano finalmente non ha percepito uno sguardo di disprezzo, ma d’amore:

“Gesù ha sfidato i pregiudizi e le etichette della gente; ha creato uno spazio aperto, nel quale Matteo ha potuto rivedere la propria vita e iniziare un nuovo cammino”.

Un pastore deve quindi essere “attento, non frettoloso, capace di fermarsi e leggere in profondità”, senza far sentire l’altro giudicato.

Deve avere uno sguardo “capace di suscitare stupore per il Vangelo”, “uno sguardo di discernimento, che accompagna le persone, senza né impossessarsi della loro coscienza, né pretendere di controllare la grazia di Dio”. Soprattutto Francesco vuole che ci sia discernimento “senza leggerezze o superficialità”:

“Lo dico in particolare ai fratelli vescovi: vigilanza e prudenza. La Chiesa e il mondo hanno bisogno di sacerdoti maturi ed equilibrati, di pastori intrepidi e generosi, capaci di vicinanza, ascolto e misericordia”.

Gesù non presenta un programma ma suscita il fascino di seguirLo
Il terzo punto è “chiamare”, il verbo tipico della vocazione cristiana:

“Gesù non fa lunghi discorsi, non consegna un programma a cui aderire, non fa proselitismo, né offre risposte preconfezionate. Rivolgendosi a Matteo, si limita a dire: ‘Seguimi!’. In questo modo, suscita in lui il fascino di scoprire una nuova mèta, aprendo la sua vita verso un ‘luogo’ che va oltre il piccolo banco dove sta seduto”.

Il Papa esorta quindi a non ridurre la fede “a un libro di ricette o a un insieme di norme”, ma ad aiutare i giovani a “mettersi in cammino e a scoprire la gioia del Vangelo”. Francesco sa che non è un compito facile e che i risultati possono essere scarsi e produrre scoraggiamento, ma il Signore dona il coraggio di “gettare le reti anche quando siamo stanchi e delusi per non aver pescato nulla”, sottolinea.

Ai vescovi e ai sacerdoti Francesco chiede dunque di farsi prossimi, uscire a seminare la Parola con sguardi di misericordia. Chiede di esercitare il discernimento dando impulso alle vocazioni, attraverso l’evangelizzazione. E soprattutto a mostrare, dice, “la vostra testimonianza gioiosa” che è bello donare al Signore la vita per sempre.

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Perché i giovani si suicidano

Posté par atempodiblog le 20 octobre 2016

Perché i giovani si suicidano
Spesso lo dicono e non lo fanno, ma cresce il dato inquietante del “suicidio social”. Cosa ci dice questa recente novità?
di Davide Vairani – La Croce – Quotidiano

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Troppi giovani annunciano di volersi uccidere sui social network e poi tentano di farlo davvero. Non può essere una moda. Troppo facile liquidare così dei drammi. Il tritacarne mediatico non ci entra dentro fino in fondo. Non c’è tempo per farlo, non c’è convenienza a farlo.

L’ultimo episodio del genere in ordine cronologico è successo a Cagliari, dove una modella di 25 anni ha annunciato che voleva farla finita, nonostante i post immediati che la scongiuravano di non farlo, e si è lanciata dalla finestra dell’abitazione in cui viveva al quarto piano. Non è morta sul colpo, ma è ricoverata in gravissime condizioni tra la vita e la morte. Nel suo ultimo post una foto sorridente e poi il drammatico messaggio: “Quest’anno è stato per me pieno di cambiamento, sfide, delusioni e dolori… dolori tropo forti… irrisolvibili… Ricordatemi con il sorriso. Vi saluto con questa ultima foto”. Secondo i conoscenti la ragazza aveva subito un grave lutto nei mesi scorsi e poi si era lasciata con il fidanzato con cui stava insieme da dieci anni. “Quest’anno è stato per me pieno di cambiamento, sfide, delusioni e dolori… dolori troppo forti… irrisolvibili… Ricordatemi con il sorriso. Vi saluto con questa ultima foto”. È stato questo l’ultimo post scritto sul social network dalla 25enne ed è proprio da questo post che sono scattati gli appelli per tentare di salvarla. A quanto pare alcuni mesi fa la 25enne ha perso una persona cara, probabilmente un fidanzato, e la sua scomparsa l’avrebbe profondamente turbata: “Grazie a te per questi bellissimi 10 anni anche se finiti male. Ho provato a respirare ma non ce l’ho fatta”.

Maggio 2016. “Sono arrivata al punto di non aver più voglia di niente. Nulla che mi faccia piacere o mi dia la voglia di alzarmi al mattino”: dal vivo, sulla “app” che impazza fra i giovanissimi, Periscope, una diciannovenne della banlieue di Parigi ha deciso di uccidersi e si è buttata sotto il treno. In centinaia hanno seguito i tragici momenti, seguiti dall’arrivo, vano, dei soccorritori. La storia che lascia sgomenta la Francia si è svolta nel dipartimento dell’Essonne, nello sconfinato hinterland parigino. La ragazza di nome Oceane, di 19 anni e dai lunghi capelli neri, si è buttata lungo i binari della linea ferroviaria suburbana RER C, all’altezza della stazione di Egly, qualche minuto dopo aver inviato un sms a un amico per avvertirlo della sua scelta di farla finita. Centinaia di persone avrebbero assistito al suo macabro gesto in diretta su Periscope. In una serie di video postati prima di passare all’atto, la ragazza parla seduta sul divano rosso di casa sua.

Agrigento. Annuncia suicidio su Facebook e si butta da balcone. Gennaio 2016. La vittima è un ventenne. Gesto forse dettato da una delusione amorosa. Sotto choc l’amico che, letto il post, si era precipitato a casa sua e lo ha invece trovato sull’asfalto già morto. Annuncia con un lungo post l’intenzione di suicidarsi e poi si butta dal balcone della sua casa. 20 anni e si è tolto la vita. Un post pubblicato su Facebook intorno alle 2 della notte e poi il silenzio, con i suoi amici che lo imploravano di rispondere al telefono. “Scusatemi tutti – ha scritto si Fb – ma dico addio a questo mondo dove le cose immorali sono giuste (tipo gay lesbiche e bisex possono avere la coscienza pulita se infrangono cuori o la prostituzione o la droga pesante) spero che Dio o qualcun altro porti giustizia …addio mi mancherai soprattutto tu amore mio… mi dispiace ma a una azione ne corrisponde una conseguenza! … addio anche ai miei amici mi mancherete”.

Tragedia a Pozzuoli: 24enne si suicida dopo averlo annunciato su Facebook. La causa: rottura del rapporto sentimentale. All’interno di uno sgabuzzino di una palazzina, è stato ritrovato esanime il corpo di Giuseppe D.G., 24 anni. Il ragazzo, che viveva con i genitori, si è suicidato poco dopo aver lasciato un saluto lapidario su Facebook: “Un bacio ed un abbraccio a tutte le persone che mi hanno voluto bene”. A quanto pare, il motivo che ha indotto Giuseppe a questo estremo gesto, è stata la sofferenza procurata dalla fine del suo rapporto con la ragazza. Disperazione ed incredulità si sono diffuse tra i parenti e gli amici, i quali hanno manifestato la propria vicinanza ai genitori del ragazzo anche attraverso messaggi di cordoglio su Facebook.

Potremmo andare avanti in una macabra e agghiacciante rassegna di nomi e cognomi… Ci fermiamo qui. Che cosa sta succedendo? Non lo so. Complicato, complesso. Non ho risposte. E non ho davvero voglia di buttarla sulla responsabilità dei social e della cultura dell’apparire e dell’immagine. Perché non mi pare questo il nodo. I social sono degli strumenti. È come confondere la malattia con il sintomo. I nodi stanno a monte dei social. I social non sono che lo specchio che mostra con evidenza che ci sono dei problemi. Mostra le rughe impietose sul viso e i dettagli del nostro corpo e del nostro spirito che non vorremmo guardare. Ma è così. Se il 70% dei giovani e dei ragazzi di oggi scelgono di esternare ciò che provano dentro sui social anziché parlarne con qualcuno, il problema non sta nei social, ma in quel qualcuno che non c’è. O che c’è e finge di non esserci.

Io ho una figlia sola. Ha 15 anni. E osservo i suoi coetanei e guardo lei. Non si sognerebbe mai di farla finita per una delusione d’amore o per qualsiasi altra bomba emotiva. Perchè? Perchè è più brava e intelligente? Ma no. Ma valà. La osservo con gli altri di nascosto quando posso. La vedo capace di dire dei no e dei sì, la vedo capace di scegliere, ponderare, la vedo anche fragile. La vedo complicata a tirare fuori fino in fondo ciò che sente, prova e vive. Ma la vedo anche subito dopo chiamare la mamma. Chiederle aiuto. La vedo con la voglia di parlare con chi si fida, con chi sa con certezza che la vuole ascoltare senza giudicare moralisticamente ciò che fa e pensa. Fin da piccola è stata abituata a parlare, a tirare fuori ciò che provava, ciò che viveva, educata a rielaborare sentimenti e pulsioni. Educata a non arrendersi al mondo che cospira contro. E a reagire per come è lei, con il suo stile, con il suo modo di misurarsi con il mondo, con la bellezza di scoprirsi ogni giorno in cammino nella vita. Resistente critica a ciò che passa il mainstreming. Con mia figlia guardiamo la Tv e i social, leggiamo i drammi dei suoi coetanei. Li legge. E li commenta con i suoi grandi occhi sgranati. Corruccia la fronte. Poi rialza gli occhi e guarda le immagini sullo schermo. Non riesce a capire perché. “Quest’anno è stato per me pieno di cambiamento, sfide, delusioni e dolori… dolori tropo forti… irrisolvibili… Ricordatemi con il sorriso. Vi saluto con questa ultima foto”. Silenzio. Poi dice: “Ma non c’è proprio nessuno nessuno che le vuole bene?”.

Già. Basterebbe una carezza. Basterebbe una parola detta al momento giusto. Invece spesso non è così. Ci pervade una cultura di morte. Una cultura che esige anzi e sopra tutto il diritto individuale di fare ciò che crede giusto in quel momento. Il diritto all’autodeterminazione di sé non prevede prigionieri e non prevede autorità che possa dirti o suggerirti che esistono dei limiti invalicabili. Limiti che fanno parte di noi, che non sono affatto castranti costrutti di costumi e usi sociali. Limiti che non sono dettati da ideologie, da fedi o da altro se non dall’evidenza. Non siamo nati da soli. Non ci siamo fabbricati da soli. E dunque non possiamo scegliere di chiudere qui la vita quando vogliamo o quando non ce la facciamo più. Chi decide “quando non ce la si fa più”? È una questione di età, di salute, di voglia o meno di vivere? È sufficiente questo per lasciare alibi convincenti a mettersi a posto la coscienza per farla finita? Ma non raccontiamoci balle.

“Queste persone non vedono più alcuna possibilità di dare un senso alla loro vita, patiscono profondamente la perdita di indipendenza e rimangono isolati o da soli forse perchè hanno perso la persona amata, ma per mettere fine alla loro vita hanno bisogno di un aiuto”, hanno affermato i due ministri olandesi alla Salute e alla Giustizia. Parlavano di persone anziane. E il tema era la promozione di una legge per consentire l’accesso alla “morte assistita” anche a chi considera semplicemente completata la sua vita. E se a decidere che la propria vita è conclusa e finita sono ragazzi e ragazze di 17 anni? Che differenza fa? Uguale. Se dilatiamo ed estendiamo questo ragionamento non possiamo che arrivare a questa conclusione.

È questo il mondo che vogliamo?

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Vivere una letizia di fondo nella vita

Posté par atempodiblog le 20 octobre 2016

Vivere una letizia di fondo nella vita
di Franco Nembrini

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Un padre che ha dieci figli, che è affetto dalla sclerosi multipla a quaranta anni ed è povero in canna, agli occhi di tutti è uno “sfigato”, eppure continuo a chiedermi come fosse stato possibile che in seconda media potessi scrivere una frase come quella che ho trovato in un quaderno datato riemerso durante un trasloco.

Era una pagina bianca, quando l’ho vista è riaffiorato alla memoria con molta chiarezza quel giorno che avevo voglia di prendere la penna in mano per scrivere quella frase. Non so se fosse una preghiera, una canzone o una poesia, perché sulla pagina compariva solo una riga: «Signore, fammi essere come mio padre».

Alla domanda sul perché desiderassi essere come mio padre, oggi viene da rispondere che lo volevo, allora come sempre (oggi lo desidero ancora più fortemente), per la semplice ragione che mio padre, che non sapeva l’italiano, non sapeva fare i soldi, non era furbo, non era tante cose, però sapeva le cose che nella vita bisogna sapere, sapeva della vita e della morte, della gioia e del dolore, della verità e della menzogna, del bene e del male.

Guardando mio padre, che non faceva prediche, non faceva discorsi, mi dicevo: «Lui lo sa». Osservavo intorno a me quelli che erano più furbi, che stavano meglio, ma non mi convincevano alla stessa maniera. Mi interessava quella saggezza, quella letizia che mio padre nel dolore, nella fatica, nella malattia mi testimoniava in un modo clamoroso. Era assolutamente evidente che mio padre, che fischiava sempre, viveva una letizia di fondo nella vita, per cui era come se mi incuriosisse, mi trascinasse.

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Un cuore, un cervello e un’anima

Posté par atempodiblog le 19 octobre 2016

Un cuore, un cervello e un’anima
I giovani hanno bisogno di stima, per guardare al domani con speranza
di Carlo Climati – Zenit

Un cuore, un cervello e un’anima dans Articoli di Giornali e News Adorazione_Eucaristica

Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco hanno in comune una cosa molto bella. Sono i Papi delle Giornate Mondiali della Gioventù. Hanno avuto ed hanno, ancora oggi, la gioia di offrire ai giovani un regalo meraviglioso: la stima.

È questo il segreto dell’ottimo rapporto tra i Papi e le nuove generazioni: essere riusciti a manifestare ai giovani una profonda stima, in un mondo che mostra sempre più spesso un profondo disprezzo nei confronti dei ragazzi.

Proviamo un po’ a guardarci intorno. Sono tante, purtroppo, le occasioni in cui i giovani vengono traditi, usati, strumentalizzati, schiavizzati, indottrinati, manovrati, calpestati nella loro dignità di esseri umani.

Il cammino della gioventù è disseminato di trappole lasciate in giro dagli adulti. È come se i ragazzi fossero costretti a muoversi continuamente in un campo minato, pronto ad esplodere e a lasciare ferite profonde.

Pensiamo, ad esempio, a che cosa accade durante il fine settimana in certi locali da ballo. La discoteca, di per sé, rappresenta una risposta a un sano e giusto desiderio dei giovani: quello di riunirsi per trascorrere qualche ora in allegria, incontrando altri amici.

Questo è il punto di partenza. Il punto d’arrivo, purtroppo, è spesso devastante. Si inizia con un semplice desiderio di ballare e si finisce con il consumare droga o morire in automobile, sulla strada del ritorno a casa.

Questo accade perché la sana voglia di divertimento dei ragazzi viene tradita da persone senza scrupoli che gestiscono i loro locali in modo irresponsabile. Creano ambienti pericolosi, facendo finta di non vedere ciò che accade nelle proprie discoteche.

L’obiettivo di certe persone è uno solo: arricchirsi sulla pelle dei ragazzi, sfruttarli, spremerli, succhiare la loro anima e ridurli ad uno stato bestiale. Non hanno alcuna stima dei giovani. Vogliono semplicemente strumentalizzarli per far crescere il proprio conto in banca.

Lo stesso meccanismo mentale è alla base, purtroppo, delle scelte che si fanno in televisione. Anche in questo caso si offrono ai giovani cose orribili, scadenti, diseducative. Alcuni programmi televisivi sono un concentrato di banalità, volgarità e cattivo gusto.

L’equivoco è sempre quello: credere che i ragazzi siano stupidi. E quindi, automaticamente, si mandano in onda trasmissioni di basso livello. L’unico scopo è cercare di alzare gli indici d’ascolto, per poi bombardare i ragazzi di spot pubblicitari.

Le Giornate Mondiali della Gioventù hanno rappresentato un’alternativa fondamentale a tutto questo. Sono state grandissime manifestazioni di stima nei confronti delle nuove generazioni. Hanno valorizzato i giovani. Li hanno finalmente considerati per ciò che sono: esseri umani con un cuore, un cervello ed un’anima.

Giovanni Paolo II non ha considerato i ragazzi “macchinette fabbricasoldi” da bombardare con gli spot pubblicitari. Li ha amati e stimati tanto, dal profondo del suo cuore.

Pensiamo, solo per fare un esempio, al bellissimo Messaggio scritto da Giovanni Paolo II per la Giornata di Colonia. Uno splendido testamento spirituale che rappresenta la sintesi perfetta del suo pensiero.

Questo Messaggio invita i ragazzi a rifiutare tutte le peggiori forme di idolatria che si affacciano alle soglie del terzo millennio: i falsi miti della ricchezza, del successo, del denaro facile, di una spiritualità falsa e vuota. La strada alternativa è una sola: Cristo e il suo Vangelo. Un dono bellissimo per i giovani e per l’intera umanità.

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Come la Clinton tenta d’infiltrarsi nella Chiesa

Posté par atempodiblog le 15 octobre 2016

Come la Clinton tenta d’infiltrarsi nella Chiesa
Wikileaks rivela le manovre dello staff di Hillary Clinton: creare associazioni di “cattolici adulti” per infiltrare la Chiesa e promuovere una rivoluzione culturale e dottrinale. Lo scopo e far accettare l’agenda liberaldem su contraccezione, omosessualità, gender. Ma ma non sono solo i Dem a cercare di manipolare l’insegnamento della Chiesa e il comportamento politico dei cattolici: per questi ultimi resta solo il dovere di «aprire una terza via»
di Emiliano Fumaneri  – La Croce – Quotidiano

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La notizia ha del clamoroso. Il settimanale “The Catholic Herald” denuncia lo staff di Hillary Clinton per aver operato, almeno dal 2012, al fine di promuovere una specie di “primavera” nella Chiesa Cattolica (sul modello delle primavere arabe) infiltrandola con agitatori. A questo scopo i Democratici avrebbero creato dei gruppi di pressione interni per istigare una rivoluzione culturale e dottrinale nella Chiesa, una rivoluzione capace di propiziare l’accettazione della contraccezione, dell’omosessualità, del gender, del sacerdozio femminile. In breve, un “cambio di paradigma” che aprisse la Chiesa all’agenda liberaldemocratica.

È quanto emerge da alcuni “leaks”, in particolare dalla pubblicazione delle email di John Podestà, cattolico organico al Partito Democratico e responsabile della campagna elettorale della Clinton. Podestà confessa di aver sostenuto due organizzazioni cattoliche per promuovere una “rivoluzione” nella Chiesa.

In una mail del febbraio 2012 pubblicata da Wikileaks, Podesta risponde al suo vecchio capo e amico di Obama Sandy Newman a proposito di un auspicato cambio di linea nella Chiesa Cattolica. Scrive Newman: «Ciao John, tutta questa controversia coi vescovi che si oppongono alla copertura contraccettiva, anche se il 98% delle donne cattoliche (compresi i loro partner coniugali) ha fatto uso della contraccezione, mi ha fatto pensare». La polemica con l’episcopato è quella sorta attorno all’Obamacare, la contestata riforma sanitaria varata nel 2010 dall’amministrazione democratica che includeva nell’assicurazione obbligatoria anche coperture per pratiche abortive e anticoncezionali (e sulla quale pendeva il giudizio di costituzionalità della Corte Suprema).

Sandy Newman invoca per questo una «primavera cattolica» (Catholic Spring) in cui «gli stessi cattolici chiedono la fine di una dittatura medievale, l’inizio di un po’ di democrazia e il rispetto dell’uguaglianza di genere nella Chiesa Cattolica». La «copertura contraccettiva», prosegue Newman, «è una questione sulla quale questo potrebbe realizzarsi?», si chiede Newman. «I Vescovi senza dubbio continueranno la battaglia. L’appoggio della Catholic Hospital Association alla nuova politica dell’Amministrazione, assieme col “98%”, può creare un’opportunità?». «Naturalmente – prosegue Newman – questa idea rivela forse solo la mia totale incomprensione della Chiesa Cattolica, del potere economico che è in grado di far valere su suore e preti che su di lei fanno assegnamento per mantenersi, ecc. Anche se l’idea non è assurda, non ritengo di essere idoneo a farmi coinvolgere e nemmeno so come qualcuno potrebbe “piantare i semi della rivoluzione” né chi potrebbe farlo. Mi chiedevo solo… ”.

Qualche seme di sobillazione in effetti è già stato piantato, gli replica Podesta: «Abbiamo creato i Catholics in Alliance for the Common Good per organizzare un momento come questo. Ma penso che manchi la leadership per farlo ora. Lo stesso vale per i Catholics United. Come la maggior parte dei movimenti della primavere, penso che dovranno svilupparsi dal basso. Ne discuterò con Tara. Kathleen Kennedy Townsend (ex vicegovernatore del Maryland e figlia primogenita di Bobby Kennedy, il fratello di JFK; ndc) è l’altra persona da consultare». La «Tara» a cui fa riferimento Podesta è presumibilmente Tara McGuinness, veterana del Partito Democratico di famiglia cattolica e membro del Center for American Progress, il think tank liberal fondato dallo stesso Podesta. Sempre quello stesso anno, nel 2012, sulle colonne di “New Republic Tara McGuinness ha esortato i cattolici a sospendere le ostilità contro l’amministrazione di Obama sul controverso tema del controllo delle nascite e della salute riproduttiva.

Si intuisce facilmente l’importanza che poteva avere per i Democratici orientare a proprio favore l’opinione pubblica dei cattolici americani. La “captatio benevolentiae” di Tara, guarda caso, faceva leva proprio sull’argomento del «98% di donne cattoliche» che usano la contraccezione. È di tutta evidenza che a una simile “svolta” sono funzionali proprio movimenti come i Catholics in Alliance for the Common Good (CACG, Cattolici in alleanza per il bene comune), fondati nel 2005 da Tom Periello. Il presidente dei CACG è tale Fred Rotondaro. Entrambi, ricorda “Catholic Herald”, sono membri del Centre for American Progress, la creatura di Podesta.

Nel 2010 il “cattolico” Rotondaro invocava l’ordinazione sacerdotale femminile: «Non ho mai visto alcuna motivazione razionale sul perché una donna non possa essere sacerdote », scriveva sull’Huffington Post. Sempre nello stesso articolo Rotondaro contesta la dottrina cattolica sulla contraccezione e sostiene che «il sesso omosessuale viene da Dio» chiedendosi se «qualche cattolico praticante sotto gli 80 anni» condivida ancora la bislacca tesi del magistero cattolico sulla immoralità del sesso scollegato dalla procreazione.

Questa e altre “perle” sembrano rendere pienamente ragione al giudizio di chi ha sempre descritto i CACG come un “cavallo di Troia” creato per minare l’insegnamento della Chiesa. Ma prima del “leaks” di Podesta i legami col Partito Democratico non erano così evidenti. L’altro cavallo di Troia, ovvero i Catholics United, è stato fondato nel 2005 dagli attivisti democratici Chris Korzen e James Salt.

Nel 2008 ii Catholics United hanno denigrato i vescovi che negavano la Comunione ai politici per il loro appoggio all’aborto descrivendo la loro presa di posizione come «un vergognoso tentativo di usare il sacramento cattolico della Comunione come arma politica». Dopo le rivelazioni di Wikileaks appare evidente che questi organismi di rispondono a una raffinata operazione di propaganda conosciuta come “astroturfing”, un termine forgiato in Usa negli anni Ottanta. Con questa tecnica si intende la creazione a tavolino di un consenso dal basso a favore di un prodotto, di un’idea, di un candidato alle elezioni. Il termine prende il nome da “AstroTurf”, un’erba artificiale prodotta e commercializzata su larga scala dalla Monsanto. Il primo a impiegarlo fu un senatore texano che, insospettito da una intensa campagna di lettere da parte delle assicurazioni, parlò di “astroturfing” come sinonimo di “corrispondenza organizzata”.

Le manovre di “astroturfing” si avvalgono spesso di individui pagati per produrre artificialmente un’aura positiva intorno all’oggetto da promuovere. Nulla impedisce naturalmente che agiscano anche da sicofanti in operazioni di killeraggio mediatico tese a screditare l’immagine del “nemico”.

Non è la prima volta che Wikileaks fa emergere infiltrazioni e manovre lobbistiche tese a fomentare una sollevazione progressista nella Chiesa. Prima di Podesta toccò a uno scambio di mail tra Jennifer Palmieri, responsabile della comunicazione per la campagna di Hilary Clinton, e John Halpin (organico al Centre for American Progress). Uno scambio nato da un articolo del “New Yorker” su Rupert Murdoch nel quale si faceva notare come il magnate televisivo e Robert Thomson, allora direttore editoriale del Wall Street Journal, fossero cattolici.

In una mail del 2011, Halpin scrive: «Molti dei più potenti componenti del movimento conservatore sono tutti cattolici (molti convertiti), dalla SC (un probabile riferimento alla Corte Suprema; ndc) e dai think tank fino ai mass media e alle associazione». Per Halpin l’impegno di questi cattolici nella fila del conservatorismo americano testimonia la loro cattiva interpretazione del cattolicesimo politico. Si tratta, sentenzia il lobbista, di uno «sbalorditivo imbastardimento della fede». Costoro, sempre secondo Halpin, sarebbero «totalmente all’0scuro del cristianesimo democratico» nonché attratti «dal pensiero sistematico e da relazioni di genere rigorosamente arretrate». Jennifer Palmieri concorda col collega: «Immagino che pensino che una religiosità politicamente conservatrice sia quella più accettabile socialmente. I loro ricchi amici non comprenderebbero se diventassero evangelici». «Ottima osservazione», replica Halpin: «Possono buttare lì un po’ di pensiero “tomistico”, di “sussidiarietà”, e apparire sofisticati perché nessuno sa di che diavolo stiano parlando».

Certo, notizie come queste stupiscono solo chi ignora l’esistenza e l’importanza della guerra psicologica. In particolare la strategia americana si ispira al concetto militare di “full spectrum dominance” (dominio dell’intero spettro). Secondo questa teoria le forze armate statunitensi devono ottenere il controllo pieno e simultaneo delle cinque dimensioni dello spettro del campo di battaglia (terra, mare, aria, spazio extra-atmosferico e cyberspazio, che comprende anche le operazioni informativa, di propaganda e di guerra psicologica). La strategia di dominio dell’intero spettro fa ampio uso dello “smart power”, una combinazione tra l’uso della forza (hard power) e il potere di persuasione (soft power, ovvero una sottile forma di propaganda).

Così il perseguimento di obiettivi statunitensi viene mascherato da protezione di diritti universali.

In questa strategia rientra anche l’appoggio a movimenti e associazioni che “promuovono la democrazia” in quegli stati in cui, nell’ottica di Washington, è auspicabile un cambio di regime. Le mail pubblicate da Wikileaks mostrano che anche un organismo sui generis come la Chiesa Cattolica è integrato nelle strategie di intelligence americane. Essa appare al tempo stesso come luogo di raccolta delle informazioni e come luogo dove esercitare sofisticate operazioni informative- disinformative e psicologiche. Se qualcuno credesse che solo i Democratici cerchino di manipolare gli stati d’animo dei cattolici, temiamo che costui si ingannerebbe.

Per convincersi del contrario basta leggere quanto scrive il saggista americano E. Michael Jones in un articolo che denuncia l’«operazione nera» mirata ad accattivarsi l’appoggio cattolico alla guerra irachena del 2003 (“Manipulating Catholic Support for the War: The Black Operation Known as ‘Conservatism’”). È così che nel marzo del 2003, mentre le truppe americane cominciano ad ammassarsi ai confini dell’Iraq, appare sul “Wall Street Journal” un articolo a firma di Rob Dreher, che si identica come “cattolico” esortando i suoi correligionari a non prestare ascolto a papa Giovanni Paolo II – contrario all’avventura irachena – perché con lo scandalo della pedofilia dei preti la Chiesa avrebbe perso in credibilità.

Nel 2003 Rob Dreher è un giornalista 27enne, che lavora per “National Review” (un giornale su cui pesano sospetti di infiltrazioni dell’intelligence). Il suo articolo è tutto un sibilo velenoso: «Perché gli scandali degli abusi sessuali non hanno agitato il Vaticano come ha fatto la guerra?». Una insinuazione odiosa, screditante, preludio della stoccata successiva: «I cattolici non sono obbligati ad essere d’accordo col Papa su questa materia. La legittimità o l’illegittimità di questa di qualunque guerra particolare è una questione opinabile… Il 50% dei cattolici americani che in questo campo stanno dalla parte del loro Presidente, e non del loro Papa, non per questo sono meno cattolici».

La propaganda, di qualunque colorazione politica, sembra avere un debole per l’argomento “percentuale” (è la tattica psicologica del “granfalloon”, che fa leva sulla forza del numero per spingere una minoranza ad adeguarsi all’opinione dominante). Il “cattolico” Dreher conclude la sua vergognosa articolessa ricordando quanto sia «impressionante vedere il Presidente Bush, responsabile della salvaguardare 280 milioni di noi dai terroristi e dagli stati terroristi, che viene ripreso […] da una Chiesa che non ha intenzione di proteggere i bambini dai suoi stessi preti canaglia e dai vescovi che glielo consentivano». Sei giorni dopo, David Frum sul “National Review” rincara la dose attaccando i paleoconservatori come Pat Buchanan contrari all’invasione dell’Iraq, che dipinge come traditori. Sono solo alcuni esempi, osserva E. Michael Jones, «di un fuoco di sbarramento propagandistico lanciato dai neoconservatori per silenziare le critiche interne alla guerra in Iraq di George W. Bush».

Si è trattato di una operazione di delegittimazione in piena regola: «Un fuoco di sbarramento mirato a conquistare l’appoggio cattolico alla guerra attraverso l’indebolimento dell’influenza e dell’autorità della Chiesa, che si opponeva in massa alla guerra».

Papa Francesco non parla a caso quando evoca le “colonizzazioni ideologiche”. Esistono effettivamente gruppi di potere e apparati che aspirano a mobilitare masse di persone – come i cattolici, ad esempio – a sostegno di politiche governative o di agende di partito. Esistono per colonizzare queste masse, per dividerle secondo linee di frattura e conquistarle (l’antico metodo del “divide et impera”).

Lo scopo che si prefiggono non è altro che, cinicamente, quello di usarle come inconsapevoli pedine di qualche strategia di potere. E per fare questo non esitano ad arruolare e a mettere in campo “cattolici” pronti a ostentare la propria “cattolicità” solo per scagliarsi contro il Papa. Come non vedere, dietro a questi oscuri giochi, il marchio del principe di questo mondo?

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Nuove buone ragioni per dire no alla legalizzazione della cannabis

Posté par atempodiblog le 15 octobre 2016

Nuove buone ragioni per dire no alla legalizzazione della cannabis
Oggi e domani i Radicali raccolgono firme in favore della legalizzazione. Qualche settimana fa il presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione si è schierato anche lui positivamente. Qualche dato e qualche esperienza per spiegare che la soluzione non è così semplice
di Alfredo Mantovano – Il Foglio

Nuove buone ragioni per dire no alla legalizzazione della cannabis dans Articoli di Giornali e News fumare_marjuana

Rispetto ai numerosi argomenti pro legalizzazione adoperati da Roberto Saviano (su cui rinvio al mio intervento sul Foglio), quelli del dr. Raffaele Cantone sono appena un paio e hanno un tratto problematico più che apodittico. La sintesi mediatica è stata però che pure il presidente dell’Anticorruzione è per la cannabis legalmente distribuita: rispetto ai proclami dell’autore di “Gomorra” distinguo e differenze, non solo di toni, non hanno avuto peso. E’prevalsa – e come poteva essere diversamente? – la dichiarazione virtuale di voto del responsabile di una delle istituzioni più esposte contro la criminalità economica. Sì o no, come cantava Fiorello una ventina di anni fa: e qui il sì è clamoroso. Come per Saviano, passo in rassegna le ragioni del sì del capo dell’Anac, riprendendo le sue parole, e le confronto con l’esperienza maturata in Italia nel contrasto alla droga.

“(…) ho potuto constatare quanto è diffuso il fenomeno tra i ragazzini di oggi. (…) la domanda sorge spontanea. Siamo sicuri che la politica proibizionistica di questi decenni abbia funzionato?” Chiedo al dr. Cantone: può precisare quali sono i decenni di proibizionismo  vissuti dall’Italia? Dal 1975 in poi le leggi sulla droga, inclusa l’ultima del 2014, hanno brillato più per permissivismo; con due eccezioni: la legge Vassalli-Russo Iervolino del 1990 e la Fini-Giovanardi del 2006. La prima ha retto nel suo assetto originario per meno di tre anni, fino al referendum del 1993; la seconda è durata un po’ di più, dal 2006 al 2014. Il totale fa appena un decennio, non più decenni, ma né l’una né l’altra legge meritano la qualifica di proibizioniste, se è vero che – insieme con richiamo alla responsabilità – hanno la prima introdotto e la seconda ampliato le vie per evitare il carcere a chi affronti un percorso di recupero. Se hanno un senso le relazioni annuali del dipartimento antidroga della presidenza del Consiglio sui dati della diffusione degli stupefacenti, basate su criteri obiettivi come le relazioni delle Asl e l’esame delle acque reflue, a partire dal 2008, quando la legge di due anni prima è diventata operativa, si è registrata una contrazione sensibile dell’uso di droga in Italia. Il dato ha ripreso a crescere solo per i derivati della cannabis nel 2011, in parallelo con la capillare offerta per web di acquisto di spinelli e piantine, e della propaganda correlata a tale offerta; e anche questo è illustrato con dovizia di dettagli nelle relazioni ufficiali che fanno capo a Palazzo Chigi. La causale non è un inesistente proibizionismo, ma un fenomeno specifico e individuato, che avrebbe meritato un contrasto proporzionato alla sua estensione.

“(…) vogliamo renderci conto di quanti ragazzini entrano in contato diretto con la criminalità organizzata quando vanno a comprarsi il fumo per strada?” In quest’ottica la legalizzazione avrebbe l’obiettivo di sottrarre i “ragazzini” da contaminazioni criminali. Il termine “ragazzini” è assai prossimo a quello di “minori”: non qualificherei “ragazzino” un diciannovenne. La proposta Giachetti all’esame della Camera esclude dall’accesso “legale” alla cannabis i minori. La sua eventuale approvazione spingerebbe la criminalità a intensificare l’offerta proprio verso una platea di acquirenti al di sotto dei 18 anni. Che facciamo, per evitare “contatti”, andiamo oltre la proposta Giachetti e immaginiamo spaccio e coltivazione “legali” anche verso i minori?

“Ho conosciuto tante persone che hanno fumato spinelli e nessuno di loro è mai finito a consumare droghe pesanti”. Invito il dr. Cantone, se privilegia l’approccio esperenziale, a visitare qualche comunità di recupero e a farsi raccontare da chi affronta un percorso così impegnativo come è arrivato all’eroina e/o alla cocaina; ne riparliamo all’esito. Se invece si fida del contributo scientifico degli addetti ai lavori, è sufficiente che riguardi le relazioni dei vari tossicologi ascoltati dalla Commissione giustizia della Camera nelle sedute di inizio aprile 2014: non ne troverà uno che abbia negato il carattere di droga di passaggio della cannabis rispetto a stupefacenti come eroina o cocaina. Ancora: esaminando le relazioni del dipartimento antidroga della presidenza del Consiglio constaterà, emerge il recente incremento – in Europa e in Italia – di ricoveri in ospedale di assuntori di cannabis, più significativo per i minori.

“Sono contrario all’uso di stupefacenti (…) su questa materia non ho certezze”. Se è contrario è evidentemente perché fanno male; perché allora incrementarne la diffusione? Se non ha certezze, non dovrebbe valere la massima, ripresa dalle aule di giustizia di comune frequentazione e adattata, “in dubio pro salute”?

“La vera considerazione che mi ha portato a cambiare idea sono stati i miei figli: da quando sono diventati più grandi ho cominciato a guardare questo fenomeno (…) da una finestra molto diversa”. Qui una certezza c’è: che se c’è una interlocuzione seria con i figli, per quanto complicata, è il terreno migliore per approfondire insieme la questione, senza moralismi e guardando ai dati di realtà. E quindi mettendo da parte esperimenti normativi che hanno fallito ovunque sono stati realizzati.

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