La Basilica di Sant’Antonio a Padova
Posté par atempodiblog le 31 août 2016
La casa del Santo
La Basilica di Sant’Antonio a Padova
di Anna Roda – CulturaCattolica.it
Nessuna città, forse, si è mai identificata così completamente con un santo come Padova con sant’Antonio (1195-1231), il frate francescano che in pochissimi mesi, con la sua veemente predicazione contro il malcostume e le sopraffazioni, suscitò una devozione così profonda e un culto così radicato da essere divenuto per i padovani il “Santo”.
I lavori di costruzione della grande basilica, costruita per custodire il corpo di sant’Antonio, iniziarono già l’anno successivo alla sua morte, nel 1232, inglobando la piccola chiesetta di Santa Maria Mater Domini, nella quale lo stesso santo aveva espresso il desiderio di essere sepolto, dopo il suo decesso presso il convento dell’Arcella, a nord di Padova.
Non si sa chi sia stato l’ideatore dell’imponente costruzione. Alcuni affermano che autori del progetto siano stati i magistri comacini, altri propongono il nome di Nicola Pisano (1220-1284), altri, molto più semplicemente frate Elia, lo stesso a cui si deve la basilica di Assisi.
La grande basilica
L’attuale basilica è in gran parte l’esito a cui si è giunti attraverso tre ricostruzioni che si sono succedute nell’arco di una settantina d’anni tra il 1238 e il 1310, con interventi anche nel 1400, 1700 e 1800.
La facciata è costruita su quattro arcate cieche strombate a sesto acuto, con galleria sommitale e timpano conclusivo, nel quale è aperto un rosone, oltre il timpano si innalza un campaniletto rotondo cuspidato.
L’esterno della chiesa è estremamente originale e ricorda le chiese bizantine: sette cupole emisferiche con croci sulla sommità, la centrale conico-piramidale con l’angelo segna-vento in cima e due campanile ottagonali a coronamento nell’area del presbiterio, che paiono dei minareti. Questa commistione di stili si spiega forse con la vicinanza della basilica di San Marco di Venezia. Probabilmente gli architetti hanno voluto accostare la figura di sant’Antonio con quella di san Marco, mentre l’ottava cupola a “pan di zucchero” ricorda certamente il Santo Sepolcro di Gerusalemme e quindi avvicinare sant’Antonio a Gesù, così come Francesco fu dettoalter Christus.
L’interno della basilica è a tre navate, con corto transetto e varie cappelle.
Se ci si porta, oltre l’ingresso, al centro ella navata maggiore, si noterà subito come l’architettura, pur sempre gotica nell’alzato, si distingue nettamente in due parti: quella delle navate e quella dell’abside e del transetto.
L’area delle navate appare di più ampia spazialità, ritmata sa entrambi i lati da due calme e solenni campate sopra le quali corre un matroneo, il quale continua anche nel presbiterio.
La cappella di San Giacomo
Le cappelle sono molto numerose, molte contengono ancora la decorazione originaria, molte altre hanno avuto diverse fasi decorative, alcune anche moderne, come la cappella delle benedizioni affrescata da Pietro Annigoni (1980), che peraltro ha affrescato anche la contro-facciata con Sant’Antonio che predica dal noce (1985).
Vale la pena fermarsi però nella terza cappella di destra dedicata a San Giacomo. Essa fu voluta da Bonifacio Lupi, marchese di Soragna (Pr), che ebbe importanti incarichi diplomatici e militari presso i Carraresi, signori di Padova.
L’elegante cappella è di origine gotica, edificata negli anni ‘70 del Trecento dall’architetto veneziano Andriolo de Santi. Attraverso cinque arcate trilobate si accede alla cappella completamente affrescata. Al centro si staglia una grande e drammatica Crocefissione, capolavoro di Altichiero da Zevio (notizie dal 1369 al 1384), dipinta attorno al 1370.
Il resto della cappella è decorata con le Storie di San Giacomo desunte dalla Legenda Aurea di Jacopo da Varazze, opera sempre di Altichiero con la collaborazione di Jacopo Avanzi, bolognese.
Altra cappella di grande importanza è quella del Tesoro, opera barocca del Parodi, allievo di Bernini: un trionfo di marmi, linee sinuose, decorazioni, statue; il tutto per rendere degno onore ad alcune insigni memorie del Santo.
In preziose teche si possono ammirare alcune reliquie di sant’Antonio, tra cui la laringe e la lingua.
Ovviamente, centro della devozione popolare è la cappella della tomba di sant’Antonio, chiamata fin dalle origini “Arca”. La cappella presenta ad altezza d’uomo il sepolcro del santo dietro al quale sfilano i pellegrini in processione; l’architettura dell’insieme è cinquecentesca, opera forse di Tullio Lombardo
Il presbiterio
Nell’area del presbiterio altre opere d’arte ornano la basilica.
Tra il 1447 e il 1454 l’ormai anziano Donatello (1386-1466) realizzava i bronzi dell’altar maggiore: Maria in trono con il Bambino, il Crocefisso e i santi Antonio, Francesco, Giustina, Ludovico, Daniele e Prosdocimo, santi protettori di Padova. Statue drammatiche, dal forte modellato, che bene evidenziano la forza e decisione di Antonio e dei francescani, dalla resa concreta e fisica, soprattutto del Cristo in croce, dallo splendido e muscoloso corpo, il vero lottatore per la salvezza dell’uomo. Queste opere di Donatello furono determinanti per lo sviluppo dell’arte quattrocentesca a Padova e in tutta l’Italia settentrionale; artisti come Mantenga guardarono con attenzione alla lezione dello scultore fiorentino per la loro formazione umanistica.
Il convento
Il convento si articola intorno a quattro chiostri. Il più antico è il Chiostro del Capitolo, detto anche Chiostro della Magnolia risalente al 1433; da qui si accede al chiostro Grande del 1435, opera di Cristoforo da bolzano, così detto perché su di esso vi si affacciavano le stanze del Generale dell’ordine in visita alla basilica. Accanto ad essi abbiamo inoltre il Chiostro del noviziato, realizzato nella seconda metà del Quattrocento in stile gotico, caratterizzato da proporzioni ampie e slanciate, e il Chiostro del beato Luca Belludi, grande amico di Antonio e ministro provinciale dell’ordine nel 1239; quest’ultimo chiostro venne realizzato alla fine del Quattrocento.
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