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La più straordinaria meditazione visiva sul Mistero di Cristo

Posté par atempodiblog le 22 août 2016

Una lettura del ciclo pittorico di Giotto nella Cappella degli Scrovegni a Padova
La più straordinaria meditazione visiva sul Mistero di Cristo
di suor Maria Gloria Riva – Radici Cristiane

La più straordinaria meditazione visiva sul Mistero di Cristo dans Angeli Cappella_Scrovegni

Enrico Scrovegni, ricco signore padovano, acquista nel 1300, al fine di costruirvi un palazzo, l’area del Arena Romana. A suffragio del padre Reginaldo decide di edificare una cappella dedicata alla Beata Vergine Maria. Dante collocava Reginaldo nel XVII canto dell’Inferno, tra gli usurai, per questo si è supposto, ma senza sufficiente fondatezza, che tra gli scopi di Enrico ci fosse il risarcimento dei danni paterni.
Rimasto affascinato dall’opera di Giotto nella Basilica di sant’Antonio, lo Scrovegni chiese all’artista di affrescare le pareti della Cappella. Giotto, in tre anni, realizzò una straordinaria meditazione visiva sul Mistero ricoprendo interamente le pareti dell’edificio con gli episodi della vita di Maria e di Cristo.
Attingendo agli apocrifi, alla Legenda Aurea e godendo dell’assistenza di un dotto religioso, forse altegrado de’ Cattanei, arciprete della Cattedrale, l’artista mise a fuoco la verità certa dell’Incarnazione. Cristo non è un mito, ma è l’Eterno che entra nel tempo, l’Immortale che sposa la mortalità della carne dentro il grembo silenzioso di una Donna.

Dio entra nella storia
Giotto comincia a raccontare il suo Vangelo in una data precisa, il 25 marzo 1303, giorno della prima dedicazione della Cappella degli Scrovegni.
Dalla trifora entra il sole che batte sulla parete alta dell’arco trionfale e illumina Dio Padre che istruisce l’angelo Gabriele circa l’annuncio che deve portare. Gabriele sta in attesa, con le braccia conserte, poi, alla destra, lo si vede proteso al volere divino. Sotto, l’angelo irrompe nella casa della Vergine entrando nella storia degli uomini.
Al trono di Dio, avvolto di luce dorata, fuori dal tempo e dallo spazio si accede attraverso una predella ottagonale cioè attraverso quell’ottavo giorno che compie la storia settenaria dell’Uomo.
Sotto, nel regno degli uomini, lo spazio architettonico è ben segnalato. Il luogo dove avviene l’annuncio è costituito da due straordinarie edicole in prospettiva rovesciata-discendente. Più sotto, ai piedi dell’arco trionfale, due coretti resi con uno scorcio prospettico perfetto 150 anni prima degli “inventori” della prospettiva (Mantegna, Masaccio, Piero della Francesca, Leon Battista Alberti).
I due coretti attestano la dimensione terrena e nel contempo orientano lo sguardo verso il Cielo, verso il Mistero che sta all’origine della Buona Novella.
Dio entra nella storia, trasformando il cuore dell’uomo.

L’equinozio della storia
Il viaggio del Verbo inizia nel grembo della Vergine e, fin dal suo concepimento, compie il primo pellegrinaggio verso Gerusalemme, fermandosi però a Karin, città della Giudea dove vive Elisabetta.
L’anziana madre del Battista riconosce la Madre del Suo Signore. Giovanni nel grembo esulta: è il saluto dell’uomo all’irrompere di Dio nella storia.
Sul lato opposto, sopra l’altro coretto, il tradimento di Giuda. Le due scene si richiamano: entrambe narrano, con gli stessi colori, un incontro.
Sotto la Vergine Annunciata, Elisabetta veste l’oro della grazia e si china riconoscendo il suo Signore. Maria veste il rosso della carità e le damigelle il verde della speranza e il viola della sapienza.
Sotto l’arcangelo Gabriele, invece, Satana, interamente nero, colore poco usato da Giotto, porta un annuncio nefasto a Giuda che è giallo di invidia.
Il sacerdote Anna veste il rosso dell’omicidio; l’abito di Caifa è verde come la che lo invade e l’abito violetto dell’altro membro del Sinedrio indica il livore.
Se nella prima scene le mani sono tutte nascoste dentro l’abbraccio e dentro le fasce del Neonato, nell’altra le mani sono in continua agitazione ed esprimono la logica di chi trama nell’ombra.
Con l’Annunciazione inizia la corsa del Verbo, il 25 marzo: equinozio di primavera: 12 ore di luce e 12 di oscurità.
Sotto l’equinozio della storia: la lotta tra il regno della luce (Elisabetta e Maria) e il regno delle tenebre (Satana e il traditore).

Preparazione ed Attesa
La parete accanto alla Vergine Annunciata e alla Visitazione presenta una rosa di sei scene che rivelano la preparazione del disegno divino: Dio non fa nulla senza avvertire i suoi amici: gli anawim, i puri di cuore.
Nel registro superiore: Gioacchino, cacciato dal tempio per la sua sterilità rivela fin dall’inizio come le prospettive degli uomini siano rovesciate rispetto a quelle divine. Alla rigidità dei capi, si oppone l’accoglienza della gente semplice, come i pastori. Anna, moglie di Gioacchino, sterile riceve l’annuncio della sua prossima maternità dall’angelo.
Nel registro intermedio, il Verbo si fa carne. La nascita di Gesù prepara la sua missione tra quanti lo accolgono con fede e purità di cuore, gli stessi pastori e i magi, ricchi nelle vesti, ma poveri nello spirito.
Sotto, nel registro inferiore, l’istituzione dell’Eucaristia nel cenacolo e la lavanda dei piedi preparano il compimento della missione del Verbo: rimanere con gli uomini fino alla fine del mondo servendo il disegno buono del Padre.

Anche qui analogie tra le scene: nella nascita, Maria è tutta protesa verso il Bimbo divino, sotto, nell’ultima Cena Giovanni è proteso verso Cristo, poggiandogli il capo sul petto.
Nell’Epifania il re terreno è inginocchiato verso il Re divino, sotto, quello stesso Re divino si inginocchia davanti a Pietro, capo della sua Chiesa.
Questi riquadri mentre disegnano la vita di Gesù, rivelano anche la vita della Chiesa nella sua dimensione di adorazione e di ministero di misericordia in mezzo agli uomini: come Dio ha preparato Maria, attraverso i genitori, così Gesù prepara la sua Chiesa.

Luce e tenebra
Sulla stessa parete, in fondo, un’altra rosa di sei affreschi.
Qui di scena è la notte: nel registro inferiore Gioacchino avvolto dall’oscurità della notte e del sonno (simbolo del dolore in cui si trova) viene visitato da una luce: la sterile Anna avrà una figlia.
Nell’affresco seguente Gioacchino incontra Anna alla porta Aurea del tempio (che ricorda l’arco Augusto di Rimini). Tra le damigella che assistono una, velata, è in nero e una luminosissima in bianco avorio. Ancora lo scontro tra luce e tenebre. La donna in abito nero, per alcuni, è simbolo della sinagoga che sta di fronte alla Chiesa, l’una nel lutto per il mancato riconoscimento dello Sposo, l’altra nel giubilo. Non conosciamo le reali intenzioni di Giotto, certo egli vuole sottolineare un contrasto tra luce e tenebre.
Nel registro intermedio il contrasto permane: la sacra famiglia fugge in Egitto, nell’oscurità del cielo la montagna bianchissima sembra fuggire con il Divino Infante. Accanto la strage degli innocenti. La luce è tutta nei bimbi trucidati e nel tempio dietro alle Madri affrante: il dolore innocente è la luce del mondo.
Sotto Cristo, la vera luce, davanti alle autorità: Anna e Caifa, nel Sinedrio e Pilato nel Pretorio. Attorno a lui il caos della violenza: lo schiaffo di un romano, lo scandalo di Caifa che si straccia le vesti, il tradimento di Pietro, la derisione delle guardie, l’opportunismo di Pilato.

Lo zenit della storia: indicare la volontà di Dio
Di fronte a queste ultime, sulla parete opposta troviamo altre sei scene che disegnano lo zenit della storia in cui il Cristo si rivela, appunto, come il vero sole che distrugge le tenebre. Qui si compie l’incontro tra la debolezza umana e la grandezza di Dio e le tenebre mentre si manifestano, rivelano la loro realtà transitoria. Qui di scena sono i gesti che indicano, in-segnano la verità.
La casa di Anna è invasa dalla gioia. La tristezza delle prime scene si è trasformata in giubilo per la nascita di Maria. E’ la stessa casa dei primi riquadri: là una finestra aperta da dove Anna, sola, riceve la visita dell’angelo. Qui la finestra è chiusa ma la casa è inondata dalla luce di Maria e Anna è attorniata da donne che l’aiutano.

Nel primo riquadro Gioacchino veniva allontanato dal tempio, nel riquadro della Presentazione di Maria, il medesimo tempio si trova in posizione rovesciata e ad accogliere la Vergine c’è lo stesso sommo sacerdote che assistette allora alla scacciata di Gioacchino. Le sorti si sono ribaltate.
Così negli affreschi dei riquadri sottostanti: Maria tende le braccia verso Gesù dodicenne ritrovato tra i dottori del tempio, additandolo, come Anna, sopra, tendeva le braccia verso di lei ancora infante. Sotto il Battista, compie un gesto speculare a quello di Maria, additando Gesù  quale Salvatore.
Anche i gesti di Gesù indicano la volontà di Dio: da fanciullo addita alla Madre il tempio e i dottori, nel Battesimo indica il Battista. Il Padre, allo zenit, squarcia di luce il cielo e indica il Figlio prediletto.
Più sotto ancora, nel registro inferiore, la passione. Nella salita al calvario un centurione romano con il bastone in pugno indica suo malgrado Gesù, che gli risponde indicando la croce.
Nell’ultimo riquadro la croce domina la scena. Gli angeli la che circondano gli stessi della scena del Natale, ora si strappano le vesti come il sommo sacerdote Caifa e spalancano le braccia come l’apostolo Giovanni davanti al corpo del Cristo morto. Sotto, additano la croce, la Maddalena e il centurione.
Ognuno sta sotto la sua in-segna: discepoli quella di Gesù, la sua croce, i soldati sotto la bandiera Romana: SPQR Senatus Populusque Romanus. Cristo sta sotto il segno del Padre, che, nella scena del battesimo, si trova esattamente sopra di lui.
La croce è allo zenit della storia, la leva che rovescia le sorti.

Il compimento
Negli ultimi sei riquadri si celebra il tempo del compimento della rivelazione.
Nel registro superiore, Maria ritorna a Nazareth fra damigelle e gente festante: si compie il tempo della preparazione, tra poco ella riceverà l’annuncio della divina maternità.
Nel registro centrale un altro ingresso festoso: Gesù entra in Gerusalemme, cavalcando un umile asino e accolto dai bambini. Lamano benedicente di Gesù nella stessa posizione dei due affreschi precedenti: nelle nozze di Cana e nella risurrezione di Lazzaro. Egli è via, verità e vita. A Cana si compie la verità: Cristo è il Messia promesso. Nella risurrezione di Lazzaro egli si rivela come vita. Nell’ingresso a Gerusalemme egli mostra la via della croce come compimento del disegno del Padre.
Nel registro inferiore, Gesù è ancora benedicente; le mani bucano il “cielo” dell’affresco a significare che il compimento pieno sta oltre la sfera di questo mondo. Tutta la chiesa è presente: 12 profeti dell’Antico testamento, 12 angeli e 12 personaggi del Nuovo Testamento.
L’ultimo riquadro compie le scene dell’ultima cena. Nel cenacolo dove gli Undici, a cui si è aggiunto Mattia, ricevono il dono dall’Alto. Gli Archi sono trilobati e celebrano il trionfo della Trinità. Non si scorge niente dello Spirito se non l’irrompere del fuoco della charis di Dio. La Cappella degli Scrovegni era dedicata alla Vergine della carità.

Conclusione
In questo percorso il fedele è accompagnato dalla meditazione sull’Antico Testamento, rappresentato da medaglioni che ritraggono i patriarchi e i profeti e sui Vizi e le Virtù distribuiti secondo il gioco dell’abbinamento dei contrari (anche qui luce e tenebre in dialogo).
Il compimento pieno è descritto nella grande parete del Giudizio Universale, dalla cui finestra entra la luce che, proprio nell’equinozio di primavere, il 25 marzo, va a battere contro l’annunciazione. Da quell’inizio si giunge al compimento, passando, come il Verbo, per Maria.
Ai piedi del Redentore, avvolto in una mandorla di luce ben visibile la croce: Per aspera ad astra paiono indicare i due angeli che la sorreggono. Sotto la croce la Vergine riceve benedicente da Enrico Scrovegni la Cappella a lei dedicata, mentre ai piedi della croce un curioso personaggio di cui si intravedono solo i riccioli del capo e le gambe. Chi è? Forse il Cireneo? Il Buon Ladrone?
Per Giotto forse siamo ciascuno di noi che, visitando la Cappella, siamo educati a passare per le asperità della vita fino a giungere a quelle stelle di cui il cielo della Cappella è trapuntato.

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