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Comastri: figli preghino per la santità dei genitori

Posté par atempodiblog le 26 juillet 2016

Comastri: figli preghino per la santità dei genitori
La Chiesa fa memoria oggi dei Santi Gioacchino ed Anna, genitori di Maria. Diverse le celebrazioni nella parrocchia di Sant’Anna in Vaticano dove, durante il triduo di preparazione, si è pregato particolarmente per la Giornata Mondiale della Gioventù di Cracovia e per il viaggio in Polonia di Papa Francesco. A mezzogiorno, nella parrocchia vaticana ha presieduto una Messa il cardinale Angelo Comastri, vicario generale del Papa per lo Stato della Città del Vaticano. Tiziana Campisi per Radio Vaticana gli ha chiesto di parlarci di questi due santi:

Comastri: figli preghino per la santità dei genitori dans Articoli di Giornali e News sant_Anna_e_san_Gioacchino

R. – Non abbiamo grandi notizie storiche su Gioacchino ed Anna, però la grande notizia è Maria! E una figlia fa necessariamente riferimento ai genitori. Io mi sono sempre chiesto: dove possiamo trovare, nei Vangeli, qualcosa che rimandi ai genitori di Maria? E prendo due momenti.

L’Annunciazione: Maria era giovanissima, possiamo pensare fosse intorno ai 16-17 anni, non di più. Dopo l’Annuncio dell’Angelo, dopo questa proposta sensazionale che era il compimento di tutte le profezie che Maria conosceva, Maria senza esitazione dice: “Eccomi! Sono la schiava!”, perché la traduzione esatta è questa… “Sono la schiava del Signore. Avvenga di me secondo la Tua Parola”: cioè “Mi porti dove vuole il Signore”. Certamente in questa risposta di Maria ha agito la grazia di Dio, ma certamente c’è anche l’educazione ricevuta in famiglia, c’è il clima di fede che Maria ha respirato in famiglia, l’educazione all’ascolto che era tipica della famiglia israelitica. E Maria questo lo ha vissuto, prima di tutto, in famiglia.

Un altro momento, in cui io vedo certamente l’influsso del clima di fede che Maria ha respirato in famiglia: dopo l’Annunciazione Maria, senza esitazione, si mette in viaggio e va da Elisabetta, va a servire. Sicuramente lo stile del servizio lo aveva imparato in casa.

D. – La parrocchia di Sant’Anna in Vaticano si è preparata alla festa di oggi con un triduo, dedicando le preghiere alla Giornata mondiale della Gioventù e al viaggio che il Papa si appresta a compiere. Come accompagnare Papa Francesco?
R. – Lo accompagniamo con la nostra preghiera, non c’è dubbio. Ogni viaggio del Papa è una missione e quando il Papa va in missione ci va a nome di tutta la Chiesa, porta con sé tutta la Chiesa e in modo particolare quando il Papa va in mezzo ai giovani, che sono il futuro del mondo e il futuro della Chiesa.

Madre Teresa diceva: “La segnaletica della felicità oggi è tutta sbagliata!”. Perché la segnaletica del mondo e dei media soprattutto dice ai giovani: “Fate soldi, cercate divertimenti e sarete felici”. Non è vero! E lo dimostra l’inquietudine della gioventù, la stanchezza della gioventù, la droga e la droga non è altro che un tentare di uscir fuori, andar via, da una situazione in cui uno sta male.

“La segnaletica della felicità è tutta sbagliata!”. E il Papa va a Cracovia, va in mezzo ai giovani, per dare una segnaletica giusta. E siccome il Papa va nella terra di Giovanni Paolo II, mi sembra bello ricordare le parole che Giovanni Paolo II disse a Toronto, nel 2002, a conclusione della Giornata mondiale della Gioventù; disse allora ai giovani ed io ero presente e le ricordo ancora con emozione quelle parole: “Non siate come le lumache che lasciano dietro di sé soltanto la scia della bava: basta una pioggerella e cancella tutto… Lasciate dietro di voi un solco di bene”. Ed aggiunse queste parole bellissime: “Solo così sarete felici!”.

E Madre Teresa aggiungeva: “La felicità si trova non con i soldi, non con i divertimenti, ma si trova facendo del bene”. E aggiunge ancora Madre Teresa: “Io sfido chiunque, non troverete mai un egoista felice. Uscendo dall’egoismo si incontra Dio e la firma dell’incontro con Dio è la gioia”.

D. – I giovani, oggi, cosa possono chiedere ai Santi Gioacchino ed Anna?
R. – Dovrebbero chiedere, in modo particolare, il dono di santi genitori. Oggi molti figli sono orfani con genitori vivi e Gioacchino e Anna sono sicuramente due splendidi genitori. Io invito tutti i figli a pregare per la santità dei loro genitori, perché i genitori santi, i genitori buoni, i genitori che mandano la luce del Vangelo sono la più grande benedizione della famiglia e sono la vera ricchezza dei figli.

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Apertura Gmg. Dziwisz ai giovani: vincete l’odio con la misericordia

Posté par atempodiblog le 26 juillet 2016

La fiamma della misericordia avvolga il mondo
Apertura Gmg. Dziwisz ai giovani: vincete l’odio con la misericordia
L’attesa per la Gmg è finita. In un tweet lanciato sull’account@Pontifex Francesco scrive: “Cari giovani rimaniamo uniti nella preghiera perché questa GMG sia ricca di frutti spirituali. Ci vediamo domani!”. Questa sera dopo le 19 il Santo Padre ai è recato, come sua abitudine alla vigilia di un viaggio apostolico all’estero,  alla Basilica di Santa Maria Maggiore per sostare in preghiera davanti all’immagine della Vergine e chiedere la benedizione del Signore. Lo riferisce il direttore della Sala Stampa Vaticana, padre Federico Lombardi.Contemporaneamente con una grande Messa nel parco Blonia nel centro di Cracovia,  la 31.ma Giornata Mondiale della Gioventù, incentrata sulla Misericordia, si è aperta ufficialmente. Centinaia di migliaia di giovani – almeno 90 mila gli italiani – si sono radunati per la celebrazione, presieduta dal cardinale Stanislaw Dziwisz, storico segretario di San Giovanni Paolo II, “artefice” delle Gmg e ora Patrono delle Giornate. All’inizio della Messa a Cracovia questo pomeriggio, il cardinale Dziwisz ha chiesto di pregare per il sacerdote ucciso nell’attacco alla chiesa vicino Rouen.
Da Cracovia, il servizio dell’inviato di Radio Vaticana, Alessandro Gisotti

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Un mosaico di volti, un mosaico di popoli, uniti dalla fede, dalla gioia di ritrovarsi insieme nel nome di Gesù. E’ un segnale straordinario quello che arriva da Cracovia: la fraternità è possibile, la convivenza non è un sogno anche quando – come succede in questi giorni – la violenza e il terrore si susseguono fino a ferire il cuore dell’Europa. A Blonia, il grande parco di Cracovia legato inscindibilmente alla figura di San Giovanni Paolo II, il cardinale Dziwisz ha sottolineato quanto oggi più che mai i giovani possano essere portatori del linguaggio dell’amore, della solidarietà e della pace.

Vincere la violenza con la fiamma della misericordia
Ai ragazzi, venuti da ogni angolo del mondo, e che in queste ultime ore hanno sfidato la pioggia battente e il passaggio dei controlli di sicurezza – comprensibilmente stringenti dopo gli ultimi fatti di violenza in Germania e in Francia – è andato il benvenuto nella “Capitale della Divina Misericordia” da parte dello storico segretario di Karol Wojtyla:

“Cari amici, benvenuti a Cracovia!”

Veniamo da regioni del mondo dove la gente vive in pace, ha detto il porporato, ma – ha annotato – ci sono anche ragazzi che vengono da “regioni del mondo dove ci sono violenze e cieco terrorismo”, dove i cristiani “sono crudelmente perseguitati”.

Per questo, richiamando Santa Faustina Kowalska, il cardinale Dziwisz ha esortato i giovani a far sìi che la “fiamma dell’amore”, la fiamma della misericordia avvolga il mondo per vincere l’egoismo, la violenza e l’ingiustizia. Quindi ha esortato i giovani ad ascoltare la “voce di Papa Francesco” che proprio a Cracovia ha voluto che si celebrasse con la Gmg, il Giubileo dei giovani.

Nel segno di Karol Wojtyla l’apertura della Gmg di Cracovia
Canti festosi hanno contraddistinto l’apertura della Gmg fin dal primo pomeriggio. Un evento incentrato sulla figura di Giovanni Paolo II con il pellegrinaggio della scintilla della misericordia che ha toccato i luoghi di Cracovia legati a Papa Wojtyla fino ad arrivare al parco Blonia. La “Gmg dei due Papi”, dunque, di Francesco nella terra di Giovanni Paolo II ha preso il via nel segno della Divina Misericordia.

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Francia, prete ucciso in chiesa. Chi era Jacques Hamel, «uomo di pace e sacerdote coraggioso»

Posté par atempodiblog le 26 juillet 2016

L’attacco a Saint-Étienne-du-Rouvray
Francia, prete ucciso in chiesa. Chi era Jacques Hamel, «uomo di pace e sacerdote coraggioso»
Cinquant’anni di servizio sacerdotale alle spalle e un carisma incredibile che lo aveva spinto a continuare a celebrare messa nonostante i suoi 86 anni. Il ricordo del parroco e dei fedeli: «Era un prete coraggioso per la sua età»
di Raffaella Cagnazzo –  Corsera

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Un uomo buono, di grande carisma con 50 anni di sacerdozio alle spalle: è descritto così padre Jacques Hamel, 86 anni, parroco della chiesa di Saint-Etienne-du-Rouvray, vicino a Rouen, ucciso da due attentatori che sono entrati in azione martedì 26 luglio e hanno preso in ostaggio il sacerdote, due suore e due fedeli (nell’attacco è rimasta ferita in modo grave anche un’altra persona).

«Un prete coraggioso per la sua età»
Padre Jacques Hamel era nato nel 1930 a Darnétal nel dipartimento della Senna Marittima, in Normandia. Era stato ordinato sacerdote nel 1958 e nel 2008 aveva celebrato il suo giubileo d’oro, i suoi 50 anni di servizio. Era prete ausiliario nella parrocchia di Saint-Etienne-du-Rouvray: «Un prete coraggioso per la sua età. I sacerdoti hanno il diritto di andare in pensione all’età di 75 anni ma lui si sentiva ancora forte. “Non ci sono abbastanza preti” diceva e quando poteva serviva ancora messa» ha ricordato padre Auguste Moanda-Phuati, il parroco.

Il ricordo del parroco: «Era un uomo di pace»
«Un uomo di pace, un buon sacerdote che è stato sempre al servizio delle persone, molti parrocchiani lo conoscevano bene» ricorda ancora il parroco. E a lui fanno eco i tanti fedeli che ricordano padre Jacques con dolcezza. «È il prete che aveva sposato i miei genitori e che mi ha battezzato» ricorda un utente su Twitter; «Sono indignato, sconvolto, triste. Padre Jacques mi aveva battezzato e poi mi aveva insegnato il catechismo» commenta un altro.

Il “testamento” di padre Jacques: «Pregate per vivere meglio insieme»
«Le vacanze sono un momento per prendere distanza dalle nostre attività abituali. Si tratta di un momento di relax, ma anche di guarigione, di incontri, di condivisione, di convivialità» scriveva a giugno padre Jacques in una lettera aperta pubblicata sul blog della parrocchia, in cui invitava i suoi concittadini a godere del tempo delle vacanze estive per «incontrare parenti e amici e per sperimentare qualcosa insieme». «Un tempo per essere rispettosi degli altri, chiunque essi siano» scriveva ancora come un messaggio profetico che di poche settimane ha preceduto la sua atroce morte per mano dei due attentatori che hanno agito in una mattina di fine luglio. «Pregate per coloro che sono più bisognosi, per la pace, per vivere meglio insieme [...] Lasciate che le vacanze ci permettano di fare rifornimento di gioia, amicizia e relax».

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In Italia ci sono 15mila medici abusivi. Che evadono le tasse e mettono a rischio i pazienti

Posté par atempodiblog le 26 juillet 2016

In Italia ci sono 15mila medici abusivi. Che evadono le tasse e mettono a rischio i pazienti
Una legge approvata dal Senato, e ora alla Camera, colpirà il fenomeno dell’esercizio abusivo delle professioni. Secondo alcune stime ci sono circa 30mila casi di professionisti fai da te. Quasi 10mila i falsi dentisti. Innalzate multe e reclusione
di Marco Sarti – Linkiesta

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In Italia oltre 30mila persone esercitano abusivamente una professione. E nel 50 per cento dei casi l’illecito interessa l’ambito medico e sanitario. È un fenomeno che ha raggiunto dimensioni preoccupanti, pericoloso per la salute dei cittadini e per le casse dello Stato. Adesso una legge in discussione alla Camera promette una stretta. «Capita frequentemente il caso di odontotecnici che si improvvisano dentisti - si legge in uno dei ddl depositati a inizio legislatura e assorbito dal provvedimento – ottici che fanno gli oculisti, venditori di protesi acustiche che fanno gli otoiatri, massaggiatori che fanno gli ortopedici, erboristi che fanno diagnosi e prescrivono terapie». Altre volte si tratta di “professionisti” ancora più improvvisati. Veri e propri truffatori che mettono in pericolo l’incolumità dei malcapitati clienti.

L’esercizio abusivo delle professioni ormai ha assunto il carattere di una «vera e propria epidemia». Così si era espresso in Aula il senatore Lucio Barani, due anni fa, quando il Senato ha approvato il provvedimento ora all’esame della commissione giustizia di Montecitorio. Sono i numeri a descrivere la preoccupante diffusione del fenomeno. Stando ai dati pubblicati dall’Eures – Ricerche economiche e sociali e della Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri, citati dal parlamentare,in Italia ci sono 30mila persone che esercitano una professione in maniera abusiva. «Vuoi il geometra, l’ingegnere, il revisore dei conti, il commercialista». Ben il 50 per cento di loro, però, improvvisa la professione medica. «Abbiamo quindi circa 15mila persone l’anno che fanno i medici, ma che non lo sono. Di questi la stragrande maggioranza – si parla di 10mila unità - è costituita da dentisti».

Un esercito di abusivi. Un altro spaccato inquietante lo ha offerto la senatrice Alessandra Bencini. A sentire lei, solo nel biennio 2010-2011 i carabinieri dei Nas hanno segnalato all’autorità giudiziaria un migliaio di falsi infermieri. Personale senza alcuna qualifica. «Come evidenziano anche recenti indagini, nella gran parte dei casi si tratta di donne che cercano di contribuire al bilancio familiare». Il resoconto stenografico della seduta riporta altri dati preoccupanti. A parlare è il senatore Pd Amedeo Bianco: «I dati rilevati dal 2006 al 2012 dal Nucleo antisofisticazioni e sanità dei carabinieri evidenziano in ambito medico l’80 per cento dell’abusivismo riferito alla professione odontoiatrica». Dentisti fai da te, senza alcun titolo. «Nel giro di soli sei anni, i Nas hanno compiuto 7.745 ispezioni, operando 3.601 segnalazioni all’autorità giudiziaria (2.422 riferite all’esercizio abusivo delle professioni)». E in 877 casi i laboratori e gli studi medici sono stati chiusi e sequestrati.

È evidente il rischio per la salute dei pazienti. Ma il fenomeno ha anche un aspetto economico tutt’altro che trascurabile. Bianchi stima, solo per chi si improvvisa odontoiatra, un danno da diversi milioni di euro. Incrociando i dati del ministero dell’Economia e degli studi di settore, «per questa professione il fatturato è di circa 600milioni di euro. Poiché ovviamente tutte queste situazioni sono di totale evasione fiscale, il danno erariale ammonta a 75 milioni di euro all’anno».

Nell’aprile 2014, il Senato ha approvato il disegno di legge a prima firma Giuseppe Marinello, ora all’esame della Camera. Come cambierà la lotta all’abusivismo? Anzituttoil provvedimento interviene sul codice penale, modificando l’articolo 348 (esercizio abusivo di una professione). La pena alternativa della reclusione o della multa viene sostituita con la pena congiunta della reclusione e della multa. In più si prevede la pena accessoria della pubblicazione della sentenza di condanna e la confisca obbligatoria delle attrezzature e degli strumenti utilizzati. Per il professionista che ha indotto altri nell’esercizio abusivo della professione, è introdotta la reclusione da 1 a 5 anni e una multa da 15mila a 75mila euro. Non solo. Sono previste delle aggravanti in caso di delitto di omicidio colposo, quando causato nell’esercizio abusivo di una professione per cui è richiesta una speciale abilitazione dello Stato o di un’arte sanitaria. Stesso discorso in caso di lesioni gravi o gravissime.

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Blitz degli animalisti sul fiume. “Assassino” al bambino pescatore

Posté par atempodiblog le 26 juillet 2016

La deriva animalista
Blitz degli animalisti sul fiume. “Assassino” al bambino pescatore

I genitori denunciano l’attivista: hanno messo il video in rete
di Andrea Zanello – La Stampa

Blitz degli animalisti sul fiume. “Assassino” al bambino pescatore dans Articoli di Giornali e News Attacco_animalista
L’«attacco». Il confronto ravvicinato tra un animalista e il papà del bambino aggredito verbalmente

E’ finito con una denuncia il blitz animalista sulle sponde della Sesia durante una gara di pesca. I genitori di un bambino di nove anni sabato si sono rivolti ai carabinieri dopo che il filmato girato da uno degli attivisti, in cui è ripreso il minore, è finito in rete.

L’episodio risale a due settimane fa: a Quarona, provincia di Vercelli, nel weekend del 9 e 10 luglio si teneva una gara di pesca a mosca. Un “classico”, una specialità dalla lunga tradizione, a cui possono partecipare soltanto nati e residenti nel piccolo comune nel cuore della Valsesia. Per due giorni su entrambe le sponde del fiume i pescatori erano impegnati nella competizione organizzata dal locale gruppo di Doccio. Il video, di poco meno di quattro minuti, mostra gli animalisti sul bordo del fiume: si rivolgono ad un bambino, cappellino in testa e canna da pesca in mano, e gli chiedono se gli piace ammazzare i pesci.

«Mio figlio è rimasto molto scosso dall’episodio: il video racconta solo una piccola parte di quel pomeriggio di provocazioni. Soltanto con lui saranno andati avanti per 10 minuti».

Lui e il bambino, che pesca da quando ha cinque anni, durante la pausa della gara cambiano sponda di fiume, come previsto dal regolamento. «Arrivati dalla parte opposta abbiamo visto questi ragazzi che già discutevano con altri pescatori. Siamo scesi sull’argine e poco dopo sul bordo del fiume sono arrivate una quindicina di persone». Inizialmente i toni sono pacati, ma poi parte un’escalation. «Il filmato è stato tagliato: sono arrivati con una cattiveria e un’aggressività che nessuno si aspettava. A mio figlio hanno anche urlato “assassino”».

Gli animalisti hanno tirato sassi in acqua per spaventare i pesci e allontanarli dalle esche, tra loro e i pescatori sono volati parecchi insulti. «Io ho parlato con loro almeno un quarto d’ora, cercando di argomentare le mie ragioni. Sono convinto che ognuno possa decidere cosa mangiare e come comportarsi, senza però limitare le libertà altrui. Invece questi ci hanno anche urlato che ammazzare una trota può essere equiparato a violentare una bambina».

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La preghiera e il digiuno per la pace

Posté par atempodiblog le 26 juillet 2016

Riprendere il digiuno a pane ed acqua il mercoledì e il venerdì, come pure la recita quotidiana del Rosario
La preghiera e il digiuno per la pace
Padre Livio Fanzaga – Radio Maria

La preghiera e il digiuno per la pace dans Citazioni, frasi e pensieri digiuno

Cari amici,
le cronache quotidiane ci mettono sempre più frequentemente davanti a episodi di terrorismo che colpiscono le città dell’Occidente. L’odio cieco viene rivolto verso persone inermi, non di rado contro dei bambini. Nessuno può sentirsi al sicuro in nessuna parte. C’è il rischio concreto che la paura trasformi le nostre città in ghetti dove le persone si barricano in balia di eventi sinistri. Questo non deve avvenire!

Ci devono confortare le parole della Regina della pace quando dice che chi prega non ha paura del futuro e  chi digiuna non ha paura del male.

Viviamo la nostra vita quotidiana con serenità, affidandola, con quella dei nostri cari, alla protezione di Maria. Non temiamo quelli che uccidono il corpo, perché neanche un capello del nostro capo cade senza che Dio lo voglia o lo permetta.

Attendiamo piuttosto alla nostra conversione, grazie alla quale viene eretta una diga invalicabile alla forze del male.

Riprendiamo il digiuno a pane ed acqua il mercoledì e il venerdì, come pure la recita quotidiana del Rosario per la pace nel mondo, in particolare nella nostra patria. Moltiplichiamo i gruppi di preghiera nelle case, recitando il Rosario con le famiglie del vicinato.

La Regina della pace ci assicura che con la preghiera si possono fermare le guerre per quanto violente esse siano. La guerra terroristica si prospetta come la più insidiosa, ma la Madre è qui con noi per combatterla e vincerla con le armi della luce.

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Quella sera di sangue in un ricco cuore d’Occidente

Posté par atempodiblog le 26 juillet 2016

Quella sera di sangue in un ricco cuore d’Occidente
Figli lasciati al male. L’odio che si allarga
di Marina Corradi – Avvenire

Quella sera di sangue in un ricco cuore d’Occidente dans Articoli di Giornali e News Ali_Sonboly_Monaco
Ali Sonboly

Quella sera di sangue in un ricco cuore d’Occidente Guardi le immagini del terrore a Monaco, leggi l’età delle giovani e giovanissime vittime, poi vedi la foto dell’assassino: è la faccia ancora quasi infantile di un adolescente sofferente. Diciotto anni, figlio di un tassista e di una commessa, un passato di bambino maltrattato dai compagni, e un libro sul comodino: La follia in testa, perché gli studenti uccidono. Dunque Ali Sonboly capiva che il progetto che andava covando era delirante, e già questo è un segno di lucidità; un altro è di avere cercato di attirare con astuzia gli ex compagni di scuola nel McDonald’s della sparatoria, con un messaggio su Facebook. Un preciso, efficiente disegno maturato in giorni solitari e portato a termine con determinazione.

E però siamo tutti, sui media e fra noi, a parlare semplicemente di ‘follia’. Follia? Sonboly era in cura per depressione, che non è necessariamente un fatto psicotico, e lo era al pari di un gran numero di persone che grazie a Dio non compiono alcuna strage. E c’è qualcosa di autoliberatorio, di assolutorio nel modo in cui, con comprensibile sollievo, esclusi rapporti dell’assassino con il Daesh, ci diciamo: infine, era semplicemente un pazzo. Quasi volendo eclissare un’altra e almeno possibile concorrente causa di una violenza come quella di Monaco: l’odio, razionalmente e meticolosamente coltivato.

La libertà di scegliere il male. Ipotesi che, prima ancora di ogni militanza ideologica, può reggere anche nella storia dell’assassino di Nizza. L’odio covato e alimentato che diventa un mostro interiore, cui poi, quando è maturo, si può anche aggiungere un nome, una sigla; l’odio, che squilibra la persona e la divora. Che si alimenta, nel vedere che altri agiscono nella realtà la violenza a lungo immaginata. Come se una nuova strage avesse il potenziale di generare emulazione, e un altro, sconosciuto, fra i milioni che guardano, quasi da quel sangue si sentisse sfidato, e dicesse: sono capace anche io. La strage di Monaco viene associata con quelle di Utoya per la coincidenza della data, il medesimo giorno di luglio, ed è possibile che per il ragazzo di Monaco il norvegese Breivik fosse un modello, o un dio, da seguire.

Tuttavia a noi questo adolescente vessato, frustrato, ansioso di vendetta, fa venire in mente anche il giovane pilota della Lufthansa che, volendo suicidarsi, precipitò a terra con tutti i passeggeri del suo volo. Andreas Lubitz era infelice perché non sarebbe diventato il pilota di rotte oceaniche che voleva essere, e la frustrazione ha sortito un odio micidiale. Non gli bastava morire, voleva che anche chi gli era attorno morisse con lui. Non si toglieva la vita, come alcuni, chiedendo scusa del proprio fallimento, ma voleva che, attorno a lui, finisse il mondo – almeno quello che gli riusciva di portare con sé.

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Non è più un caso isolato: in meno di un mese tre violenze di gruppo

Posté par atempodiblog le 26 juillet 2016

Non è più un caso isolato: in meno di un mese tre violenze di gruppo
Branco di stupratori su ragazzine. Quei video come pornoselfie
Tre casi in un mese. Tutti nella stessa zona. E due identici, a San Valentino e Pimonte.
Oltre allo stupro di gruppo anche l’umiliazione dei video inviati sui social. La logica del bullismo che diventa violenza sessuale di gruppo. E le reazioni sconcertanti: è lei che se l’è cercata…
di Luciano Trapanese – Ottopagine

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Non è più un caso isolato. Nel triangolo San Valentino Torio, Cava e Pimonte, un pezzo molto piccolo di Campania tra le province di Napoli e Salerno, si sono consumate in meno di un mese tre violenze di gruppo. E se quella di Cava de’ Tirreni rientra in una dinamica diversa (un 17enne avrebbe subito ripetuti abusi da almeno quattro adulti), gli stupri che si sono verificati a San Valentino Torio e Pimonte, sono del tutto simili tra loro. Anche in modo inquietante.

L’età delle vittime: ragazze di quindici anni. Il branco: cinque a San Valentino. Addirittura undici a Pimonte. L’età degli stupratori: tutti minorenni, alcuni coetanei delle adolescenti. E non basta: nei due casi il fidanzato o ex fidanzato delle vittime ha avuto un ruolo chiave. E in entrambi gli episodi, in particolare a Pimonte, gli abusi sono stati filmati con il cellulare. Anzi, a Pimonte, il branco ha fatto anche di peggio: le scene riprese sono state inviate via whatsapp a centinaia di coetanei della zona. Quasi come un cimelio, una dimostrazione digitale del loro machismo. Una ulteriore terribile umiliazione per la ragazzina che aveva già dovuto subire la violenza del gruppo.

Sono due storie orribili. Non possono essere trattate e archiviate come banali fatti di cronaca. E hanno troppi punti in comune. Nel caso di San Valentino, il day after degli arresti è stato caratterizzato da un “già visto” sconcertante. Ma purtroppo comune a tante storie simili. «Lei se l’è cercata». O anche: «Quella ci stava». Per finire con un «vestiva in quel modo». E il vestire in quel modo è riferito ai pantaloncini corti così diffusi questa estate tra le adolescenti e non solo. E già che siamo in un’epoca digitale, segnata dalla comunicazione via social, questo “già visto” è stato amplificato dal web (commenti su Facebook in particolare), creando nella vittima altra umiliazione e altri danni.

Non possiamo dire se questo accadrà anche per i fatti di Pimonte. Ci auguriamo di no. Ma tutto è possibile.

Di certo l’età dei protagonisti è quello che colpisce di più. Insieme al numero degli stupratori. Hanno agito in branco, si sono sentiti più forti, più sicuri. Forse anche più brutali. E la legge del branco ha anche spento qualche eventuale flebile voce che magari diceva : «Ma che stiamo facendo?»

Cosa è scattato nella testa di questi ragazzini? Come hanno potuto immaginare di commettere un atto così violento e farla franca, fornendo oltretutto con le riprese video la prova inoppugnabile della loro colpevolezza? E poi, perché avevano bisogno di far vedere anche agli altri, a tutti gli altri, la loro “impresa”? A spingerli non crediamo sia stata solo la voglia di umiliare ancor di più la ragazzina. Ma la necessità quasi di accreditarsi tra gli amici, di dire “guarda cosa siamo stati capaci di fare”. E di inviare a tutti quelle scene quasi fosse uno dei tanti selfie.

Una dinamica tipica del bullismo di questi anni. Con le vessazioni che non sono soltanto di sottomissione fisica o psicologica, ma anche sessuale. Il social spinge poi – proprio come in tante storie di sopraffazione riprese nelle scuole – a filmare le scene e riproporle agli altri. Il tutto condito da una concezione del tutto sballata del sesso, complice l’accesso facile a siti porno. La complicità dei fidanzati è poi un innesco fondamentale. Primo perché le ragazzine hanno fiducia in loro. E poi, perché si ingenera l’assurda convinzione: «se c’è stata con lui ci sta anche con noi».

Un mix devastante di violenza e ignoranza. A farne le spese sono adolescenti appena uscite dall’infanzia e già costrette, dopo questi abusi, a fare i conti con i traumi di una esperienza che le scaraventa nella parte più brutale e ignobile del mondo degli adulti. E a causa di coetanei forse neppure consapevoli fino in fondo del male che stanno provocando. Non consapevoli del tutto, ma neppure innocenti.

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