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La solidarietà nazionale della Chiesa in Francia

Posté par atempodiblog le 16 juillet 2016

La solidarietà nazionale della Chiesa in Francia
Il clero francese ha confermato ieri la sua nota vena patriottica, affrontando il dramma comune della strage di Nizza non solo con le armi della fede e della preghiera ma anche con le ragioni dell’identità nazionale e dell’unità inclusiva di fronte alla sfida del multiculturalismo. Capita così che le considerazioni sul 14 luglio s’intreccino a quelle sull’Anno della Misericordia
di Claudia Cirami – La Croce – Quotidiano

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Preghiera, solidarietà e unità nazionale. Così la Chiesa di Francia ha reagito allo spaventoso attentato di Nizza, costato la vita ad 84 persone (anche se il bilancio appare ancora provvisorio) e causa di grandi sofferenze per diversi feriti, alcuni in gravi condizioni. Sebbene i festeggiamenti del 14 Luglio fossero un momento di rischio e l’allerta fosse ovunque elevata, tuttavia ogni volta la morte in Francia sembra colpire a tradimento, prendendo tutti alla sprovvista. Il male che s’abbatte all’improvviso appare sempre più organizzato, più efficiente di qualsiasi difesa. Di fronte a questo nuovo dolore che colpisce principalmente la Francia e, in questo paese, il mondo intero, occorre immediatamente una risposta efficace anche da parte della Chiesa, prima che abbiano il sopravvento sentimenti di rinnovate ostilità. Il primo a parlare, ieri, è stato il portavoce della Conferenza Episcopale Francese (CEF), Mr. Olivier Ribadeau Dumas, che su Twitter ha scritto: «La solidarietà nazionale sarà più forte del terrorismo. La nostra preghiera raggiunge tutte le vittime e i loro parenti». Successivamente, sempre nella stessa mattinata del 15 Luglio, la Conferenza dei vescovi di Francia ha emesso un comunicato in cui viene fatto presente che i vescovi francesi si associano «pienamente al dolore dei parenti e delle famiglie delle vittime». Sono inoltre assicurati pensieri e preghiere, e tutti i cattolici di Francia, su invito di Mons. Georges Pontier, arcivescovo di Marsiglia e presidente della CEF, sono chiamati «a pregare specialmente per le vittime e i loro parenti durante la messa», che sarà celebrata Domenica 17 Luglio, nella cattedrale di Notre-Dame, nella capitale francese (officiata da Monsignor Denis Jachiet, vescovo ausiliare di Parigi).

Ancora una volta Messe e preghiere: la prima strada per uscire dall’incubo e aprire il cuore al perdono non può che passare necessariamente dal soccorso che viene dalla grazia di Dio. Il comunicato si ferma poi a commentare quello che è accaduto: «questa tragedia si aggiunge alla triste lista d’atti terroristici che gettano nel lutto» la Francia e «altri paesi nel mondo da molti mesi. Qualunque sia il motivo, questa barbarie è inaccettabile, intollerabile». Nonostante la sottolineatura dell’inaccettabilità del gesto, qui il comunicato sembra procedere in modo molto cauto, sena alcun riferimento al motivo degli attentati, perché i vescovi di Francia sanno bene che il paese della Torre Eiffel è ormai un luogo ad alto tasso di presenza di musulmani e nessuno di loro vuole aprire a conflitti religiosi, né infastidire gli islamici moderati e integrati. Così, il comunicato conclude: «Il nostro paese è stato ferito mentre viveva un momento d’unione nazionale. Più che mai, la solidarietà nazionale deve essere più forte del terrorismo». La richiesta è, dunque, quella non perdersi in mille divisioni di fronte ad un nemico che, probabilmente, opera in modo così efferato, non solo per scoraggiare, terrorizzare, ma anche per incutere divisione, e – di conseguenza – indebolire ancor di più. Sul momento di unità nazionale vissuto dall’intera Francia, certamente i vescovi, pur con qualche riserva, fanno riferimento ad una situazione accettata in buona parte. Dopo la nota dei Vescovi francesi, scritta per il bicentenario della Rivoluzione Francese, avvenuto nel 1989, che ricordava le prove vissute dalla Chiesa durante quel periodo storico, ma al tempo stesso l’importanza di tutto quello che la Rivoluzione Francese ha contribuito a sviluppare con i suoi principi, l’opera di pacificazione nazionale è andata avanti. Non è stato semplice: la Rivoluzione nel tempo ha diviso clero e fedeli. Ha straziato, ucciso, confiscato, ma è stata anche da alcuni cattolici approvata e – successivamente – già a partire dall’Ottocento, nonostante molti continuassero a mantenere un atteggiamento contrario, diversi, nel mondo cattolico, si sono interrogati su questo evento, così foriero di conseguenze nel bene e nel male. Così, ieri era gran pare della Francia che, in diverse città, si era riversata nelle strade per i festeggiamenti del 14 Luglio.

Così come è accaduto nel luogo dell’attentato. La voce del vescovo di Nizza ha ben evidenziato il momento drammatico vissuto dagli abitanti di Nizza e da coloro che si trovavano lì in vacanza o per lavoro. Mons. Merceau ha infatti usato il termine “sotto-choc” che riguarda sia famiglie e amici di chi ha perso la vita, che testimoni e personale che ha operato durante tutta la notte per venire in soccorso di chi era ferito, nascosto, terrorizzato. Il Vescovo ha usato un’espressione dolorosa come “scene insostenibili” e ha fatto riferimento all’attentato come ad un “atto inumano” che non si può comprendere. «Niente – ha affermato – può legittimare la follia assassina, la barbarie». Inoltre «Davanti ad un comportamento incomprensibile e folle, i perché non trovano risposta» ha poi aggiunto, chiedendosi se il cuore dell’uomo è fatto per amare o per uccidere. Ma la certezza non può che essere una sola, da parte del vescovo: «Questi momenti tragici non devono suscitare ripiegamento in se stessi, chiusura, discriminazione e io mi auguro che alle persone non rimanga la solitudine di un momento così terribile per le famiglie, per la gente in choc». E ha invitato a non aver paura di rivolgersi ai sacerdoti, a persone che possono aiutare a fare in modo che non venga tenuto dentro di sé quello che può trasformarsi in odio e in violenza. Il momento è indubbiamente tragico. La Chiesa di Francia sembra sentire forte la responsabilità di frenare sentimenti di odio e vendetta, pur condannando con fermezza l’inumanità di azioni come queste. Come già era accaduto il 13 Novembre dello scorso anno, quando la “mannaia” del terrorismo si era abbattuta sui luoghi del tempo libero e del divertimento, sale concerto, bar, ristoranti (lo stadio sfuggì per un soffio ad un’ulteriore carneficina), i terroristi – poco importa che si tratti di una cellula o di un lupo solitario – hanno scelto ancora una volta di colpire in un momento di svago, quando le difese si allentano, e infierire su vittime civili che nulla hanno a che fare con le responsabilità decisionali dei loro governi.

Non sarà semplice accettare che, ad esempio, secondo le testimonianze, l’attentatore si è diretto con il camion contro un chiosco che vendeva caramelle e ha preso in pieno bambini e genitori e nonni: di fronte a scene simili, è più facile che il cuore si chiuda in sentimenti di odio, piuttosto che aprirsi al perdono. Consapevole di questa possibile conseguenza, il vescovo di Nizza ha auspicato, ancora, una «vicinanza […] che porti sostegno e speranza » in tutti quei luoghi in cui gli abitanti di Nizza si incontrano per lavoro, nelle associazioni, nelle comunità cristiane. Il suo è un «messaggio di compassione, di consolazione. Non esitiamo a dirci ciò che ha ferito il nostro cuore». Come si vede, torna, ancora una volta, la richiesta di far uscire tutto il dolore, la sofferenza, la difficoltà di capire. Il passaggio è fondamentale: solo non tenendo tutto dentro, sarà possibile ricominciare a rivedere la luce e risentire la pace. Non ci sono alternative.

Il vescovo chiude poi con il riferimento all’Anno della Misericordia che «è un appello a cambiare i cuori. Attraverso la preghiera, andiamo verso Colui che è il maestro dell’Amore». Il riferimento a Cristo, nelle parole del vescovo di Nizza, è molto significativo: egli rimanda al sangue e l’acqua che sono colati dal suo costato trafitto, “fiumi d’amore”, così li definisce, e portare il “messaggio d’amore” è il compito che dà ai cristiani, ai cattolici. Così conclude: «Alcuni fratelli sono nel bisogno. Noi abbiamo bisogno. La nostra società ha bisogno. Questi momenti tragici sono lontani dal farci chiudere, lontani da fare di noi ciò che quell’uomo ha voluto fare. Portate con voi un messaggio che dica la forza del cuore dell’uomo. La morte non avrà l’ultima parola». Se l’atto è inumano, colpisce che il terrorista viene chiamato “uomo”.

Vedere l’umanità anche dove il mondo non riesce più a scorgerla è il compito dei cristiani. Anche altri vescovi francesi hanno fatto sentire la propria voce in questo momento così triste per il popolo di Francia, ma anche per altre nazioni, dato che è ormai certo che tra le vittime e i feriti di questo nuovo atto di barbarie ci sono uomini e donne (e probabilmente bambini) di diversa nazionalità. Mons. Marc Aillet, vescovo de Bayonne, ha scritto su Twitter «Costernazione e preghiera per le vittime dell’attentato di Nizza. È urgente pregare per la Francia». Cita invece Paolo VI e il suo “mai più la guerra” il vescovo di Fréjus-Toulon, monsignor Dominique Rey. Esprime la sua vicinanza a tutti coloro che erano nella Promenade des Anglais – il luogo dove è avvenuto l’attentato – l’arcivescovo di Avignone, mons. Jean-Pierre Cattenoz, commentando che «ancora una volta ci troviamo ad affrontare l’orrore assoluto». Due volte, nel suo intervento, compare il termine “orrore”: segno che la Francia è di nuovo travolta da una fortissima onda emotiva, dovuta ad un fatto che per molti appare inspiegabile, perché le procedure di sicurezza, dopo gli attentati del 13 Novembre, avrebbero dovuto scongiurare una simile carneficina. Lo sgomento dei vescovi esprime perfettamente lo stato d’animo dei francesi. Il vescovo d’Evry, Mons. Michel Dubost, si è, invece, interrogato sul significato di “fraternità”, su cosa voglia dire e se è un concetto inclusivo o limitato a quelli che vivono insieme a noi. Non è un tema peregrino: la strada per un progressivo superamento di odi e vendette sembra una soltanto. Riconoscere che l’altro – pur nella sua diversità e nella sua peculiarità – è mio fratello serve per una buona integrazione, coinvolgendo sia chi ospita che chi viene ospitato.

I vescovi francesi, dunque, sembrano consapevoli che occorre lavorare ancora tanto per scongiurare tragedie come quella di Nizza. I tempi sono complessi, è necessario che ognuno si impegni a ricercare le radici del concetto di fraternità, ad interiorizzarlo, una volta trovate, e a incarnarlo quotidianamente. Perché il male non abbia il sopravvento. Nel sito La Croix, leggiamo che Mgr Dominique Lebrun, arcivescovo di Rouen, ha invece invitato i fedeli della sua diocesi a partecipare ad un messa sabato 16 Luglio nella basilica di NotreDame de Bonsecours. «Più che mai, è necessario costruire una civiltà dell’amore. Chi meglio di Gesù può insegnare e mostrarci la via?», si è chiesto. Sempre sullo stesso sito, leggiamo parte del messaggio che il segretario di Stato della Santa Sede, card. Pietro Parolin, ha inviato al vescovo di Nizza. Secondo questo messaggio, Papa Francesco «affida alla misericordia di Dio le persone che hanno perso la vita e si associa vivamente al dolore delle famiglie colpite dal lutto. Esprime la sua solidarietà alle persone ferite, così come a tutti quelli che hanno contribuito ai soccorsi, domandando al Signore di sostenere ciascuno in questa prova. Implorando da Dio il dono della pace e della concordia, invoca sulle famiglie provate e su tutti i francesi il beneficio delle Benedizioni divine». La Chiesa Francese, sostenuta da tutta la cattolicità, avrà di nuovo un compito difficile: riconciliare, invitare al perdono, costruire l’amore. In questo, tuttavia, non è sola: Cristo, che non ama perdere tempo, si è già messo all’opera.

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