Giubileo disabili. Il Papa: i malati vanno amati, non messi in un “recinto”
Un appello all’accoglienza di disabili e malati: Papa Francesco lo ha rivolto stamani, alla Messa celebrata in Piazza San Pietro per il Giubileo a loro dedicato. Davanti alle migliaia di disabili, volontari e accompagnatori, il Pontefice ha messo in guardia la società dal ghettizzare i malati e sottolineato che la vera strada per essere felici è amare.
di Debora Donnini – Radio Vaticana
L’amore di Francesco per i malati
E’ indimenticabile la tenerezza che Francesco riserva sempre a malati, bimbi, adulti o anziani. Un linguaggio di gesti e parole, che si è manifestato anche al termine della Messa quando il Papa si è avvicinato ad alcuni malati e accompagnatori presenti. Un linguaggio che esprime cosa sia la misericordia per il Papa: abbracciare, sorridere, in una parola accogliere:
“La felicità che ognuno desidera, d’altronde, può esprimersi in tanti modi e può essere raggiunta solo se siamo capaci di amare. Questa è la strada! E’ sempre una questione di amore, non c’è un’altra strada. La vera sfida è quella di chi ama di più. Quante persone disabili e sofferenti si riaprono alla vita appena scoprono di essere amate! E quanto amore può sgorgare da un cuore anche solo per un sorriso! La terapia del sorriso…”
Gesù comprende le nostre infermità perché Lui stesso le ha provate ed è un medico che guarisce con la medicina dell’amore. “Che cosa potremmo rimproverare a Dio per le nostre infermità e sofferenze - afferma – che non sia già impresso sul volto del suo Figlio crocifisso”? E le migliaia di ammalati e disabili, convenuti in piazza San Pietro, hanno sfidato il brutto tempo pur di incontrare Francesco, il suo sguardo che quando si posa su ciascuno lo fa sentire unico e la sua parola che esprime l’amore di Dio per ciascuno.
Non ghettizzare i malati ma accoglierli
Nell’omelia il Papa mostra un’estrema comprensione per la realtà umana: tutti prima o poi – nota – ci scontriamo con “le malattie nostre o altrui”, “esperienze drammaticamente umane”. Il Papa sa che di fronte a queste sofferenze può subentrare un atteggiamento cinico, come se tutto si potesse risolvere subendo, contando solo sulle nostre forze oppure riponendo tutta la fiducia nella medicina, che però magari non è in grado di guarire quella malattia:
“Nell’epoca in cui una certa cura del corpo è divenuta mito di massa e dunque affare economico, ciò che è imperfetto deve essere oscurato, perché attenta alla felicità e alla serenità dei privilegiati e mette in crisi il modello dominante”.
“Meglio tenere queste persone separate”, si potrebbe essere tentati di pensare, o in qualche “recinto”, “magari dorato”, o nelle « riserve » dell’assistenzialismo perché non si intralci “il ritmo del falso benessere”, quando addirittura non si arriva a ipotizzare che sia “meglio sbarazzarsene quanto prima”, perché i malati possono diventare un peso economico insostenibile. Papa Francesco svela la grande illusione che si accovaccia in questi pensieri:
“Ma, in realtà, quale illusione vive l’uomo di oggi quando chiude gli occhi davanti alla malattia e alla disabilità! Egli non comprende il vero senso della vita, che comporta anche l’accettazione della sofferenza e del limite. Il mondo non diventa migliore perché composto soltanto da persone apparentemente ‘perfette’, per non dire ‘truccate’ ma quando crescono la solidarietà tra gli esseri umani, l’accettazione reciproca e il rispetto”.
Una Messa dedicata, anche nel linguaggio, ai disabili
La Messa è stata scandita dalla presenza di un linguaggio dedicato alla disabilità: tutte le letture sono state tradotte da persone sorde, di diverse nazioni, in Lingua Internazionale dei Segni. Malati e disabili hanno proclamato le letture e recitato le preghiere. Ma la grande novità è stato il Vangelo: per la prima volta in Piazza San Pietro mentre veniva proclamato, un gruppo di persone disabili intellettive lo ha « rappresentato » indossando i costumi dell’epoca di Gesù, e questo per permettere che il testo venisse compreso anche dai pellegrini con disabilità intellettiva.
Un Vangelo che, ricorda il Papa, è dedicato alla figura della peccatrice che viene “giudicata” mentre Gesù la accoglie. “La sua tenerezza – dice – è segno dell’amore che Dio riserva per coloro che soffrono e sono esclusi”. E la sofferenza non è solo quella fisica ma una delle patologie più frequenti oggi è quella che tocca lo spirito, “la patologia della tristezza”, la chiama Francesco. Una sofferenza che rende tristi perché ci si sente privi di amore o traditi nelle relazioni importanti:
“La tentazione di rinchiudersi in sé stessi si fa molto forte, e si rischia di perdere l’occasione della vita: amare nonostante tutto. Amare nonostante tutto …”
In Cristo la sofferenza trova senso
Il mistero della vita cristiana si riassume, infatti, nel dinamismo pasquale di morte e risurrezione, ricevuto nel Battesimo. Con l’immersione nell’acqua è come se ognuno fosse sepolto con Cristo e quando riemerge si manifesta la vita nuova, così anche la malattie e la morte in Cristo trovano il loro senso ultimo. Papa Francesco sottolinea, quindi, che “il modo in cui viviamo la malattia e la disabilità è indice dell’amore che siamo disposti a offrire »:
“Il modo in cui affrontiamo la sofferenza e il limite è criterio della nostra libertà di dare senso alle esperienze della vita, anche quando ci appaiono assurde e non meritate. Non lasciamoci turbare, pertanto, da queste tribolazioni”.
Al termine della Celebrazione, il Papa ha salutato alcuni malati e accompagnatori presenti. Quindi, ha voluto rivolgere il suo saluto alla folla, facendo un giro in Piazza a bordo della papamobile. L’attesa della Messa, invece, è stata scandita da testimonianze di fede anche nel dolore, come quella di Enrico Petrillo, marito di Chiara Corbella deceduta a soli 28 anni per un tumore scoperto durante la gravidanza, e del noto padre Cyril Axerold, redentorista, sordo-cieco, che ha messo in risalto come ancora resti molto da fare per l’accoglienza delle persone disabili.
Insomma, davvero una Celebrazione eucaristica segnata dall’accoglienza, dall’inclusione e in una parola dalla misericordia.