Scienza e marijuana

Posté par atempodiblog le 28 juin 2016

La cannabis erroneamente e comunemente viene ritenuta poco o per nulla dannosa
Scienza e marijuana
di Andrea Bartelloni – Libertà e Persona

Scienza e marijuana dans Articoli di Giornali e News marjuana

La cannabis erroneamente e comunemente viene ritenuta poco o per nulla dannosa è così che si esprime il dott. Antonio Floriani, medico psicoterapeuta, uno dei sei esperti che la rivista Scienze (www.bbcscience.it) ha interpellato per affrontare il tema marijuana.

La verità sulla marijuana. Droga o medicina? È il titolo del servizio che nelle sue conclusioni non lascia dubbi:

fa male. Al cervello, al feto in gravidanza, diminuisce la capacità di giudizio e provoca apatia, crea dipendenza non solo psicologica, ma anche fisica, aumenta la possibilità di sviluppare malattie psicotiche. Considerarla “leggera” è un controsenso. Anche perché la marjiuana degli spinelli in circolazione, spiega Carlo Locatelli del Centro Antiveleni di Pavia, arriva a contenere il 30-40 per cento in più del principio attivo (THC) rispetto alle percentuali che arrivavano al 6-7 per cento della marjiuana “naturale” e questo grazie a incroci e selezioni. Praticamente un ogm dopato. Ma la nuova frontiera è quella che ha portato alla produzione dei cannabinoidi sintetici. Nuove sostanze molto più potenti e pericolose che danno effetti collaterali gravi come attacchi renali, ictus, tachicardia e attacchi di panico con una tossicità simile a quella della cocaina. Facilissimi da reperire in rete e dai prezzi molto bassi sono una vera minaccia per la salute.

Veniamo alla cannabis come medicina. Ne parla Paolo Poli, presidente della Società Italiana Ricerca Cannabis (SIRCA) dell’Università di Pisa e il suo giudizio sulle capacità curative è perentorio: “La maggior parte degli studi finora condotti non hanno validità scientifica perché non è possibile sapere che tipo di cannabis e in che dosi è stata somministrata durante gli esperimenti”. Gli studi condotti dal dott. Poli, osservando i benefici ottenuti e confrontandoli con i farmaci tradizionali, hanno evidenziato che, per quanto riguarda il dolore i cannabinoidi sono inferiori rispetto ad altri potenti analgesici come la morfina o il metadone. La cannabis può avere effetti positivi nei fenomeni di spasticità legati a lesioni midollari o a malattie degenerative, anche se ancora non sappiamo come “agisca sulle varie patologie (…), ma sicuramente non possiamo considerarla una panacea”. È efficace come antiemetico, antidolorifico e antinfiammatorio specialmente nei pazienti in trattamento per neoplasie. “E anche quando si parla di risultati incoraggianti in vitro non bisogna dimenticare che – interviene il dott. Gaetano Di Chiara farmacologo dell’Università di Cagliari- (…) in vitro hypothesi, in vivo veritas”.

Le domande più importanti sul tema cannabis trovano risposte autorevoli. Il prof. Di Chiara, viene interpellato sul tema della dipendenza e sul rapporto cannabis/schizofrenia. La dipendenza fisica esiste e l’astinenza comporta iperalgesia, irritabilità, ansia. La crisi d’astinenza non è violenta come per altre sostanze d’abuso perché il THC viene eliminato molto lentamente, e se non si muore da overdose di cannabis, circa il 10 per cento dei consumatori potrebbe sviluppare una dipendenza cronica, secondo uno studio di Wayne Hall, consulente Oms. Per quanto riguarda il rapporto con la schizofrenia questa si manifesta più precocemente in chi ha fatto uso e abuso di cannabis, ovviamente nei soggetti comunque predisposti, aggravando una situazione preesistente.

Ma quello che più allarma, ed è sempre Di Chiara a sottolinearlo, è “la diminuzione cognitiva dovuta all’assunzione cronica di cannabis” che “è irreversibile in fase di sviluppo” e che, conferma Sandro Iannaccone dell’Ospedale San Raffaele di Milano, comporta “una diminuzione della memoria a breve termine e della capacità di apprendimento. Altri studi hanno evidenziato una riduzione della materia grigia del nostro cervello nella regione orbito frontale collegati al consumo cronico di marjiuana. L’abuso comporta anche una diminuzione della capacità critica e di giudizio, un aumento dell’impulsività, il blocco delle inibizioni. La cannabis ha, anche per un suo uso saltuario, un effetto sulle aree cerebrali collegate all’emotività. Altro punto, importante riferito da uno studio neozelandese, riguarda la possibilità di passare dalla cannabis a altre droghe: questa è 60 volte maggiore in chi inizia precocemente (15 anni) e consuma la cannabis settimanalmente.

Lo studio, molto dettagliato e documentato porta ad un’unica conclusione: NON E’ LEGGERA e il fatto che possa essere usata in campo farmacologico è un’ulteriore dimostrazione che agisce sul nostro organismo come un farmaco e che se assunta in modo indiscriminato e senza controllo, come un qualsiasi farmaco, può far male.

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La barca di san Pietro

Posté par atempodiblog le 28 juin 2016

La barca di san Pietro dans Racconti e storielle barca-di-san-pietro

La Barca (o Barchetta) di San Pietro è una tradizione popolare rurale diffusa in tutto il Nord Italia, in particolare in Veneto, Trentino, Lombardia, Liguria e Piemonte.

Consiste nell’usanza di porre, nella notte fra il 28 e il 29 giugno (festività dei santi Pietro e Paolo), un contenitore di vetro riempito d’acqua su un prato e nel far colare nell’acqua un albume d’uovo. In alcune tradizioni, il contenitore deve essere lasciato per tutta la notte all’aria aperta, per assorbire la rugiada.

Il mattino seguente si dovrebbero trovare nell’acqua delle strutture, formate dall’albume, che ricordano le vele di una nave. Secondo il folklore popolare, sarebbero prodotte da San Pietro, che soffiando nel contenitore di vetro farebbe assumere all’albume la giusta conformazione.

In considerazione di come apparivano le “vele si poteva trarre buono o cattivo auspico di come sarebbe stata l’annata agraria, o sul proprio destino.

A questo proposito esistono almeno tre proverbi veneti che riguardano la festività dei Santi Pietro e Paolo.

«L’è vero, l’è vero l’è rivà San Piero.
L’è vero, l’è vero l’è rivà la barca de San Piero»;

«Se piove a San Paolo e Piero piove par on ano intìero»;

«Se te vol on bel zinquantin, semena prima de San Pierin» (il “zinquantin è una qualità di granturco da cui si ricava una farina per polenta molto prelibata).

Fonte: Radio Maria Fb

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I momenti del “goal”

Posté par atempodiblog le 28 juin 2016

I momenti del “goal” dans Citazioni, frasi e pensieri giorgio_chiellini_graziano_pelle

Ci sono nel calcio dei momenti che sono esclusivamente poetici: si tratta dei momenti del “goal”.

Ogni goal è sempre un’invenzione, è sempre una sovversione del codice: ogni goal è ineluttabilità, folgorazione, stupore, irreversibilità. Proprio come la parola poetica.

Pier Paolo Pasolini

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Medjugorje: Quelli che hanno risposto alla chiamata

Posté par atempodiblog le 25 juin 2016

35° anniversario delle apparizioni della Regina della Pace a Medjugorje
Medjugorje: Quelli che hanno risposto alla chiamata
Padre Livio Fanzaga – Radio Maria

Medjugorje: Quelli che hanno risposto alla chiamata dans Apparizioni mariane e santuari Medjugorje

Guardando indietro, a partire da quel 24 Giugno 1981 fino ad oggi, ci rendiamo contro dell’opera grandiosa che la Regina della pace ha realizzato per la Chiesa e per il mondo intero. Tutti gli uomini infatti sono suoi figli e nessun’altra apparizione come questa mette in evidenza la maternità universale della Madre di Dio.

Il piano di Maria si è sviluppato come un’onda inarrestabile, che ha lambito ogni angolo della terra. Nulla e nessuno ha potuto fermare la ferma volontà dell’Ancella del Signore di salvare le anime e di proteggere l’umanità dalla  minaccia dell’autodistruzione. Anche se un numero enorme di persone non l’hanno neppure presa in considerazione, la Gospa ha irradiato la sua luce sempre più forte, perché ha trovato la riposta di tanti suoi figli, prima nella Parrocchia da Lei scelta e poi in tutto il mondo.

Nonostante siano trascorsi 35 anni, il piano di salvezza di Maria è, in un certo senso, ancora agli inizi. Molti di quelli che hanno risposto cooperano dal cielo con la preghiera e l’intercessione. Quelli che sono ancora nel pellegrinaggio non devono farsi logorare dal tempo e dalla stanchezza del cammino e devono vigilare perché il demonio non li seduca con le false luci dell’effimero.

La Madre raccomanda ai suoi figli di essere forti e saldi nella fede, perseveranti nella preghiera, infaticabili nella testimonianza. Solo chi avrà perseverato fino alla fine conseguirà la palma della vittoria.

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Siamo tutti stranieri

Posté par atempodiblog le 23 juin 2016

Il razzista è colui che nega se stesso
Siamo tutti stranieri
dell’Arcivescovo di Chieti-Vasto, Mons. Bruno Forte

Siamo tutti stranieri dans Amicizia Regina-di-Tutti-i-Popoli

Siamo tutti stranieri sulla terra che pure è la nostra, pellegrini in questo mondo: perciò, ciascuno ritrova se stesso in quanto scopre l’altro, scoprendo se stesso altro dall’altro, e proprio così riconoscendosi rivolto all’altro, accogliente dell’altro.

L’alterità è lo stimolo a (ri)scoprire l’identità nell’atto dell’accogliere. Perciò, “il razzista è colui che nega se stesso per quello che è” (E. Jabès, Uno straniero…, o.c., 25).

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Tiramisù alla birra: ecco il Birramisù!

Posté par atempodiblog le 23 juin 2016

Tiramisù alla birra: ecco il Birramisù!
Una ricetta davvero originale che vi sorprenderà! Il segreto? Una birra scura tipo scout o guinness extra stout al posto del caffè
di 

Tiramisù alla birra: ecco il Birramisù! dans Cucina e dintorni Birramisu

Avete mai pensato di assaggiare un tiramisù fatto con la birra? È la nuova frontiera del dessert della tradizione italiana che tutto il mondo ama e che è noto con il nome di birramisù. Il segreto per realizzarlo è quello di utilizzare una birra particolare, dal colore e dal sapore in grado di ricordare il caffè sfruttato per la ricetta classica. Stiamo parlando della birra stout, una bevanda scura, ad alta fermentazione, prodotta con malti d’orzo molto tostati che garantiscano l’aroma tipico di questo prodotto che ricorda il cioccolato, la liquirizia e il caffè. Per questa particolarità è consigliata soprattutto dopo cena, in abbinamento a dolci o alla gorgonzola come ci hanno fatto provare i monaci produttori della birra cascinazza. E poi può essere utile per cucinare, per esempio degli originali dessert come, appunto, il birramisù.
Di stout ne esistono in commercio vari tipi. Particolarmente indicate per il nostro “progetto culinario” sono l’Irish Stout (come la Guinness Extra Stout o la Murphy’s Irish Stout) oppure la Coffee Stout (arricchita da vero caffè).

Se avete in casa una birra chiara e non volete uscire per comprarne un’altra nessun problema: miscelatela con del caffè prima di bagnare i biscotti.

Non ve la sentite di comprare “questo pacchetto a scatola chiusa”? Provate ad andare in un birrificio artigianale che faccia anche servizio di pub-cucina: spesso si può assaggiare questo dolce anche lì e capire se fa per noi.

Se vi piacciono le rivisitazioni del tiramisù provate anche la variante alla nutellaal limone,alle fragole oppure alla ricotta.

Con il bimby
Versate nel boccale gli albumi, lo zucchero e un pizzico di sale e montate per 1 minuto a velocità 4. Aggiungete il mascarpone e i tuorli e amalgamate a velocità 1 per 20 secondi. A questo punto componete il dolce seguendo la nostra ricetta.

Senza uova
Non digerite le uova, soprattutto crude? Preparate il birramisù senza uova! Basta sostituirle con 200 millilitri di panna: montate la panna con lo zucchero, poi aggiungete il mascarpone e procedete seguendo questa ricetta.

  • Resa: 4 PERSONE SERVITE
  • Preparazione: 20 minuti

Ingredienti

  • 150 millilitri birra meglio scura, tipo stout
  • 3 uova fresche
  • 250 grammi mascarpone
  • 10 cucchiai zucchero
  • 150 grammi Savoiardi o biscotti tipo pavesini
  • cacao
  • sale

Preparazione

  1. Sbattete i tuorli (tenete da parte gli albumi) con lo zucchero con una frusta. Dovete ottenere un composto spumoso.
    Unite il mascarpone.
  2. Montate gli albumi con un pizzico di sale e aggiungeteli al mascarpone. Lavorate delicatamente con una spatola.
  3. Bagnate i savoiardi nella birra e componete il vostro tiramisù: fate uno strato di biscotti sul fondo delle coppette monoporzioni o in una teglia.
  4. Coprite con la crema al mascarpone e fate un nuovo strato di biscotti bagnati nella birra.
    Procedete in questo mondo alternando gli strati.
  5. Completate con il mascarpone e infine coprite con la polvere di cacao.

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La NBA di Alessandro Gentile

Posté par atempodiblog le 23 juin 2016

La NBA di Alessandro Gentile dans Sport Gentile

Alessandro Gentile diventerà il settimo giocatore italiano nella storia a mettersi alla prova nella NBA, abbandonando le certezze e le comodità italiane (con Milano che potrebbe vincere i prossimi dieci scudetti, se non si suicida) per calarsi in un contesto dove guadagnerà di sicuro più soldi ma dove in sostanza riparte da zero, a quasi 24 anni di età. Lo ha detto abbastanza chiaramente ad Adrian Wojnarowski di The Vertical, andando dritto sugli Houston Rockets che detengono i diritti su di lui e dicendo che nella sua scelta sono decisive le presenze di Mike D’Antoni e di James Harden. Insomma, una conferma a freddo di quanto già a caldo l’azzurro aveva detto dopo il secondo scudetto vinto in carriera. Gentile ha facoltà fino al 10 luglio di rescindere il contratto che lo lega a Milano e la certezza è che in ogni caso lo farà, visto che il presidente dell’Olimpia Proli già da giorni ne parla al passato. Non mancano le offerte da alta Eurolega, a partire dal Barcellona, anche a ingaggio più che raddoppiato (attualmente il figlio di Nando e fratello di Stefano viaggia sul milione netto di euro a stagione), ma il momento giusto per la NBA è indubbiamente questo, si spera con l’aura anche dei Giochi di Rio.

Ma cosa potrebbe realisticamente essere Gentile in una squadra NBA di media levatura (ultima stagione da 41-41, con eliminazione al primo turno nei playoff) come i Rockets, che oltretutto perderanno Dwight Howard, che ha appena rinunciato a una ‘player option’ da 23,2 milioni di dollari? Di base proprio il cambio di Harden, anche se il tiro da fuori è troppo incostante per farne fin da subito un buon attaccante NBA. La struttura fisica invece è proprio quella delle guardie-ali piccole della pallacanestro di oggi, in questo senso l’impatto sarà meno duro che per altri europei: per certi versi i suoi pro e i suoi contro in ottica NBA sono opposti a quelli di un Datome, ma come sempre accade sotto al livello delle superstelle è il contesto a creare le carriere dei singoli.

In una squadra dantoniana pura Gentile, pur avendo meno tiro di mille altri sul mercato, potrebbe essere un ottimo giocatore di transizione e un elemento interessante per sfruttare i mismatch. Ma è soltanto teoria, al momento, non sapendo che tipo di Rockets nasceranno e soprattutto se vorranno usare Gentile, scelto alla numero 53 (da Minnesota, che poi lo girò a Houston) due anni fa, come carne da scambio. Di certo una grande sfida che Gentile ha le qualità per vincere, dove per ‘vincere’ si intende sopravvivere al livello più alto.

di Stefano Olivari – Guerin Sportivo

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Come resistere al neo-autoritarismo dei grillini

Posté par atempodiblog le 23 juin 2016

Come resistere al neo-autoritarismo dei grillini
di Robi Ronza– La nuova Bussola Quotidiana

Come resistere al neo-autoritarismo dei grillini dans Articoli di Giornali e News 5_stelle

Ancora una volta l’appuntamento elettorale di domenica scorsa ha confermato il rafforzarsi nel nostro Paese di tendenze le quali non possono che preoccupare chi abbia a cuore la causa della persona e della libertà. In primo luogo non smette di crescere la sfiducia dei cittadini verso le istituzioni democratiche.

Dal 2001 al secondo turno di queste elezioni comunali, a Milano i votanti sono passati in percentuale dall’82,29 al 51,81; a Torino dall’82,56 al 54,41; a Roma dal 75,5 al 50,19. Ciò significa che negli ultimi quindici anni Roma ha perso oltre mezzo milione di elettori (-31,5%), Milano 225 mila (-25%) e Torino 166 mila (-26,1%): praticamente un quarto dell’elettorato. A Napoli dal 60,32 si è scesi al 34,38 per cento, ovvero si è recato alle urne un elettore su tre. In secondo luogo, sia pure per comprensibili ragioni, in quella parte di elettorato che ancora va a votare dilaga una pura e semplice domanda di efficienza immediata cui non accompagna alcuna analoga preoccupazione per la libertà della persona e delle comunità.

É un clima che ai più avvertiti non può non far venire in mente l’epoca in cui, grata per la sua capacità di garantire che i treni viaggiassero in orario, a Mussolini la gente perdonava volentieri ogni cosa, compresi il controllo poliziesco della vita di ogni giorno e la perdita della libertà. Su questa domanda di efficienza ad ogni costo sta facendo leva con successo il Movimento 5 Stelle,  una forza politica neo-autoritaria di nuovo tipo che sarebbe un grosso errore prendere sotto gamba. É una realtà ben costruita e abilmente governata.

É significativo, in proposito, il tempestivo colpo di timone che i 5 Stelle hanno saputo dare alla barca nel caso delle elezioni a Roma e a Torino. In un battibaleno hanno fatto sparire dalla scena i loro “matti del villaggio” sostituendoli con due signore di bella presenza ciascuna delle quali sembrava fatta su misura per la città ove è stata candidata; ciascuna però anche col pugno di ferro ben dissimulato in un elegante guanto di velluto.

Abilissima pure l’eclissi di Beppe Grillo e poi la sua ricomparsa dopo la vittoria, ma come icona muta e sorniona. Resta però il fatto che basta andarsi a leggere il manifesto programmatico dei 5 Stelle sul sito ufficiale del Movimento per rendersi conto del centralismo, dello statalismo e della deriva neo-autoritaria che caratterizzano il loro progetto politico.

Tra l’altro uno dei pilastri di tale progetto è il monopolio statale assoluto della scuola. Colpisce tutti gli osservatori la modernità dei loro metodi, e in primo luogo la loro cultura “digitale”. Bisogna però stare bene attenti a non confondere la modernità con la democrazia. Anche le dittature possono essere molto moderne: così fu ad esempio ai suoi tempi il fascismo per non dire del nazismo (con quale beninteso il Movimento 5 Stelle non ha fino ad ora niente a che spartire).

Quello che ai tempi di Mussolini era la nuova magia degli altoparlanti e della radio oggi per i 5 Stelle è internet. Grazie alla Rete secondo loro si giungerebbe a nuovi strumenti “di democrazia diretta”  tali da rendere inutili le elezioni e le assemblee rappresentative. E tutto questo per marciare verso un mondo plasmato sulle idee di Jean-Jacques Rousseau, come esplicitamente Casaleggio ebbe ad affermare. Tale essendo la situazione, appare anche chiaro che da destra a sinistra tutte le maggiori presenze sulla scena pubblica del nostro Paese ne risultano come annichilite.

Da Forza Italia al Pd la risposta alla sfida del Movimento 5 Stelle è balbettante. D’altro canto, a partire da una posizione laica, orizzontale, diventa molto difficile fare alternativa a un progetto che in ultima analisi non è poi così diverso dal proprio. E che nell’immediato ha il vantaggio di una vera o presunta innocenza.

Al di là di una diaspora, forse per ora storicamente irrimediabile, in tale quadro la gente di fede ha oggi, a mio avviso, una responsabilità urgente: quella di dare un contributo principale all’elaborazione di un progetto e di iniziative politiche che aprano con efficacia alla domanda di efficienza, ma non a spese della libertà. Niente di specificamente “cattolico”, quanto piuttosto delle risposte molto umane ai bisogni profondi di tutti.

Libertà responsabile della persona e delle comunità, quindi in primo luogo libertà di educazione; difesa e promozione della vita umana anche come primo motore dell’uscita dalla crisi demografica, e dunque dalla crisi economica; ricostruzione di un rapporto con l’ambiente fondato non sulla paura bensì sulla vocazione dell’uomo non a subire bensì a concreare la realtà del mondo. E ancora: rifondazione dell’Unione europea e dei suoi rapporti con i suoi grandi vicini e con il resto del globo: sono questi alcuni tra i principali punti su cui cominciare al lavorare.

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Papa Francesco: Benedetto XVI, maestro della teologia in ginocchio

Posté par atempodiblog le 22 juin 2016

Papa: Benedetto XVI, maestro della teologia in ginocchio
Benedetto XVI, ovvero l’esempio più grande di cosa voglia dire fare “teologia in ginocchio”. Papa Francesco firma la prefazione di un libro del Pontefice emerito con una serie di considerazioni sulla testimonianza offerta da Papa Benedetto sul valore della preghiera, cuore di ogni vita sacerdotale. Il volume, edito da Cantagalli, si intitola “Insegnare e imparare l’amore di Dio” ed è il primo di una collana di testi di Benedetto XVI. Il testo della prefazione di Francesco è stato anticipato dl quotidiano La Repubblica.
Lo riassume Alessandro De Carolis per Radio Vaticana

Papa Francesco: Benedetto XVI, maestro della teologia in ginocchio dans Articoli di Giornali e News

È il “fattore decisivo” di un uomo che si consacra a Dio nel sacerdozio. Non il saper fare, anche senza risparmio di energie. Non la “gestione degli affari correnti”. Il fattore decisivo è lo stare “in ginocchio” a “pregare per gli altri, senza interruzione, anima e corpo”, costantemente immersi in Dio, “con il cuore sempre rivolto a Lui, come un amante che in ogni momento pensa all’amato, qualsiasi cosa faccia”. Perché un sacerdote ha la verità del suo ministero dell’“incarnare la presenza di Cristo” fra la gente, altrimenti “non è più vero niente, tutto diventa routine, i sacerdoti quasi stipendiati, i vescovi burocrati e la Chiesa non Chiesa di Cristo, ma un prodotto nostro, una ong in fondo inutile”.

Con la franchezza che gli è propria, Papa Francesco celebra di Benedetto XVI l’esemplarità del suo essere sacerdote – il 28 giugno saranno 65 anni – testimoniata in modo “luminoso” dal Papa emerito soprattutto negli ultimi tre anni, da quando egli stesso – spiegando le ragioni della rinuncia al ministero petrino – affermò di sentirsi chiamato “a salire sul monte” per dedicarsi alla preghiera e alla meditazione.

“Si vede che è un uomo che veramente crede, che veramente prega; si vede che è un uomo che impersona la santità, un uomo di pace, un uomo di Dio”, riconosce Francesco all’inizio della prefazione, ponendo in risalto come senza quel “profondo radicamento in Dio” sarebbero inutili “capacità organizzativa” e denaro, “presunta superiorità intellettuale” e potere. In Papa Benedetto, ripete Francesco, si coglie limpida “l’essenza dell’agire sacerdotale” e “forse è proprio vero – osserva – che egli ci impartisce nel modo più evidente una tra le sue più grandi lezioni di ‘teologia in ginocchio’”.

Il “vero pregare” che mostra Papa Benedetto con “la sua testimonianza”, prosegue ancora Francesco, non è né “l’occupazione di alcune persone ritenute particolarmente devote e magari considerate poco adatte a risolvere problemi paratici” né, all’opposto, “quel ‘fare’ che invece i più ‘attivi’ credono sia l’elemento decisivo del nostro servizio sacerdotale, relegando così di fatto la preghiera al ‘tempo libero’”. E nemmeno, soggiunge, pregare può essere considerata “una buona pratica per mettersi un po’ in pace la coscienza, o solo un mezzo devoto per ottenere da Dio quello che in un dato momento crediamo ci serva”.

“No”, ribadisce Francesco, la preghiera “è il fattore decisivo”, l’“intercessione di cui la Chiesa e il mondo – e tanto più in questo momento di vero e proprio cambio d’epoca – hanno bisogno più che mai, come il pane, più del pane”.

“Perché senza il legame con Dio – annota Francesco citando lo stesso Benedetto XVI – siamo come satelliti che hanno perso la loro orbita e precipitano impazziti nel vuoto, non solo disgregando se stessi, ma minacciando anche gli altri”.

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L’eroe dimenticato che salvò il mondo dall’apocalisse nucleare

Posté par atempodiblog le 22 juin 2016

Guerra Fredda
L’eroe dimenticato che salvò il mondo dall’apocalisse nucleare
Stanislav Petrov non si fidò del sistema di difesa sovietico per cui missili atomici lanciati dagli Usa erano in arrivo: «Ero un analista, ero certo che si trattasse di un errore»
di Fabrizio Dragosei – Corriere della Sera

L’eroe dimenticato che salvò il mondo dall’apocalisse nucleare dans Articoli di Giornali e News Petrov

È una persona schiva l’uomo che ha salvato il mondo. Ed è anche di poche parole. Quando lo incontriamo davanti all’ingresso del palazzone di cemento in stile kruscioviano dove vive, sta andando a pagare la bolletta del gas. «Noo!, che ho fatto? Niente di speciale, solamente il mio lavoro». Poi ripete quello che disse all’inizio degli anni Novanta, quando la sua storia fu resa pubblica per la prima volta. «Ero l’uomo giusto al posto giusto al momento giusto».

L’analista che non si comportò da ottuso
In realtà è stata una fortuna per questo pianeta il fatto che il tenente colonnello Stanislav Petrov non fosse un militare qualunque, uno dei tanti addetti alla sorveglianza. Lui era un analista che quella notte si trovò quasi casualmente a fare un turno di guardia ai calcolatori, sostituendo uno dei militari professionisti. Un altro avrebbe semplicemente controllato i segnali in arrivo (cosa che lui fece) e si sarebbe limitato ad applicare il protocollo, informando i suoi superiori: «Missili termonucleari americani in arrivo. Colpiranno il territorio dell’Unione Sovietica fra 25/30 minuti». Quest’ometto minuto reagì invece diversamente. Lui non credeva che gli Stati Uniti potessero veramente attaccare. «E se pure l’avessero fatto, non avrebbero lanciato solo un grappolo di missili». Si convinse che fosse «un’avaria del sistema». Così non disse nulla. E salvò il pianeta.

La notte in questione era quella del 26 settembre 1983, «per la precisione le 00.15». Venticinque giorni prima, il 1° settembre, un caccia sovietico aveva abbattuto un jumbo jet coreano con 269 persone a bordo che era entrato nello spazio aereo dell’Urss. Erano gli anni della gerontocrazia al comando, della paranoia e della profondissima crisi. Il gensek (segretario generale del partito) Jurij Andropov era permanentemente in ospedale. In quell’occasione a controllare i radar non c’era un «Petrov», ma un militare disciplinato e ottuso che riferì ai suoi superiori: un apparecchio, probabilmente un aereo spia degli Stati Uniti, aveva violato il territorio della madrepatria. I generali e i politici applicarono le regole. In pochi minuti il maggiore Gennadij Osipovich che aveva affiancato il jet civile con il suo Sukhoi, ricevette l’ordine di abbattere l’intruso. «Non dissi alla base che era un Boeing, perché nessuno me lo aveva chiesto», si è giustificato in seguito.

L’errore del sistema di difesa
Petrov no. Petrov non era ottuso. I missili impiegano meno di mezz’ora per raggiungere la Russia dagli Usa. Alcuni minuti servono per controllare che tutti i parametri siano giusti. Poi la comunicazione telefonica a Mosca. L’informazione arriva ai vertici. Si sveglia il gensek e a quel punto bisogna decidere subito. Militari ed ex agenti del Kgb non sono abituati a mettere in discussione le procedure. La tensione era altissima, con Reagan che aveva bollato l’Urss come «impero del male» appena sei mesi prima e Andropov che si diceva convinto della volontà di aggressione americana. A un attacco si sarebbe risposto quasi certamente con una massiccia rappresaglia: decine di missili sovietici lanciati verso gli Stati Uniti. E Washington avrebbe certamente replicato con il lancio (questa volta vero) delle sue testate nucleari. Per il pianeta sarebbe stata la fine.

Ma Petrov non era ottuso. Al suo posto di controllo a Serpukhov-15, vicino Mosca, arrivò il segnale sempre atteso e tanto temuto: «Si accese una luce rossa, segno che un missile era partito. Tutti si girarono verso di me, aspettando un ordine. Io ero come paralizzato, dapprincipio. Ci mettemmo subito a controllare l’operatività del sistema, ventinove livelli in tutto». Pochissimi minuti e si accese un’altra luce, poi un’altra. «Nessun dubbio, il sistema diceva che erano in corso lanci multipli dalla stessa base», racconta. «Una nostra comunicazione avrebbe dato ai vertici del Paese al massimo 12 minuti. Poi sarebbe stato troppo tardi».

Nessun riconoscimento in patria
Petrov era sicuro che la segnalazione fosse sbagliata, nonostante tutto. «Ero un analista, ero certo che si trattasse di un errore, me lo diceva la mia intuizione». Così comunicò che c’era stato un malfunzionamento del sistema. «I quindici minuti di attesa furono lunghissimi. E se eravamo noi a sbagliare? Ma nessun missile colpì l’Unione Sovietica».

In seguito si chiarì che il sistema era stato ingannato da riflessi di luce sulle nuvole. Pensava di venir premiato, e invece gli arrivò un richiamo: se lui aveva ragione, qualcun altro aveva sbagliato a progettare il sistema. E tutto venne insabbiato. «Quando mi congedai, non mi concessero nemmeno la solita promozione a colonnello», racconta ancora. Petrov ha ricevuto vari riconoscimenti all’estero, ma nulla in patria. E ancora oggi, a 76 anni, fa la vita di sempre nel palazzo di Fryasino. Nessuno ricorda più l’uomo che ha salvato il mondo.

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Lo Yoga non è compatibile con il Cristianesimo

Posté par atempodiblog le 20 juin 2016

Lo Yoga è compatibile con il Cristianesimo? Se fosse solo una ginnastica sì. Il problema è che non lo è
Tratto da: Il Settimanale di Padre Pio

Lo Yoga non è compatibile con il Cristianesimo dans Fede, morale e teologia yoga

Salve, mi chiamo Paolo, ho 27 anni e vivo a Bologna. Sono nato e cresciuto in una famiglia cattolica non solo nella teoria ma anche nella pratica e vorrei anch’io un giorno formare una famiglia in cui Dio e la Fede siano al centro di tutto l’agire, e non solo un fatto formale. La mia fidanzata è cattolica e condivide questo mio progetto, ma forse non con la mia stessa radicalità. Per esempio, da un po’ di tempo sta andando con un’amica a un seminario di yoga. Certamente, lo so, si vuol servire solo delle tecniche di rilassamento, anche se ora mi sembra molto presa da questi manuali e dice che l’aiutano anche nella vita spirituale e di preghiera. A me non piace questa cosa. Faccio bene a pensare che non sia compatibile con una vita autenticamente cristiana? – Paolo T.

Caro Paolo, sempre più frequentemente si trovano corsi o seminari di yoga non solo nelle palestre, ma anche in centri di spiritualità cristiana o in monasteri! La cosa, come lei nota quasi per istinto, è ovviamente in stridente contrasto con le esigenze della Fede vissuta coerentemente. Comunemente, però, si pensa che ci possa essere compatibilità tra spiritualità cristiana e yoga, o almeno che non siano realtà in conflitto, e così, tanti cattolici frequentano corsi di yoga per sconfiggere ansia e stress.

La domanda essenziale da porsi quindi è proprio questa: lo yoga è compatibile con il Cristianesimo? E la risposta è negativa. Lo yoga si ispira a una scuola indù. Fu elaborato nei 194 Yoga sutra scritti da Pantanjali nel V secolo d.C. È un metodo con il quale la persona cerca di sottomettere tutte le forze spirituali, orientandole verso la meta desiderata, che può essere la “pace interiore” o il conseguimento di una “conoscenza suprema”, oppure l’emancipazione da tutti i legami del mondo e dalla materia.

La “pace interiore”, che per un cristiano consiste nel possesso di Dio nella sua anima con la vita di grazia, vien qui ricercata dove Dio non è, e pretesa a costo di sforzi puramente umani e personali. Il conseguimento di una conoscenza suprema, alla maniera divina, è incompatibile con la dimensione creaturale dell’uomo e ricorda le parole tentatrici del serpente nel Paradiso terrestre. Anche la liberazione da tutti i legami del mondo e dalla materia non può essere in nessun modo paragonata alla cosiddetta ascetica cristiana che, comunque, afferma sempre la positività del creato e della dimensione terrena creata da Dio. Questi sono solo alcuni, ma si potrebbero rilevare molti altri aspetti di incompatibilità.

L’inganno è quello di voler separare nello yoga la filosofia di vita dalla pratica di rilassamento, nell’illusione di poter fruire di alcuni “benefici” senza compromettersi più di tanto. E questo è forse il caso della sua fidanzata. Che fare? Potrebbe farla riflettere sul fatto che questa separazione non ha senso in quanto ciò che contraddistingue lo yoga non è tanto il suo aspetto pratico, ma la sua propria filosofia che propone una via di realizzazione spirituale con un percorso che diviene via via sempre più totalizzante, con il rifiuto sempre più netto e deciso di ogni visione teologica metafisica, che è il presupposto della Fede cattolica. Esso si sviluppa in 2 fasi che non hanno senso separate l’una dall’altra: la prima (Hatha Yoga) sÌ propone il controllo totale del corpo e delle energie attraverso una pratica di esercizi fisici, la seconda (Raja Yoga) è la tappa successiva dove si raggiungerebbe l’illuminazione suprema circa l’unità del tutto, in altri termini: puro monismo panteista, ossia identificazione del divino con la natura. Ma qui siamo ormai lontani dal porto sicuro della Verità cristiana.

Un’autentica esperienza religiosa si pone nella dimensione dell’esclusività, cioè respinge le altre. E se l’induismo (ispiratore dello yoga) vi ha rinunciato, permettendo di professare contemporaneamente anche un’altra religione, il Cristianesimo non lo può fare, perché deve confrontarsi con le esigenze di ciò che custodisce e propone: la Verità assoluta che non può contraddirsi e non ammette compromessi né in teoria né in pratica.

Divisore dans Riflessioni

Per approfondire Freccia dans Stile di vita L’isostenibile peso dello Yoga

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«Perché osservi la pagliuzza nell’occhio del tuo fratello?»

Posté par atempodiblog le 20 juin 2016

«Perché osservi la pagliuzza nell’occhio del tuo fratello?»
San Giovanni Climaco (ca 575-ca 650), monaco nel Monte Sinai
La scala santa, 10° grado
Tratto da: Propositura di San Marcello Pistoiese

«Perché osservi la pagliuzza nell'occhio del tuo fratello?» dans Citazioni, frasi e pensieri san_giovanni_climaco

Ho sentito alcuni maledire il prossimo e li ho rimproverati. Per difendersi, questi operatori di iniquità hanno risposto: «Per carità e per sollecitudine parliamo così!». Ho risposto loro: Smettete di praticare simile carità, altrimenti accuserete di menzogna colui che ha detto: «Chi calunnia in segreto il suo prossimo io lo farò perire» (Sal 101,5).

Se ami quell’uomo, come dici, prega in segreto per lui e non disprezzarlo. Questo modo di amare piace al Signore; non perderlo di vista, e applicati con molta cura a non giudicare i peccatori. Giuda era del novero dei discepoli e il ladrone faceva parte dei malfattori, eppure quale cambiamento stupendo in un attimo!…

Rispondi dunque a colui che parla male del prossimo: «Smetti, fratello! Io stesso cado ogni giorno in colpe più gravi; come allora potrei condannare costui?».

Ne avrai un doppio profitto: guarirai te stesso e guarirai il tuo prossimo.

Non giudicare è una scorciatoia che conduce prontamente al perdono dei peccati, se è vera questa parola: «Non giudicate e non sarete giudicati»…

Alcuni hanno commesso grandi colpe alla vista di tutti, ma hanno compiuto in segreto i più grandi atti di virtù. Così i loro accusatori si sono ingannati guardando solo il fumo senza vedere il sole…

I censori frettolosi e severi cadono in tale inganno perché non conservano il ricordo e il pensiero costante dei propri peccati… Giudicare gli altri, è usurpare senza vergogna una prerogativa divina; condannarli, è rovinare la propria anima…

Come un buon vendemmiatore mangia l’uva matura e non coglie l’uva verde, così uno spirito benevolo e sensato nota con cura tutte le virtù che vede negli altri; è insensato invece colui che scruta le colpe e le mancanze.

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Portare la pace di Cristo e non il turbamento

Posté par atempodiblog le 20 juin 2016

Portare la pace di Cristo e non il turbamento dans Citazioni, frasi e pensieri visitare_i_propri_cari

Mentre lavoriamo può darsi che spesso veniamo colti a conversare o a far chiacchiere inutili. Stiamo attenti perché potrebbe capitarci anche mentre visitiamo le famiglie. Potremmo lasciarci andare a parlare di affari privati o di questo o di quello, dimenticando così lo scopo vero della nostra visita.

Noi ci rechiamo a portare la pace di Cristo e che succede se provochiamo invece turbamento? Come si sentirà offeso il Nostro Signore da tale condotta! Non dobbiamo mai permettere alla gente di parlare contro i sacerdoti, i religiosi o i loro vicini.

Beata Madre Teresa di Calcutta

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La pagliuzza e la trave: suggestioni diaboliche

Posté par atempodiblog le 20 juin 2016

La pagliuzza e la trave: suggestioni diaboliche dans Citazioni, frasi e pensieri La_pagliuzza_e_la_trave

Chi può giudicare mai giustamente, se le azioni dipendono dalle intenzioni, dalla coscienza, dallo stato particolare di responsabilità di ciascuno, e tutto questo ci è nascosto?

Come si può giudicare se spesso siamo soggetti alle allucinazioni della fantasia e dei preconcetti, e vediamo quello che non è, o lo apprezziamo in una falsa luce?

Possiamo dire con assoluta verità che giudicando, sbagliamo sempre, e che viene il tempo nel quale ci accorgiamo con rammarico di avere per lo meno esorbitato.

Giudichiamo o in base di nostre fallaci osservazioni o in base a relazioni fatteci dagli altri, le quali sono anch’esse frutto di giudizi fallaci. Tra queste ombre ingannatrici facilmente vediamo il male dove non c’è, o lo vediamo in una falsa luce ed erriamo.

Tendiamo all’esagerazione nel valutare i difetti altrui, perché l’orgoglio vuol farci credere migliori degli altri e osserviamo con cura anche le minime mancanze, quasi pagliuzze nell’occhio, mentre non guardiamo le nostre che sono grosse come travi.

Gesù condanna perciò la radice stessa dei giudizi, che sta tutta nel voler osservare le debolezze altrui e nel presumere di eliminarle.

Egli parlava dei farisei, censori spietati del prossimo, i quali non vedevano le loro gravi mancanze, ma parlava anche di quelli che in tutti i tempi li avrebbero imitati.

di don Dolindo Ruotolo

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La gentilezza può ricordare al vivo la presenza di Dio tra noi

Posté par atempodiblog le 19 juin 2016

La gentilezza può ricordare al vivo la presenza di Dio tra noi dans Citazioni, frasi e pensieri John-Henry-Newman

Ogni tanto incontriamo una persona gentile. La gentilezza è una virtù difficile da trovare in una società che ammira i comportamenti aggressivi e ruvidi. Veniamo invitati a far sì che le cose siano fatte, e siano fatte rapidamente, anche se qualcuno rimane ferito in questo processo. Contano il successo, la soddisfazione, la produttività. Ma il costo è alto.

Non vi è posto, in questo quadro, per la gentilezza. Gentile è chi “non spezza la canna infranta e non spegne il lucignolo fumigante” (Mt 12,20). Gentile è chi presta attenzione alle forze e alle debolezze dell’altro e gode più di stare insieme che di realizzare qualcosa.

La persona gentile cammina con passo leggero, ascolta con attenzione, guarda con tenerezza e tocca con rispetto. La persona gentile sa che la vera crescita richiede nutrimento, e non forza. Rivestiamoci di gentilezza! Nel nostro mondo duro e spesso inflessibile, la nostra gentilezza può ricordare al vivo la presenza di Dio tra noi.

John Henry Newman

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