Il Santo Padre alla Cei: il sacerdote si faccia prossimo di ognuno

Posté par atempodiblog le 17 mai 2016

APERTURA DELLA 69a ASSEMBLEA GENERALE DELLA CEI

DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
ALLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

papa francesco

Aula del Sinodo
Lunedì, 16 maggio 2016

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Cari fratelli,

a rendermi particolarmente contento di aprire con voi questa Assemblea è il tema che avete posto come filo conduttore dei lavori –Il rinnovamento del clero –, nella volontà di sostenere la formazione lungo le diverse stagioni della vita.

La Pentecoste appena celebrata mette questo vostro traguardo nella giusta luce. Lo Spirito Santo rimane, infatti, il protagonista della storia della Chiesa: è lo Spirito che abita in pienezza nella persona di Gesù e ci introduce nel mistero del Dio vivente; è lo Spirito che ha animato la risposta generosa della Vergine Madre e dei Santi; è lo Spirito che opera nei credenti e negli uomini di pace, e suscita la generosa disponibilità e la gioia evangelizzatrice di tanti sacerdoti. Senza lo Spirito Santo – lo sappiamo – non esiste possibilità di vita buona, né di riforma. Preghiamo e impegniamoci a custodire la sua forza, affinché «il mondo del nostro tempo possa ricevere la Buona Novella […] da ministri del Vangelo, la cui vita irradi fervore» (Paolo VI, Esort. ap. Evangelii nuntiandi, 80).

Questa sera non voglio offrirvi una riflessione sistematica sulla figura del sacerdote. Proviamo, piuttosto, a capovolgere la prospettiva e a metterci in ascolto, in contemplazione. Avviciniamoci, quasi in punta di piedi, a qualcuno dei tanti parroci che si spendono nelle nostre comunità; lasciamo che il volto di uno di loro passi davanti agli occhi del nostro cuore e chiediamoci con semplicità: che cosa ne rende saporita la vita? Per chi e per che cosa impegna il suo servizio? Qual è la ragione ultima del suo donarsi?

Vi auguro che queste domande possano riposare dentro di voi nel silenzio, nella preghiera tranquilla, nel dialogo franco e fraterno: le risposte che fioriranno vi aiuteranno a individuare anche le proposte formative su cui investire con coraggio.

1. Che cosa, dunque, dà sapore alla vita del “nostro” presbitero? Il contesto culturale è molto diverso da quello in cui ha mosso i primi passi nel ministero. Anche in Italia tante tradizioni, abitudini e visioni della vita sono state intaccate da un profondo cambiamento d’epoca.

Noi, che spesso ci ritroviamo a deplorare questo tempo con tono amaro e accusatorio, dobbiamo avvertirne anche la durezza: nel nostro ministero, quante persone incontriamo che sono nell’affanno per la mancanza di riferimenti a cui guardare! Quante relazioni ferite! In un mondo in cui ciascuno si pensa come la misura di tutto, non c’è più posto per il fratello.

Su questo sfondo, la vita del nostro presbitero diventa eloquente, perché diversa, alternativa. Come Mosè, egli è uno che si è avvicinato al fuoco e ha lasciato che le fiamme bruciassero le sue ambizioni di carriera e potere. Ha fatto un rogo anche della tentazione di interpretarsi come un “devoto”, che si rifugia in un intimismo religioso che di spirituale ha ben poco.

È scalzo, il nostro prete, rispetto a una terra che si ostina a credere e considerare santa. Non si scandalizza per le fragilità che scuotono l’animo umano: consapevole di essere lui stesso un paralitico guarito, è distante dalla freddezza del rigorista, come pure dalla superficialità di chi vuole mostrarsi accondiscendente a buon mercato. Dell’altro accetta, invece, di farsi carico, sentendosi partecipe e responsabile del suo destino.

Con l’olio della speranza e della consolazione, si fa prossimo di ognuno, attento a condividerne l’abbandono e la sofferenza. Avendo accettato di non disporre di sé, non ha un’agenda da difendere, ma consegna ogni mattina al Signore il suo tempo per lasciarsi incontrare dalla gente e farsi incontro. Così, il nostro sacerdote non è un burocrate o un anonimo funzionario dell’istituzione; non è consacrato a un ruolo impiegatizio, né è mosso dai criteri dell’efficienza.

Sa che l’Amore è tutto. Non cerca assicurazioni terrene o titoli onorifici, che portano a confidare nell’uomo; nel ministero per sé non domanda nulla che vada oltre il reale bisogno, né è preoccupato di legare a sé le persone che gli sono affidate. Il suo stile di vita semplice ed essenziale, sempre disponibile, lo presenta credibile agli occhi della gente e lo avvicina agli umili, in una carità pastorale che fa liberi e solidali. Servo della vita, cammina con il cuore e il passo dei poveri; è reso ricco dalla loro frequentazione. È un uomo di pace e di riconciliazione, un segno e uno strumento della tenerezza di Dio, attento a diffondere il bene con la stessa passione con cui altri curano i loro interessi.

Il segreto del nostro presbitero – voi lo sapete bene! – sta in quel roveto ardente che ne marchia a fuoco l’esistenza, la conquista e la conforma a quella di Gesù Cristo, verità definitiva della sua vita. È il rapporto con Lui a custodirlo, rendendolo estraneo alla mondanità spirituale che corrompe, come pure a ogni compromesso e meschinità. È l’amicizia con il suo Signore a portarlo ad abbracciare la realtà quotidiana con la fiducia di chi crede che l’impossibilità dell’uomo non rimane tale per Dio.

2. Diventa così più immediato affrontare anche le altre domande da cui siamo partiti. Per chi impegna il servizio il nostro presbitero? La domanda, forse, va precisata. Infatti, prima ancora di interrogarci sui destinatari del suo servizio, dobbiamo riconoscere che il presbitero è tale nella misura in cui si sente partecipe della Chiesa, di una comunità concreta di cui condivide il cammino. Il popolo fedele di Dio rimane il grembo da cui egli è tratto, la famiglia in cui è coinvolto, la casa a cui è inviato. Questa comune appartenenza, che sgorga dal Battesimo, è il respiro che libera da un’autoreferenzialità che isola e imprigiona: «Quando il tuo battello comincerà a mettere radici nell’immobilità del molo – richiamava Dom Hélder Câmara – prendi il largo!». Parti! E, innanzitutto, non perché hai una missione da compiere, ma perché strutturalmente sei un missionario: nell’incontro con Gesù hai sperimentato la pienezza di vita e, perciò, desideri con tutto te stesso che altri si riconoscano in Lui e possano custodire la sua amicizia, nutrirsi della sua parola e celebrarLo nella comunità.

Colui che vive per il Vangelo, entra così in una condivisione virtuosa: il pastore è convertito e confermato dalla fede semplice del popolo santo di Dio, con il quale opera e nel cui cuore vive. Questa appartenenza è il sale della vita del presbitero; fa sì che il suo tratto distintivo sia la comunione, vissuta con i laici in rapporti che sanno valorizzare la partecipazione di ciascuno. In questo tempo povero di amicizia sociale, il nostro primo compito è quello di costruire comunità; l’attitudine alla relazione è, quindi, un criterio decisivo di discernimento vocazionale.

Allo stesso modo, per un sacerdote è vitale ritrovarsi nel cenacolo del presbiterio. Questa esperienza – quando non è vissuta in maniera occasionale, né in forza di una collaborazione strumentale – libera dai narcisismi e dalle gelosie clericali; fa crescere la stima, il sostegno e la benevolenza reciproca; favorisce una comunione non solo sacramentale o giuridica, ma fraterna e concreta. Nel camminare insieme di presbiteri, diversi per età e sensibilità, si spande un profumo di profezia che stupisce e affascina. La comunione è davvero uno dei nomi della Misericordia.

Nella vostra riflessione sul rinnovamento del clero rientra anche il capitolo che riguarda la gestione delle strutture e dei beni: in una visione evangelica, evitate di appesantirvi in una pastorale di conservazione, che ostacola l’apertura alla perenne novità dello Spirito. Mantenete soltanto ciò che può servire per l’esperienza di fede e di carità del popolo di Dio.

3. Infine, ci siamo chiesti quale sia la ragione ultima del donarsi del nostro presbitero. Quanta tristezza fanno coloro che nella vita stanno sempre un po’ a metà, con il piede alzato! Calcolano, soppesano, non rischiano nulla per paura di perderci… Sono i più infelici! Il nostro presbitero, invece, con i suoi limiti, è uno che si gioca fino in fondo: nelle condizioni concrete in cui la vita e il ministero l’hanno posto, si offre con gratuità, con umiltà e gioia. Anche quando nessuno sembra accorgersene. Anche quando intuisce che, umanamente, forse nessuno lo ringrazierà a sufficienza del suo donarsi senza misura.

Ma – lui lo sa – non potrebbe fare diversamente: ama la terra, che riconosce visitata ogni mattino dalla presenza di Dio. È uomo della Pasqua, dallo sguardo rivolto al Regno, verso cui sente che la storia umana cammina, nonostante i ritardi, le oscurità e le contraddizioni. Il Regno – la visione che dell’uomo ha Gesù – è la sua gioia, l’orizzonte che gli permette di relativizzare il resto, di stemperare preoccupazioni e ansietà, di restare libero dalle illusioni e dal pessimismo; di custodire nel cuore la pace e di diffonderla con i suoi gesti, le sue parole, i suoi atteggiamenti.

* * *

Ecco delineata, cari fratelli, la triplice appartenenza che ci costituisce: appartenenza al Signore, alla Chiesa, al Regno. Questo tesoro in vasi di creta va custodito e promosso! Avvertite fino in fondo questa responsabilità, fatevene carico con pazienza e disponibilità di tempo, di mani e di cuore.

Prego con voi la Vergine Santa, perché la sua intercessione vi custodisca accoglienti e fedeli. Insieme con i vostri presbiteri possiate portare a termine la corsa, il servizio che vi è stato affidato e con cui partecipate al mistero della Madre Chiesa. Grazie.

Tratto da: La Santa Sede

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Facebook: la radio con più fan è Radio Maria

Posté par atempodiblog le 16 mai 2016

Facebook: la radio con più fan è Radio Maria
Numerose le radio che hanno aperto un profilo social e che lo usano attivamente
Tratto da: Qui Finanza

Facebook e Twitter top brands

La radio con più utenti Facebook? Nessuna stazione particolarmente giovane o giovanilista, bensì Radio Maria, l’emittente radiofonica cattolica che pubblica più di 50 post al giorno, conquistando il primo posto sia per numero di interazioni che nuovi fan.

E’ quanto emerge dall’edizione di aprile della Top Brands di Blogmeter, la classifica dei brand più influenti su Facebook e Twitter, che questa volta ha voluto mettere al centro dell’analisi il mondo della radiofonia.

A livello di engagement segue a distanza, al secondo posto, Radio Kiss Kiss che coinvolge gli utenti pubblicando aforismi e frasi divertenti, oltre a promuovere i programmi on air. L’emittente napoletana si distingue anche per capacità di accrescere la propria community, posizionandosi al secondo posto anche per nuovi fan.

Ottime performance anche per Virgin Radio, che nonostante una pubblicazione di post piuttosto contenuta, conquista gli utenti con frasi tratte da canzoni, videoclip ufficiali e novità dal panorama rock internazionale, guadagnandosi anche un quinto posto per nuovi fan. Seguono in classifica Radio Italia e Radio Dee Jay.

TWITTER – Se Facebook è il regno di Radio Maria che domina su entrambe le metriche, su Twitter spiccano diversi nomi.
Leader per interazioni totali è RTL 102.5 che ad aprile fa il botto con Shawn Mendes, il cantautore canadese da milioni di follower sui social, ospite del programma The Flight, in occasione della quale il profilo Twitter di RTL ha ottenuto il numero più alto di nuovi seguaci, aggiudicandosi la seconda posizione. Segue nella classifica per total engagement Radio Italia, grazie sia a #NoiSiamoInfinitoLive, l’anteprima del tour di Alessio Bernabei in partnership con Radio Italia, che a #FragolaRadioItalia l’hashtag ufficiale dell’intervista di Lorenzo Fragola a Radio Italia. In terza posizione, Radio Deejay ottiene grandi consensi tra gli utenti di Twitter grazie al programma con Rudy Zerbi, #Zerbinator, che permette all’emittente nazionale di ottenere anche lo scettro per numero di nuovi follower. Completano la Top 5 dell’engagement, Radio 2 che fa il pieno di interazioni con la puntata del 17 aprile di #HitParade ccon ospite Marco Mengoni e Radio 105 per i suoi numerosi post dedicati ai cantanti del panorama italiano come Mattia Briga e Lorenzo Fragola.

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I doni dello Spirito Santo

Posté par atempodiblog le 15 mai 2016

Domenica di Pentecoste

I doni dello Spirito Santo
(At 2, 1-11; Rm 8, 8-17; Gv 14, 15-16. 23-26)

Nellanima abitata dalla Santissima Trinità fioriscono i doni dello Spirito

Pentecoste

In questo giorno di Pentecoste nel quale la Chiesa intera rivive il mistero dell’effusione dello Spirito Santo, disponi nel modo migliore la tua anima, preoccupandoti che essa sia rivestita dalla grazia santificante.

Infatti oggi molti desiderano ricevere doni e carismi, senza riflettere però che soltanto in un’anima abitata dalla Santissima Trinità e seriamente impegnata nel cammino di perfezione lo Spirito Santo può far fiorire i suoi mirabili sette santi doni.

Nessuno si illuda di avere e di conservare i doni dello Spirito Santo se si trova in uno stato di peccato grave. In questo caso la sua anima è come un ramo secco su cui non è possibile nessuna fioritura. [...]

Tratto da: La pazienza di Dio. Vangelo per la vita quotidiana, di Padre Livio Fanzaga. Ed. PIEMME

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Higuain da impazzire

Posté par atempodiblog le 15 mai 2016

Higuain

Accade con una rovesciata, sotto la pioggia battente del San Paolo. È una notte di festa per il Napoli. La squadra accede direttamente ai gironi di Champions (4-0 contro il Frosinone) e il suo fuoriclasse, Gonzalo Higuain, firma la tripletta che lo consegna alla storia: il record di Nordahl non è più un’ossessione. Sono 36 gol in un singolo campionato di Serie A, mai nessuno come il Pipita. E l’abbraccio con Sarri è già una figurina da conservare nell’album dei ricordi.

Tratto da: Tuttosport

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Da Eschilo a Péguy, Dio ha bisogno del nostro sonno

Posté par atempodiblog le 14 mai 2016

Da Eschilo a Péguy, Dio ha bisogno del nostro sonno
di Laura Cioni– Il Sussidiario.net

dormire

Zeus, chiunque egli sia, se pur questo nome gli è gradito,
con questo io lo chiamo.
Io non so chi invocare, per quanto ponderi, che Zeus solo,
se veramente bisogna scacciare il peso dell’angoscia.
Chi devotamente intona a Zeus il canto di vittoria,
otterrà somma saggezza.
“Attraverso il dolore la conoscenza:
è la legge sovrana che egli ha posto.
E nel sonno, dinanzi al cuore stilla
la pena che è memoria dolorosa
e, anche a chi non voglia, discende la saggezza.
Grazia è questa violenza degli dei, che dalle loro sedi sacre
fissano le leggi.

Commentando questo brano tratto dall’Agamennone di Eschilo, Simone Weil fa notare che Zeus non designa una divinità particolare, ma Dio stesso: le due parole hanno la stessa radice. Il suo nome non si sa e, se per gli antichi nominare era dominare, ciò implica che non lo si può raggiungere; si può soltanto invocare e nel buio è data la luce della conoscenza. La pena, memoria dolorosa, allude al presentimento della felicità che cade goccia a goccia nel sonno dell’uomo; al suo risveglio, egli è già preso dalla grazia e non gli rimane che acconsentire.

Veramente Tu sei un Dio nascosto, Dio d’Israele, salvatore”. Anche la Bibbia conosce l’azione misteriosa di Dio. Molti testi sono pervasi dalla convinzione che Dio operi in modo sconosciuto all’uomo, addirittura approfittando del suo sonno.

Nel sonno di Adamo il Creatore forma Eva: figura del sonno di Cristo sulla croce, da cui nasce la Chiesa.

Il Signore ne darà ai suoi amici nel sonno”: il salmo 127 parla del pane per cui l’uomo si affatica, e che viene donato a chi confida in Dio. Il vangelo di Marco annota l’insegnamento di Gesù: “Il regno di Dio è come un uomo che getta il seme nella terra; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce; come, egli ste sso non lo sa”. Così nella vita della natura, così nella vita dello Spirito.

Il sonno in Eschilo è il luogo di una pena dolorosa, eppure anche qui sa infiltrarsi una grazia di conoscenza; nella Bibbia si direbbe essere il luogo preferito da Dio per esercitare la sua potenza, in modo che l’uomo riconosca i doni che riceve e non abbia l’ardire di attribuirne il merito a sé. “Initium sapientaie timor Domini”. E’ stolto colui che tutto calcola, tutto prevede, tranne il passaggio segreto di una salvezza non preventivabile. In fondo si potrebbe affermare che i Greci e gli uomini di Israele, così diversi in tanti aspetti, abbiano in comune il concetto di una sapienza nata dal dolore e dalla grazia, nata da un passo segreto di Dio dentro un terreno di lacrime e di fiducia. 

Riaprendo ancora una volta i misteri di Péguy, ecco ciò che scrive questo poeta segnato dalla lotta per il pane quotidiano e dall’incomprensione di tanti amici:

Non mi piace chi non dorme, dice Dio.
Il sonno è l’amico dell’uomo.
Il sonno è l’amico di Dio
Beato chi spera. E che dorme.
Disgraziato colui che veglia e non si fida di me.
Perché da qui a domani, io, Dio, sarò forse passato.

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DIACONATO ALLE DONNE?/ In Francesco nessuna agenda liberal, pieno accordo con Wojtyla

Posté par atempodiblog le 14 mai 2016

DIACONATO ALLE DONNE?/ In Francesco nessuna agenda liberal, pieno accordo con Wojtyla
Intervista di Stefania Falasca (Avvenire)
Pietro Vernizzi – Il Sussidiario.net

Papa Francesco

“La presa di posizione di Papa Francesco sul diaconato femminile è in linea con quella di Giovanni Paolo II, e non fa che riproporre un fatto che esisteva già nella Chiesa primitiva. All’epoca il battesimo degli adulti avveniva per immersione, e per impartirlo alle donne si preferiva ricorrere alle diaconesse”. E’ il commento di Stefania Falasca, vaticanista ed editorialista del quotidiano Avvenire. Ieri, durante un incontro con l’Unione internazionale delle superiore generali, una suora ha chiesto a Papa Francesco riferendosi alle donne diacono: “Perché non costituire una commissione ufficiale che possa studiare la questione?” Bergoglio ha replicato: “Accetto. Mi sembra utile avere una commissione che lo chiarisca bene”.

I principali quotidiani online hanno subito titolato: “Il Papa apre al diaconato femminile”. Vero o falso?
Il tema non è nuovo. Il Papa lo ha posto in forma di domanda rispondendo a una suora: “Si può riprendere lo studio sul diaconato femminile nella Chiesa primitiva?” Nella Chiesa primitiva, fino al III-IV secolo, c’erano delle diaconesse e questo è documentato. Tra i cristiani dei primi secoli del resto le donne svolgevano un ruolo importante. Sono state collaboratrici degli apostoli, nonché attive nella costruzione delle comunità e dei servizi caritativi. Sono tutte attività non secondarie, anzi essenziali per la Chiesa.

Che cosa facevano le diaconesse nella Chiesa dei primi secoli?
All’epoca in particolare vi erano diaconesse per i battesimi delle donne adulte. Il rito prevedeva infatti che fossero immerse nude nell’acqua, e quindi si optò per questa soluzione. Nei primi secoli è esistita quindi una diaconia femminile, e le diaconesse avevano incarichi particolari nel seguire la cura pastorale delle donne. Però è stato anche chiaro che la loro ordinazione era assolutamente diversa da quella dei diaconi maschi. Le diaconesse infatti a differenza dei diaconi non avevano alcun incarico all’altare, e il loro era quindi un ministero sui generis. Questo è stato studiato dalla Commissione teologica internazionale che si è occupata della questione nel 2002-2003.

Qual era nella Chiesa primitiva la differenza tra diaconi e diaconesse?
La differenza era legata al fatto che le diaconesse non servivano all’altare. Il loro ministero era distinto da quello dei diaconi maschi. Tanto è vero che alcuni diaconi sono diventati papi, mentre questo non è avvenuto con le diaconesse.

Lei ritiene che quella di Papa Francesco sia un’apertura nuova?
Non vedo delle nuove aperture da parte di Papa Francesco. La sua proposta è di vedere e di valutare alla luce delle esigenze di oggi qualcosa che non è comunque una nuova creazione. Non si tratterebbe cioè di un nuovo sacramento, né potrebbe essere considerata come il primo passo verso il sacerdozio femminile. Nell’Ordinatio sacerdotalis, Giovanni Paolo II ha spiegato che il sacerdozio non può essere impartito alle donne. Nel viaggio di ritorno dagli Stati Uniti, Papa Francesco ha ribadito il no alla possibilità delle donne sacerdote. Il diaconato dunque non può certo essere confuso con il presbiterato.

Il sito di Repubblica scrive: “La possibilità prefigurata da Francesco avvicinerebbe la Chiesa cattolica a quella anglicana che ha donne preti e vescovi”. E’ così?
Noi cattolici non abbiamo le donne prete, e la questione è stata già definita dalla Chiesa, come ha ribadito lo stesso Francesco. Nulla toglie che possano esserci avvicinamenti in chiave ecumenica con gli anglicani. Il Papa non ha detto nulla di nuovo rispetto a quanto sta già sottolineando sull’importanza delle donne nella Chiesa, e soprattutto non risponde a un’agenda liberal. Ma soprattutto ha messo in guardia dalla clericalizzazione delle donne. Per esempio, pensare che una donna possa essere cardinale è ragionare davvero in termini clericali. Le donne nella Chiesa devono essere valorizzate, ma non clericalizzate.

Sui media si contrappone l’apertura di Francesco a Giovanni Paolo II. Lei come commenta?
In realtà Papa Francesco ha ribadito che il tema delle donne prete era già stato discusso e che dopo lunghe riflessioni Giovanni Paolo II ha detto chiaramente che non si può fare. Non capisco quindi quali siano le contraddizioni tra i due.

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Italiani, popolo che crede alle bufale (e così i politici se ne approfittano)

Posté par atempodiblog le 13 mai 2016

Lo studio di Pagnoncelli sulle percezioni sbagliate
Italiani, popolo che crede alle bufale (e così i politici se ne approfittano)
di Gian Antonio Stella – Corriere della Sera

vero o falso

Povera Italia! Il 49% è disoccupato! Il 48% ha più di 65 anni! L’età media è di 59 anni! Gli immigrati sono ormai il 26% cioè 15 milioni e mezzo! Il 20% del Paese è islamico! Aiutooo! Vi chiederete: ma da dove saltano fuori queste bufale? Questo è il problema: sono le convinzioni degli italiani. Così assurde da strappare una risata. Se non fossero cavalcate dalla cattiva politica. Nella scia dei figuri teatrali di Antonio Albanese: il Ministro della Paura e il Sottosegretario all’Angoscia.

Opinioni e bolle di sapone
L’ultimo libro di Nando Pagnoncelli, Dare i numeri. Le percezioni sbagliate sulla realtà sociale, pubblicato dalle Edizioni Dehoniane di Bologna, fa sorridere e mette i brividi. Emerge infatti l’abisso che separa la realtà dalle convinzioni di tanta parte della popolazione che non sa, non legge, non ascolta con attenzione giornali radio o telegiornali, non si informa, orecchia qualcosa e si costruisce un mondo di opinioni granitiche sospese in una bolla di sapone. Il guaio è che, come spiega nella postfazione Ilvo Diamanti, troppe volte «la realtà percepita è quella che conta. Cioè: la realtà reale». Un esempio? «Il 71% dei nostri connazionali», scrive Pagnoncelli, «ignora che l’Italia, grazie alla presenza di oltre quattro milioni di imprese, è il secondo Paese manifatturiero d’Europa dopo la Germania». Peggio: «Il 17% non ci crede».

Le non-soluzioni
Tutto ciò, sospira l’Ad di Ipsos Italia, «investe il tema della sfiducia nel futuro, delle aspettative personali e del rapporto con chi ha responsabilità politiche, a cui i cittadini chiedono soluzioni». Ma quali soluzioni? Quelle orecchiate negli sfogatoi familiari, al bar, dal barbiere o dagli ospiti di certe trasmissioni, da gente tele-dopata che guarda mediamente la tivù 255 minuti al giorno: quattro ore e mezza. Che salgono a «circa sette ore per le persone di oltre 64 anni, per molte delle quali la televisione svolge il ruolo dell’animale da compagnia». Il debito pubblico è salito a 2.215 miliardi di euro? La soluzione, per questi «orecchianti», è tagliare le paghe dei parlamentari e i parlamentari stessi. Anche se la Camera e il Senato insieme, dal gingerino del bar alla paga dei barbieri, dai vitalizi alle bollette costano molto meno di un millesimo di quel debito e i tagli (fossero pure giusti) avrebbero effetti limitatissimi? «Eeeeh, signora mia, chissà come ce la raccontano…».

Frottole in rete
Ci si mette, ovvio, anche internet. Un esempio? Una notizia diffusa on line alla vigilia delle elezioni del 2013: «Ieri il Senato della Repubblica ha approvato con 257 voti a favore e 165 astenuti il disegno di legge del Senatore Cirenga che prevede la nascita del fondo per i parlamentari in crisi, creato in vista della imminente fine della legislatura. Questo fondo prevede lo stanziamento di 134 miliardi di euro da destinarsi a tutti i deputati che non troveranno lavoro nell’anno successivo alla fine del mandato. Rifletti e fai girare». La notizia, ricorda Pagnoncelli, «era palesemente falsa: il senatore Cirenga non esiste, la somma dei votanti (257 favorevoli e 165 astenuti) era pari a 422 mentre il Senato è composto da 320 senatori e infine la cifra stanziata era enorme»: 130 milioni a parlamentare! Una balla spaziale. Eppure «la notizia si diffuse in modo virale, suscitando la più viva indignazione…».

Il problema: l’ignoranza
Dice lo studio Ipsos, condotto tra il 2014 e il 2015 prima in 14 e poi in 33 Paesi, che abbiamo un serio problema: l’ignoranza. E non solo perché, contando la sola popolazione adulta, il 57% degli italiani è appena alfabetizzato o in possesso della licenza elementare o al massimo media. È diffuso un «analfabetismo numerico»: «non hanno dimestichezza con i numeri e le percentuali, faticano ad orientarsi e a formulare stime corrette, finendo spesso col generalizzare, amplificando o attenuando significativamente la portata della realtà». Peggio: si formano nelle loro opinioni sul «sentito dire». Ed ecco i risultati che dicevamo: la disoccupazione, che pure è alta, è al 12%? Gli italiani sono convinti che sia addirittura al 49%: il quadruplo. L’Italia invecchia e quelli con più di 65 anni sono già il 21%? La percezione è che siano il 48%. L’età media degli abitanti, che negli anni Sessanta era intorno ai trent’anni, è salita a 44,4? L’idea diffusa è che sia schizzata a 59.

I musulmani «percepiti»
Per non dire degli immigrati. «Demografia in cifre» dell’Istat certifica che gli stranieri residenti in Italia (dati 2015) sono 5.014.437 pari a circa l’8% della popolazione con intere aree geografiche (come le isole) in larga parte esenti dal fenomeno? Gli italiani «percepiscono» che siano oltre il triplo: il 26%. Vale a dire, come spiegavamo, 15 milioni e mezzo. E va già meglio che nel 2014 quando, prima di scoprire dalla tivù l’esistenza della rotta balcanica e degli sbarchi sulle isole greche, questa percezione era ancora più alta: 30%. Come se avessimo 18 milioni di stranieri! Per non dire dei musulmani. Dice un recente studio del Viminale, che costretto dal timore di attentati tiene un monitoraggio continuo della galassia, che gli islamici sono da noi un milione e 550 mila. Meno di un terzo degli immigrati. Meno del 3% della popolazione totale. Bene: quelli «percepiti» sono sei o sette volte di più: il 20% degli abitanti. Pari a dodici milioni! Bum! E potete star certi che, messi di fronte ai numeri reali, molti scuoteranno la testa: «Vai a sapere perché ci viene nascosta la realtà…».

Scoraggiante. Tanto più che chi cavalca queste paure se ne infischia di correggerli coi numeri veri. Anzi, più la gente è convinta che il nostro sia ad esempio un Paese dove «se esci di casa ti tagliano la gola» (gli omicidi nel 2015 sono stati in realtà meno di un quinto dei 2.453 del 1981 e in genere degli anni Ottanta) più il raccolto di voti può essere abbondante. Il populismo, spiega Ilvo Diamanti, «si accende e si propaga, non per caso, quando la democrazia rappresentativa fatica a funzionare». E «la dilatazione delle percezioni e delle immagini, rispetto alla realtà» è un «amplificatore. Che rende l’Italia più esposta, soprattutto rispetto agli altri Paesi europei». Insomma, proprio perché sono spesso assurde e sballate, queste percezioni «vanno prese sul serio».

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San Leopoldo Mandic, maestro di dolcezza e misericordia

Posté par atempodiblog le 12 mai 2016

San Leopoldo Mandic, maestro di dolcezza e misericordia

san leopoldo mandic
San Leopoldo Mandic è nato il 12 maggio 1866 a Castelnovo di Cattaro (Croazia)

San Leopoldo Mandic, nato nel 1866 a Castelnuovo nel Montenegro e morto nel 1942 a Padova, porta con sé un messaggio di mansuetudine, dolcezza e misericordia.

Nella sua vita si è dedicato ad amministrare il sacramento della riconciliazione manifestando sempre un grande senso di comprensione e compassione, al punto che i suoi confratelli lo rimproveravano di essere troppo «di manica larga». La sua risposta a questa obiezione era semplice: «Io guardo Gesù in croce: Lui non ha neppure le maniche!». [...]

Tratto da: il Resto del Carlino

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Papa: i cristiani lavorano per l’unità, “zizzanieri” dividono

Posté par atempodiblog le 12 mai 2016

Papa: i cristiani lavorano per l’unità, “zizzanieri” dividono
Gesù prega per l’unità dei cristiani, ma nella Chiesa ci sono gli “zizzanieri”, quelli che dividono e distruggono le comunità con la lingua: lo ha detto Papa Francesco durante la Messa del mattino a Casa Santa Marta.
di Sergio Centofanti – Radio Vaticana

Papa: i cristiani lavorano per l'unità, “zizzanieri” dividono dans Commenti al Vangelo Papa-Francesco
Immagine tratta da: Familia Cristiana

L’unità, una delle cose più difficili
Gesù, prima della Passione, prega per “l’unità dei credenti, delle comunità cristiane”, perché siano una cosa sola come Lui e il Padre e così il mondo creda. L’omelia del Papa prende spunto da questo brano evangelico:

“L’unità delle comunità cristiane, delle famiglie cristiane, sono testimonianza: sono la testimonianza del fatto che il Padre abbia inviato Gesù. E, forse, arrivare all’unità – in una comunità cristiana, in una parrocchia, in un vescovado, in una istituzione cristiana, in una famiglia cristiana – è una delle cose più difficili.

La storia nostra, la storia della Chiesa, ci fa vergognare tante volte: ma abbiamo fatto le guerre contro i nostri fratelli cristiani! Pensiamo ad una, alla Guerra dei trent’anni”.

Chiedere perdono per le divisioni
Dove “i cristiani si fanno la guerra fra di loro” – afferma Papa Francesco – “non c’è testimonianza”:

“Dobbiamo chiedere tanto perdono al Signore per questa storia! Una storia tante volte di divisioni, ma non solo nel passato… Anche oggi! Anche oggi!

E il mondo vede che siamo divisi e dice: ‘Ma che si mettano d’accordo loro, poi vediamo… Come, Gesù è Risorto ed è vivo e questi – i suoi discepoli – non si mettono d’accordo?’. Una volta, un cristiano cattolico chiedeva a un altro cristiano d’Oriente – cattolico pure: ‘Il mio Cristo resuscita dopodomani. Il tuo quando resuscita?’. Neppure nella Pasqua siamo uniti! E questo nel mondo intero. E il mondo non crede”.

I « zizzanieri » sporcano e distruggono
“E’ stata l’invidia del diavolo – spiega il Papa – a far entrare il peccato nel mondo”: così, anche nelle comunità cristiane “è quasi abituale” che ci siano egoismo, gelosie, invidie, divisioni, “e questo porta a sparlare uno dell’altro. Si sparla tanto!”.

In Argentina – nota – “queste persone si chiamano ‘zizzaniere’: seminano zizzania, dividono. E lì le divisioni incominciano con la lingua. Per invidia, gelosia e anche chiusura! ‘No! La dottrina è questa!”.

La lingua – osserva il Papa – “è capace di distruggere una famiglia, una comunità, una società; di seminare odio e guerre”. Invece di cercare una chiarificazione “è più comodo sparlare” e distruggere “la fama dell’altro”.

Il Papa cita il noto aneddoto di San Filippo Neri che a una donna che aveva sparlato, come penitenza, le dice di spennare una gallina, di spargere le piume per il quartiere per poi raccoglierle. “Ma non è possibile!” – esclama la donna. “Così è lo sparlare”:

“Lo sparlare è così: sporcare l’altro. Quello che sparla, sporca! Distrugge! Distrugge la fama, distrugge la vita e tante volte – tante volte! – senza motivo, contro la verità.

Gesù ha pregato per noi, per tutti noi che stiamo qui e per le nostre comunità, per le nostre parrocchie, per le nostre diocesi: ‘Che siano uno’.

Preghiamo il Signore che ci dia la grazia, perché è tanta, tanta la forza del diavolo, del peccato che ci spinge a fare le disunità. Sempre! Che ci dia la grazia, che ci dia il dono: e qual è il dono che fa l’unità? Lo Spirito Santo!

Che ci dia questo dono che fa l’armonia, perché Lui è l’armonia, la gloria nelle nostre comunità. E ci dia la pace, ma con l’unità. Chiediamo la grazia dell’unità per tutti i cristiani, la grande grazia e la piccola grazia di ogni giorno per le nostre comunità, le nostre famiglie; e la grazia di mettere il morso alla lingua!”.

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Il card. Müller: il Papa è ambiguo? No, «è un linguaggio positivo che abbiamo deciso assieme»

Posté par atempodiblog le 12 mai 2016

Il card. Müller: il Papa è ambiguo? No, «è un linguaggio positivo che abbiamo deciso assieme»
Fonte: UCCR
Tratto da: Una casa sulla Roccia

papa francesco e card muller

«All’inizio del suo pontificato, abbiamo parlato con Papa Francesco, osservando che durante i pontificati precedenti la stampa ha accusato la Chiesa di parlare solo di sessualità, di aborto e di questi problemi. Per questo abbiamo deciso, con Francesco, di parlare sempre, sempre, sempre in positivo. Se si guardano i testi completi di Papa Francesco, compare l’ideologia di genere, l’aborto…sì, appaiono ancora questi problemi, ma ci concentriamo sul positivo». A dire questo è stato, pochi giorni fa, il card. Gerhard Ludwig Müller, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, durante un incontro tenutosi all’Universidad Francisco de Vitoria de Madrid.

Nessuno in Italia ne ha dato notizia, così come non sono arrivate (nemmeno da Sandro Magister, sempre così preciso quando c’è da bombardare Francesco) le parole del prefetto tedesco del febbraio scorso sul magistero di Francesco, che non è affatto «rivoluzionario, ma si muove sulla linea dei suoi predecessori», ha affermato.«L’originalità è il suo carisma grazie al quale riesce a rompere i blocchi delle persone e le posizioni indurite». Lo ha definito: «semplicemente geniale».

Nel recente intervento pubblico, il card. Muller ha voluto smentire l’esistenza di un “linguaggio ambiguo” da parte del Pontefice, definendolo invece “linguaggio positivo”. E’ quello che annunciò lo stesso Francesco fin nella sua bella intervista a La Civiltà Cattolica, volendo attraverso esso eludere l’impermeabilità e l’anestesia del mondo rispetto alla voce della Chiesa. «Non possiamo insistere solo sulle questioni legate ad aborto, matrimonio omosessuale e uso dei metodi contraccettivi», disse Francesco. «Il parere della Chiesa lo si conosce e io sono figlio della Chiesa, non è necessario parlarne in continuazione. Dobbiamo trovare un nuovo equilibrio, altrimenti anche l’edificio morale della Chiesa rischia di cadere come un castello di carte, di perdere la freschezza e il profumo del Vangelo. La proposta evangelica deve essere più semplice, profonda, irradiante. È da questa proposta che poi vengono le conseguenze morali. Il messaggio evangelico non può essere ridotto dunque ad alcuni suoi aspetti che, seppure importanti, da soli non manifestano il cuore dell’insegnamento di Gesù».

Oggi si scopre che questo cambiamento di linguaggio non è stato un pallino personale di Francesco ma, come appunto rivelato dal card. Müller, una decisione presa assieme, tra il Papa e i suoi collaboratori. Müller parla di “linguaggio positivo”, ed è stato il Papa a spiegare cosa significhi nellaEvangelii Gaudium«Non dice tanto quello che non si deve fare ma piuttosto propone quello che possiamo fare meglio. Se indica qualcosa di negativo, cerca sempre di mostrare anche un valore positivo che attragga, per non fermarsi alla lagnanza, al lamento, alla critica o al rimorso. Inoltre, una predicazione positiva offre sempre speranza, orienta verso il futuro, non ci lascia prigionieri della negatività, è opportuno indicare sempre il bene desiderabile, la proposta di vita, di maturità, di realizzazione, di fecondità, alla cui luce si può comprendere la nostra denuncia dei mali che possono oscurarla. Più che come esperti in diagnosi apocalittiche o giudici oscuri che si compiacciono di individuare ogni pericolo o deviazione, è bene che possano vederci come gioiosi messaggeri di proposte alte, custodi del bene e della bellezza che risplendono in una vita fedele al Vangelo».

Il vescovo argentino Víctor Manuel Fernández, amico di Francesco, ha spiegato che tramite questo tipo di approccio, «se si riesce a far ardere i cuori, o per lo meno a mostrare ciò che vi è di attraente nel Vangelo, allora le persone saranno più predisposte a conversare e a riflettere anche in merito a una risposta inerente la morale»«E’ una strategia», ha spiegato il card. Muller, «per eludere l’accerchiamento dell’opinione pubblica che vorrebbe rinchiudere la Chiesa nell’immagine di qualcuno che parla solo di sessualità». Ed invece non è così e occorreva una metamorfosi nella comunicazione. «Papa Francesco ha il suo stile», ha proseguito il prefetto tedesco, «dice di sentirsi come un parroco, che la dottrina è già ben evidente nei testi di Benedetto XVI. Dice “avanti con la teologia”, ma mantiene il carisma che sa comunicare con le persone, che hanno bisogno di questo carisma».

Molti lamentano la mano tesa del Papa ai “nemici” della Chiesa, da Scalfari alla Bonino, un segno di amicizia senza soffermarsi a condannare ed elencare i loro errori, così come Gesù fece con Zaccheo. Eppure, guarda caso, Repubblica ha smesso da tempo di inventarsi scandali anticlericali, di fare propaganda anticattolica e, lo stesso, accade anche all’estero. Le uniche bordate ai cattolici e alla Chiesa arrivano da un manipolo di tradizionalisti di destra, sedevacantisti e lefebvriani. Lo stesso Muller, ha elogiatol’efficacia del “linguaggio positivo” di Francesco: «penso che possiamo tutti vedere, dalla reazione della stampa, che oggi ci sia meno aggressione contro la Chiesa. Non sono diventati tutti cattolici, chiaramente, ma almeno parlano di altre cose»«Papa Francesco ha il coraggio di parlare del demonio», ha aggiunto Müller. «Se Benedetto avesse detto quello che oggi dice Francisco sul Diavolo, avrebbero detto che era retrogrado e medievale. Ma il nostro Papa ha oggi il carisma di dire queste cose: il diavolo esiste, opera ed è molto cattivo, e chi accoglie i suoi suggerimenti è colpevole».

Mentre in Italia Antonio Socci ridicolizza la Laudato Sì, definendola una riflessione sulla «raccolta differenziata della spazzatura, sull’abuso dei bicchieri di plastica e dei condizionatori», come ha ben sottolineato recentemente Umberto Folena, il card. Muller l’ha invece valorizzata, spiegando che grazie a questa Enciclica, «possiamo introdurre il tema della Creazione, per esempio», anche in ambienti lontani dal cattolicesimo, come quelli ecologisti e animalisti. E’ possibile «quindi approfondire la dimensione di Dio», raggiungendo settori sociali solitamente indifferenti. Non sono mancate le critiche alla stampa, che tratta tutte le parole del Papa «come se parlasse ex cathedra. L’omelia di un sacerdote ha la stessa importanza delle omelie di Francisco a Santa Marta, sono un impulso spirituale ma non sono dichiarazioni del Magistero. Stiamo tutti addosso al Papa, povero Papa! Capita che il Papa dica qualcosa per scherzo a qualcuno ad un’udienza e poi appare sulla stampa come se fossero dichiarazioni ufficiali, è assurdo».

Come ha fatto anche il ratzingeriano Angelo Scola, arcivescovo di Milano, anche il prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede ha elogiato l’Amoris Laetitia, sopratutto quando in essa si accusa la colonizzazione ideologica. Per quanto riguarda il passaggio sui divorziati risposati, Muller ha smentito chi accusa il Papa di aver “cambiato al dottrina”: «se la “Amoris laetitia” avesse voluto cancellare una disciplina tanto radicata e di tanta rilevanza l’avrebbe detto con chiarezza, presentando ragioni a sostegno. Invece non vi è alcuna affermazione in questo senso; né il papa mette in dubbio, in nessun momento, gli argomenti presentati dai suoi predecessori, che non si basano sulla colpevolezza soggettiva di questi nostri fratelli, bensì sul loro modo visibile, oggettivo, di vita, contrario alla parole di Cristo». Nemmeno nella famosa nota 351, in cui si dice che, in alcuni casi, la Chiesa potrebbe offrire l’aiuto dei sacramenti a chi vive in situazione oggettiva di peccato: «basta dire», ha spiegato il prefetto tedesco, «che questa nota fa riferimento a situazioni oggettive di peccato in generale, senza citare il caso specifico dei divorziati in nuova unione civile. La situazione di questi ultimi, effettivamente, ha caratteristiche particolari che la distinguono da altre situazioni. Un argomento che non è presente nella nota né nel suo contesto».

In un’intervista dell’ottobre 2015 alla rivista tedesca Focus (ripresa anche da Kath.net e da Vatican Insider), il card. Muller ha comunque sostenuto la possibilità di concedere i Sacramenti a queste persone, «esaminando i singoli casi e in particolari situazioni». Nonostante la Familiaris Consortio di Giovanni Paolo II dica che «la Chiesa ribadisce la sua prassi, fondata sulla Sacra Scrittura, di non ammettere alla comunione eucaristica i divorziati risposati», il card. Muller precisò che «in questa direzione si può pensare al futuro», ossia «discernere le situazioni con responsabilità alla luce del pensiero teologico». Lo stesso che chiede oggi Francesco.

Al di là di ciò, rimane la grande comunanza di vedute anche tra il Papa argentino e il prefetto tedesco, esattamente la stessa «identità di vedute»che ha pubblicamente voluto ribadire tempo fa Benedetto XVI.

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Bullismo, nelle scuole è epidemia silenziosa

Posté par atempodiblog le 12 mai 2016

Bullismo, nelle scuole è epidemia silenziosa
del Redattore Sociale di RomaSette

Bullismo

Secondo la psicologa Patrizia Perrone, è un problema «di cui tutti sanno qualcosa ma nessuno parla». Il punto nel convegno internazionale “Sonet-Bull”

In Italia c’è una «epidemia silenziosa». Il bullismo nelle scuole è un problema «di cui tutti sanno qualcosa ma nessuno parla» secondo Patrizia Perrone, psicologa dell’associazione Psy+, che ha parlato della situazione del nostro Paese durante il convegno internazionale “Sonet-Bull: Strategie contro il bullismo offline e online”, ieri, martedì 10 maggio, nella Città Educativa di Roma.

A complicare la situazione, secondo Perrone, le condizioni economiche di molti istituti, che difficilmente possono permettersi uno sportello di ascolto dedicato ai ragazzi, ma anche l’atteggiamento di diversi dirigenti scolastici, che tendono a tenere la problematica in secondo piano «per paura di fare una cattiva pubblicità» alle scuole, e di genitori che «tendono a non riconoscere il problema quando riguarda i loro figli».

Le violenze, spiega all’agenzia Dire la psicologa che con l’associazione ha attivato sportelli in tre scuole della Capitale, non vengono quasi mai denunciate. In particolare, rispetto al “cyberbullismo”, dati relativi al 2015 e diffusi dalla Polizia postale parlano di 6 denunce per stalking, 36 per diffamazione on-line, 18 per ingiurie, 16 per molestie, 59 per furto d’identità. Combattere il fenomeno attraverso strumenti on-line è la principale ambizione del progetto “Sonet Bull”, finanziato dal programma europeo Erasmus + e coordinato dalla Hellenic Open University in collaborazione con diverse università e centri studio europei.

Per l’Italia c’è la Fondazione Mondo Digitale, il cui direttore scientifico, il cileno Alfonso Molina, riassume così l’obiettivo del programma: «Utilizzare i migliori aspetti della tecnologia per creare una specie di movimento per affrontare il fenomeno del bullismo». La piattaforma europea, dove insegnanti, genitori, presidi, psicologi e altri soggetti interessati possono caricare e consultare materiale sul tema, è sonetbull.eu. «Il progetto si avvicina alla fine – dichiara ancora Molina -; mi aspetto che i suoi risultati possano lasciare una piattaforma che consenta di continuare le attività».

Di bullismo si è parlato, nel convegno internazionale, anche rispetto a problemi e strategie di intervento in Grecia, Irlanda, Regno Unito. Hanno partecipato all’iniziativa i ragazzi delle scuole, che hanno ascoltato ricercatori e professionisti che operano a contatto con i giovani e anche rappresentanti della Polizia postale.

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L’arcivescovo Bruno Forte: «Una sconfitta della democrazia. Così si svaluta la famiglia»

Posté par atempodiblog le 12 mai 2016

«Una sconfitta della democrazia Così si svaluta la famiglia»
L’arcivescovo Bruno Forte e la fiducia sulle unioni civili: «Il voto blindato è frutto di una logica di bassa politica. Qui è in gioco una visione della società, il rischio è assimilare le unioni civili alla famiglia tout court»
di Gian Guido Vecchi – Corriere della Sera

Don Bruno Forte

Il segretario Cei, Nunzio Galantino, ha detto che il voto di fiducia sulle unioni civili è una sconfitta per tutti. E così?
«Sì. Direi anzi che è una sconfitta per la democrazia, per la qualità del lavoro parlamentare e per la coscienza di tanti».

L’arcivescovo teologo Bruno Forte, scelto da Francesco come segretario speciale dei due Sinodi sulla famiglia, tra le voci più aperte della Chiesa italiana, non è mai stato così duro: «Una sconfitta, certo, e anche un impoverimento della vita democratica su una questione che può avere un impatto enorme per il futuro della società»

Ma perché, eccellenza?
«Vede, la democrazia è tale se su tutte le questioni – ma specialmente su quelle che hanno uno spessore etico e ricadute sociali e culturali – c’è la possibilità di portare e discutere tutti gli argomenti, pro e contro, e valutarli in un dibattito libero e aperto».

Se ne discuteva da anni…
«Vero, ma è proprio nel momento in cui si arriva al voto che tutti hanno il sacrosanto diritto di esprimersi. Mi pare scorretto, tanto più in questo caso: sui temi etici le posizioni sono trasversali rispetto agli schieramenti. Se si vuole ricompattare con un sì o un no, si fa un danno a tutti».

Il testo è stato più volte corretto, la fiducia non era un modo per proteggere un compromesso faticoso?
«Mah, se fosse così sarebbe una logica di bassa politica. Il politicante trova scappatoie immediate, magari ad ogni costo. Il politico cerca la via per la quale ciò che decide oggi non solo non danneggi, ma accresca il bene comune nel futuro».

Insiste sul futuro, cosa la preoccupa?
«Qui è in gioco una visione della società. Siamo di fronte ad un istituto giuridico nuovo, con il rischio che possa essere assimilato alla famiglia tout court. La famiglia non è un elemento fra gli altri, è la cellula fondamentale della società. Nella Chiesa abbiamo vissuto un Sinodo sulla famiglia, ricevuto da Francesco un’Esortazione di grandissimo spessore. Come diceva il Vaticano II, nella Gaudium et Spes, la famiglia è la vera grande scuola di umanità, dove si diventa persone. Il luogo di quella relazione educativa che ha bisogno della reciprocità fondamentale tra uomo e donna…».

Però nel testo approvato non si parla più di stepchild adoption, l’adozione del «figliastro»…
«Temo che il discorso possa portare a questo. Il sospetto che tanti hanno messo in luce è che si sia partiti dal modello famiglia per tentare di applicarlo alle unioni civili».

Lei è tra coloro che non si opponevano al riconoscimento dei diritti alle coppie omosessuali…
«Una cosa è la regolamentazione di alcuni diritti, come l’eredità, un’altra un istituto in qualche modo assimilato alla famiglia. Ecco la grande domanda: regolare dei diritti o creare un nuovo istituto giuridico, analogo alla famiglia? Il problema è l’assenza di un dibattito che aiuti a distinguere con precisione. Ed eviti un’operazione di trasferimento che svaluta la famiglia. Se non se ne discute, se ognuno non porta sue idee, il rischio è che passi qualcosa che può essere assimilato all’istituto familiare e lo indebolisca. Dopo l’approvazione le cose andranno approfondite, ma temo che il rischio non sia eluso».

Ma in che modo la famiglia formata da uomo e donna ne verrebbe danneggiata?
«La grande sfida del presente è aiutare le famiglie, sostenerle. La crisi economica, una denatalità spaventosa…E l’indebolimento, prima che culturale e sociale, è già evidente sul piano materiale, al di là delle buone intenzioni: se equipari un altro istituito alla famiglia le risorse, già scarse, vengono inevitabilmente divise».

Che farà ora la Chiesa?
«Come vescovi lo valuteremo forse già la settimana prossima, durante l’assemblea generale della Cei. Al di là del rispetto dovuto ad ogni persona, non può esserci equiparazione tra unioni omosessuali e famiglia. Da parte della Chiesa resta sempre l’annuncio del Vangelo della famiglia come istituto fondamentale della vita umana, sociale e cristiana».

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Intervista di Radio Maria Rwanda ad Anathalia Mukamazimpaka, veggente della Madonna di Kibeho

Posté par atempodiblog le 11 mai 2016

Intervista di Radio Maria Rwanda ad Anathalia Mukamazimpaka, veggente della Madonna di Kibeho
Tratto da: Radio Maria Rwanda

Intervista di Radio Maria Rwanda ad Anathalia Mukamazimpaka, veggente della Madonna di Kibeho dans Apparizioni mariane e santuari Madonna-di-Kibeho

Radio Maria Rwanda: Siamo qui a Kibeho, ci vuole raccontare in breve qual è stato il messaggio che le ha trasmesso la Vergine Maria in questo luogo?

Anathalia: Grazie, per prima cosa vorrei presentarmi: Mi chiamo Anathalia Mukamazimpaka. Mi chiedete del messaggio che la Madre di Dio ha annunciato qui a Kibeho; la prima volta, lei si è rivelata a una bambina dal nome Alphonsine Mumureke, che stava studiando al collegio locale, il 28 novembre 1981. Questa scuola all’epoca si chiamava Collegio, ma attualmente è conosciuta come “Groupe Scolaire Mère de Dieu” (Scuola superiore Madre di Dio). Quando la Vergine Maria si rivelò ad Alphonsine per la prima volta, lei non la conosceva, ma Lei (la Vergine Maria) venne a dire che era la madre di Dio. Dopodiché, il 12 gennaio 1982, si rivelò a me, chiedendomi tre volte di perseverare nella preghiera e dicendomi che il mondo era in una condizione terribile. Continuò a parlare e mi diede degli altri messaggi, mettendo in rilievo il fatto che dobbiamo agire pensando al Paradiso, perché la nostra vita terrena è brevissima.

La Vergine Maria apparve anche alla terza bambina con cui studiavamo al Collegio, che si chiama Marie Claire Mukangango. A lei la Vergine Maria apparve con in mano un Rosario dei Sette Dolori e le disse:

“Anche se non conoscete questo rosario, io ve lo insegnerò perché possiate insegnarlo ai vostri amici”.

Ci appariva molto spesso al collegio in cui stavamo studiando, in particolare nel nostro dormitorio, che da poco era diventato una piccola cappella per le apparizioni. Lei ci appariva in questa cappella e poi, in seguito, in un altro luogo vicino alla cappella, dove ora si trova una statua della Vergine Maria, madre di Dio, vicino a dove si trovava il dormitorio.

La Vergine Maria ci trasmise dei messaggi per un periodo di otto anni e la sua ultima apparizione in pubblico avvenne il 28 novembre 1989, quando Lei (Maria) apparve ad Alphonsine per l’ultima volta.

Marie Claire fu la prima a cui la Vergine Maria disse addio, il 2 marzo 1982. Il messaggio per Marie Claire consisteva principalmente nell’insegnare il rosario dei dolori. La Vergine Maria lo insegnò a lei con le parole che usiamo oggi, cosicché Lei (Maria) continuò a insegnarlo (il rosario) a noi sottolineando la sua importanza, dicendo che ci avrebbe aiutato a cambiare il nostro atteggiamento in maniera positiva, a confessare i nostri peccati a Dio e a ottenere la salvezza. Così avremmo potuto ottenere da lui una maggiore capacità di essere flessibili riguardo ai nostri problemi e ai dolori di ogni giorno.

La Madonna mi apparve per due anni, ma lo fece pubblicamente più di 30 volte. L’ultima apparizione pubblica fu quella del 3 dicembre 1983, quando lei mi disse “starai qui fino a quando te lo dico io, dovrai pregare intensamente per il mondo e le anime nel purgatorio e ricevere dei dolori per cui pregherai, prega perché le persone cambino, prega affinché i peccatori ritornino a Dio”. Mi comunicò questo messaggio in privato, ma trasmise lo stesso messaggio a tutti, perché dava appuntamento ai miei amici (che avevano delle apparizioni), affinché le persone potessero saperlo e assistere all’evento. In quell’occasione, diede a me e ai tanti altri che erano con noi, un messaggio speciale. Era davvero un evento pubblico, poiché tutti coloro che erano lì potevano capire questo messaggio, ed era più come parlare con una persona faccia a faccia. Quella volta lei era in alto rispetto a me, nel cielo a 3 o 4 metri sopra di me, e io dovetti alzare la testa. Mentre le parlavo la guardavo in faccia e non riuscivo a vedere nessun altro, questo mi permise di parlarle tranquillamente, come se non ci fosse nessun problema. Le persone che erano intorno a noi potevano sentire quello che mi stava dicendo per via del microfono che avevo sotto la bocca e la mia voce era amplificata da delle casse.

Questo messaggio speciale consisteva nel pregare intensamente e nel chiedere a Dio che tutte le persone potessero sempre pregare senza ipocrisia, perché la Madonna ci disse che “oggi le persone non pregano più”, chiedendoci di continuare a pregare per il mondo affinché le persone potessero tornare a Dio, essere salvate dai loro peccati, affinché il mondo potesse vivere in pace e amore.

Nei messaggi che la Vergine Maria mi dava, spesso parlava del valore del dolore nella vita delle persone e nella vita cristiana in particolare, dicendo che i nostri dolori non devono essere insignificanti ma piuttosto, quando siamo tristi, dobbiamo ricordarci dei dolori di Gesù e Maria, e così dare ai nostri dolori un valore maggiore agli occhi di Dio e per questo dobbiamo pregare per noi stessi, pregare perché chi soffre possa tornare in salute.

La Vergine Maria mi disse che dobbiamo anche fare penitenza e rinunciare alle cose che amiamo perché le persone possano tornare a Dio, perché c’è una cosa che la fa soffrire ed è che le persone non provano abbastanza amore per Dio. Mi disse che il mondo è in uno stato terribile: le persone venerano degli idoli, ossia degli altri dei, e questo la addolora molto. Quindi, lei desidera che proviamo un vero sentimento di amore per Dio. Ci chiede anche di rispettare i comandamenti di Dio. Il più delle volte, quando mi appariva, mi diceva:

“I comandamenti di mio Figlio sono stati resi nel mondo con le sue parole semplici e vivono come desiderano”.

Quando la Vergine Maria apparve a noi tre il giorno dell’Assunzione del 1982, lei parlò prima con me, poi con Alphonsine e infine con Marie Claire. Alcuni giorni lei appariva a tutte e tre, mentre altri appariva a una sola di noi (una dopo l’altra). Non succedeva spesso che lei ci apparisse allo stesso tempo. Quel giorno dell’Assunzione, la Nostra Signora venne a noi piangendo disperatamente. Era triste, molto più triste di quanto non fosse mai stata nel passato, nelle apparizioni precedenti, perché il mondo era diventato ribelle.

Quel giorno ci mostrò delle cose spaventose: persone che si uccidevano tra loro, fiumi di sangue, persone che cadevano in delle fosse, corpi senza testa, pile di teste umane, incendi che divampavano su delle colline, montagne che lottavano le une contro le altre, pietre che sbattevano tra loro producendo del fuoco, in breve, fu una giornata spaventosa. Ci chiese:

“Perché vi uccidete gli uni con gli altri?”.

Alla Chiesa c’era una grande festa e noi ci chiedemmo perché era venuta a parlarci di queste cose spaventose. Quando le suggerimmo di iniziare a cantare, lei disse semplicemente: “Sono molto triste”. Quel giorno, quindi, la Nostra Signora ci mostrò moltissime cose tristi e ci disse che non avevamo fede. Meditammo su tutto quello che ci aveva mostrato, ma nel nostro Paese regnava la pace. A guardar bene, sembrava che non ci fossero guerre nel nostro Paese, ma nella nostra apparizione stavamo vivendo in uno stato di guerra.

Il messaggio speciale per Alphonsine era che le persone devono nutrire l’amore, l’amore sincero per Dio e l’amore reciproco tra le persone. Infine, la Nostra Signora ci diede il messaggio della nostra vocazione. Disse ad Alphonsine:

“Tu diventerai una suora e quindi pregherai per la Chiesa”.

Salutandomi pubblicamente, la Nostra Signora mi disse:

“Tu rimarrai qui e pregherai per le anime nel purgatorio e patirai i dolori di chi prega per far cambiare il comportamento dei peccatori”.

Disse a Marie Claire che lei si sarebbe sposata e avrebbe pregato per le famiglie e insegnato il Rosario dei Dolori. Sottolineò l’importanza dell’amore e disse che avremmo dovuto amarla molto. La Nostra Signora disse:

“Vi amo, figlie mie, vi amo. Voi mi amate quanto vi amo io?”.

Poi disse:

“ci sono molte persone che mi rinnegano in silenzio”.

Mi chiese di provare amore per i nostri vicini. Quando Lei ci apparve, non vedevamo più le persone, era come se fossimo in un campo pieno di fiori. Tra essi c’erano dei fiori freschi, fioriti, mentre altri erano appassiti e secchi. Durante queste apparizioni, le chiedemmo se ci potesse indicare la fonte dell’acqua santa. Allora lei ci disse:

“Ve la darò in un altro modo”.

Quando apparve, la Vergine Maria ci diede appuntamento e ci disse:

“portate dell’acqua”.

Andammo alla valle e prendemmo l’acqua, perché a scuola non ce n’era. Andammo a tutte le fonti di acqua naturale e la portammo, in bottiglie o secchi, e lei durante le apparizioni le benediceva, dicendo:

“andate verso quel campo di fiori e annaffiateli”.

Noi camminavamo tra i fiori mentre lei si muoveva nell’aria, noi camminavamo sulla terra e annaffiavamo i vari fiori.

La Vergine Maria ci spiegò così la cosa:

“i fiori che vi mostro sono persone, persone che hanno tantobisogno di preghiere, di sacramenti e di atti di carità”.

Mi diede un’altra spiegazione, dicendo:

“sulla terra ci sono tre tipi di persone: i fiori belli rappresentano le persone che provano amore ma che devono crescere nell’amore di Dio e dei loro vicini. I fiori che stanno appassendo e sono deboli rappresentano le persone deboli, la cui fede non è forte, persone con poca energia, che cambiano tutto il tempo. I fiori secchi sono le persone indebolite, persone che si oppongono a Dio, persone sacrileghe”.

La Vergine Maria ci chiese di annaffiarli tutti, senza ometterne neanche uno, e questo significava che dobbiamo sempre pregare gli uni per gli altri per poterci salvare reciprocamente.

La Vergine Maria continuò a darci dei messaggi, chiedendoci di pregare per la Chiesa. Disse ad Alphonsine:

“prega molto per la Chiesa, perché di questi tempi attraverserà un periodo difficile”.

La Vergine Maria quando mi appariva mi diceva di pregare per i religiosi, dicendo:

“Prega molto per i religiosi, perché possano restare fedeli al voto che hanno fatto”.

Chiese anche ai religiosi di pregare molto, di pregare per coloro che pregano (al posto loro) e di insegnare ad altri come si prega. Disse la stessa cosa
specificamente a noi che avevamo le apparizioni. Quando la Vergine Maria apparve ad Alphonsine, alcuni giorni e specialmente l’ultimo giorno, quando le apparve per l’ultima volta, le trasmise un messaggio rivolto ai governanti del Paese.

Il messaggio era il suo desiderio che tutti i governanti del Paese fossero sinceri e giusti nei confronti del loro popolo.

La Vergine Maria ci disse di fare attenzione, dicendo ad Alphonsine:

“La fede e lo scetticismo verranno sotto mentite spoglie”.

La Vergine Maria continuò a chiedere che costruissimo una cappella per lei in quel luogo. Quando mi apparve, menzionò più di cinque volte che voleva che in quel luogo fosse costruita una cappella. Mi mostrò due cappelle, quella dei sette dolori e un’altra che si chiamava “Cappella del ricongiungimento
delle persone perdute”.

La Vergine Maria desiderava che fossero costruite qui a Kibeho, perché potessero diventare dei luoghi grandi e importanti che ci ricordassero come ci era apparsa. Continuò con un altro messaggio. Disse:

“C’è una cosa che vi vorrei spiegare” e si riferiva ai pellegrinaggi mistici.

Io ne feci uno con lei che potrei definire mistico, il 4 settembre 1982 e il 30 ottobre 1982. La Vergine Maria mi mostrò molte cose serie, usò anche delle parole poco comuni ma che per me si riferivano tutte a poche cose: il Paradiso, il Purgatorio e le fiamme dell’Inferno.

Usò delle altre parole. La prima volta mi mostrò un luogo chiamato “Isangano” (Crocevia) in cui c’erano sette angeli. Poi un bel posto in cui c’erano molte persone belle (fisicamente?) e il nome di questo luogo era “straripante di gioia”.
Poi un altro luogo chiamato “interpretazione (Chiarimento)” e le persone in quel luogo non erano mai stanche.
Poi un luogo chiamato “luogo della punizione” in cui le persone erano testarde. La bellezza di quei luoghi non era sempre uguale.

Il primo luogo era molto bello e pieno di luce. Anche il secondo luogo era bello, un luogo che non ci si stancava mai di guardare.
Nel luogo chiamato Chiarimento (analisi), faceva caldo, ma non un caldo esagerato. Questo luogo non era tanto bello quanto il secondo.
Il luogo della punizione era davvero spaventoso, un luogo che non era piacevole da guardare e le persone che ci si trovavano erano chiamate “persone testarde”.

Questo era un messaggio della Vergine Maria, che ci faceva capire che niente ci deve distrarre e che dobbiamo aggrapparci alle cose del cielo, perché quelle terrene se ne vanno in fretta. Ci disse che il messaggio che ci aveva dato era per tutte le persone. Ci era apparsa qui a Kibeho, ma il messaggio era per tutti e ci chiese di ripeterlo così come lei ce l’aveva dato, senza cambiare (aggiungere o rimuovere) niente. Grazie.

Radio Maria Rwanda: Grazie a lei. Anche se il messaggio era per la gente di tutto il mondo, la Madonna non ha suggerito come questo messaggio avrebbe potuto essere diffuso in tutto il mondo? Dal momento in cui la creazione di Radio Maria Rwanda è stata ideata, secondo lei ha contribuito in qualche modo a fare sì che questi messaggi potessero raggiungere il mondo?

Anathalia: Radio Maria Rwanda è nuova, ma sin dall’inizio c’è stata una buona collaborazione tra il Santuario di Maria e la stazione di Radio Maria Rwanda a Kabgayi. Si può vedere che questa collaborazione ha avuto un grande impatto perché, durante le apparizioni, l’ORINFOR (Office Rwandais
de l’Information), attualmente conosciuto come RBA (Agenzia radiotelevisiva del Rwanda) veniva qui per trasmetterle e installava dei microfoni per permettere alle persone di ascoltarle. Radio Rwanda partecipava anche alle maggiori celebrazioni e ci dedicava del tempo durante le messe e in questo modo ne diffondeva il messaggio. Ma oggi la relazione (con Radio Maria Rwanda) è davvero speciale, perché quando si fanno dei programmi o delle attività qui al santuario della Vergine Maria, attraverso la buona collaborazione con Radio Maria Rwanda, queste attività vengono trasmesse. Sono state trasmesse molte volte da Radio Maria Rwanda grazie a un sistema tecnologico che è stato installato da Radio Maria Rwanda. Così delle attività
di tipo diverso come la Santa Messa, le preghiere… che normalmente arrivavano dopo molto tempo, oggi sono trasmesse dall’inizio alla fine, senza interruzioni. Oggi Radio Maria Rwanda è su internet, chiunque nel mondo la può ascoltare e questo è un cambiamento rispetto agli anni precedenti, in cui la Chiesa Cattolica non aveva i mezzi per invitare Radio Rwanda. Ora ringrazio Dio e la Vergine Maria perché abbiamo Radio Maria Rwanda e così la Chiesa Cattolica è libera di trasmettere tutti i suoi programmi senza interruzioni.

Radio Maria Rwanda: Si sta pensando di costruire una stazione permanente di Radio Maria in questo luogo. Pensa che questo potrebbe contribuire positivamente alla diffusione del messaggio della Vergine Maria nel mondo?

Anathalia: Preghiamo sempre che la reputazione di Radio Maria Rwanda possa essere buona perché tutti i programmi e gli insegnamenti che ci vengono dati prima dei grandi eventi possano essere trasmessi e così le persone possano conoscere il messaggio della Vergine Maria. Quindi questa è un’ottima occasione per far conoscere al mondo il messaggio che la Vergine Maria, Madre di Dio, ha dato a Kibeho e che riguarda tutto il mondo.

Radio Maria Rwanda: In tutto il mondo in generale, e presto in tutto il Paese, Radio Maria parteciperà alla Mariatona. C’è qualcosa che vuole dire al pubblico di Radio Maria in preparazione alle campagne di raccolta fondi che si terranno in tutto il mondo, perché questa Radio opera grazie all’aiuto dei suoi soci e ascoltatori?

Anathalia: Per quanto riguarda il sostegno dato a Radio Maria, penso che sia importante che tutti comprendano il ruolo che questa radio ha nell’evangelizzazione e nella diffusione del Vangelo. Così facendo ci incoraggia tutti a provare amore. Per questo, nel sostenerla, ogni singola persona dovrà fare tutto quello che può, in qualunque modo, con un animo generoso, per permettere a questa radio di funzionare nel suo ambito e nella sua linea editoriale di nuova evangelizzazione. Quindi, penso di poter chiedere a tutti di sostenere Radio Maria a seconda dei loro mezzi ma, soprattutto, in una buona disposizione d’animo.

Traduzione a cura di Radio Maria Italia 

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La tenerezza di un padre. Papa Francesco: Dio ci tratta da figli e nessuno ci toglie questa dignità

Posté par atempodiblog le 11 mai 2016

La tenerezza di un padre
Papa Francesco: Dio ci tratta da figli e nessuno ci toglie questa dignità
“Anche nella situazione più brutta della vita”, Dio mi perdona e “vuole abbracciarmi”. Papa Francesco ha ripetuto il pensiero centrale del Giubileo durante l’udienza generale in Piazza San Pietro, dedicata alla figura del Padre misericordioso così come descritta nella parabola del figlio prodigo. L’udienza è iniziata col saluto del Papa ai malati ospitati in Aula Paolo VI.
di Alessandro De Carolis – Radio Vaticana

Santo Padre

La “logica della misericordia” di Dio sbaraglia ogni ragionamento dell’uomo. Smonta e rovescia la norma rigida degli onori attribuiti al giusto e della punizione inflitta al peccatore. Il cuore di Dio è invece una grande casa dove la legge è quella del perdono che redime, della fraternità che unisce.

La tenerezza di un padre
È un tema carissimo a Francesco quello del “Padre misericordioso” che dà titolo e sostanza a una catechesi modellata sulle varie fasi della parabola del Figlio prodigo. Ciò che interessa al Papa sono le due scene finali. La prima, il padre che non vuole nemmeno ascoltare l’atto di umiliazione del figlio che ha riconosciuto i suoi errori, anzi  gli restituisce – osserva Francesco – “i segni della sua dignità: il vestito bello, l’anello, i calzari:

“Gesù non descrive un padre offeso e risentito, un padre che, ad esempio, dice al figlio: ‘Me la pagherai, eh!’… No, il padre lo abbraccia, lo aspetta con amore.

Al contrario, l’unica cosa che il padre ha a cuore è che questo figlio sia davanti a lui sano e salvo e questo lo fa felice e fa festa (…)

Quanta tenerezza; lo vide da lontano: cosa significa questo? Che il padre saliva sul terrazzo continuamente per guardare la strada e vedere se il figlio tornava… Lo aspettava, quel figlio che aveva combinato di tutto, ma il padre lo aspettava. Che cosa bella la tenerezza del padre”.

Una dignità per sempre
Insomma, sottolinea Francesco, “La misericordia del padre è traboccante, incondizionata”. Dall’abbraccio e dal bacio che suo papà gli riserva il ragazzo capisce di essere stato, “nonostante tutto”, “sempre considerato figlio »:

“E’ importante questo insegnamento di Gesù: la nostra condizione di figli di Dio è frutto dell’amore del cuore del Padre; non dipende dai nostri meriti o dalle nostre azioni, e quindi nessuno può togliercela, nessuno può togliercela, neppure il diavolo! Nessuno può toglierci questa dignità”.

Non si baratta con Dio
Dunque, ripete una volta ancora il Papa con forza, “anche nella situazione più brutta della vita” devo essere certo che “Dio mi attende, Dio vuole abbracciarmi, Dio mi aspetta”.

Tuttavia, la parabola racconta anche di un figlio che non ne vuole sapere dei sentimenti di tenerezza del padre. Quelli che il figlio maggiore nutre per il fratello sono di “disprezzo”. “Povero padre!”, esclama Francesco, un figlio se n’era andato e l’altro lo aveva sì servito ma “senza aver mai vissuto con gioia questa vicinanza”:

“Il figlio maggiore, anche lui ha bisogno di misericordia. I giusti, questi che si credono giusti, hanno anche loro bisogno di misericordia. Questo figlio rappresenta noi quando ci domandiamo se valga la pena faticare tanto se poi non riceviamo nulla in cambio.

Gesù ci ricorda che nella casa del Padre non si rimane per avere un compenso, ma perché si ha la dignità di figli corresponsabili. Non si tratta di “barattare” con Dio, ma di stare alla sequela di Gesù che ha donato sé stesso sulla croce – e questo – senza misura”.

Abbiamo bisogno della casa di Dio
Alla fine della parabola, il padre recupera il figlio perduto e lo restituisce, nota il Papa, all’altro sperimentando in cuore la “gioia più grande”, quella di rivederli “fratelli”. Ora, conclude Francesco…

“I figli possono decidere se unirsi alla gioia del padre o rifiutare. Devono interrogarsi sui propri desideri e sulla visione che hanno della vita. La parabola termina lasciando il finale sospeso: non sappiamo cosa abbia deciso di fare il figlio maggiore. E questo è uno stimolo per noi.

Questo Vangelo ci insegna che tutti abbiamo bisogno di entrare nella casa del Padre e partecipare alla sua gioia, alla sua festa della misericordia e della fraternità”.

La Madonna di Fatima, un invito alla conversione
Nei saluti post-catechesi, Papa Francesco ha ricordato tra l’altro la memoria liturgica della Vergine di Fatima di venerdì prossimo, sottolineando come l’apparizione mariana inviti “ancora una volta alla preghiera, alla penitenza e alla conversione”, a “non oltraggiare più Dio”, e avverta “l’umanità intera della necessità di abbandonarsi a Dio, fonte d’amore e di misericordia”.

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Maria, nostra Madre

Posté par atempodiblog le 8 mai 2016

Maria, nostra Madre dans Citazioni, frasi e pensieri Madonna

Se dunque Maria è nostra madre, possiamo riflettere su quanto ci ama. L’amore verso i figli è una necessità di natura. È questa la ragione per cui, come scrive san Tommaso, dalla legge divina è imposto ai figli il precetto di amare i genitori, mentre invece non c’è un precetto per imporre ai genitori di amare i figli, perché l’amore verso la propria prole è impresso nel cuore con tanta forza dalla natura stessa, che anche gli animali più selvaggi, dice sant’Ambrogio, non possono fare a meno di amare i loro figli.

Così gli storici raccontano che le tigri, sentendo la voce dei figli presi dai cacciatori, si gettano in mare sforzandosi di raggiungere a nuoto le navi che li portano via. Se dunque, dice la nostra amorevole madre Maria, neppure le tigri sanno dimenticare i figli, come potrei io dimenticarmi di amare voi, figli miei?

«Potrà forse una donna dimenticare il suo bambino, da non sentire più compassione per il figlio delle sue viscere? E se pur questa lo potrà dimenticare, io non mi dimenticherò mai di te!» (Is 49,15). No, non è possibile che io cessi di amare un’anima di cui sono madre. Maria è nostra madre non di carne, come abbiamo detto, ma di amore.

di Sant’Alfonso Maria De Liguori – Le Glorie di Maria

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