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Da Eschilo a Péguy, Dio ha bisogno del nostro sonno

Posté par atempodiblog le 14 mai 2016

Da Eschilo a Péguy, Dio ha bisogno del nostro sonno
di Laura Cioni– Il Sussidiario.net

dormire

Zeus, chiunque egli sia, se pur questo nome gli è gradito,
con questo io lo chiamo.
Io non so chi invocare, per quanto ponderi, che Zeus solo,
se veramente bisogna scacciare il peso dell’angoscia.
Chi devotamente intona a Zeus il canto di vittoria,
otterrà somma saggezza.
“Attraverso il dolore la conoscenza:
è la legge sovrana che egli ha posto.
E nel sonno, dinanzi al cuore stilla
la pena che è memoria dolorosa
e, anche a chi non voglia, discende la saggezza.
Grazia è questa violenza degli dei, che dalle loro sedi sacre
fissano le leggi.

Commentando questo brano tratto dall’Agamennone di Eschilo, Simone Weil fa notare che Zeus non designa una divinità particolare, ma Dio stesso: le due parole hanno la stessa radice. Il suo nome non si sa e, se per gli antichi nominare era dominare, ciò implica che non lo si può raggiungere; si può soltanto invocare e nel buio è data la luce della conoscenza. La pena, memoria dolorosa, allude al presentimento della felicità che cade goccia a goccia nel sonno dell’uomo; al suo risveglio, egli è già preso dalla grazia e non gli rimane che acconsentire.

Veramente Tu sei un Dio nascosto, Dio d’Israele, salvatore”. Anche la Bibbia conosce l’azione misteriosa di Dio. Molti testi sono pervasi dalla convinzione che Dio operi in modo sconosciuto all’uomo, addirittura approfittando del suo sonno.

Nel sonno di Adamo il Creatore forma Eva: figura del sonno di Cristo sulla croce, da cui nasce la Chiesa.

Il Signore ne darà ai suoi amici nel sonno”: il salmo 127 parla del pane per cui l’uomo si affatica, e che viene donato a chi confida in Dio. Il vangelo di Marco annota l’insegnamento di Gesù: “Il regno di Dio è come un uomo che getta il seme nella terra; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce; come, egli ste sso non lo sa”. Così nella vita della natura, così nella vita dello Spirito.

Il sonno in Eschilo è il luogo di una pena dolorosa, eppure anche qui sa infiltrarsi una grazia di conoscenza; nella Bibbia si direbbe essere il luogo preferito da Dio per esercitare la sua potenza, in modo che l’uomo riconosca i doni che riceve e non abbia l’ardire di attribuirne il merito a sé. “Initium sapientaie timor Domini”. E’ stolto colui che tutto calcola, tutto prevede, tranne il passaggio segreto di una salvezza non preventivabile. In fondo si potrebbe affermare che i Greci e gli uomini di Israele, così diversi in tanti aspetti, abbiano in comune il concetto di una sapienza nata dal dolore e dalla grazia, nata da un passo segreto di Dio dentro un terreno di lacrime e di fiducia. 

Riaprendo ancora una volta i misteri di Péguy, ecco ciò che scrive questo poeta segnato dalla lotta per il pane quotidiano e dall’incomprensione di tanti amici:

Non mi piace chi non dorme, dice Dio.
Il sonno è l’amico dell’uomo.
Il sonno è l’amico di Dio
Beato chi spera. E che dorme.
Disgraziato colui che veglia e non si fida di me.
Perché da qui a domani, io, Dio, sarò forse passato.

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DIACONATO ALLE DONNE?/ In Francesco nessuna agenda liberal, pieno accordo con Wojtyla

Posté par atempodiblog le 14 mai 2016

DIACONATO ALLE DONNE?/ In Francesco nessuna agenda liberal, pieno accordo con Wojtyla
Intervista di Stefania Falasca (Avvenire)
Pietro Vernizzi – Il Sussidiario.net

Papa Francesco

“La presa di posizione di Papa Francesco sul diaconato femminile è in linea con quella di Giovanni Paolo II, e non fa che riproporre un fatto che esisteva già nella Chiesa primitiva. All’epoca il battesimo degli adulti avveniva per immersione, e per impartirlo alle donne si preferiva ricorrere alle diaconesse”. E’ il commento di Stefania Falasca, vaticanista ed editorialista del quotidiano Avvenire. Ieri, durante un incontro con l’Unione internazionale delle superiore generali, una suora ha chiesto a Papa Francesco riferendosi alle donne diacono: “Perché non costituire una commissione ufficiale che possa studiare la questione?” Bergoglio ha replicato: “Accetto. Mi sembra utile avere una commissione che lo chiarisca bene”.

I principali quotidiani online hanno subito titolato: “Il Papa apre al diaconato femminile”. Vero o falso?
Il tema non è nuovo. Il Papa lo ha posto in forma di domanda rispondendo a una suora: “Si può riprendere lo studio sul diaconato femminile nella Chiesa primitiva?” Nella Chiesa primitiva, fino al III-IV secolo, c’erano delle diaconesse e questo è documentato. Tra i cristiani dei primi secoli del resto le donne svolgevano un ruolo importante. Sono state collaboratrici degli apostoli, nonché attive nella costruzione delle comunità e dei servizi caritativi. Sono tutte attività non secondarie, anzi essenziali per la Chiesa.

Che cosa facevano le diaconesse nella Chiesa dei primi secoli?
All’epoca in particolare vi erano diaconesse per i battesimi delle donne adulte. Il rito prevedeva infatti che fossero immerse nude nell’acqua, e quindi si optò per questa soluzione. Nei primi secoli è esistita quindi una diaconia femminile, e le diaconesse avevano incarichi particolari nel seguire la cura pastorale delle donne. Però è stato anche chiaro che la loro ordinazione era assolutamente diversa da quella dei diaconi maschi. Le diaconesse infatti a differenza dei diaconi non avevano alcun incarico all’altare, e il loro era quindi un ministero sui generis. Questo è stato studiato dalla Commissione teologica internazionale che si è occupata della questione nel 2002-2003.

Qual era nella Chiesa primitiva la differenza tra diaconi e diaconesse?
La differenza era legata al fatto che le diaconesse non servivano all’altare. Il loro ministero era distinto da quello dei diaconi maschi. Tanto è vero che alcuni diaconi sono diventati papi, mentre questo non è avvenuto con le diaconesse.

Lei ritiene che quella di Papa Francesco sia un’apertura nuova?
Non vedo delle nuove aperture da parte di Papa Francesco. La sua proposta è di vedere e di valutare alla luce delle esigenze di oggi qualcosa che non è comunque una nuova creazione. Non si tratterebbe cioè di un nuovo sacramento, né potrebbe essere considerata come il primo passo verso il sacerdozio femminile. Nell’Ordinatio sacerdotalis, Giovanni Paolo II ha spiegato che il sacerdozio non può essere impartito alle donne. Nel viaggio di ritorno dagli Stati Uniti, Papa Francesco ha ribadito il no alla possibilità delle donne sacerdote. Il diaconato dunque non può certo essere confuso con il presbiterato.

Il sito di Repubblica scrive: “La possibilità prefigurata da Francesco avvicinerebbe la Chiesa cattolica a quella anglicana che ha donne preti e vescovi”. E’ così?
Noi cattolici non abbiamo le donne prete, e la questione è stata già definita dalla Chiesa, come ha ribadito lo stesso Francesco. Nulla toglie che possano esserci avvicinamenti in chiave ecumenica con gli anglicani. Il Papa non ha detto nulla di nuovo rispetto a quanto sta già sottolineando sull’importanza delle donne nella Chiesa, e soprattutto non risponde a un’agenda liberal. Ma soprattutto ha messo in guardia dalla clericalizzazione delle donne. Per esempio, pensare che una donna possa essere cardinale è ragionare davvero in termini clericali. Le donne nella Chiesa devono essere valorizzate, ma non clericalizzate.

Sui media si contrappone l’apertura di Francesco a Giovanni Paolo II. Lei come commenta?
In realtà Papa Francesco ha ribadito che il tema delle donne prete era già stato discusso e che dopo lunghe riflessioni Giovanni Paolo II ha detto chiaramente che non si può fare. Non capisco quindi quali siano le contraddizioni tra i due.

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