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San Leopoldo Mandic, maestro di dolcezza e misericordia

Posté par atempodiblog le 12 mai 2016

San Leopoldo Mandic, maestro di dolcezza e misericordia

san leopoldo mandic
San Leopoldo Mandic è nato il 12 maggio 1866 a Castelnovo di Cattaro (Croazia)

San Leopoldo Mandic, nato nel 1866 a Castelnuovo nel Montenegro e morto nel 1942 a Padova, porta con sé un messaggio di mansuetudine, dolcezza e misericordia.

Nella sua vita si è dedicato ad amministrare il sacramento della riconciliazione manifestando sempre un grande senso di comprensione e compassione, al punto che i suoi confratelli lo rimproveravano di essere troppo «di manica larga». La sua risposta a questa obiezione era semplice: «Io guardo Gesù in croce: Lui non ha neppure le maniche!». [...]

Tratto da: il Resto del Carlino

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Papa: i cristiani lavorano per l’unità, “zizzanieri” dividono

Posté par atempodiblog le 12 mai 2016

Papa: i cristiani lavorano per l’unità, “zizzanieri” dividono
Gesù prega per l’unità dei cristiani, ma nella Chiesa ci sono gli “zizzanieri”, quelli che dividono e distruggono le comunità con la lingua: lo ha detto Papa Francesco durante la Messa del mattino a Casa Santa Marta.
di Sergio Centofanti – Radio Vaticana

Papa: i cristiani lavorano per l'unità, “zizzanieri” dividono dans Commenti al Vangelo Papa-Francesco
Immagine tratta da: Familia Cristiana

L’unità, una delle cose più difficili
Gesù, prima della Passione, prega per “l’unità dei credenti, delle comunità cristiane”, perché siano una cosa sola come Lui e il Padre e così il mondo creda. L’omelia del Papa prende spunto da questo brano evangelico:

“L’unità delle comunità cristiane, delle famiglie cristiane, sono testimonianza: sono la testimonianza del fatto che il Padre abbia inviato Gesù. E, forse, arrivare all’unità – in una comunità cristiana, in una parrocchia, in un vescovado, in una istituzione cristiana, in una famiglia cristiana – è una delle cose più difficili.

La storia nostra, la storia della Chiesa, ci fa vergognare tante volte: ma abbiamo fatto le guerre contro i nostri fratelli cristiani! Pensiamo ad una, alla Guerra dei trent’anni”.

Chiedere perdono per le divisioni
Dove “i cristiani si fanno la guerra fra di loro” – afferma Papa Francesco – “non c’è testimonianza”:

“Dobbiamo chiedere tanto perdono al Signore per questa storia! Una storia tante volte di divisioni, ma non solo nel passato… Anche oggi! Anche oggi!

E il mondo vede che siamo divisi e dice: ‘Ma che si mettano d’accordo loro, poi vediamo… Come, Gesù è Risorto ed è vivo e questi – i suoi discepoli – non si mettono d’accordo?’. Una volta, un cristiano cattolico chiedeva a un altro cristiano d’Oriente – cattolico pure: ‘Il mio Cristo resuscita dopodomani. Il tuo quando resuscita?’. Neppure nella Pasqua siamo uniti! E questo nel mondo intero. E il mondo non crede”.

I « zizzanieri » sporcano e distruggono
“E’ stata l’invidia del diavolo – spiega il Papa – a far entrare il peccato nel mondo”: così, anche nelle comunità cristiane “è quasi abituale” che ci siano egoismo, gelosie, invidie, divisioni, “e questo porta a sparlare uno dell’altro. Si sparla tanto!”.

In Argentina – nota – “queste persone si chiamano ‘zizzaniere’: seminano zizzania, dividono. E lì le divisioni incominciano con la lingua. Per invidia, gelosia e anche chiusura! ‘No! La dottrina è questa!”.

La lingua – osserva il Papa – “è capace di distruggere una famiglia, una comunità, una società; di seminare odio e guerre”. Invece di cercare una chiarificazione “è più comodo sparlare” e distruggere “la fama dell’altro”.

Il Papa cita il noto aneddoto di San Filippo Neri che a una donna che aveva sparlato, come penitenza, le dice di spennare una gallina, di spargere le piume per il quartiere per poi raccoglierle. “Ma non è possibile!” – esclama la donna. “Così è lo sparlare”:

“Lo sparlare è così: sporcare l’altro. Quello che sparla, sporca! Distrugge! Distrugge la fama, distrugge la vita e tante volte – tante volte! – senza motivo, contro la verità.

Gesù ha pregato per noi, per tutti noi che stiamo qui e per le nostre comunità, per le nostre parrocchie, per le nostre diocesi: ‘Che siano uno’.

Preghiamo il Signore che ci dia la grazia, perché è tanta, tanta la forza del diavolo, del peccato che ci spinge a fare le disunità. Sempre! Che ci dia la grazia, che ci dia il dono: e qual è il dono che fa l’unità? Lo Spirito Santo!

Che ci dia questo dono che fa l’armonia, perché Lui è l’armonia, la gloria nelle nostre comunità. E ci dia la pace, ma con l’unità. Chiediamo la grazia dell’unità per tutti i cristiani, la grande grazia e la piccola grazia di ogni giorno per le nostre comunità, le nostre famiglie; e la grazia di mettere il morso alla lingua!”.

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Il card. Müller: il Papa è ambiguo? No, «è un linguaggio positivo che abbiamo deciso assieme»

Posté par atempodiblog le 12 mai 2016

Il card. Müller: il Papa è ambiguo? No, «è un linguaggio positivo che abbiamo deciso assieme»
Fonte: UCCR
Tratto da: Una casa sulla Roccia

papa francesco e card muller

«All’inizio del suo pontificato, abbiamo parlato con Papa Francesco, osservando che durante i pontificati precedenti la stampa ha accusato la Chiesa di parlare solo di sessualità, di aborto e di questi problemi. Per questo abbiamo deciso, con Francesco, di parlare sempre, sempre, sempre in positivo. Se si guardano i testi completi di Papa Francesco, compare l’ideologia di genere, l’aborto…sì, appaiono ancora questi problemi, ma ci concentriamo sul positivo». A dire questo è stato, pochi giorni fa, il card. Gerhard Ludwig Müller, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, durante un incontro tenutosi all’Universidad Francisco de Vitoria de Madrid.

Nessuno in Italia ne ha dato notizia, così come non sono arrivate (nemmeno da Sandro Magister, sempre così preciso quando c’è da bombardare Francesco) le parole del prefetto tedesco del febbraio scorso sul magistero di Francesco, che non è affatto «rivoluzionario, ma si muove sulla linea dei suoi predecessori», ha affermato.«L’originalità è il suo carisma grazie al quale riesce a rompere i blocchi delle persone e le posizioni indurite». Lo ha definito: «semplicemente geniale».

Nel recente intervento pubblico, il card. Muller ha voluto smentire l’esistenza di un “linguaggio ambiguo” da parte del Pontefice, definendolo invece “linguaggio positivo”. E’ quello che annunciò lo stesso Francesco fin nella sua bella intervista a La Civiltà Cattolica, volendo attraverso esso eludere l’impermeabilità e l’anestesia del mondo rispetto alla voce della Chiesa. «Non possiamo insistere solo sulle questioni legate ad aborto, matrimonio omosessuale e uso dei metodi contraccettivi», disse Francesco. «Il parere della Chiesa lo si conosce e io sono figlio della Chiesa, non è necessario parlarne in continuazione. Dobbiamo trovare un nuovo equilibrio, altrimenti anche l’edificio morale della Chiesa rischia di cadere come un castello di carte, di perdere la freschezza e il profumo del Vangelo. La proposta evangelica deve essere più semplice, profonda, irradiante. È da questa proposta che poi vengono le conseguenze morali. Il messaggio evangelico non può essere ridotto dunque ad alcuni suoi aspetti che, seppure importanti, da soli non manifestano il cuore dell’insegnamento di Gesù».

Oggi si scopre che questo cambiamento di linguaggio non è stato un pallino personale di Francesco ma, come appunto rivelato dal card. Müller, una decisione presa assieme, tra il Papa e i suoi collaboratori. Müller parla di “linguaggio positivo”, ed è stato il Papa a spiegare cosa significhi nellaEvangelii Gaudium«Non dice tanto quello che non si deve fare ma piuttosto propone quello che possiamo fare meglio. Se indica qualcosa di negativo, cerca sempre di mostrare anche un valore positivo che attragga, per non fermarsi alla lagnanza, al lamento, alla critica o al rimorso. Inoltre, una predicazione positiva offre sempre speranza, orienta verso il futuro, non ci lascia prigionieri della negatività, è opportuno indicare sempre il bene desiderabile, la proposta di vita, di maturità, di realizzazione, di fecondità, alla cui luce si può comprendere la nostra denuncia dei mali che possono oscurarla. Più che come esperti in diagnosi apocalittiche o giudici oscuri che si compiacciono di individuare ogni pericolo o deviazione, è bene che possano vederci come gioiosi messaggeri di proposte alte, custodi del bene e della bellezza che risplendono in una vita fedele al Vangelo».

Il vescovo argentino Víctor Manuel Fernández, amico di Francesco, ha spiegato che tramite questo tipo di approccio, «se si riesce a far ardere i cuori, o per lo meno a mostrare ciò che vi è di attraente nel Vangelo, allora le persone saranno più predisposte a conversare e a riflettere anche in merito a una risposta inerente la morale»«E’ una strategia», ha spiegato il card. Muller, «per eludere l’accerchiamento dell’opinione pubblica che vorrebbe rinchiudere la Chiesa nell’immagine di qualcuno che parla solo di sessualità». Ed invece non è così e occorreva una metamorfosi nella comunicazione. «Papa Francesco ha il suo stile», ha proseguito il prefetto tedesco, «dice di sentirsi come un parroco, che la dottrina è già ben evidente nei testi di Benedetto XVI. Dice “avanti con la teologia”, ma mantiene il carisma che sa comunicare con le persone, che hanno bisogno di questo carisma».

Molti lamentano la mano tesa del Papa ai “nemici” della Chiesa, da Scalfari alla Bonino, un segno di amicizia senza soffermarsi a condannare ed elencare i loro errori, così come Gesù fece con Zaccheo. Eppure, guarda caso, Repubblica ha smesso da tempo di inventarsi scandali anticlericali, di fare propaganda anticattolica e, lo stesso, accade anche all’estero. Le uniche bordate ai cattolici e alla Chiesa arrivano da un manipolo di tradizionalisti di destra, sedevacantisti e lefebvriani. Lo stesso Muller, ha elogiatol’efficacia del “linguaggio positivo” di Francesco: «penso che possiamo tutti vedere, dalla reazione della stampa, che oggi ci sia meno aggressione contro la Chiesa. Non sono diventati tutti cattolici, chiaramente, ma almeno parlano di altre cose»«Papa Francesco ha il coraggio di parlare del demonio», ha aggiunto Müller. «Se Benedetto avesse detto quello che oggi dice Francisco sul Diavolo, avrebbero detto che era retrogrado e medievale. Ma il nostro Papa ha oggi il carisma di dire queste cose: il diavolo esiste, opera ed è molto cattivo, e chi accoglie i suoi suggerimenti è colpevole».

Mentre in Italia Antonio Socci ridicolizza la Laudato Sì, definendola una riflessione sulla «raccolta differenziata della spazzatura, sull’abuso dei bicchieri di plastica e dei condizionatori», come ha ben sottolineato recentemente Umberto Folena, il card. Muller l’ha invece valorizzata, spiegando che grazie a questa Enciclica, «possiamo introdurre il tema della Creazione, per esempio», anche in ambienti lontani dal cattolicesimo, come quelli ecologisti e animalisti. E’ possibile «quindi approfondire la dimensione di Dio», raggiungendo settori sociali solitamente indifferenti. Non sono mancate le critiche alla stampa, che tratta tutte le parole del Papa «come se parlasse ex cathedra. L’omelia di un sacerdote ha la stessa importanza delle omelie di Francisco a Santa Marta, sono un impulso spirituale ma non sono dichiarazioni del Magistero. Stiamo tutti addosso al Papa, povero Papa! Capita che il Papa dica qualcosa per scherzo a qualcuno ad un’udienza e poi appare sulla stampa come se fossero dichiarazioni ufficiali, è assurdo».

Come ha fatto anche il ratzingeriano Angelo Scola, arcivescovo di Milano, anche il prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede ha elogiato l’Amoris Laetitia, sopratutto quando in essa si accusa la colonizzazione ideologica. Per quanto riguarda il passaggio sui divorziati risposati, Muller ha smentito chi accusa il Papa di aver “cambiato al dottrina”: «se la “Amoris laetitia” avesse voluto cancellare una disciplina tanto radicata e di tanta rilevanza l’avrebbe detto con chiarezza, presentando ragioni a sostegno. Invece non vi è alcuna affermazione in questo senso; né il papa mette in dubbio, in nessun momento, gli argomenti presentati dai suoi predecessori, che non si basano sulla colpevolezza soggettiva di questi nostri fratelli, bensì sul loro modo visibile, oggettivo, di vita, contrario alla parole di Cristo». Nemmeno nella famosa nota 351, in cui si dice che, in alcuni casi, la Chiesa potrebbe offrire l’aiuto dei sacramenti a chi vive in situazione oggettiva di peccato: «basta dire», ha spiegato il prefetto tedesco, «che questa nota fa riferimento a situazioni oggettive di peccato in generale, senza citare il caso specifico dei divorziati in nuova unione civile. La situazione di questi ultimi, effettivamente, ha caratteristiche particolari che la distinguono da altre situazioni. Un argomento che non è presente nella nota né nel suo contesto».

In un’intervista dell’ottobre 2015 alla rivista tedesca Focus (ripresa anche da Kath.net e da Vatican Insider), il card. Muller ha comunque sostenuto la possibilità di concedere i Sacramenti a queste persone, «esaminando i singoli casi e in particolari situazioni». Nonostante la Familiaris Consortio di Giovanni Paolo II dica che «la Chiesa ribadisce la sua prassi, fondata sulla Sacra Scrittura, di non ammettere alla comunione eucaristica i divorziati risposati», il card. Muller precisò che «in questa direzione si può pensare al futuro», ossia «discernere le situazioni con responsabilità alla luce del pensiero teologico». Lo stesso che chiede oggi Francesco.

Al di là di ciò, rimane la grande comunanza di vedute anche tra il Papa argentino e il prefetto tedesco, esattamente la stessa «identità di vedute»che ha pubblicamente voluto ribadire tempo fa Benedetto XVI.

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Bullismo, nelle scuole è epidemia silenziosa

Posté par atempodiblog le 12 mai 2016

Bullismo, nelle scuole è epidemia silenziosa
del Redattore Sociale di RomaSette

Bullismo

Secondo la psicologa Patrizia Perrone, è un problema «di cui tutti sanno qualcosa ma nessuno parla». Il punto nel convegno internazionale “Sonet-Bull”

In Italia c’è una «epidemia silenziosa». Il bullismo nelle scuole è un problema «di cui tutti sanno qualcosa ma nessuno parla» secondo Patrizia Perrone, psicologa dell’associazione Psy+, che ha parlato della situazione del nostro Paese durante il convegno internazionale “Sonet-Bull: Strategie contro il bullismo offline e online”, ieri, martedì 10 maggio, nella Città Educativa di Roma.

A complicare la situazione, secondo Perrone, le condizioni economiche di molti istituti, che difficilmente possono permettersi uno sportello di ascolto dedicato ai ragazzi, ma anche l’atteggiamento di diversi dirigenti scolastici, che tendono a tenere la problematica in secondo piano «per paura di fare una cattiva pubblicità» alle scuole, e di genitori che «tendono a non riconoscere il problema quando riguarda i loro figli».

Le violenze, spiega all’agenzia Dire la psicologa che con l’associazione ha attivato sportelli in tre scuole della Capitale, non vengono quasi mai denunciate. In particolare, rispetto al “cyberbullismo”, dati relativi al 2015 e diffusi dalla Polizia postale parlano di 6 denunce per stalking, 36 per diffamazione on-line, 18 per ingiurie, 16 per molestie, 59 per furto d’identità. Combattere il fenomeno attraverso strumenti on-line è la principale ambizione del progetto “Sonet Bull”, finanziato dal programma europeo Erasmus + e coordinato dalla Hellenic Open University in collaborazione con diverse università e centri studio europei.

Per l’Italia c’è la Fondazione Mondo Digitale, il cui direttore scientifico, il cileno Alfonso Molina, riassume così l’obiettivo del programma: «Utilizzare i migliori aspetti della tecnologia per creare una specie di movimento per affrontare il fenomeno del bullismo». La piattaforma europea, dove insegnanti, genitori, presidi, psicologi e altri soggetti interessati possono caricare e consultare materiale sul tema, è sonetbull.eu. «Il progetto si avvicina alla fine – dichiara ancora Molina -; mi aspetto che i suoi risultati possano lasciare una piattaforma che consenta di continuare le attività».

Di bullismo si è parlato, nel convegno internazionale, anche rispetto a problemi e strategie di intervento in Grecia, Irlanda, Regno Unito. Hanno partecipato all’iniziativa i ragazzi delle scuole, che hanno ascoltato ricercatori e professionisti che operano a contatto con i giovani e anche rappresentanti della Polizia postale.

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L’arcivescovo Bruno Forte: «Una sconfitta della democrazia. Così si svaluta la famiglia»

Posté par atempodiblog le 12 mai 2016

«Una sconfitta della democrazia Così si svaluta la famiglia»
L’arcivescovo Bruno Forte e la fiducia sulle unioni civili: «Il voto blindato è frutto di una logica di bassa politica. Qui è in gioco una visione della società, il rischio è assimilare le unioni civili alla famiglia tout court»
di Gian Guido Vecchi – Corriere della Sera

Don Bruno Forte

Il segretario Cei, Nunzio Galantino, ha detto che il voto di fiducia sulle unioni civili è una sconfitta per tutti. E così?
«Sì. Direi anzi che è una sconfitta per la democrazia, per la qualità del lavoro parlamentare e per la coscienza di tanti».

L’arcivescovo teologo Bruno Forte, scelto da Francesco come segretario speciale dei due Sinodi sulla famiglia, tra le voci più aperte della Chiesa italiana, non è mai stato così duro: «Una sconfitta, certo, e anche un impoverimento della vita democratica su una questione che può avere un impatto enorme per il futuro della società»

Ma perché, eccellenza?
«Vede, la democrazia è tale se su tutte le questioni – ma specialmente su quelle che hanno uno spessore etico e ricadute sociali e culturali – c’è la possibilità di portare e discutere tutti gli argomenti, pro e contro, e valutarli in un dibattito libero e aperto».

Se ne discuteva da anni…
«Vero, ma è proprio nel momento in cui si arriva al voto che tutti hanno il sacrosanto diritto di esprimersi. Mi pare scorretto, tanto più in questo caso: sui temi etici le posizioni sono trasversali rispetto agli schieramenti. Se si vuole ricompattare con un sì o un no, si fa un danno a tutti».

Il testo è stato più volte corretto, la fiducia non era un modo per proteggere un compromesso faticoso?
«Mah, se fosse così sarebbe una logica di bassa politica. Il politicante trova scappatoie immediate, magari ad ogni costo. Il politico cerca la via per la quale ciò che decide oggi non solo non danneggi, ma accresca il bene comune nel futuro».

Insiste sul futuro, cosa la preoccupa?
«Qui è in gioco una visione della società. Siamo di fronte ad un istituto giuridico nuovo, con il rischio che possa essere assimilato alla famiglia tout court. La famiglia non è un elemento fra gli altri, è la cellula fondamentale della società. Nella Chiesa abbiamo vissuto un Sinodo sulla famiglia, ricevuto da Francesco un’Esortazione di grandissimo spessore. Come diceva il Vaticano II, nella Gaudium et Spes, la famiglia è la vera grande scuola di umanità, dove si diventa persone. Il luogo di quella relazione educativa che ha bisogno della reciprocità fondamentale tra uomo e donna…».

Però nel testo approvato non si parla più di stepchild adoption, l’adozione del «figliastro»…
«Temo che il discorso possa portare a questo. Il sospetto che tanti hanno messo in luce è che si sia partiti dal modello famiglia per tentare di applicarlo alle unioni civili».

Lei è tra coloro che non si opponevano al riconoscimento dei diritti alle coppie omosessuali…
«Una cosa è la regolamentazione di alcuni diritti, come l’eredità, un’altra un istituto in qualche modo assimilato alla famiglia. Ecco la grande domanda: regolare dei diritti o creare un nuovo istituto giuridico, analogo alla famiglia? Il problema è l’assenza di un dibattito che aiuti a distinguere con precisione. Ed eviti un’operazione di trasferimento che svaluta la famiglia. Se non se ne discute, se ognuno non porta sue idee, il rischio è che passi qualcosa che può essere assimilato all’istituto familiare e lo indebolisca. Dopo l’approvazione le cose andranno approfondite, ma temo che il rischio non sia eluso».

Ma in che modo la famiglia formata da uomo e donna ne verrebbe danneggiata?
«La grande sfida del presente è aiutare le famiglie, sostenerle. La crisi economica, una denatalità spaventosa…E l’indebolimento, prima che culturale e sociale, è già evidente sul piano materiale, al di là delle buone intenzioni: se equipari un altro istituito alla famiglia le risorse, già scarse, vengono inevitabilmente divise».

Che farà ora la Chiesa?
«Come vescovi lo valuteremo forse già la settimana prossima, durante l’assemblea generale della Cei. Al di là del rispetto dovuto ad ogni persona, non può esserci equiparazione tra unioni omosessuali e famiglia. Da parte della Chiesa resta sempre l’annuncio del Vangelo della famiglia come istituto fondamentale della vita umana, sociale e cristiana».

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