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Asia Bibi, 2.500 giorni rubati alla vita della madre cristiana

Posté par atempodiblog le 27 avril 2016

Asia Bibi, 2.500 giorni rubati alla vita della madre cristiana
In carcere dal 2009 con l’accusa falsa di blasfemia. È tenuta in isolamento, separata dai cinque figli
di Stefano Vecchia – Avvenire
Tratto da: Forum delle Associazioni Familiari

Asia Bibi

Il 19 giugno 2009, la cattolica Asia Bibi veniva presa in custodia dalla polizia nel suo villaggio di Itttanwali, nella provincia del Punjab, denunciata da alcune vicine musulmane per una presunta offesa al profeta Maometto. Formalmente incriminata il mese successivo e condannata a morte per blasfemia l’11 novembre 2010, da allora ha trascorso in carcere – attualmente quello di Multan nel Punjab – , spesso in isolamento per tutelarne l’incolumità, prima il tempo dell’appello e poi, dal luglio scorso, l’attesa di una sentenza finale della Corte suprema pachistana sulla legalità di tutto il procedimento contro di lei.

Non sono bastati fino a oggi 2.500 giorni per completare il calvario di questa donna di umili origini, separata dai cinque figli e dal marito, sostenuta dalla fede ma anche dalla speranza che la sua vicenda possa servire alla causa della convivenza in un Paese che si confronta con radicalismo religioso e terrorismo. Asia Bibi, non va dimenticato, non vive solo una vicenda carceraria lunga e penosa, ma è diventata suo malgrado icona delle minoranza perseguitate da una legge, quella anti-blasfemia, che consente accuse infamanti e – per gli estremisti – automaticamente letali. Il suo “caso” mostra come tale normativa sia stata piegata a fini personali o di propaganda al punto da non lasciare spazio per il perdono o di mettere a rischio la vita di coloro che simpatizzano per gli accusati oppure che intervengono per chiedere clemenza.

Anche di quanti espongono la necessità di una revisione della legge. Come è successo per l’islamico Salman Taseer, governatore della provincia del Punjab assassinato il 4 gennaio 2016, e per Shahbaz Bhatti, ministro cattolico per le Minoranze, ucciso due mesi dopo. Il Punjab, la più popolosa e ricca provincia del Paese, ma anche quella con il maggior numero di battezzati e una storia di convivenza di fedi nel segno di interessi condivisi, è diventata il centro della vicenda di Asia Bibi e di molti casi di accuse infamanti e di violenze contro i cristiani.

Da poche settimane, in coincidenza con la strage di Lahore del giorno di Pasqua 2016, la metropoli è diventata un obiettivo dichiarato dei terroristi di militanza taleban. Una mossa importante, dato che trasferisce potenzialmente la violenza da aree arretrate e problematiche, come quelle tribali al confine con Afghanistan e Iran ricettacolo di contrabbandieri e terroristi, alle piazze e alla vie di una metropoli di sei milioni di abitanti, luogo d’origine o di azione primaria delle forze politiche e delle personalità che governano il Paese. Le accuse ammesse dalla legge antiblasfemia sono diventate molto comuni e se il loro uso non ha privato di volontà di reazione i cristiani, li ha però resi doppiamente perseguitati. Da un lato il rischio di essere accusati ingiustamente (finora tutte le accuse sono state dimostrate false nei gradi superiori di giudizio, con Asia Bibi come unica eccezione), dall’altro le sofferenze e i rischi che l’accusa verso un solo membro pone sull’intera comunità di ap- partenenza. Il marito, Ashiq Masih, ha parlato recentemente di una offerta di asilo in Francia per la moglie e tutta la famiglia.

La via d’uscita verso l’esilio resta per molti l’unica possibile, ma proprio per questo gli estremisti mantengono alta l’attenzione nei suoi confronti, come dimostrato dalle migliaia di manifestanti organizzati che alla fine di marzo, nella capitale Islamabad, tra le condizioni poste per rompere l’assedio al Parlamento avevano posto anche l’impiccagione di Asia Bibi e la fine di ogni pressione per modificare la legge antiblasfemia. Oggi la sorte della madre cattolica si gioca su un equilibrio delicato tra informazione e silenzio, tra uso della piazza e mosse discrete. Una sua libertà personale che non fosse preceduta da una sentenza di piena assoluzione lascerebbe aperta per altri la porta della persecuzione e sarebbe una vittoria, comunque attenuata, degli estremisti che vogliono mettere in ginocchio il Pakistan e farne un centro del jihadismo, senza pari per collocazione, dimensioni e popolazione.

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In Belgio metà delle chiese a rischio di essere chiuse o convertite

Posté par atempodiblog le 27 avril 2016

In Belgio metà delle chiese a rischio di essere chiuse o convertite
Nella capitale dell’Unione europea, i cattolici praticanti sono pari al 12 per cento, mentre il 19 per cento è musulmano praticante
di Giulio Meotti – Il FoglioOlanda, ciò che faceva Hitler ora lo fa lo stato dans Anticristo

Chiesa di Santa Caterina a Bruxelles
La chiesa di Santa Caterina a Bruxelles

La Chiesa di Santa Caterina di Bruxelles, costruita nel 1874, domina con il suo splendore il centro storico di Bruxelles. E’ l’unico edificio religioso che è stato costruito nel “pentagono” dalla fine dell’Ancien Régime e oggi è uno degli edifici più protetti dopo gli attentati del 22 marzo scorso. Il comune di Bruxelles aveva dichiarato di voler trasformare l’edificio religioso in un mercato di frutta e verdura. Soltanto la mobilitazione dei fedeli rimasti lo ha impedito. La Chiesa di Santa Caterina non è un caso particolare in Belgio: si parla di più di novanta chiese in pericolo imminente nel paese. La Chiesa di Saint-Hubert di Watermael-Boitsfort potrebbe ospitare appartamenti, mentre la Chiesa della Santa Famiglia di Schaerbeek è in attesa di un potenziale investitore.

Con la radicale diminuzione di fedeli, molte chiese sono abbandonate. A Malonne, la cappella di Piroy è stata trasformata in una fabbrica di birra. Nel centro di Namur, la chiesa di Saint-Jacques è stata trasformata in un negozio di abbigliamento. A Tournai, la chiesa di Santa Margherita è stata trasformata in una serie di appartamenti di lusso. Sempre a Namur, la chiesa di Notre Dame, costruita nel 1749 e sconsacrata nel 2004, è oggi adibita a “spazio culturale”. La piazza sarà riqualificata, con servizi di biglietteria e di ristorazione. Decine di mostre, concerti e sfilate di moda si sono già tenute nella chiesa.

Delle chiese del Belgio si occupa una inchiesta del quotidiano La Libre. Si parla di una chiesa su due a rischio conversione o abbandono. 35 chiese su 110 a Bruxelles sono destinate a chiudere a fronte del drammatico calo di fedeli: i cattolici praticanti sono appena l’1,5 per cento della popolazione della capitale dell’Unione europea, secondo un sondaggio del 2010 dell’Università di Lovanio. Il Belgio è il prodotto non della natura ma della mente umana, quasi di un’astrazione cerebrale, di un ragionamento, per questo le sue chiese sono capolavori di civiltà. Adesso in pericolo. Il primo a rompere il tabù era stato nel 2008 Philip Heylen, vicesindaco di Anversa, che aveva invitato a usarle come luoghi di culto islamici: “Le chiese sono state costruite come luoghi di culto e non dovrebbero essere utilizzate come centri commerciali. Abbiamo avuto una risposta positiva da parte dei membri della comunità musulmana che è aperta all’idea di convertirle”. A marzo, anche l’Economist si era occupato di questo trend inarrestabile. “Le antiche città del Belgio sono culle dell’arte e della cultura cristiana, e il cattolicesimo è per molti versi la ragion d’essere del paese. Ma così come il ruolo del cristianesimo è scemato, un nuovo credo, l’islam, sta guadagnando importanza”.

“I fedeli dell’Islam più dei cattolici”
A Bruxelles, circa la metà dei bambini nelle scuole statali è di fede islamica. Nella capitale dell’Unione europea, i cattolici praticanti sono pari al 12 per cento, mentre il 19 per cento è musulmano praticante. Tra gli intervistati, i livelli di aderenza al cattolicesimo diminuisce drasticamente con l’età, mentre l’islam aumenta corrispondentemente. “Se questa tendenza continua, i fedeli dell’islam potrebbero presto superare comodamente i cattolici devoti non solo nella cosmopolita di Bruxelles, come è già, ma su tutto il territorio meridionale del Belgio”.

Otto secoli dopo la sua fondazione, la chiesa del Santissimo Sacramento di Binche, un edificio maestoso nel cuore della città medievale a circa cinquanta chilometri da Bruxelles, è stata messa in vendita alla simbolica cifra di un euro. La diocesi ha tentato di tutto pur di liberarsene. Intanto a Mechelen, nelle Fiandre, un albergo a quattro stelle è sorto al posto di una imponente chiesa gotica. Archi, colonne e vetrate sono ancora al loro posto fra menù e tavoli per i clienti. Un tempo vanto dell’architettura gotica del Belgio, oggi l’hotel è classificato tra i cinque più belli al mondo. Specchio di un paese che finirà per ospitare soltanto le 295 moschee (77 soltanto a Bruxelles) e i palazzi trasparenti degli organismi internazionali. Una mecca postmoderna.

In una chiesa di Bruges è conservato il “Sangue Santo” che un conte di Fiandra riportò da Gerusalemme dopo una crociata. Ma il prodigio della liquefazione, dicono le guide, non avviene più da molti secoli. Si è seccato. Come il paese.

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La religione è nemica della Cina

Posté par atempodiblog le 27 avril 2016

La religione è nemica della Cina
Le parole del presidente Xi Jinping e sempre più chiese demolite
della Redazione de Il Foglio

Una chiesa del Zhejiang
Una chiesa cattolica nella provincia del Zhejiang

La libertà religiosa in Cina è un pericolo. Lo ha detto, neanche troppo velatamente, il presidente cinese Xi Jinping sabato scorso, durante una conferenza sulle religioni, secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa cinese Xinuha. Xi ha detto ai membri del Partito comunista di agire come “atei marxisti inflessibili, consolidando la loro fede, e tenendo a mente i princìpi del partito”, perché è attraverso la dottrina religiosa che l’ostile presenza straniera può avere la sua influenza in Cina. “I gruppi religiosi devono rispettare la leadership del Partito comunista, e sostenere il sistema socialista cinese”, ha detto.

Da una parte, le parole del presidente, che chiede all’establishment di occuparsi delle questioni religiose, riguardano il fondamentalismo islamico, che però è a sua volta legato a una questione più politica, quella dell’indipendentismo uiguro nella regione autonoma dello Xinjiang, nel nord-ovest del paese. Ma a fare paura nelle parole di Xi c’è soprattutto il possibile inasprimento del controllo sui cattolici in Cina: nell’est del paese, secondo gli attivisti, più di 1.400 chiese hanno dovuto eliminare dalle loro facciate i simboli religiosi, “e molte sono state completamente demolite”, scriveva ieri il Time.

La seconda potenza economica del mondo ha ufficializzato la sua posizione sulla libertà religiosa, e ha mandato un messaggio al mondo: non si tratta di combattere il fondamentalismo, ma di buttare giù le chiese.

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