Nel nome di Maria
Posté par atempodiblog le 8 mars 2016
Nel nome di Maria
di Anna Rotundo – In Terris
In occasione dell’ 8 marzo, giornata internazionale della donna, bisogna riflettere insieme sul senso di questa giornata raccogliendo una delle sfide maggiori dei nostri giorni: l’incontro tra cristiani e musulmani. Dopo i fatti di Parigi e di Colonia, si avverte l’urgenza di raccogliere insieme ai giovani, ai ragazzi delle scuole, questa “grande sfida” del terrorismo che è entrato nella vita di tutti i giorni gettando le persone nella paura e nella sfiducia verso l’altro. E’ così che i miei alunni, cristiani e musulmani, hanno dimostrato di aver capito che ciò che unisce è più forte di ciò che divide: “Noi, cristiani e musulmani affermiamo che ciò che ci unisce è forte e palpabile. Siamo figli e fratelli in umanità. E Maria, venerata da entrambi, è il segno di un’amicizia che può salvare il mondo”.
Nell’aula magna dell’Istituto geometri Petrucci, infatti, è risuonata questa domanda: “Può il culto della ‘donna per eccelenza, Maria’ unire i popoli legati alle religioni del cristianesimo e dell’islam?” La risposta è sì. Un esempio: in Libano, cristiani e musulmani hanno scelto il giorno dell’annunciazione di Maria come festa nazionale per ritrovarsi insieme a vivere momenti di preghiera, silenzio, scambio di testimonianze. Bellissima la testimonianza di un’alunna musulmana che ha con fierezza parlato della sua scelta di portare il velo come segno di appartenenza ad una religione, quella islamica, che, ha detto, “va studiata”.
Il mondo musulmano e il mondo cristiano si sono sempre incontrati e sempre si incontreranno: perciò sono importantissimi questi momenti di dialogo per i ragazzi che hanno l’occasione di conoscersi tra loro, e non solo studiare sui libri il mondo arabo-musulmano: la scuola deve servire a creare queste occasioni di incontro. Quest’ultimo, però, deve avvenire nel segno del rispetto: non c’è nessuno “superiore” all’altro. Siamo esseri umani e dobbiamo rispettarci iniziando dal rispettarci, il che significa non compiere azioni che possono far male agli altri.
Gli alunni hanno approfondito, attraverso video e testimonianze, come nel Corano la figura di Maria (Maryam) venga ricordata più volte e nominata di più rispetto all’intero nuovo testamento. È anche l’unica donna citata con nome proprio. I musulmani la chiamano Sayyida, che vuol dire “signora, padrona” e che corrisponde pressappoco al termine cristiano “Madonna”. Cristiani e musulmani credono che Maria sia vergine e madre di Gesù e che sia stata scelta da Dio. I racconti dell’annuncio dell’angelo Gabriele contenuti nel Vangelo di Luca (1,31) e nel Corano (3,45) sono incredibilmente simili tra loro. Nel mondo musulmano è molto sentito il culto di Maria tanto che i santuari mariani sono meta di pellegrinaggio di fedeli musulmani che a Lei chiedono grazie e rivolgono preghiere.
In questo anno della misericordia indetto da Papa Francesco è bello ricordare che i musulmani, aggiungono al nome di Dio, non appena lo pronunciano, i titoli di “molto misericordioso” e “completamente misericordioso” e ogni sura del Corano si apre “nel nome di Dio clemente e misericordioso”. È questo il grande messaggio che Maria sviluppa quando, nel Magnificat, descrive come la misericordia di Dio si dispieghi sul suo popolo, di generazione in generazione, sin da Abramo. Su questa realtà può basarsi un dialogo autentico, una pace vera ed un ponte tra le nostre religioni, fatta di misericordia come aiuto concreto a chi soffre.
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