Gesù non ha lasciato la terra e i suoi

Posté par atempodiblog le 30 mars 2016

Gesù non ha lasciato la terra e i suoi dans Citazioni, frasi e pensieri Ges-Risorto

Il vero senso della Risurrezione ci è dato dal salmo di cui la divina liturgia si serve per l’introito della santa Messa di Pasqua: resurrexi et adhuc tecum sum – sono risorto ed eccomi ancora con te. Oltre la divina immensità, oltre la divina eucaristia, c’è una presenza sentita e sensibile del Signore Gesù, l’uomo-Dio, poiché è risorto!

Oltre la sua presenza nel cielo alla destra del Padre, alla visione degli angeli e dei santi c’è la sua presenza nel mondo e alle anime peregrinanti per il mondo. Ascendendo al Padre e prendendo il primo posto di gloria alla destra di Lui, non ha lasciato la terra e i suoi, è presente ai suoi sulla terra, poiché è risorto.

Come credo alla Trinità inabitante nell’anima voglio credere all’umanità divina di Gesù circumstante all’uomo e specie al discepolo di Cristo e sposa di Dio. Non relimquam vos orfanos, vado et venio ad vos – Non vi lascio orfani, vado e vengo a voi. Non mi pare si possa spiegare meglio in altro senso. Modicum et non videbitis et modicum et videbitis – Tra poco non mi vedrete più; e tra un altro poco mi vedrete, similmente si possono solo spiegare bene della risurrezione del Signore. Alleluja.

Beato Giustino M. Russolillo

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Pasqua: la gioia della Resurrezione anche sulle nostre tavole

Posté par atempodiblog le 28 mars 2016

Pasqua: la gioia della Resurrezione anche sulle nostre tavole
di Pane e focolare

Pasqua: la gioia della Resurrezione anche sulle nostre tavole dans Cucina e dintorni

Eccoci arrivati alla Pasqua: la solennità più importante di tutto l’Anno Liturgico. In occasione di questa festa si regalano ai bambini le uova di cioccolato e si compra la colomba; chi vive all’ombra del Vesuvio cucina la pastiera con la ricetta di famiglia (conservata gelosamente), chi invece vive sotto la Lanterna mette in tavola la torta Pasqualina.

Anche chi non è credente deve arrendersi all’evidenza: il Cristianesimo ha profondamente influenzato la cultura della nostra nazione e non avremmo la gioia della festa e i relativi piaceri della tavola se quella lontana Domenica di 2000 anni fa alcune donne non si fossero trovate davanti ad un Sepolcro vuoto. Da quell’avvenimento senza precedenti è uscita una civiltà cristiana che ha lasciato il segno, anche a tavola.

I cattolici si lasciano alle spalle la Quaresima, i digiuni, le astinenze, e adesso non solo possono ma anzi devono fare festa anche a tavola. Digiunare di domenica è una colpa grave, come dice Cesario di Arles (VI sec.): “Se qualcuno digiuna di domenica, pecca”. Il principio vale a maggior ragione per quella che è la Domenica per antonomasia, il giorno della gioia perché la promessa di salvezza si è realizzata.

Se il colore del Natale è il rosso, quello della Pasqua è il giallo: ma qualunque colore scegliate, in ogni apparecchiatura della tavola di Pasqua deve esserci allegria, luce e tanti fiori colorati. Fortunati coloro che possono finalmente pranzare all’aria aperta, godendo della primavera.

Ci sono tanti cibi tipici della Pasqua, tutti con bellissime simbologie.

 dans Santa Pasqua

Cominciamo dalle uova: di cioccolato, di zucchero, oppure uova sode con il guscio dipinto con artistica fantasia. Simbolo della vita già in epoche pagane, è ripreso dal cristianesimo. La festività pasquale cade in primavera e prende il posto di feste antiche che segnavano il passaggio dall’inverno alla stagione del risveglio della natura: l’uovo è simbolo di fertilità, di vita. Diventa quindi anche simbolo della Resurrezione di Cristo: il guscio è il sepolcro dal quale uscirà la vita.

In molte località c’è la bella tradizione di portare le uova in chiesa e alla fine della Santa Messa il sacerdote le benedice.

E veniamo all’agnello: ci ricorda le parole di San Giovanni Battista, che nell’indicare Gesù ai discepoli lo chiama: “Ecco l’Agnello di Dio” (Giovanni 1, 29). Ci ricorda il Suo sacrificio in Croce, la Sua Passione, perché fu immolato “come un agnello condotto al macello” (Isaia 53,7). Era un cibo già presente nella cena della Pasqua ebraica (Gesù ha mangiato l’agnello nell’Ultima Cena) ed è diventato il cibo tipico anche della mensa pasquale cristiana.

La pastiera, dolce tipico di Napoli, è un’istituzione sulla tavola di questa festa. Le leggende legate alla sua nascita sono tante. Alcune parlano della sirena Partenope, ma la ricetta attuale viene attribuita alle suore dell’antico monastero di san Gregorio Armeno, che vollero creare un dolce che fosse pieno di simboli di Cristo e della Resurrezione. Infatti usano le uova, l’acqua di fiori d’arancio che ricorda l’arrivo della primavera e il grano, ricchissimo di simboli: dal grano si ricava la farina, con la quale si fa il pane (che richiama l’Eucarestia). Ma il grano è simbolo di Cristo anche perché viene macinato nella mola, e questo ricorda la sofferenza di Gesù durante la Passione (a questo proposito, potete dare un’occhiata anche al testo che ho pubblicato il Giovedì Santo sul Cristo del Torchio). La tradizione vuole che la pastiera si prepari il Giovedì Santo, perché è un dolce che col passare dei giorni migliora. I miei amici napoletani che sono followers di questo blog sapranno sicuramente dirmi di più: se poi mi spediscono una fetta della loro pastiera, li ringrazio.

A Milano e non solo, ma soprattutto nel Nord Italia, ecco la colomba: simbolo di pace e salvezza, immagine dell’offerta di Cristo e icona dello Spirito Santo. Ci sono, come capita spesso, tante leggende su questo dolce: una di esse parla di san Colombano e della Regina Teodolinda. Siamo intorno all’anno 612, il santo abate irlandese Colombano, dopo il suo lungo peregrinare per l’Europa, arriva in Italia e si reca a Pavia, dove viene invitato a pranzo dalla regina longobarda, insieme con i suoi monaci. E’ Quaresima e Colombano rifiuta una ricca portata di selvaggina, per rispettare il precetto di astinenza dalle carni. La regina Teodolinda non capisce e si offende: allora l’abate le dice che avrebbe consumato le carni solo dopo averle benedette. Mentre San Colombano alza la mano destra in segno di croce, avviene il miracolo: le pietanze di carne si trasformano in candide colombe di pane bianco.

Se ci spostiamo a Genova, troviamo la torta pasqualina, con il ripieno di bietole, che a primavera germogliano, e uova, che come vedete ricorrono sempre nelle preparazioni pasquali. Secondo la tradizione i fogli di pasta sfoglia devono essere 33, come gli anni di Gesù.

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Buona Pasqua a tutti!

Posté par atempodiblog le 27 mars 2016

Cristo è risorto! Alleluja!

Resurrezione Giotto

Buona Pasqua a tutti! Che il Signore vi benedica e la Madonna vi custodisca!

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O Croce di Cristo!

Posté par atempodiblog le 26 mars 2016

Preghiera scritta e letta da Papa Francesco al termine della Via Crucis al Colosseo
Tratta da: News.va

O Croce di Cristo! dans Fede, morale e teologia Ges

O Croce di Cristo!

O Croce di Cristo, simbolo dell’amore divino e dell’ingiustizia umana, icona del sacrificio supremo per amore e dell’egoismo estremo per stoltezza, strumento di morte e via di risurrezione, segno dell’obbedienza ed emblema del tradimento, patibolo della persecuzione e vessillo della vittoria.

O Croce di Cristo, ancora oggi ti vediamo eretta nelle nostre sorelle e nei nostri fratelli uccisi, bruciati vivi, sgozzati e decapitati con le spade barbariche e con il silenzio vigliacco.

O Croce di Cristo, ancora oggi ti vediamo nei volti dei bambini, delle donne e delle persone, sfiniti e impauriti che fuggono dalle guerre e dalle violenze e spesso non trovano che la morte e tanti Pilati con le mani lavate.

O Croce di Cristo, ancora oggi ti vediamo nei dottori della lettera e non dello spirito, della morte e non della vita, che invece di insegnare la misericordia e la vita, minacciano la punizione e la morte e condannano il giusto.

O Croce di Cristo, ancora oggi ti vediamo nei ministri infedeli che invece di spogliarsi delle proprie vane ambizioni spogliano perfino gli innocenti della propria dignità.

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei cuori impietriti di coloro che giudicano comodamente gli altri, cuori pronti a condannarli perfino alla lapidazione, senza mai accorgersi dei propri peccati e colpe.

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei fondamentalismi e nel terrorismo dei seguaci di qualche religione che profanano il nome di Dio e lo utilizzano per giustificare le loro inaudite violenze.

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi in coloro che vogliono toglierti dai luoghi pubblici ed escluderti dalla vita pubblica, nel nome di qualche paganità laicista o addirittura in nome dell’uguaglianza che tu stesso ci hai insegnato.

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei potenti e nei venditori di armi che alimentano la fornace delle guerre con il sangue innocente dei fratelli e danno ai loro figli da mangiare il pane insanguinato.

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei traditori che per trenta denari consegnano alla morte chiunque.

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei ladroni e nei corrotti che invece di salvaguardare il bene comune e l’etica si vendono nel misero mercato dell’immoralità.

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi negli stolti che costruiscono depositi per conservare tesori che periscono, lasciando Lazzaro morire di fame alle loro porte.

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei distruttori della nostra “casa comune” che con egoismo rovinano il futuro delle prossime generazioni.

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi negli anziani abbandonati dai propri famigliari, nei disabili e nei bambini denutriti e scartati dalla nostra egoista e ipocrita società.

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nel nostro Mediterraneo e nel mar Egeo divenuti un insaziabile cimitero, immagine della nostra coscienza insensibile e narcotizzata.

O Croce di Cristo, immagine dell’amore senza fine e via della Risurrezione, ti vediamo ancora oggi nelle persone buone e giuste che fanno il bene senza cercare gli applausi o l’ammirazione degli altri.

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei ministri fedeli e umili che illuminano il buio della nostra vita come candele che si consumano gratuitamente per illuminare la vita degli ultimi.

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei volti delle suore e dei consacrati – i buoni samaritani – che abbandonano tutto per bendare, nel silenzio evangelico, le ferite delle povertà e dell’ingiustizia.

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei misericordiosi che trovano nella misericordia l’espressione massima della giustizia e della fede.

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nelle persone semplici che vivono gioiosamente la loro fede nella quotidianità e nell’osservanza filiale dei comandamenti.

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei pentiti che sanno, dalla profondità della miseria dei loro peccati, gridare: Signore ricordati di me nel Tuo regno!

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei beati e nei santi che sanno attraversare il buio della notte della fede senza perdere la fiducia in te e senza pretendere di capire il Tuo silenzio misterioso.

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nelle famiglie che vivono con fedeltà e fecondità la loro vocazione matrimoniale.

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei volontari che soccorrono generosamente i bisognosi e i percossi.

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei perseguitati per la loro fede che nella sofferenza continuano a dare testimonianza autentica a Gesù e al Vangelo.

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei sognatori che vivono con il cuore dei bambini e che lavorano ogni giorno per rendere il mondo un posto migliore, più umano e più giusto.

In te Santa Croce vediamo Dio che ama fino alla fine, e vediamo l’odio che spadroneggia e acceca i cuori e le menti di coloro preferiscono le tenebre alla luce.

O Croce di Cristo, Arca di Noè che salvò l’umanità dal diluvio del peccato, salvaci dal male e dal maligno! O Trono di Davide e sigillo dell’Alleanza divina ed eterna, svegliaci dalle seduzioni della vanità! O grido di amore, suscita in noi il desiderio di Dio, del bene e della luce.

O Croce di Cristo, insegnaci che l’alba del sole è più forte dell’oscurità della notte. O Croce di Cristo, insegnaci che l’apparente vittoria del male si dissipa davanti alla tomba vuota e di fronte alla certezza della Risurrezione e dell’amore di Dio che nulla può sconfiggere od oscurare o indebolire.

Amen!

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Siamo invitati a prolungare il digiuno del Venerdì Santo fino alla Veglia Pasquale

Posté par atempodiblog le 26 mars 2016

Il Sabato Santo, giorno di digiuno o di festa?
Tratto da: Radio Maria Fb

Siamo invitati a prolungare il digiuno del Venerdì Santo fino alla Veglia Pasquale dans Digiuno t86pkz

Il sabato santo, giorno che precede la Pasqua, è come il venerdì giorno di astinenza? O la cena del sabato (che precede la veglia pasquale) è già da considerarsi di festa?
Lettera firmata

Risponde don Roberto Gulino, docente di liturgia
a cura della Facoltà Teologica dell’Italia Centrale

Il digiuno e l’astinenza, insieme alla preghiera, all’elemosina e alle altre opere di carità, appartengono da sempre alla dimensione penitenziale della Chiesa come modalità concreta e pratica per tornare a Dio con tutto il cuore, motivo per cui viene richiesto un autentico atteggiamento interiore di conversione, di fede e di amore per non fermarsi ad una pratica solo esteriore (cfr Mt 6, 1-18).

Già dal II secolo abbiamo testimonianze di un digiuno che precedeva il giorno cui si celebrava la festa annuale di Pasqua per prepararsi interiormente alla grande solennità della Risurrezione. Si tratta quindi di una mortificazione o di un’astensione mai fine a se stessa, ma per partecipare fisicamente alla morte gloriosa di Cristo ribadendo la sua priorità su tutte le altre realtà della nostra vita, anche le più essenziali: sempre infatti il digiuno è unito ad un maggior ascolto della Parola di Dio, alla preghiera, all’amore generoso verso i bisognosi («Queste tre cose, preghiera, digiuno, misericordia, sono una cosa sola, e ricevono vita l’una dall’altra. Il digiuno è l’anima della preghiera e la misericordia la vita del digiuno. Nessuno le divida, perché non riescono a stare separate. Colui che ne ha solamente una o non le ha tutte e tre insieme, non ha niente. Perciò chi prega, digiuni. Chi digiuna abbia misericordia» San Pietro Crisologo, Discorso 43).

Gradualmente il digiuno dei due giorni che precedevano la Pasqua fu esteso ed ampliato fino a costituire, nel IV secolo, i quaranta giorni del tempo della Quaresima (dal Mercoledì delle Ceneri fino al Sabato Santo, escludendo le domeniche che non sono mai state considerate giorno penitenziale, sono esattamente quaranta giorni di impegno concreto per la conversione).

Oggi, il digiuno – inteso come unico pasto durante la giornata, oppure come limitazione nella quantità e nella qualità nei due pasti quotidiani – viene richiesto dalla Chiesa il Mercoledì delle Ceneri ed il Venerdì Santo, anche se viene consigliato di prolungarlo, secondo l’opportunità, fino alla celebrazione della Veglia Pasquale (cfr Norme generali per l’ordinamento dell’anno liturgico e del calendario, 20). A tale digiuno sono tenuti i maggiorenni fino al compimento del sessantesimo anno di età, salvo necessità dovute alla propria salute.

L’astinenza invece, ossia il privarsi della carne come pure dei cibi particolarmente ricercati e costosi, viene richiesta nei venerdì di Quaresima e in tutti gli altri venerdì dell’anno, a meno che non coincidano con una solennità (come è successo quest’anno, il 19 marzo per san Giuseppe, quando pur essendo venerdì di Quaresima non eravamo tenuti all’astinenza). A questa privazione sono tenuti tutti coloro che hanno compiuto i quattordici anni di età – per maggiori informazioni si può consultare la nota pastorale della CEI Il senso cristiano del digiuno e dell’astinenza del 4 ottobre 1994.

Per rispondere alla domanda del nostro amico lettore possiamo concludere che il Sabato Santo non c’è astinenza anche se siamo invitati, secondo le proprie possibilità, a prolungare il digiuno del Venerdì Santo fino alla Veglia Pasquale (la cena del sabato quindi non può essere considerata ancora di festa).

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Novena alla Divina Misericordia (dal 25 marzo al 2 aprile 2016)

Posté par atempodiblog le 25 mars 2016

Novena alla Divina Misericordia (dal 25 marzo al 2 aprile 2016) dans Fede, morale e teologia Ges-confido-in-Te

La Festa della Divina Misericordia, secondo le apparizioni di Gesù a santa Faustina, deve essere preceduta da una novena, che va recitata ogni giorno a partire dal Venerdì Santo per nove giorni consecutivi, fino al sabato precedente la Festa della Misericordia (seconda Domenica di Pasqua, dal 25 marzo al 2 aprile 2016, ndr).

Gesù per due volte espresse il desiderio che la sua confidente, attraverso una preghiera di nove giorni, si preparasse a questa Solennità. La Santa ci ha trasmesso la promessa del Salvatore rivolta a tutti i fedeli e contenuta in queste parole: “Durante questa novena elargirò alle anime grazie di ogni genere”.

Sebbene il tempo tra il Venerdì Santo e la seconda Domenica di Pasqua possegga un particolare privilegio, tuttavia la novena alla Divina Misericordia può essere recitata anche in qualsiasi altro periodo dell’anno. (Radio Maria)

Per recitare la novena cliccare qui Freccia dans Viaggi & Vacanze NOVENA ALLA DIVINA MISERICORDIA

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Stare con Gesù è stare nel Paradiso

Posté par atempodiblog le 25 mars 2016

Stare con Gesù è stare nel Paradiso dans Diego Manetti Ges

Condotto sul luogo dell’esecuzione, il buon ladrone si accorge che insieme a lui verranno giustiziati un altro malfattore e… Gesù! Ma come? Il Nazareno? Ma che cosa può aver combinato di così grave uno come lui, per esser condannato a morte? E poi pensa: “ma guarda la vita! Ho fatto di tutto per evitarlo, sfuggendolo fin da piccolo, e adesso mi trovo qui, per essere ucciso, proprio al suo fianco”. E si sente a disagio, e non vorrebbe incrociare quello sguardo, né fissare quel volto.

Eppure, una volta in croce, è come se sentisse che Gesù lo sta guardando, benché lui quasi si ostini, pur in quella tragica circostanza, a tenere il capo voltato dall’altra parte. A un certo punto non ne può più: si volta, i suoi occhi incontrano gli occhi di Gesù e… che cosa fa il buon ladrone, nell’istante decisivo della sua vita, quando ormai la fine è prossima? Fa quello che forse neppure lui avrebbe mai immaginato: prega Gesù, dicendogli: “Ricordati di me”. Immaginiamo la drammaticità del momento, tale per cui le parole devono essere state davvero una supplica accorata, come dire: “Ti prego, ricordati di me…”. E questa è appunto una preghiera, quell’ultima – e forse unica – preghiera della sua vita.


E cosa risponde Gesù? Gli dice: “Oggi sarai con me, in Paradiso”. Cioè nella beatitudine e nella gioia eterna, laddove questa non consiste tanto in un luogo paradisiaco, quanto nell’essere in comunione con Gesù. Per cui dovremmo rileggere la risposta di Gesù più come una forma del tipo: “Oggi sarai con me, cioè in Paradiso, perché stare con me è stare nel Paradiso”.

di Diego Manetti Oltre. La vita eterna spiegata a chi cerca, Ed. San Paolo

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Gesù: “Io mi sono ripetuto i vostri nomi”

Posté par atempodiblog le 25 mars 2016

Gesù: “Io mi sono ripetuto i vostri nomi” dans Citazioni, frasi e pensieri Ges-di-Nazareth

15 febbraio 1944
Dice Gesù a Maria Valtorta:

Ecco perché l’angelo del mio dolore mi ha prospettato la speranza di tutti i salvati per il mio sacrificio come medicina al mio morire.

I vostri nomi! Ognuno m’è stato una stilla di farmaco infuso nelle vene per ridare loro tono e funzione, ognuno m’è stato vita che torna, luce che torna, forza che torna. Nelle inumane torture, per non urlare il mio dolore di Uomo, e per non disperare di Dio e dire che Egli era troppo severo e ingiusto verso la sua Vittima, Io mi sono ripetuto i vostri nomi. Io vi ho visti. Io vi ho benedetti da allora. Da allora vi ho portati nel cuore. E quando è per voi venuta la vostra ora di essere sulla Terra, Io mi sono proteso dai Cieli ad accompagnare la vostra venuta, giubilando al pensiero che un nuovo fiore di amore era nato nel mondo e che avrebbe vissuto per Me.

Oh! miei benedetti! Conforto del Cristo morente! La Madre, il Discepolo, le Donne pietose erano intorno al mio morire, ma voi pure c’eravate. I miei occhi morenti vedevano, insieme al volto straziato della Mamma mia, i vostri visi amorosi, e si sono chiusi così, beati di chiudersi perché vi avevano salvati, o voi che meritate il Sacrificio di un Dio.

Tratto da: L’Evangelo come mi è stato rivelato
Opera di Maria Valtorta.

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Papa: il Triduo pasquale, giorni di misericordia e silenzio

Posté par atempodiblog le 23 mars 2016

Papa: il Triduo pasquale, giorni di misericordia e silenzio
Il Triduo Pasquale “è tutto un grande mistero di amore e di misericordia”. È la definizione che Papa Francesco ha dato, all’udienza generale in Piazza San Pietro, dei “momenti forti” della Passione e morte di Cristo, nei quali da domani si immergerà la Chiesa. Il Papa l’ha invitata a vivere questo periodo liturgico in un atteggiamento di particolare “silenzio” e con fede mariana, che “non dubita” ma “spera”.
di Alessandro De Carolis – Radio Vaticana

Papa: il Triduo pasquale, giorni di misericordia e silenzio dans Fede, morale e teologia Triduo-pasquale

I tre giorni della misericordia. Queste sono le ore in cui si consumano gli ultimi momenti di Gesù sulla terra. Misericordia, afferma Papa Francesco, che “rende visibile fino a dove può giungere l’amore di Dio”.

Il Triduo Pasquale è memoriale di un dramma d’amore
Francesco parla in una mattina in cui un cielo color metallo riflette i sentimenti di tristezza che sono del Papa stesso e dei 30 mila in Piazza San Pietro, blindata perché anche i fatti di Bruxelles hanno tragicamente ricordato che l’Europa vive sotto minaccia. E allora, la riflessione di Francesco sul Triduo Pasquale – esperienza di morte che prelude a una vita che non finisce – suona come un messaggio di speranza che si riverbera sul mondo oltre i confini della fede:

“Il Mistero che adoriamo in questa Settimana Santa è una grande storia d’amore che non conosce ostacoli. La Passione di Gesù dura fino alla fine del mondo, perché è una storia di condivisione con le sofferenze di tutta l’umanità e una permanente presenza nelle vicende della vita personale di ognuno di noi. Insomma, il Triduo Pasquale è memoriale di un dramma d’amore che ci dona la certezza che non saremo mai abbandonati nelle prove della vita”.

Gesù si dona a noi perché noi possiamo donarci agli altri
I tre giorni della misericordia iniziano il giovedì, il giorno di Dio che si fa cibo nell’Eucaristia e si fa servo ai piedi degli Apostoli. Con un significato ulteriore che il Papa tiene a sottolineare:

“Nel darsi a noi come cibo, Gesù attesta che dobbiamo imparare a spezzare con altri questo nutrimento perché diventi una vera comunione di vita con quanti sono nel bisogno. Lui si dona a noi e ci chiede di rimanere in Lui per fare altrettanto”.

Dio tace per amore
Venerdì Santo è il giorno dell’amore al suo culmine, quello che Sant’Agostino definì, ricorda il Papa, un amore che “va alla fine senza fine” e che, assicura Francesco, “intende abbracciare tutti, nessuno escluso”. Infine, il Sabato Santo, il giorno di Dio nel sepolcro. “Il giorno – sottolinea Francesco – del silenzio di Dio”:

“Dio tace, ma per amore. In questo giorno l’amore – quell’amore silenzioso – diventa attesa della vita nella risurrezione. Pensiamo, il Sabato Santo: ci farà bene pensare al silenzio della Madonna, ‘la credente’, che in silenzio era in attesa della Resurrezione. La Madonna dovrà essere l’icona, per noi, di quel Sabato Santo. Pensare tanto come la Madonna ha vissuto quel Sabato Santo; in attesa. È l’amore che non dubita, ma che spera nella parola del Signore, perché diventi manifesta e splendente il giorno di Pasqua”.

Gesù dice ad ognuno di noi: ‘Se potessi soffrire di più per te, lo farei’
Francesco conclude la catechesi ricordando Giuliana di Norwich, mistica inglese del Medioevo che, pur analfabeta, descrisse le visioni della Passione offrendo di esse, in modo “profondo e intenso”, il senso “dell’amore misericordioso di Cristo. Citando un dialogo in cui la Beata ringrazia Gesù per l’offerta delle sue sofferenze, il Papa ripete la risposta di Cristo alla mistica: “L’aver sofferto la passione per te è per me una gioia, una felicità, un gaudio eterno; e se potessi soffrire di più lo farei”:

“Questo è il nostro Gesù, che a ognuno di noi dice: ‘Se potessi soffrire di più per te, lo farei’. Come sono belle queste parole! Ci permettono di capire davvero l’amore immenso e senza confini che il Signore ha per ognuno di noi”.

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Il perché del Credo dopo l’omelia

Posté par atempodiblog le 22 mars 2016

SS Trinità

“Il motivo per cui la Chiesa ha posto il Credo dopo l’omelia è per invitarci a credere nonostante ciò che abbiamo ascoltato”.

Cardinale Tomáš Špidlík

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La gioia della primavera

Posté par atempodiblog le 20 mars 2016

Santa Faustina

Quando sono andata nell’orto, ho visto che tutto respira la gioia della primavera. Gli alberi in fiore emanano un profumo inebriante, tutto vibra di gioia e gli uccellini cantando e cinguettando in continuazione adorano Iddio e mi dicono: «Rallegrati e gioisci, Suor Faustina». Ma l’anima mia è nelle tenebre e nell’angoscia. La mia anima è così sensibile al sussurro della grazia, sa parlare a tutto ciò che è creato e che mi circonda e so perché Dio ha abbellito così la terra… Ma il mio cuore non può rallegrarsi, poiché il mio Diletto si è nascosto a me, e non riposerò finché non Ti ritrovo… Non riesco a vivere senza Dio, ma sento che anche Dio non può essere felice senza di me, benché Egli basti a Se stesso nella maniera assoluta.

Santa Faustina Kowalska

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Noi e le vite da niente

Posté par atempodiblog le 20 mars 2016

Piccole enormi crudeltà rivelatrici
Noi e le vite da niente
di Marina Corradi – Avvenire

crudeltà rivelatrici

La telecamera inquadra una banda di tifosi stranieri a passeggio nel cuore di Roma. In ginocchio sul Ponte Sant’Angelo c’è una vecchia mendicante, vestita di nero; se ne sta china, con la fronte a terra. Dei ragazzi le si fermano accanto. La guardano dall’alto, poi si slacciano i pantaloni e le pisciano addosso. La vecchia, smarrita, si alza: si allontana, gli occhi a terra, fra gente che – forse – non si è accorta di nulla. Il video era ieri sul web. Un altro video, di mercoledì scorso, viene da Madrid: dei tifosi, questa volta olandesi, in città per una partita di Champions League, siedono ai caffè di Plaza Mayor.

Un gruppo di donne rom va chiedendo la carità. I tifosi si divertono a lanciare loro monetine, così come tirerebbero noccioline alle scimmie allo zoo. Le donne saltano e si buttano a terra, a catturare gli spiccioli. I ragazzi ridono. Roma, Madrid: Europa, pensi con malinconia. E certo, gli ultrà in trasferta, ubriachi, protetti dall’essere una banda, possono comportarsi da impuniti. Ma che amarezza profonda lascia il vedere dei ragazzi europei di vent’anni, che giocano a umiliare degli inermi. Passa qualche ora, e sul web si affaccia un altro video.

Questa volta non mostra mendicanti, ma vecchi, disabili malati di Alzheimer, in una casa di riposo vicino a Parma. La telecamera nascosta riprende degli infermieri che danno calci ai ricoverati, li scherniscono, li chiamano « scimmie » e « mummie ». Non rialzano da terra i pazienti che cadono, ma li lasciano lì, gementi; umiliano una malata che si è sporcata, cambiandola sotto agli occhi di tutti. A Parma, cuore di antica solidarietà cristiana e socialista.

E non è che l’ultimo di una serie di casi analoghi, in questi ultimi mesi, in Italia. Tutti freddamente testimoniati da telecamere nascoste, tutti inoppugnabili. Il gusto di umiliare l’indifeso, è questo il filo che unisce in chi sta a guardare episodi tanto diversi, e li coagula in una unica, smarrita amarezza. Come se nella plancia di comando della gran nave su cui insieme tutti viaggiamo si accendessero qui e là, piccole, lampeggianti, delle spie rosse d’allarme. La grande nave procede, in apparenza, regolarmente; eppure, quei segnali non dovrebbero essere ignorati.

Quanto ancora la pietà viene naturalmente tramandata ai figli, nelle nostre case? Sicuramente la grande maggioranza di noi ha ereditato l’imperativo interiore che obbliga a rispettare e aiutare chi è più fragile. Ma è come se, qui e là, si aprissero delle falle sottili. Nell’alcol, o nella sicurezza dell’impunità che viene dal credersi soli con malati incapaci e muti, può sboccare fuori talvolta, da un recesso oscuro, come un liquame di cattiveria vigliacca.

Come il segno del principio di dimenticanza di quella pietas che, nata col cristianesimo, ha plasmato l’Occidente: dal tempo remoto in cui i primi Hotel Dieu, i primi ospedali cristiani, accoglievano i miserabili che morivano per strada. Poi certo, il Novecento ha visto un totalitarismo che ha voluto i « diversi » – handicappati, folli, rom, omosessuali, ebrei – eliminati con organizzazione e rigore industriale; ma è stato il fondo della notte più buia, e, dopo, sembrava tornata la luce. Sembrava un mondo, il nostro, in cui almeno la pietà per i più deboli era cosa condivisa.

Spie rosse invece, piccoli scricchiolii dal grosso corpo della nostra nave. Si è fatto un gran parlare, in questi anni, di « dignità della vita ». Di certi canoni minimi che sarebbe lecito pretendere, perché la vita sia degna di essere vissuta. Sotto a certi parametri, si è insinuato, la vita non vale più niente. Da pensiero, da teoria, l’idea è stata metabolizzata nel comune sentire di molti: ci sono vite degne, e vite da niente. Come quella di una vecchia a Roma, ingobbita dal lungo accattonare. Ma anche, qualche volta, testimonia ultimamente la cronaca, come quella dei nostri, di vecchi – quando noi non vediamo, e loro non sanno più parlare. Chi si accorgerà della vergogna perpetrata sulle « vite da niente »?

Da anni il Papa si prodiga per i clochard di Roma: si preoccupa di dove dormono e di dove si possono lavare, li invita a cena, li manda a concerto e a vedere le meraviglie della Sistina. Li ha, sembrerebbe, più cari di ogni altro. Ci sta dicendo insistentemente qualcosa, Francesco. Di rispettare, e quasi venerare, l’ultimo dei miserabili che incontri.

Di riconoscere in lui il volto di Cristo: lui, sotto agli stracci, sotto all’impotenza della malattia. Solo in questa pietà viscerale per ciascuno, il mondo resta un luogo vivibile. Altrimenti la nostra grande nave si allontana, alla deriva; e, in fondo, naufraghi a quel punto siamo tutti, a bordo, signori e mendicanti, sani e malati e dementi. Orfani di uno sguardo che ci riconosca, sempre, figli, e dunque fratelli.

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Liberare anime dal Purgatorio

Posté par atempodiblog le 20 mars 2016

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Nella Basilica di San Paolo Maggiore – Santuario di san Gaetano da Thiene (via San Paolo, 14 – 80138 Napoli) tutti i giorni si celebrano le SS. Messe sulla tomba di san Gaetano. Per indulto speciale di Papa Pio VII applicando la Santa Messa per un defunto viene liberata la sua anima dal Purgatorio. Coloro che volessero lasciare a tale scopo le intenzioni possono rivolgersi in sagrestia tenendo presenti gli orari delle celebrazioni.

Giorni festivi: Ore 8:30 – 18:30
Giorni feriali: Ore 7:30 – 11:00 – 18:00

Padri Teatini

 

Ricorda
Un episodio raccontato da Padre Pio a Padre Anastasio: «Una sera, mentre, solo, ero in coro a pregare, sentii il fruscio di un abito e vidi un giovane frate trafficare all’altare maggiore, come se spolverasse i candelabri e sistemasse i portafiori. Convinto che a riordinare l’altare fosse fra Leone, poiché era l’ora della cena, mi accosto alla balaustra e gli dico: “Fra Leone, vai a cenare, non è tempo di spolverare e aggiustare l’altare”.

Ma una voce, che non era quella di Fra Leone mi risponde: “Non sono fra Leone”, “e chi sei?”, chiedo io. “Sono un vostro confratello che qui fece il noviziato. L’ubbidienza mi dette l’incarico di tenere pulito e ordinato l’altare maggiore durante l’anno di prova. Purtroppo più volte mancai di rispetto a Gesù sacramentato passando davanti all’altare senza riverire il Santissimo conservato nel tabernacolo. Per questa grave mancanza, sono ancora in Purgatorio. Ora il Signore, nella sua infinita bontà, mi manda da voi perché siate voi a stabilire fino a quando dovrò soffrire in quelle fiamme di amore. Mi raccomando…”. Io credendo di essere generoso verso quell’anima sofferente, esclamai: “vi starai fino a domattina alla Messa conventuale”.

Quell’anima urlò: “Crudele!”. Poi cacciò un grido e sparì. Quel grido lamento mi produsse una ferita al cuore che ho sentito e sentirò tutta la vita. Io che per delega divina avrei potuto mandare quell’anima immediatamente in Paradiso, la condannai a rimanere un’altra notte nelle fiamme del Purgatorio».

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Processione del 18 Marzo per la Madonna della Misericordia

Posté par atempodiblog le 18 mars 2016

Processione 18 Marzo: omelia dedicata alla Misericordia
Quasi quattro mila fedeli per la Santa Messa con il cardinal Angelo Bagnasco e quasi dieci mila le visite in tutto, nel corso dell’intera giornata al Santuario di Savona, dove questa mattina è culminata la Processione del 18 Marzo per la Madonna della Misericordia, nell’anno giubilare.
di IVG

Processione del 18 Marzo per la Madonna della Misericordia dans Apparizioni mariane e santuari 16atv09

Il cardinal Angelo Bagnasco ha pronunciato un’omelia che, partendo proprio dal passo evangelico della visitazione, è totalmente ispirata dalla figura di Maria, con continui richiami alla misericordia e altrettanti riferimenti alle problematiche di oggi.

“Ella è dunque la madre del Messia, è immessa in una storia di regalità, ma esce di casa, scende sulla strada e si reca a servire. Non cogliamo forse l’accento dell’umiltà e della tenerezza, con cui spesso la Scrittura parla dell’amore di Dio? E non c’è forse tanto bisogno di umiltà e di tenerezza oggi? Sono due note che identificano il vero amore: l’amore non si impone ma si offre, viene incontro senza schiacciare. Si svela con quella tenerezza che tutti desideriamo, perché i pesi dell’esistenza siano alleggeriti, e le ferite curate. Le nostre comunità devono essere luoghi di relazioni umili e miti, dove l’antica domanda– “chi è il più grande tra noi?” – non deve trovare posto.

C’è bisogno di relazioni benevole per portare gli uni i pesi degli altri. Anche le nostre città hanno bisogno di questo, affinché i cittadini si sentano accolti e sostenuti, non trascurati e anonimi. Le leggi sono necessarie, ma devono coniugare sempre giustizia ed equità”.

Molto significativo l’invito a seguire l’esempio della Vergine, anche nella nostra chiesa, anche nella nostra società: “Maria, con il suo semplice gesto, dice a Elisabetta: non temere, puoi contare su di me, non sei sola. E, nella nostra vita, sapere di poter contare su qualcuno cambia molto; se poi questo qualcuno è Dio, allora cambia tutto! La comunità cristiana non dovrebbe forse essere punto di forza su cui poter contare nelle difficoltà? E così anche la comunità civile?

La comunità cristiana deve essere luogo di misericordia! Dobbiamo sentire che siamo dentro a una storia religiosa, civile, culturale e questa storia ci appartiene, è una ricchezza e una risorsa per noi. Una cosa che sentiamo nostra, su cui possiamo contare. Ci dà sicurezza, coraggio, fiducia, vita nuova”.

Importante anche il passaggio sulla misericordia, fulcro del messaggio mariano del Santuario e tema cardine dell’Anno santo: “il Dio della misericordia, che si è rivelato in Gesù, vuole che siamo misericordiosi come il Padre, vuole che la nostra vita non sia sterile, ma porti frutti duraturi. E la vita non è sterile quando è utile agli altri, quando la spendiamo per i fratelli, quando non abbiamo paura di perderla, quando non la vogliamo tenere per noi, ma la condividiamo con i poveri e i bisognosi, quando ne facciamo dono”.

Un concetto ribadito in conclusione: “Tutti abbiamo bisogno di essere perdonati e di perdonare, in famiglia, nel lavoro, nel presbiterio, nella comunità cristiana, in quella civile. La Madonna, mentre ci accoglie sotto il manto misericordioso, ci invita ad uscire rigenerati e lieti, umili e coraggiosi, per essere sale e lievito della nostra storia. Nessuno si tiri indietro, nessuno dica “non sono capace; non so cosa fare!”. Lasciati abbracciare dall’amore di Gesù, guarda a Maria nella quale vedrai il volto del Figlio: il resto verrà”.

Intenso anche il momento della preghiera dei fedeli. Le prime intenzioni sono rivolte alla Chiesa e all’anno giubilare, poi a papa Francesco, al cardinale Angelo, al vescovo Vittorio e a tutto il clero. Ai seminaristi, ai missionari e ai catechisti. Molto significativa la preghiera: “per il mondo attraversato da ogni sorta di tribolazione perché la misericordia tocchi il cuore dei violenti”.

Un pensiero anche per i malati, per la famiglia e ovviamente per i membri delle confraternite particolarmente legati al Santuario savonese “perché memori delle parole della Madre di misericordia siano esempio di buone opere per i fratelli” e infine per la città di Savona che oggi celebra la sua Patrona. Don Adolfo Macchioli, direttore Caritas diocesana, affida poi a Maria la missione interdiocesana a Cuba e il lavoro della nostra città, che spesso manca, auspicando l’avvento di un’economia sostenibile che non guardi solo al profitto.

Dopo l’omelia e la preghiera dei fedeli, padre Piergiorgio Ladone ha dato il via all’ormai tradizionale lancio dei palloncini bianchi che hanno portato in un cielo azzurro e terso foglietti su cui erano scritte preghiere scritte dai tanti bambini, di varie fedi, assieme a un gruppo di “nonni” ospiti delle Rsa del Santuario. L’iniziativa fa parte del progetto più ampio “Francesco e Kamil” che coinvolge numerose scuole e ragazzi ogni cultura.

La Messa si è conclusa intorno alle 11.30, ma come detto l’afflusso di pellegrini, soprattutto quelli che risalgono la provinciale a piedi, non ha accennato a interrompersi e, favorito dal clima, proseguirà costantemente per tutta la giornata. Al termine della celebrazione, il cardinale si è recato a visitare gli ospiti della Rsa del Santuario accompagnato dal vescovo Lupi. Sempre lunga la coda per accedere alla cripta dell’Apparizione mariana, mentre numerosi restano i sacerdoti disponibili per le confessioni.

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L’incontro tra l’Amore ed il peccato

Posté par atempodiblog le 18 mars 2016

Gesù

Quando m’immergo nella Passione del Signore, spesso durante l’adorazione vedo Gesù sotto questo aspetto: dopo la flagellazione i carnefici presero il Signore e Gli tolsero la veste, che si era già attaccata alle Piaghe. Mentre gliela toglievano le Sue Piaghe si riaprirono. Poi buttarono addosso al Signore un mantello rosso, sporco e stracciato, sulle Piaghe aperte. Quel mantello arrivava alle ginocchia solo in alcuni punti. Poi ordinarono al Signore di sedersi su un pezzo di trave, mentre veniva intrecciata una corona di spine, con la quale cinsero la sacra Testa. Gli venne messa una canna in mano e ridevano di Lui, facendoGli inchini come ad un re. Gli sputavano in faccia ed altri prendevano la canna e Gliela battevano in Testa ed altri ancora Gli procuravano dolore dandoGli pugni, altri Gli coprivano il Volto e lo schiaffeggiavano.

Gesù sopportò in silenzio. Chi può comprenderlo? Chi può comprendere il Suo dolore? Gesù aveva gli occhi rivolti a terra. Sentivo quello che avveniva allora nel Cuore dolcissimo di Gesù.

Ogni anima rifletta su quello che ha sofferto Gesù in quei momenti. Facevano a gara per schernire il Signore. Riflettei per conoscere da che cosa potesse derivare tanta malignità nell’uomo. E purtroppo questa deriva dal peccato. Si erano incontrati l’Amore ed il peccato.

Quando andai alla santa Messa in un certo tempio assieme ad una consorella, sentii la grandezza e la Maestà di Dio; sentii che quel tempio era imbevuto di Dio. La Sua Maestà mi investì completamente e, sebbene mi spaventasse, mi riempì di serenità e di gioia. Conobbi che nulla può opporsi alla Sua Volontà. Oh, se tutte le anime sapessero Chi abita nelle nostre chiese, non ci sarebbero tanti oltraggi e tante mancanze di rispetto in quei luoghi santi.

O Amore eterno ed inesplicabile, Ti chiedo una grazia: rischiara il mio intelletto con la luce dall’alto, fammi conoscere e valutare tutte le cose secondo il loro valore. Quando vengo a conoscere la verità, ho nell’anima la gioia più grande.

Santa Faustina Kowalska

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