Capodanno: brindiamo a Dom Pierre Pérignon!

Posté par atempodiblog le 31 décembre 2015

Capodanno: brindiamo a Dom Pierre Pérignon!
di Pane e focolare
Tratto da: Una casa sulla Roccia

Capodanno: brindiamo a Dom Pierre Pérignon! dans Cucina e dintorni

Eccoci arrivati a Capodanno: cosa berrete al brindisi di mezzanotte? Champagne o spumante italiano? Con un po’ di orgoglio, posso riportare la notizia che nel 2014 il nostro spumante ha sorpassato per la prima volta lo champagne nelle esportazioni: negli Stati Uniti, in Gran Bretagna, ma anche in Cina, tutti vanno pazzi per il nostro Prosecco, per le bollicine di Asti e della Franciacorta.

Ma dobbiamo ammettere che lo champagne nell’immaginario comune ha un fascino particolare: da quattro secoli si è imposto come bevanda della festa, nei calici dei Re, delle Regine e dei Presidenti della Repubblica, nella business class degli aerei, nelle suite dei Grand Hotel. Bisogna varare una nave, inaugurare una linea ferroviaria, celebrare una vittoria sportiva, per esempio una corsa di Formula 1? Si stappa lo champagne.

Dobbiamo però ricordare che anche per lo champagne siamo debitori ai monaci, e ad uno in particolare: Dom Pierre Perignon.

 dans Stile di vita

Torniamo indietro nel tempo, nel XVII secolo, nella bella abbazia benedettina di Hautvillers, nel cuore della regione di Reims. Il villaggio è graziosissimo, come tanti villaggi delle regioni vinicole della Francia, e in quei luoghi il nostro monaco è giustamente ricordato e venerato.

Entra in quell’abbazia nel 1668 come tesoriere ed economo. Le finanze dell’abbazia sono messe molto male, soprattutto perché i terreni che la circondano sono stati trascurati. Dom Pierre decide di curare meglio le vigne e di impegnarsi nella vinificazione, per risanare le magre finanze. E ci riesce, eccome! Bisogna dire, a onor del vero, che non ha inventato lui la spumantizzazione, fenomeno già noto, ma da fine enologo ha studiato quel fenomeno e lo ha perfezionato.

Monaci - Dom Perignon

A poco a poco ha maturato una grande esperienza nella coltivazione della vite, nella conoscenza delle differenze tra i vari vitigni, nella capacità di assemblare le uve. Ha perfezionato la tecnica di vinificazione, aprendo la strada ad un vino entrato nella leggenda. Ha annotato tutto nelle sue memorie, lasciandoci una preziosa eredità. Secondo la tradizione, è stato lui a privilegiare i tappi di sughero, rispetto a quelli di legno; a legare il tappo, che l’effervescenza avrebbe potuto far saltare, con cordicelle di canapa (che più avanti saranno sostituite dalla tipica gabbietta di metallo).

Ma perché lo champagne è entrato nella leggenda? Non certo solo per la qualità, che troviamo in tanti altri prodotti enologici. Forse perché le bollicine fanno allegria, eccitano i sensi, rendono frizzante l’ambiente. C’è sicuramente anche una notevole capacità di fare marketing, da parte di coloro che lo producono, aiutati in questo da tante citazioni in opere letterarie e liriche. Quale sia la risposta, nell’immaginario comune lo champagne è sinonimo di festa, evoca allegria e charme, nobiltà e raffinatezza. E’ uno dei simboli della Francia, insieme alla Tour Eiffel, alla baguette e al foie gras. Per questo noi italiani, in eterna competizione eno-gastronomica con i cugini d’oltralpe, esultiamo quando scopriamo che, arrivati ben più tardi nella produzione di bollicine (nel XIX secolo ad opera del Conte Gancia), nelle vendite ormai abbiamo raggiunto e a tratti superato i francesi.

Oggi molti pensano che Dom Perignon sia una marca, ma ricordiamoci che innanzitutto è un monaco benedettino. Alziamo i calici a Capodanno, brindiamo con lo spumante italiano o con lo champagne francese, ma in ogni caso ricordiamoci che per la gioia delle bollicine di qualità dobbiamo essere riconoscenti, ancora una volta, al monachesimo.

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