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Per qual motivo Dio si è incarnato?

Posté par atempodiblog le 1 décembre 2015

Nativià

Per qual motivo Dio si è incarnato? Perché Gesù Cristo, il Verbo di Dio, ha voluto inserirsi nella nostra storia umana? Solo per salvarla, rivelando i valori trascendenti e ultramondani di tutte le nostre azioni. Questa è la verità che tanto rende sublime la nostra esistenza: siamo destinati a Dio, all’eternità, alla felicità eterna che dipende dalle nostre libere scelte. Gesù è venuto per testimoniare e garantire la verità” (Gv 18,37).

Il noto scrittore francese François Mauriac, nell’introduzione alla sua celebre “Vita di Gesù” (F. Mauriac, La vita di Gesù, Ed. Mondadori, Milano 1943), scriveva:

“C’è stato bisogno che Dio s’immergesse nell’umanità e che ad un preciso momento della storia, sopra un determinato punto del globo, un essere umano, fatto di carne e di sangue, pronunciasse certe parole, compisse certi atti, perché io mi getti in ginocchio… Io non credo che a ciò che tocco, che a ciò che vedo, che a ciò che si incorpora nella mia sostanza; ed è perciò che ho fede nel Cristo”.

Bisogna aver fede in Cristo per salvare l’uomo! Per elevare la storia, bisogna salvare gli uomini! E Cristo ci dice: “Venite a me, voi tutti che soffrite e siete affaticati, e io vi ristorerò” (Mt 11,28). Egli solo ha parole di vita eterna! Egli solo è la salvezza dell’uomo.

Giovanni Paolo II – Discorso gli Alpini d’Italia (19 maggio 1979)

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La Farisea

Posté par atempodiblog le 1 décembre 2015

“François Mauriac. Comment ne pas se réjouir de voir l’audience du grand romancier catholique se maintenir vivante et conserver sa force d’attraction?”.

Paolo VI Udienza Generale. Mercoledì, 30 novembre 1977 – Spiritualità dell’Avvento

scandalizzata

La Farisea
del Card. Gianfranco Ravasi – Avvenire

Alla sera della sua vita, Brigida Pian aveva finalmente scoperto che non bisogna assomigliare a un servitore orgoglioso, preoccupato di abbagliare il padrone pagando il suo debito fino all’ultimo obolo, e che il Padre nostro non s’aspetta che si sia i contabili minuziosi dei nostri meriti. Ella sapeva adesso che non importa meritare, bensì amare.

Lo pubblicò nel 1941 e, come accadde per altri suoi romanzi, lo scrittore cattolico francese François Mauriac fu accusato di pessimismo nei confronti della religiosità di allora. In realtà con quest’opera intitolata “La farisea” egli colpiva una malattia costante della spiritualità, quella dell’ipocrisia che fiorisce dalla superbia. La parabola lucana del fariseo e del pubblicano (18, 9-14) ne è la rappresentazione emblematica.

Efficace è, comunque, anche il ritratto che Mauriac delinea di questa donna la quale conosce solo una religione fredda e disumana che si nutre di opere e di giudizi esteriori, che ignora la comprensione e la misericordia e che presume di conoscere i segreti dei cuori.

Piena di sé, Brigida Pian passa in mezzo alle debolezze ma anche alle ricchezze interiori degli altri con altero disprezzo, convinta di essere la perfetta cartina di tornasole della vera fede, e così non s’accorge di precipitare in un baratro oscuro ove Dio è assente ed è invece pieno solo dell’io umano.

Alla fine, però, c’è anche per lei la redenzione sulla via della conversione, la realtà che riteneva del tutto inutile per la sua vita “perfetta”. E la scoperta finale è lapidariamente espressa da Mauriac in quella frase: «Non importa meritare, bensì amare».

Una lezione da meditare sempre, soprattutto quando si è troppo convinti di essere a posto con la religione.

libri

Passi scelti da La Farisea di F. Mauriac:

“Donna stupefacente: un miracolo di deformazione. Ai suoi occhi, le apparenze del male valgono quanto il male, quando vi trova il suo interesse. Una natura profonda, ma come quei vivai, dove l’occhio segue tutti i guizzi dei pesci: così nella signora Brigida appaiono ad occhio nudo i più segreti motivi dei suoi atti.
Come soffrirebbe, se la potenza di giudizio e di condanna che ella rivolge verso gli altri, dovesse un giorno rigirarsi contro lei stessa!
Si scandalizza che io mi faccia difensore di questi due ragazzi e che m’aspetti un grande benefizio per Gianni, da questo primo amore. Ella stringe le labbra, mi dà del vicario savoiardo”.
Ho avuto l’audacia di metterla in guardia contro quella temeraria interpretazione del volere divino di cui abusano troppe persone pie. […]”.

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L’abate Calou gli prese la testa fra le mani e la scosse dolcemente, come per svegliarlo.
“Non bisogna voler entrare nella vita degli altri, loro malgrado: ricordati questo insegnamento, piccolo.
Non bisogna aprire la porta di quella seconda né di quella terza vita, che Dio solo conosce.
Non bisogna mai volgere il capo verso la città segreta, la città maledetta degli altri, se non si vuol essere mutati in una statua di sale.”

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“Ma via, se fosse stata in convento ne avrebbe avuto la direzione e avrebbe fatto tremare la comunità, dove a lungo si sarebbe scelta le sue vittime. Al contrario, bisogna esser contenti che nessuno le sia stato consegnato anima e corpo in un chiostro! E’ là che una Brigida Pian avrebbe dato tutta la misura di sé.
A noi due almeno resta la libertà di morire di fame senza rivederla più…”.

“Ti concedo che avrebbe concorso alla santificazione delle suore”, disse Ottavia, ancora in lacrime, ma con un pallido sorriso.
“Hai notato che nella vita delle grandi religiose c’è qualche volta una superiora della razza della signora Brigida che le aiuta a guadagnare il Cielo per la strada più penosa, ma nello stesso tempo più corta, perché non invecchiano troppo”, ella aggiunse: “non è bello quel che ho detto… La nostra benefattrice… Oh! Questo è male!”.

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Ma davanti al Santo Sacramento esposto, poi vicino alla Vergine dietro al coro… […], ella (Brigida Pian, ndr) rimase sotto l’interiore minaccia di una disapprovazione: “E’ una prova”, ella pensava, “io l’accetto…”. E nel suo pensiero questo voleva dire: “Nota bene, Signore, che l’accetto e non tralascio di riportare questa accettazione sulla colonna dei miei profitti”.

Poiché la pace le sfuggiva sempre, entrò in un confessionale e si accusò di essere stata violenta, non certo ingiustamente (ché la sua collera era giustificata), ma di non aver saputo contenere la sua legittima indignazione nei limiti di una carità ben guidata.

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Quella mattina l’abate Calou credette d’aver ricevuto un segno divino. Egli era incline per natura (come Pascal) ad aspettare da Dio un cenno sensibile, una testimonianza materiale.

[…] Preparò la predica della domenica seguente con cura attenta pur lasciandole una portata generale, ne pesò ogni parola, perché la sconosciuta vi potesse scorgere una risposta destinata a lei sola. […] Egli era sempre stato attento agli imprevedibili contraccolpi, ai prolungamenti sconosciuti dei nostri atti, quando, sia pure con le migliori intenzioni, interveniamo nel destino di un altro. 

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E’ in noi che Iddio parla

Posté par atempodiblog le 1 décembre 2015

E' in noi che Iddio parla dans Citazioni, frasi e pensieri wwmcm1

“Immagino che la mia matrigna in quel momento dovesse godere in senso assoluto: Ella assaporava quel piacere che non appartiene che a Dio, di conoscere tutto del destino di una persona che crede di svelarcelo, e di sentirsi padrona di poterle far prendere una direzione piuttosto che un’altra. Poiché ella non dubitava del suo potere sulla coscienza ansiosa di Puybaraud e ne ricevette conferma da Ottavia stessa…”.

[...] Durante la prima settimana di soggiorno del signor Puybaraud, Brigida Pian non si annoiò per niente a Larjuzon: le sue giornate erano troppo corte per dar fondo alla sua felicità d’aiutare un uomo a sbrogliare la matassa della sua vita interiore; ella non aveva più la sensazione di buttare via il tempo, né di andar contro la sua vocazione, che era quella di rivelare agli altri i disegni che Dio aveva fatto su di loro, dal fondo dell’eternità.

[…] Ben presto, Brigida Pian dovette riconoscere che aveva a che fare con un agnello più renitente di quanto non apparisse a tutta prima.

“E’ un’anima sfuggente…”, ella si diceva alla seconda settimana. Finì di accusarlo di sottrarsi alla grazia, vale a dire alle sue imposizioni.

[…] Ma Brigida Pian non ignorava che spesso è necessario strappare alle anime la maschera di falsa umiltà di cui essere si rivestono.

Ella affermava, come se ne avesse ricevuto comunicazione da Dio stesso, che il signor Puybaraud si era staccato dal collegio, inquantoché da tutta l’eternità si trovava destinato al chiostro. Assicurava che per lui, il vero dilemma riguardava l’unica questione: a quale porta battere, a che regola assoggettarsi?

[…] Benché Ottavia tenesse in grande considerazione la signora Brigida, a distanza ella trovava il coraggio di resisterle e metteva in guardia il suo amico da un’eccessiva sfiducia nelle proprie facoltà.

Gli assicurava che “anche una persona molto superiore a noi per la virtù, l’esperienza e le ispirazioni, non può supplire a quella personale conoscenza del volere divino che è frutto della virtù dell’abbandono…

Secondo la mia opinione è bene ascoltare i consigli venuti da fuori, purché non ci distolgono dall’obbedienza attenta e sorvegliata di ciò che avviene in noi.

D’altronde è in noi che Iddio parla, non credete, amico mio? […]”.

François Mauriac – La Farisea

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