L’anticristianesimo in mostra
Posté par atempodiblog le 13 novembre 2015
L’anticristianesimo in mostra
di Giuliano Guzzo
Niente visita alla mostra «Bellezza Divina» in corso a Palazzo Strozzi, a Firenze, per i bambini della scuola elementare Matteotti, importante presidio alle porte del centro: è per venire incontro alla sensibilità delle famiglie non cattoliche dato il tema religioso della mostra, fanno sapere dal consiglio interclasse con cui è stata presa la decisione. Intanto a Lucca, dal 21 novembre prossimo, prenderà il via una mostra fotografica Photolux con esposto anche Andres Serrano, autore di «Piss Christ» («Cristo di piscio», letteralmente), una fotografia del 1987 che mostra un Crocifisso immerso nell’urina: ma di scuole che abbiano escluso di voler visitare questa seconda mostra – che pare abbia persino il patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e il Turismo, oltre che del Comune di Lucca e della Provincia – al momento non si ha notizia.
Sono i piccoli ed enormi paradossi di questo tempo apparentemente dominato da variopinto pluralismo ma in realtà estremamente coordinato, persino conformista, quando si tratta di esibire ostilità al Cristianesimo. Come si spiega il fenomeno? Certamente gli errori – gli orrori, in alcuni casi – di alcuni uomini di Chiesa possono aver generato in molti ostilità verso la religione cristiana. Ma l’atteggiamento ben più benevolo che il mondo della cultura – lo stesso che non fa mistero del proprio anticristianesimo – per esempio riserva generalmente al comunismo, dei cui orrori non si è mai parlato abbastanza a dispetto delle decine di milioni di vittime innocenti, conferma come il problema sia di altra natura e come le colpe che si rimproverano ai cristiani, più che altro, siano pretesti dietro ai quali serpeggia altro.
Su cosa esattamente sia questo “altro” si potrebbero scrivere libri, ma voglio azzardare un’ipotesi per spiegare contemporaneamente l’ostilità laica, per così dire, al Cristianesimo e lo scarso attaccamento di cui non di rado gli stessi cristiani, in nome del Dialogo – divinità nuova ma sostenuta da devozione fervente -, danno prova rispetto al proprio Simbolo.
L’ipotesi, in sé semplice, è che ancora oggi ci si vergogna di Gesù Cristo. Così come duemila anni fa venne preso a bastonate e sputi oggi la Sua immagine viene vilipesa, e come allora i suoi, a partire da Pietro, si vergognarono di Lui lasciandolo solo oggi è più facile incontrare battezzati inclini a spiegare quanto siano belli amore e perdono, o persino a sconsigliare mostre dal sapore cristiano, piuttosto che pronti a ripetere senza esitazione chi sia, Lui solo, «la Via, la Verità e la Vita».
Se siamo insomma al punto in cui siamo, con l’anticristianesimo dentro e fuori le mostre, non è per un deficit di cultura democratica o per una sovrabbondanza di egoismo; né c’entrano la scarsa conoscenza della Costituzione o il tramonto delle buone maniere. Il guaio è difatti più serio e deriva dal fatto che l’uomo – dalla Giudea all’Unione Europea – in fondo non è poi così cambiato. C’è sempre una immensa difficoltà a fare i conti con Gesù perché Costui non è entità astratta e non può essere liquidato come questione filosofica, essendo stato un uomo convinto di essere il Figlio di Dio; non ha detto “amico”, “simpatizzante”, “emissario”, no: ha preteso di essere proprio il Figlio di Dio. E il fatto che per questo abbia accettato una morte orrenda mentre invece l’uomo non riesce ad accettare neppure una vita agiata senza sperimentare tormenti, disturba. Lasciando intatta la stessa domanda di allora: «Quid est veritas?».
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