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Maria, luce sul nostro cammino

Posté par atempodiblog le 29 novembre 2015

Maria, luce sul nostro cammino dans Avvento Benedetto-e-Maria

“Vogliamo [...] ringraziare il Signore per il grande segno della Sua bontà che ci ha donato in Maria, Sua Madre e Madre della Chiesa.

Vogliamo pregarlo di porre Maria sul nostro cammino come luce che ci aiuta a diventare anche noi luce e a portare questa luce nelle notti della storia”.

Benedetto XVI (Solennità dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria. Giovedì, 8 dicembre 2005)

Botti di Capodanno, l'appello dei medici degli ospedali: “E' una tradizione negativa e pericolosa” dans Articoli di Giornali e News Santo-Natale

Oggi inizia la novena a Maria SS. Immacolata (da recitarsi dal 29 novembre al 7 dicembre)

Vi segnalo quella del Beato Giustino Maria Russolillo, per recitarla cliccare  Freccia dans Riflessioni Novena a Maria SS. Immacolata

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La Fantasia rimane un diritto umano

Posté par atempodiblog le 29 novembre 2015

legolas

Alla capacità elfica, all’Incantesimo, la Fantasia aspira, e quando  riesce nel suo intento è, di tutte le forme di arte umana, quella che più gli si avvicina. Alla base di molti racconti sugli elfi elaborate dagli uomini sta, manifesto o celato, allo stato puro o mescolato ad altro, il desiderio di un arte vivente, subcreativa e pienamente realizzata che (per quanto esteriormente possa assomigliarle) interiormente è affatto diversa dalla sete di potere egocentrico che è la caratteristica del semplice Mago. Di questo desiderio gli elfi, nel loro aspetto migliore (ma pur sempre pericoloso), sono in gran parte contesti; ed è da loro che possiamo apprendere quali siano il desiderio e l’aspirazione centrale della Fantasia umana.

[…] La Fantasia è una naturale attività umana, la quale certamente non distrugge e neppure reca offesa alla Ragione; né smussa neanche l’appetito per la verità scientifica, di cui non ottunde la percezione. Al contrario: più  acuta e chiara è la ragione, e migliori fantasie produrrà.

[ …] La Fantasia rimane  un diritto umano: creiamo nella nostra misura e nel nostro modo derivativo perché siamo stati creati; e non soltanto creati, ma fatti a immagine e somiglianza di un Creatore.

di J.R.R. Tolkien – Albero e foglia

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Presepe e Dio lontano

Posté par atempodiblog le 29 novembre 2015

Presepe e Dio lontano
di Clive Stapels Lewis – Lettere di Berlicche

Presepe e Dio lontano dans Anticristo Presepe
Oggi ricorre l’anniversario della nascita di C. S. Lewis

Spero, caro Farfarello, che tu non ti sia lasciato sfuggire l’occasione, durante queste ultime feste natalizie, di ammirare qualcuno dei presepi che in molte case ancora si usa allestire per la gioia dei bambini e dei vecchi. Ce n’è di tutti i tipi, dal legno alla cartapesta, dal cristallo al bronzo, dalla terracotta al plexiglas…

Io amo i presepi. Dirai che sono un vecchio sentimentale… Ebbene, dì pure, se vuoi. Prima però, senti quello che ho da dirti in proposito. Da secoli ormai un’idea mi frulla per il capo alla sola vista di un presepe, e te la voglio confidare in segno di stima. Ebbene, io credo che la grande quantità di energia che noi diavoli abbiamo sempre profuso per inventare argomentazioni seducenti contro Dio sia, in gran parte, fatica sprecata. Noi non dobbiamo creare nuovi argomenti: possiamo usare pari pari i loro. È il cuore che decide, e spesso decide male.

Pensa alle figuri minori del presepe: c’è un solo Giuseppe, una sola Maria, un solo Gesù bambino. Un solo bue, un solo asino. Gli altri sono tutte comparse, compresi i Magi. Ogni uomo al mondo è una figura minore del presepe… Seguimi bene. Dopo aver reso omaggio al Messia, che fanno tutte queste comparse? Se ne tornano, semplicemente, al loro lavoro. Il carrettiere al suo carretto, il panettiere al suo pane, e così via. C’è qualcosa, in tutto ciò, che mi manda in confusione, che mi stordisce e mi umilia: ciascuno torna lieto al suo mestiere, anzi: se prima il lavoro gli pesava, ora gli pesa molto meno, perché ha visto il Messia. Che ira! Tutto diviene accettabile, amabile…

Ma poi, passata l’ira, ecco l’idea! La grande idea! Quella che è la più grande dimostrazione dell’esistenza di Dio, la quotidianità, eccola trasformata, senza che apparentemente nulla cambi, nella più grande delle bestemmie! Che cos’è mai il tuo Dio? Un’emozione momentanea prima di riprendere il solito tran tran. Un bambinello che ti salva finché resti in estatica contemplazione, ma poi? Immaginiamo quei poveri pastori al momento del congedo. Un inchino, un altro inchino, mettiamoci pure un terzo inchino. Ma poi le spalle dovranno pur voltare, e tornarsene alle loro pecore, non è vero?

E allora noi diavoli pronti, in coro, a soffiar nelle loro orecchie: dalle obiezioni più collaudate (“come può Dio, nella sua bontà, permettere il dolore innocente?”) alle migliori invenzioni della modernità (l’uguaglianza di tutti gli uomini davanti a Dio si trasforma nell’egalité giacobina, che è il suo opposto), e via dicendo. Tutte le obiezioni contro Dio nascono dall’idea di un Dio lontano, che non vuole salvare concretamente gli uomini. Ma questa idea nasce, a sua volta, dalla comodità: un Dio lontano è sempre più comodo di un Dio vicino. È questa, Farfarello, la nostra carta vincente. Da sempre.

Un abbraccio dal tuo Malacoda

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L’iniziativa del Presidente Mattarella/ Santo Natale: due presepi di Assisi esposti al Quirinale

Posté par atempodiblog le 29 novembre 2015

L’iniziativa del Presidente Mattarella/ Santo Natale: due presepi di Assisi esposti al Quirinale

mattarella
San Gregorio Armeno (Na). La statuetta del Presidente Sergio Mattarella, di Genny Di Virgilio

Saranno due opere presenti nella collezione del Museo Prosperi di Assisi a rappresentare l’Umbria nell’esposizione di presepi che sarà allestita al Palazzo del Quirinale in occasione delle prossime festività, dal prossimo 8 dicembre al 6 gennaio 2016.

“L’iniziativa del Presidente della Repubblica Mattarella – ha affermato l’assessore regionale alla cultura Fernanda Cecchini – è stata accolta molto positivamente dalle Regioni. L’esposizione dei presepi, provenienti dalle singole realtà regionali, avviene in concomitanza, tra l’altro, con i tradizionali scambi di auguri del Capo dello Stato con il corpo diplomatico accreditato e con le alte magistrature della Repubblica. Per questo motivo, i presepi verranno esposti lungo il percorso che gli ospiti compiono per recarsi nelle sale di rappresentanza del Quirinale e, anche se non sarà  aperta al pubblico, la mostra avrà rilevanza mediatica sul sito del Quirinale”.

“La scelta dell’Umbria – ha proseguito l’assessore – è caduta su due opere presenti nella collezione del Museo Prosperi di Assisi: ‘San Francesco istituisce il Presepio’ (1969) dello scultore assisano Francesco Prosperi (1906-1973), e ‘Presepio’ (1950) di Laura Prosperi, moglie del predetto. Abbiamo infatti considerato che non essendoci una tipologia di presepe tipico umbro, la maggior parte delle numerose mostre di presepi che si tengono in Umbria è composta da manufatti provenienti da tutte le parti d’Italia e del mondo ed i presepi più conosciuti sono di grandi dimensioni e complessità  (e proprio per questo sono rinomati) non adatti ad essere replicati in piccole superfici, come quella che ci viene messa a disposizione nel Palazzo del Quirinale.

Abbiamo scelto dunque di testimoniare e ricordare come l’Umbria, attraverso San Francesco che ne fu il primo ideatore, ha un forte legame con lo spirito della rappresentazione della Natività ed e’ stata dunque quasi una scelta obbligata la selezione di due presepi molto semplici, anche stilizzati, realizzati con materiali poveri e ispirati alla spiritualità francescana”.

Pg2/Mav – AGI

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Buon compleanno Alice!

Posté par atempodiblog le 29 novembre 2015

Buon compleanno Alice!
Il 26 novembre 1865 uscì la prima edizione di “Alice’s Adventures in Wonderland” di Lewis Carroll. E da allora Alice non ci ha più abbandonato… Per celebrare i 150 anni di “Alice nel paese delle meraviglie” la British Library di Londra dedica una mostra a questo amato personaggio…
di Giuditta Ciani – Il libraio

Buon compleanno Alice! dans Articoli di Giornali e News Alice

Questa volta il Cappellaio Matto e il Leprotto Bisestile possono davvero cantare “Buon compleanno!” ad Alice. Oggi infatti Alice nel paese delle meravigliecompie 150 anni: il 26 Novembre 1865 l’editore inglese MacMillan & Co pubblica la prima edizione di Alice’s Adventures in Wonderland.

La storia di Alice nasce in uno splendido pomeriggio del luglio del 1862, durante una gita in barca sul Tamigi, da Oxford a Godstow, quando il reverendo e matematico Charles Lutwidge Dodgson, meglio conosciuto come Lewis Carroll, inventa una storia per intrattenere le piccole sorelle Liddell che lo hanno accompagnato. È una delle tante storie che il reverendo è solito inventare per i bambini che lo circondano, ma questa è particolare: la protagonista, Alice, è ritagliata esattamente sulla piccola Alice Liddell e sul suo carattere curioso e indipendente. Il racconto piace così tanto alle giovani ascoltatrici che Carroll decide di trascriverlo e di impreziosirlo con le immagini disegnate di suo mano. Nasce cosìAlice’s Adventures Undergroundil nucleo della fortunata storia di Lewis Carroll, il cui manoscritto, donato alla vera Alice, è custodito alla British Library di Londra.

1book22 dans Libri

Su quel primo manoscritto, Carroll lavora per tre anni, perfezionando la storia e dedicando molta attenzione alla immagini. Il libro esce infine nel 1865, con le splendide illustrazioni di John Tenniel e con una copertina in panno rosso con le lettere dorate, voluta così dallo stesso Carroll, che riteneva il rosso il colore più attraente per i bambini. Da allora, il personaggio di Alice è entrato nell’immaginario di scrittori, pittori e, in seguito, registi (ultima la versione “dark” realizzata da Tim Burton, il cui seguito, Alice Through the Looking Glass, uscirà a Maggio 2016).

bianconiglio

Per celebrare questo anniversario, la British Library di Londra dedica ad Alice una mostra, che si concluderà il 17 aprile 2016 e che esplora come questa ragazzina curiosa abbia catturato il nostro immaginario. All’interno della mostra è possibile ammirare, oltre al manoscritto originale completo delle illustrazioni fatte a mano da Carroll stesso, le edizioni illustrate da Mervyn Peake, Ralph Steadman, Leonard Weisgard, Arthur Rackham, Salvador Dali e altri.

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Coroncina di Nostra Signora del dolore di Kibeho

Posté par atempodiblog le 28 novembre 2015

Coroncina di Nostra Signora del dolore di Kibeho

kibeho
28/11/2015, 34° anniversario delle apparizioni di Nostra Signora del dolore a Kibeho (Rwanda)

Nel Nome e del Padre  e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.

–      Ave Maria dell’Addolorata:

“Ave Maria, piena di dolori, il Crocifisso è con Te, addolorata sei Tu fra le donne e addolorato è il frutto del tuo seno Gesù! Santa Maria, Madre del Crocifisso, ottieni lacrime di compunzione a noi, crocifissori del Figlio tuo, adesso e nell’ora della nostra morte. Amen”.

–      Sui grani grossi della Corona del Rosario:

“Madre di misericordia, tieni vivo di fronte al nostro cuore il tuo dolore”.

–      Sui grani piccoli della Corona del Rosario:

“A me peccatore e a tutti i peccatori concedi la contrizione perfetta dei nostri peccati”. (10 volte)

Infine:

Pater, Ave, Gloria, Eterno riposo…

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La carità

Posté par atempodiblog le 26 novembre 2015

Sant Aelredo

Se l’uomo vuole amare se stesso di amore autentico non si lasci corrompere da nessun piacere della carne. Per non soccombere alla concupiscenza della carne, rivolga ogni suo affetto alla dolcezza del pane eucaristico.

Inoltre per riposare più perfettamente e soavemente nella gioia della carità fraterna, abbracci di vero amore anche i nemici. Perché questo fuoco divino non intiepidisca di fronte alle ingiustizie, guardi sempre con gli occhi della mente la pazienza e la pacatezza del suo amato Signore e Salvatore.

Dallo «Specchio della carità» di sant’Aelredo, abate

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La volontà di Dio è la nostra santificazione

Posté par atempodiblog le 26 novembre 2015

Accadde Oggi
26.11.1967

san josemaria

San Josemaría Escrivá de Balaguer: «Ci sentiamo scossi, e il cuore batte più forte, quando ascoltiamo con attenzione il grido di san Paolo: “Questa è la volontà di Dio, la vostra santificazione”. Oggi, ancora una volta, lo ripropongo a me stesso, lo ricordo a voi e a tutti gli uomini: questa è la volontà di Dio, che siamo santi. Per dare la pace alle anime, ma una pace vera, per trasformare la terra, per cercare il Signore Dio nostro nel mondo e attraverso le cose del mondo, è indispensabile la santità personale». Così comincia l’omelia che predica oggi.

Tratto da: josemariaescriva.info

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La santità è la sete di tutto

Posté par atempodiblog le 25 novembre 2015

La gioia della gratuità

“Che cos’è la perfezione di fronte alla santità?… E la santità se non la sete di tutto?…

Tutto l’orgoglio è di pretendere di essere perfetto e non di volere essere santo”.

Gilbert Cesbron – È mezzanotte, Dottor Schweitzer

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Sbagliare bene

Posté par atempodiblog le 25 novembre 2015

asinello

“Chi si fida completamente della stima che ha di se stesso è condannato alla sterilità.

Chi sa sbagliare bene è più grande di chi sa riuscire, ma lo fa male”.

Thomas Merton – Nessun uomo è un’isola
Tratto da: Capriole Cosmiche

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I persecutori “odiano senza causa”

Posté par atempodiblog le 24 novembre 2015

I persecutori “odiano senza causa”
René Girard – Il capro espiatorio

giotto

Anche la folla della passione adotta a occhi chiusi le accuse generiche contro Gesù. Per lei, Gesù diventa subito quella causa suscettibile di intervento correttivo – la crocifissione – che tutti gli amanti del pensiero magico si mettono a cercare al minimo segno di disordine nel loro piccolo mondo.

Le due citazioni sottolineano la continuità tra la folla della passione e le folle persecutorie già stigmatizzate nei Salmi. Né i Vangeli né i Salmi fanno proprie le illusioni crudeli di queste folle. Le due citazioni tagliano corto con ogni spiegazione mitologica. Sradicano veramente quest’albero, giacché la colpevolezza delle vittime è la molla principale del meccanismo vittimario e la sua assenza apparente nei miti più evoluti, dove viene manipolata o elusa la scena dell’assassinio, non ha nulla a che vedere con quello che succede qui. Lo sradicamento evangelico ha con i giochi di prestigio mitologici nello stile di Baldro dei Cureti lo stesso rapporto che l’asportazione totale di un tumore ha con i gesti ‘magnetici’ di un guaritore di villaggio.

I persecutori credono sempre nell’eccellenza della loro causa, ma in realtà “odiano senza causa”. E questa assenza di causa nell’accusa (“ad causam”) i persecutori non la vedono mai. Bisogna dunque prendersela con questa illusione, se vogliamo liberare tutti questi poveretti dalla loro prigione invisibile, dall’oscuro sotterraneo dove marciscono, e che sembra loro il più splendido dei palazzi.

Per questa opera straordinaria dei Vangeli, di abrogare, cassare, annullare la rappresentazione persecutoria, l’Antico Testamento costituisce una sorgente inesauribile di riferimenti legittimi. Non senza ragione il Nuovo Testamento si ritiene tributario di quello Antico e si basa su di esso. Entrambi partecipano alla stessa impresa. L’iniziativa spetta all’Antico, ma è il Nuovo a portarla a termine e a compierla in modo decisivo e definitivo.

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Un accecamento che si crede perspicacia

Posté par atempodiblog le 24 novembre 2015

Un accecamento che si crede perspicacia
di René Girard – Il capro espiatorio

capro espiatorio

Sono, ovunque, gli stessi stereotipi persecutorii ma nessuno se ne accorge.  Ancora una volta è soltanto la copertina esterna, qua storica là religiosa,  a determinare la scelta dell’interpretazione, e non la natura del testo  considerato. Ritroviamo la linea invisibile che attraversa tutta la nostra cultura; al di qua di essa, ammettiamo la possibilità di violenze reali, al di là non l’ammettiamo più e riempiamo il vuoto che così si è creato con tutte le astrazioni dello pseudo-nietzscheanesimo condito con la salsa della linguistica derealizzante.

Ce ne rendiamo sempre più conto: dopo l’idealismo tedesco, tutti  gli avatar della teoria contemporanea non sono altro che cavilli destinati a  impedire la demistificazione delle mitologie, nuove macchine per ritardare il  progresso della rivelazione biblica.

Se i Vangeli rivelano, come io sostengo, il meccanismo del capro espiatorio, ovviamente senza designarlo con il nostro termine ma anche senza omettere niente di ciò che bisogna sapere su di esso per proteggersi dai suoi effetti insidiosi e individuarlo ovunque si nasconda e soprattutto in noi stessi, dovremmo ritrovare in essi tutto ciò che abbiamo tratto da questo meccanismo nelle pagine precedenti, e in particolare la sua natura “inconscia”.

Senza questa non coscienza che è tutt’uno con la loro fede sincera nella colpevolezza della vittima, i persecutori non si lascerebbero rinchiudere nella rappresentazione persecutoria. E’ una prigione di cui non vedono i muri, una servitù così totale da considerarsi libertà, un accecamento che si crede perspicacia.

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Lo sterminio dei cristiani. Come reagire a una tragedia moderna

Posté par atempodiblog le 23 novembre 2015

Lo sterminio dei cristiani. Come reagire a una tragedia moderna
di Sergio Mattarella – Il FoglioOlanda, ciò che faceva Hitler ora lo fa lo stato dans Anticristo

Il fondamentalismo di matrice islamista ha accresciuto le dimensioni di un’emergenza planetaria. E’ il momento della lotta senza quartiere. Il capo dello stato scrive al Foglio

mattarella vaticano

E’ un momento tragico per l’Europa e il mondo. Un fanatismo barbaro e disumano ha colpito Parigi, nel cuore del nostro continente e della nostra civiltà. Quella del terrorismo fondamentalista è una minaccia ai valori di libertà, democrazia, solidarietà e convivenza civile. La strategia, folle e lucida allo stesso tempo, dell’estremismo è chiara: cercare di insinuare nella nostra società sentimenti come la paura, la disgregazione, la tentazione di chiudersi, l’odio. E la strage dei ragazzi di Parigi ha posto in modo brutale l’opinione pubblica davanti alla questione, drammatica e cruciale, della violenza a sfondo integralista che mira a cancellare la nostra cultura, la nostra storia, i nostri valori.

Il problema, in realtà, è purtroppo molto più antico. E riguarda strettamente il rispetto, nella comunità internazionale, dei diritti universali dell’uomo, oscurati, oltraggiati e negati in tante parti del globo. La persecuzione a carattere religioso, infatti, non è mai a se stante, ma è parte della violazione, feroce e sistematica, delle libertà fondamentali dell’uomo, di cui  il diritto  a professare, a predicare, persino a cambiare la propria fede religiosa, senza dover subire discriminazioni o addirittura  violenze,  è elemento fondamentale.

La strage di Parigi, sarebbe irragionevole non ammetterlo, è il diretto risultato della predicazione dell’odio contro il “diverso” e  delle persecuzioni che le minoranze religiose e, in particolare, i cristiani, soffrono nel mondo.
Certo, non sono solo i cristiani, nelle loro diverse articolazioni, a patire oppressione e soprusi, ma tanti altri gruppi religiosi, culturali ed etnici. Vittime di pregiudizi, di ostilità, di discriminazioni, di vere e proprie violenze, da parte di gruppi terroristici, maggioranze aggressive o di stati e legislazioni totalitari.

Ma il fondamentalismo e il radicalismo di matrice islamista, esplosi di recente e alimentati all’interno di vaste  regioni dell’Africa e del medioriente, hanno tragicamente accresciuto le dimensioni di questa vera e propria emergenza  planetaria. E spicca, tra tutti,  il dato numerico che riguarda le comunità cristiane, in termini assoluti le più perseguitate e con il maggior numero di vittime. Comunità fiorenti, antiche e radicate, abituate alla convivenza, al dialogo e alla pace, sono state completamente cancellate in diverse aree del mondo o ridotte a sparuti gruppi, minacciati e vessati. Cristiani in ogni latitudine decapitati, crocefissi, bruciati vivi, interpellano la coscienza di ogni uomo.  Papa Francesco ha lanciato alto il suo grido di dolore, parlando di un martirio enormemente più grave ed esteso di quello dei primi anni del Cristianesimo. E’ una  denuncia che non può lasciare indifferenti.

La comunità internazionale, dopo anni di disattenzione e di silenzi,  sta finalmente cominciando a prendere coscienza della gravità del fenomeno che è una minaccia non solo alla libertà religiosa dei singoli, ma – come ci insegnano i due attentati di Parigi – alla democrazia e alla convivenza per tutta la comunità internazionale. La pace religiosa, la tolleranza, la collaborazione tra le diverse fedi è, di converso, un fattore determinante di benessere, di equilibrio sociale e di sviluppo economico.

Sono appena tornato da un viaggio in oriente, che mi ha portato anche in Indonesia. In quel paese, che sta conoscendo una grande crescita economica e d’influenza politica, vige fin dalla sua fondazione una Costituzione democratica che riconosce l’eguaglianza, il rispetto, la libertà per tutte le religioni. L’Indonesia, con 205 milioni di fedeli musulmani,  è il più grande stato del mondo a maggioranza islamica. In quel paese, il cui modello dovrebbe essere conosciuto e promosso, gli esponenti delle diverse religioni non solo collaborano tra loro, contribuendo allo sviluppo sociale, culturale ed economico dello stato, ma hanno rapporti di vera e fraterna amicizia. I leader delle comunità musulmane che ho incontrato hanno sempre tenuto a sottolineare la natura liberale e moderata dell’islam indonesiano e la ferma  condanna dell’estremismo e della violenza religiosa. Nel considerare ogni uomo come figlio di Dio, si riconosce in lui la comune radice e, per questo, diventa portatore di uguali diritti  e di pari dignità.

Sono, questi, princìpi universali, gli unici che possono condurre la comunità internazionale verso un futuro di pace, sviluppo e benessere. Per questo va respinta con decisione la sfida del terrorismo fondamentalista che spesso maschera con pretesti religiosi la sua voglia di dominio e di sopraffazione. Scendere sul loro terreno, che è quello dello scontro di civiltà o di religione, sarebbe un grave errore, dalle conseguenze difficilmente valutabili. Quella contro il terrorismo fondamentalista – che rappresenta oggi e probabilmente negli anni a venire  la più grave minaccia alla pace del mondo –  sarà una lotta impegnativa e complessa che va condotta in ogni luogo e  senza quartiere  non solo con le necessarie azioni di forza e con il rafforzamento della sicurezza, a cui ogni cittadino ha diritto, ma anche con le armi della cultura, del dialogo, del diritto. E con un dispiego d’intelligenza e di lungimiranza che devono essere almeno pari alla indispensabile intransigenza. Molti errori di valutazione sono stati compiuti nel nostro recente passato. Ora non si può più sbagliare.

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Il Papa: “Occhio a preti rigidi (mordono!) e ad ammissioni in seminari”. E ai vescovi: “Presenti in diocesi, oppure dimettetevi!”

Posté par atempodiblog le 20 novembre 2015

Il Papa: “Occhio a preti rigidi (mordono!) e ad ammissioni in seminari”. E ai vescovi: “Presenti in diocesi, oppure dimettetevi!”
Colloquio a tutto campo del Papa con i sacerdoti partecipanti al convegno organizzato della Congregazione per il Clero alla Urbaniana
di Salvatore Cernuzio – Zenit

papa parla ai pretiFiori, frutti, funghi e foglie secche. Poi: preti rigidi che “mordono”; seminaristi quasi sadici perché, in fondo, “psichicamente ammalati”; mamme che danno “schiaffi spirituali” e vescovi giramondo che si preoccupano poco dei problemi in diocesi e che forse farebbero meglio a “dimettersi”. Sono le immagini e le metafore che costellano il ‘compendio’ sulla formazione e il ministero dei sacerdoti che Francesco stila oggi durante la lunga udienza ai partecipanti al Convegno alla Pontificia Università Urbaniana, promosso dalla Congregazione per il Clero in occasione del 50° anniversario dei Decreti Conciliari Optatam totius e Presbyterorum ordinis. Due Decreti che – dice il Papa – sono “un seme” gettato dal Concilio “nel campo della vita della Chiesa” e che nel corso di questi cinque decenni “sono cresciuti, sono diventati una pianta rigogliosa, certamente con qualche foglia secca, ma soprattutto con tanti fiori e frutti che abbelliscono la Chiesa di oggi”. Insieme, essi sono “due metà di una realtà unica: la formazione dei sacerdoti, che distinguiamo in iniziale e permanente, ma che costituisce per essi un’unica esperienza di discepolato”.

I preti sono uomini, non formati in laboratorio

“Il cammino di santità di un prete inizia in seminario!”, sottolinea infatti Bergoglio, identificando tre fasi topiche: “Presi fra gli uomini”, “costituiti in favore degli uomini”, presenti “in mezzo agli altri uomini”. “Presi fra gli uomini” nel senso che “il sacerdote è un uomo che nasce in un certo contesto umano; lì apprende i primi valori, assorbe la spiritualità del popolo, si abitua alle relazioni”. “Anche i preti hanno una storia”, mica sono “funghi” che “spuntano improvvisamente in Cattedrale nel giorno della loro ordinazione”, dice Francesco.  È importante, perciò, che i formatori e gli stessi preti tengano conto di tale storia personale lungo il cammino della formazione. “Non si può fare il prete credendo che uno è stato formato in laboratorio”, aggiunge a braccio, “no, incomincia in famiglia con la tradizione della fede e tutte le esperienze della famiglia”. Occorre, pertanto, che tutta la formazione “sia personalizzata, perché è la persona concreta ad essere chiamata al discepolato e al sacerdozio”.

Famiglia primo centro vocazionale. “Non dimenticate mamme e nonne”

Soprattutto bisogna ricordare il fondamentale “centro di pastorale vocazionale” che è la famiglia: “chiesa domestica e primo e fondamentale luogo di formazione umana”, dove può germinare “il desiderio di una vita concepita come cammino vocazionale”. “Non dimenticatevi delle vostre mamme e delle vostre nonne”, esorta Francesco. Poi, elenca gli altri contesti comunitari: “scuola, parrocchia, associazioni, gruppi di amici”, dove – dice – “impariamo a stare in relazione con persone concrete, ci facciamo modellare dal rapporto con loro, e diventiamo ciò che siamo anche grazie a loro”.

“Un buon prete”, dunque, “è prima di tutto un uomo con la sua propria umanità, che conosce la propria storia, con le sue ricchezze e le sue ferite, e che ha imparato a fare pace con essa, raggiungendo la serenità di fondo, propria di un discepolo del Signore”, evidenzia Francesco. Per questo “la formazione umana” è necessaria per i sacerdoti, “perché imparino a non farsi dominare dai loro limiti, ma piuttosto a mettere a frutto i loro talenti”.

“I preti nevrotici? Non va… Vadano dal medico a farsi dare una pastiglia”

Inoltre un prete pacificato con sé stesso e con la sua storia “saprà diffondere serenità intorno a sé, anche nei momenti faticosi, trasmettendo la bellezza del rapporto col Signore”. Non è normale infatti “che un prete sia spesso triste, nervoso o duro di carattere”, osserva Papa Francesco: “Non va bene e non fa bene, né al prete, né al suo popolo. Ma se tu hai una malattia e sei nevrotico, vai dal medico! Dal medico clinico che ti darà una pastiglia che ti fanno bene. Anche due! Ma per favore che i fedeli non parlino delle nevrosi dei preti. E non bastonate i fedeli”.

I sacerdoti sono infatti “apostoli della gioia” e con il loro atteggiamento possono “favorire o ostacolare l’incontro tra il Vangelo e le persone”. “La nostra umanità è il ‘vaso di creta’ in cui custodiamo il tesoro di Dio”; bisogna perciò averne cura “per trasmettere bene il suo prezioso contenuto”. Mai un sacerdote deve “perdere la capacità di gioia, se la perde c’è qualcosa che non va”, raccomanda il Santo Padre.

E ammette “sinceramente” di aver “paura dei rigidi”: “I preti rigidi meglio tenerli lontano, ti mordono”, dice con ironia. “Mi viene in mente quello che disse Sant’Ambrogio nel secolo IV; dove c’è la misericordia c’è lo spirito del Signore. Dove c’è la rigidità, ci sono solo i suoi ministri. E il ministro senza il Signore diviene rigido. E questo è un pericolo per il popolo di Dio”.

“Mai e poi mai perdere le proprie radici!”

Inoltre, un prete – rimarca Francesco – “non può perdere le sue radici, resta sempre un uomo del popolo e della cultura che lo hanno generato”. “Le nostre radici ci aiutano a ricordare chi siamo e dove Cristo ci ha chiamati. Noi sacerdoti non caliamo dall’alto, ma siamo chiamati da Dio, che ci prende ‘fra gli uomini’, per costituirci ‘in favore degli uomini’”.

A tal riguardo, il Papa racconta un aneddoto: “Nella Compagnia, alcuni anni fa, c’era un prete bravo, bravo, giovane, due anni di sacerdozio… È entrato in confusione, ha parlato col padre spirituale, con i superiori, i medici: ‘Io me ne vado, non ne posso più’. Io conoscevo la mamma, gente umile, non una di queste ‘donnacce’… e gli ho detto: ‘Perché non vai dalla tua mamma e le dici tutto questo?’. E lui è andato, ha passato una giornata con la mamma. È tornato così. La mamma gli ha dato due schiaffi spirituali, gli ha detto 3 o 4 verità, lo ha messo al suo posto, è andato avanti. Perché? Perché è tornato alla radice”.

“Prega come hai imparato a pregare da bambino”

Quindi “in seminario – spiega il Papa – tu devi fare la preghiera mentale. Si, si, questo si deve fare, imparare. Ma prima di tutto prega come ti ha insegnato tua mamma, come hai imparato a pregare da bambino. Anche con le stesse parole. Incomincia a pregare così, poi andrai avanti nella preghiera”.

Pastori, non funzionari

Le radici, quindi. “Questo è un punto fondamentale della vita e del ministero dei presbiteri”, afferma Francesco. L’altro è che “si diventa preti per servire i fratelli e le sorelle”. Perché “non siamo sacerdoti per noi stessi e la nostra santificazione è strettamente legata a quella del nostro popolo, la nostra unzione alla sua unzione”. Sapere e ricordare di essere “costituiti per il popolo”, aiuta inoltre i preti “a non pensare a sé, ad essere autorevoli e non autoritari, fermi ma non duri, gioiosi ma non superficiali”. Insomma, “pastori, non funzionari”. Tantomeno il sacerdote è “un professionista della pastorale o dell’evangelizzazione, che arriva e fa ciò che deve – magari bene, ma come fosse un mestiere – e poi se ne va a vivere una vita separata”. No, no, “ciò che dal popolo è nato, col popolo deve rimanere”. Il prete è sempre “in mezzo agli altri uomini” e “si diventa preti per stare in mezzo alla gente”, ribadisce Bergoglio.

Vescovi impegnati e viaggiatori: “Se  non te la senti di rimanere in diocesi, dimettiti!” 

Quindi la “vicinanza” è un requisito fondamentale, che è richiesto anche ai “fratelli vescovi”. “Quante volte – esclama il Papa a braccio – sentiamo le lamentele dei preti: ‘Ma ho chiamato al vescovo perché ho un problema, la segretaria mi ha detto che è molto occupato, che è in giro, che non può attendermi entro tre mesi! Un vescovo sempre è occupato, grazie a Dio. Ma se tu, vescovo, ricevi la chiamata di un prete e non puoi incontrarlo perché hai tanto lavoro, almeno prendi il telefono e chiamalo. E chiedigli ‘ma è urgente, non è urgente?’, in modo che ti sente vicino”.

Purtroppo invece “ci sono vescovi che sembrano allontanarsi dai preti”, laddove “vicinanza” può essere anche una telefonata”, un segno semplice “di amore di padre, di fratellanza”, prioritario rispetto alla “conferenza in tale città” o a “un viaggio in America”. “Ma senti, eh!”, bacchetta Francesco, “il decreto di residenza di Trento è ancora vigente e se tu non te la senti di rimanere in diocesi, dimettiti! E gira il mondo facendo un altro apostolato molto buono… Ma se tu sei vescovo di quella diocesi: residenza”.

Il bene che preti e vescovi possono fare “nasce soprattutto dalla loro vicinanza e da un tenero amore per le persone”. Perché non sono “filantropi o funzionari”, appunto, ma “padri e fratelli” che devono garantire “viscere di misericordia, sguardo amorevole”. “La paternità di un sacerdote fa tanto bene”, nel senso di “far sperimentare la bellezza di una vita vissuta secondo il Vangelo e l’amore di Dio che si fa concreto attraverso i suoi ministri”.

“Se non si può assolvere, si dia una benedizione”

Perché “Dio non rifiuta mai”. E qui un’altra ‘bastonata’ del Papa, tutta a braccio: “Penso ai confessionali – dice -, Sempre si possono trovare strade per dare l’assoluzione. Alcune volte non si può assolvere. Ma ci sono preti che dicono: ‘No, questo non si può fare, vattene via!’. Questa non è la strada… Se tu non puoi dare l’assoluzione spiegagli: ‘Dio ti ama tanto. Per arrivare a Dio ci sono tante vie. Io non ti posso dare l’assoluzione, ti dò la benedizione. Torni, torni sempre qui che io ogni volta le darò la benedizione come segno che Dio la ama. E quell’uomo, quella donna, se ne andrà pieno di gioia perché ha trovato l’icona del Padre che non rifiuta mai”.

Un prete non ha “spazi privati”

Francesco invita quindi ad un “buon esame di coscienza” utile a orientare la propria vita e il proprio ministero a Dio: “Se il Signore tornasse oggi, dove mi troverebbe? Il mio cuore dov’è? In mezzo alla gente, pregando con e per la gente, coinvolto con le loro gioie e sofferenze, o piuttosto in mezzo alle cose del mondo, agli affari terreni, ai miei ‘spazi’ privati?”. Attenzione - dice - perché “un prete non può avere uno spazio privato o è col Signore. Io penso ai preti che ho conosciuto nella mia città, quando non c’era la segreteria telefonica, dormivano col telefono sotto il comodino e quando chiamava la gente, si alzavano e andavano a dare l’unzione. Non moriva nessuno senza sacramenti… Neppure nel riposo avevano uno spazio privato. Questo è essere apostolico”.

“Occhi aperti alle ammissioni ai seminari. Dietro i rigidi ci sono disturbi psichici”

Un’ultima riflessione, prima di concludere, Francesco la affronta – ancora a braccio – sullo spinoso tema del discernimento vocazionale e della ammissione al seminario. Bisogna “cercare la salute di quel ragazzo”, raccomanda, la “salute spirituale, materiale, fisica, psichica”. Un altro aneddoto: “Una volta appena nominato maestro dei novizi, anno ’72, sono andato a portare per la prima volta dalla psichiatra gli esiti del test di personalità che si faceva come uno degli elementi del discernimento. Lei era una brava donna e una buona cristiana, ma in alcuni casi era inflessibile: “‘Questo non può’. ‘Ma dottoressa, è tanto buono questo ragazzo!’. ‘Ma sappia, padre – spiegava la psichiatra al futuro Papa – ci sono giovani che sanno incoscientemente di essere psichicamente ammalati e cercano dalla sua vita strutture forti che li difendano e così poter andare avanti. E vanno bene fino al momento che si sentono ben stabiliti, poi lì cominciano i problemi…’”.

“Lei non ha pensato perché ci sono tanti poliziotti torturatori?”, domandava la donna, “entrano giovani, sembrano sani, ma quando si sentono sicuri la malattia incomincia a uscire”. Polizia, esercito, clero, sono infatti “le istituzioni forti che cercano questi ammalati incoscienti”, osserva Papa Francesco, “e poi tante malattie che tutti noi conosciamo”. “È curioso – aggiunge -: quando un giovane è troppo rigido, troppo fondamentalista, io non ho fiducia. Dietro di quello c’è qualcosa che lui stesso non sa”.

Quindi un monito chiaro: “Occhio alle ammissioni ai seminari, occhi aperti”.

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Per approfondire
2e2mot5 dans Diego Manetti Udienza ai partecipanti al Convegno promosso dalla Congregazione per il Clero in occasione del 50.mo anniversario dei Decreti Conciliari “Optatam totius” e “Presbyterorum ordinis”, 20.11.2015 – Bollettino – Sala Stampa della Santa Sede

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La meravigliosa storia della “Medaglia Miracolosa”

Posté par atempodiblog le 20 novembre 2015

La meravigliosa storia della “Medaglia Miracolosa”
La storia di Parigi è strettamente connessa con quella della fede cattolica, nel bene come nel male. Proprio nei decenni successivi alla Rivoluzione anticristiana di cui la capitale francese fu protagonista assoluta, la Vergine Ss.ma venne a visitarla, lasciando a tutti gli uomini un segno concreto del suo amore per noi.
di Corrado Gnerre – Radici Cristiane

La meravigliosa storia della “Medaglia Miracolosa” dans Angeli Rue-du-Bac

Nel Cristianesimo si dà grande importanza alla vita interiore, anzi possiamo dire che esso è l’unica religione della vita interiore. Si afferma, giustamente, che la conversione è adesione del cuore e che la dimensione della preghiera deve essere vissuta in “spirito e verità”. Eppure nel Cristianesimo si esprime con chiarezza anche l’importanza del “segno”. San Bernardo di Chiaravalle nell’epistola 11 così scrive:«[...] poiché siamo carnali, Dio fa che il nostro desiderio e il nostro amore comincino dalla carne».

Nel Cristianesimo tutto diviene avvenimento, tutto diviene fatto, tutto diviene fisicamente visibile, tutto deve divenire segno. L’Incarnazione è il segno per eccellenza. È l’amore che si fa fatto, che diviene avvenimento. È l’amore che non si contenta di rimanere sul piano verbale e intellettuale, ma che pretende farsi carne, passione, condivisione. È l’amore che diviene visibile. Il grande avvenimento della Medaglia miracolosa s’inserisce pienamente in questa prospettiva.

La prima apparizione
La storia della Medaglia Miracolosa risale al 1830, a Parigi, a Rue du Bac, nella Casa Madre delle Suore di san Vincenzo de’ Paoli e di santa Luisa de Marillac. Vi furono delle apparizioni della Madonna a suor Caterina Labouré, poi diventata santa. Ella tenne nascosto il segreto per ben 46 anni, cioè fino alla morte, rivelandolo soltanto al suo confessore.

Nel luglio e nel novembre del 1830 avvennero le due principali apparizioni della Vergine Santissima nella Cappella del Noviziato. La prima delle due accadde di notte. Avvertita dall’Angelo Custode, santa Caterina si recò nella Cappella e andò ad inginocchiarsi ai piedi della Madonna che stava seduta al lato destro dell’altare. La Santa poté addirittura poggiare le sue mani sulle ginocchia della Madonna e contemplare il suo volto. Ella raccontò: «In quel momento provai la gioia più dolce della mia vita». Il colloquio durò più di due ore.

La Medaglia Miracolosa
Nella seconda apparizione santa Caterina ricevette dalla Vergine la missione di far coniare la celebre Medaglia che sarà poi definita “miracolosa”. La Madonna stessa le indicò il modello facendoglielo vedere. Leggiamo il racconto di santa Caterina.
Il 27 novembre 1830, che capitava il sabato antecedente alla prima domenica di Avvento, alle cinque e trenta di sera, facendo la meditazione in profondo silenzio, mi parve di sentire dal lato destro della cappella un rumore come il fruscio di una veste di seta. Avendo volto lo sguardo a quel lato, vidi la Santissima Vergine all’altezza del quadro di San Giuseppe. La sua statura era media, e la sua bellezza tale che mi è impossibile descriverla. Stava in piedi, la sua veste era di seta e di color bianco-aurora, fatta, come si dice, “alla vergine”, cioè accollata e con maniche lisce. Dal capo le scendeva un velo bianco sino ai piedi. Aveva i capelli spartiti e una specie di cuffia con un merletto di circa tre centimetri di larghezza, leggermente appoggiato ai capelli. Il viso era abbastanza scoperto; i piedi poggiavano sopra un globo; o meglio, sopra un mezzo globo, o almeno io non ne vidi che una metà[più tardi la Santa confesserà di aver visto sotto i piedi della Vergine anche un serpente color verdastro chiazzato di giallo]. Le sue mani, elevate all’altezza della cintura, mantenevano in modo naturale un altro globo più piccolo che rappresentava l’universo. Ella aveva gli occhi rivolti al cielo, e il suo volto diventò risplendente, mentre presentava il globo a Nostro Signore.

Tutto ad un tratto le sue dita si ricoprirono di anelli, ornati di pietre preziose, le une più belle delle altre, le une più grosse e le altre più piccole, le quali gettavano dei raggi gli uni più belli degli altri: questi raggi partivano dalle pietre preziose; le più grosse gettavano raggi più grandi, e le più piccole raggi meno grandi, sicché tutta se ne riempiva la parte inferiore, e io non vedevo più i suoi piedi [...]. Mentre io ero intenta a contemplarla, la Santissima Vergine abbassò gli occhi verso di me e intesi una voce che mi disse queste parole: “Questo globo che vedete rappresenta tutto il mondo, in particolare la Francia ed ogni singola persona [...]”. E la Vergine Santissima aggiunse: “Sono il simbolo delle grazie che io spargo sulle persone che me lo domandano”, facendomi comprendere quanto è dolce pregare la Santissima Vergine e quanto Ella è generosa con le persone che La pregano; quante grazie Ella accorda alle persone che gliele cercano e quale gioia Ella prova nel concederle. In quel momento, io ero e non ero… Non so… io godevo.

Ed ecco formarsi intorno alla SS.ma Vergine un quadro alquanto ovale, sul quale in alto, a modo di semicerchio dalla mano destra alla sinistra di Maria si leggevano queste parole scritte a lettere d’oro: “O Maria, concepita senza peccato, pregate per noi che ricorriamo a Voi”. Allora si fece sentire una voce che mi disse: “Fate, fate coniare una medaglia su questo modello; tutte le persone che la porteranno, riceveranno grandi grazie specialmente portandola al collo; le grazie saranno abbondanti per le persone che la porteranno con fiducia”. All’istante mi parve che il quadro si voltasse e io vidi il rovescio della Medaglia. Vi era la lettera M (iniziale del nome Maria) sormontata da una croce senza crocifisso che aveva come base la lettera I (iniziale del nome Iesus, Gesù). Più sotto poi vi erano due cuori, uno circondato di spine (quello di Gesù), l’altro trapassato da una spada (quello di Maria). Dodici stelle infine circondavano il tutto. Poi tutto disparve, come qualcosa che si spegne, ed io sono rimasta ripiena non so di che, di buoni sentimenti, di gioia, di consolazione»…

Per santa Caterina le difficoltà furono tante. Ma due anni dopo, il 30 giugno 1832, venivano coniati i primi 1500 esemplari. La Santa diffuse la Medaglia tra gli operai, gli ammalati, i soldati, i poveri… per oltre 40 anni, fino alla sua morte che avvenne il 31 dicembre 1876. Fra i miracoli operati dalla Medaglia Miracolosa, vi fu la conversione dell’ebreo Alfonso Ratisbonne, cui la Madonna apparve a Roma, nella Chiesa di Sant’Andrea delle Fratte, il 20 gennaio del 1842. Il corpo di santa Caterina riposa sotto l’altare, nella Cappella delle apparizioni, ai piedi della sua Regina Immacolata. Nella ricognizione, le sue mani che avevano toccato la Madonna e i suoi occhi che l’avevano contemplata apparvero conservati straordinariamente bene.

I significati
Concludendo, possiamo dire che per questo avvenimento sono da evidenziare due significati importanti. Il primo è specificamente mariologico e riguarda la Vergine come colei a cui il Signore della storia ha affidato la storia stessa e la salvezza di ognuno. Nel cosiddetto Protovangelo Dio chiaramente dice che dopo il peccato originale gli uomini si sarebbero divisi in due stirpi: quella del demonio e quella della Donna che avrebbe schiacciato la testa del serpente. Nel messaggio visivo della Medaglia miracolosa è chiaro questo invito a porsi sotto il manto dell’Immacolata.

Il secondo significato è più di carattere simbolico ma ugualmente importante. In un tempo in cui si diffondeva sempre più l’individualismo e un concetto di libertà intesa in senso assoluto, la Vergine viene a richiamare l’uomo alla dipendenza, addirittura offrendo un umile oggettino come vincolo; per giunta da portare preferibilmente al collo a mo’ di giogo per significare visibilmente la dipendenza.

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