James Tissot, “La vita di Cristo” è una sorpresa continua
di Francesco Baccanelli – Il Sussidiario.net
Trecentocinquanta. Tanti sono gli acquerelli che compongono La vita di Cristo disegnata da James Tissot (Nantes 1836, Chenecey-Buillon 1902) tra il 1886 e il 1894 e conservata per intero al Brooklyn Museum di New York.
Si tratta di un’opera davvero singolare: stupisce per la mole, per l’originalità delle soluzioni iconografiche, per la potenza creativa, per l’alta qualità tecnica, per la varietà dei registri cromatici.
La sua storia ha inizio nel 1885, quando Tissot, in seguito a un’esperienza mistica vissuta all’interno della chiesa di Saint-Sulpice a Parigi, decide di cambiare radicalmente la propria arte. Si dimette dal ruolo di cantore della mondanità parigina e londinese, abbandona i soggetti salottieri che gli hanno regalato tanta fama e, suscitando grande stupore nei suoi contemporanei, sceglie di dedicarsi esclusivamente alla rappresentazione di temi sacri.
Come primo capitolo di questa nuova fase di carriera, il pittore francese pensa a una serie di disegni dedicati ai Vangeli. Ha chiaro fin da subito che la sua opera non sarà una semplice raccolta degli episodi più famosi, ma un vero e proprio “racconto per immagini” di tutta la vicenda umana di Gesù. I disegni inoltre dovranno riprodurre fedelmente la realtà storica del tempo: contesti, ambienti, tratti somatici, abiti…
Tissot decide di non lasciare nulla al caso. Studia a fondo le Sacre Scritture, chiede aiuto a teologi e storici, visita più volte la Terra Santa, si interessa a questioni di archeologia e di antropologia.
Nel 1894, dopo otto anni di lavoro, La vita di Cristo è finalmente conclusa. Il suo debutto espositivo, avvenuto nello stesso anno a Parigi, si rivela un successo, così come la pubblicazione del libro che la riproduce quasi per intero (La vie de Notre Seigneur Jésus-Christ, Tours, Alfred Mame et fils, 1897) e la mostra itinerante che la porta prima a Londra e poi negli Usa (New York, Boston, Philadelphia, Chicago). Nell’anno 1900, su consiglio del pittore statunitense John Singer Sargent, il Brooklyn Museum decide di acquistarla.
L’aspetto più interessante di questa serie di acquerelli risiede senza dubbio nella straordinaria freschezza iconografica. Al suo interno troviamo scene mai rappresentate prima di allora nella storia dell’arte, scene rappresentate in un modo totalmente nuovo, personaggi marginali studiati in maniera approfondita, edifici storici ricostruiti con scrupolosa attenzione.
La serie si apre con una raffigurazione di Gesù, adulto, nascosto dietro le grate di due piccole finestre; davanti a lui, tralci di vite (in questo contesto il rimando è soprattutto a Gv 15,1: «Io sono la vera vite») e girasoli (simbolo di devozione). Ispirata vagamente a un passo del Cantico dei Cantici (Ct, 2,9: «Eccolo, egli sta dietro il nostro muro; guarda dalla finestra, spia attraverso le inferriate»), l’immagine svela lo scopo dell’artista: liberare il mistero cristiano dall’emarginazione moderna e riportarlo al centro della vita umana.
Dopo questo momento introduttivo, comincia il vero e proprio racconto. Episodi famosi, episodi poco noti, episodi di raccordo. Tra i primi acquerelli, riconosciamo l’Annunciazione, la Visitazione, la Nascita di Gesù, la Presentazione al tempio, la Fuga in Egitto. Poi, come nei Vangeli, si salta a Gesù dodicenne, nel tempio, in mezzo ai dottori. Un solo (splendido) foglio per raccontare il periodo di lavoro nella bottega di Giuseppe, ed ecco che già si arriva alla vita pubblica. Compaiono gli apostoli, i miracoli, le parabole. Troviamo l’emorroissa che, a carponi, usa le sue poche forze per allungarsi a sfiorare il mantello di Gesù. Il giovane ricco che se ne torna a casa triste, con gli abiti sfarzosi che gli scaldano il corpo ma non il cuore. Gesù che sta insegnando il Padre Nostro, la preghiera che congiunge l’uomo con Dio (ai suoi piedi vediamo gli apostoli seduti per terra, sopra la sua testa un cielo bagnato di luce).
Quando poi si arriva alla passione, alla risurrezione, alle ultime vicende descritte dai Vangeli, il « racconto per immagini » di Tissot diventa ancora più profondo e intenso. Lo si nota benissimo nell’acquerello che raffigura La crocifissione vista dalla croce (il titolo originale è Ce que voyait Notre-Seigneur sur la croix), probabilmente il momento più alto, per potenza iconografica e qualità compositiva, dell’intera opera. Il pittore francese, che nei fogli precedenti ha già rappresentato il Golgota da più angolature, in questo assume il punto di vista di Gesù e prova a ricomporre l’immagine che si presentò ai suoi occhi durante l’agonia. Il risultato è di grande effetto: è praticamente impossibile passare al foglio successivo senza pensare, almeno per un istante, alla sofferenza vissuta sulla croce da Gesù, al suo trovarsi abbandonato dall’uomo, al suo abbandonarsi nelle mani di Dio.
A Tissot i temi cristiani offrono nuove possibilità di ricerca. La sua arte, prima consacrata esclusivamente alle divinità del lusso e del piacere, trova nel Vangelo una preziosa chiave di lettura della realtà. Attraverso La vita di Cristo riesce ad aprirsi alla dimensione dello spirito e a confrontarsi con le domande cruciali dell’esistenza.
Vengono in mente le riflessioni di Arturo Martini sull’arte cristiana: «Per noi artisti Cristo rappresenta la figura più grande e più espressiva del nostro mondo. Il legame con l’infinito mancò alla religione pagana: per i Greci Giove o la più bella delle Veneri erano forze di natura idealizzate, forme per la gioia dei sensi. La visione totale dell’essere si stabilisce con l’Incarnazione».