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Quando la misericordia di Maria supera l’immaginazione degli scettici

Posté par atempodiblog le 12 octobre 2015

Quando la misericordia di Maria supera l’immaginazione degli scettici
di Dom Antoine Marie O.S.B. – Radici Cristiane

vergine del pilar
Immagine tratta da: Mis ilustraciones

Nel 1874, Émile Zola visita il santuario di Lourdes. Davanti ai numerosi ex-voto della grotta, egli dichiara, con ironia: “Vedo molti bastoni, molte stampelle, ma non vedo nessuna gamba di legno”. Voleva dire che mai, a Lourdes o altrove, si era visto un arto mancante o amputato riprendere vita e ricrescere.
Analogamente, Jean-Martin Charcot, celebre neurologo della sua epoca: «Consultando il catalogo di guarigioni cosiddette “miracolose” di Lourdes, non si è mai constatato che la fede abbia fatto rispuntare un arto amputato».
Queste dichiarazioni sotto forma di sfida miravano a distruggere, nel nome della ragione e dello spirito critico, la credenza nell’esistenza di un mondo soprannaturale. Ernest Renan dichiara senza ambagi: «Quello che noi confutiamo è il soprannaturale (…) Fino ad ora, non è mai avvenuto un “miracolo” che potesse essere osservato da testimoni degni di fede e constatato con certezza» (Prefazione della Vie de Jésus).

Renan smentito
Il miracolo che racconteremo è di molto anteriore a Renan. Si tratta non di un sogno, né di una favola, ma di un fatto, attestato con tutte le sue circostanze da prove storiche irrefutabili. Questo fatto smentisce categoricamente l’affermazione di Renan…
Per una curiosa anomalia, è rimasto pressoché sconosciuto al di fuori della Spagna per circa tre secoli. Il beneficiario, Miguel Juan Pellicer, è perfettamente noto grazie alle numerose informazioni conservate dagli archivi della parrocchia di Calanda (provincia di Aragona, Spagna settentrionale), che una persona coraggiosa ha sottratto al saccheggio e alle distruzioni durante la Guerra Civile del 1936.
Miguel Juan Pellicer riceve il battesimo il 25 marzo 1617. Egli è il secondo degli otto figli di modesti agricoltori che conducono una vita virtuosa. L’istruzione del bambino si riduce al catechismo. Questa formazione religiosa elementare radica in lui una fede cattolica semplice e solida, fondata sui Sacramenti ricevuti regolarmente e su un’ardente e filiale devozione alla Vergine Maria, venerata a Saragozza con il titolo di “Nuestra Señora del Pilar” (Madonna del Pilastro), Patrona della Spagna.
Verso l’età di diciannove o vent’anni, Miguel si stabilisce come bracciante, al servizio di uno zio materno, nella provincia di Valencia. Alla fine del luglio 1637, mentre guida verso la fattoria due muli che tirano un carro carico di grano, cade dal dorso di uno degli animali e una delle ruote del carro gli passa sulla gamba, al di sotto del ginocchio, provocando la frattura della tibia.
Lo zio Jaime trasporta senza indugio il ferito alla cittadina vicina, poi a una sessantina di chilometri di là, a Valencia, dove arriva il 3 agosto. Miguel vi rimane cinque giorni, nel corso dei quali gli vengono applicati vari rimedi che rimangono senza effetto.
Egli ritorna allora a Saragozza dove giunge nei primi giorni dell’ottobre 1637. Sfinito e febbricitante, viene ricoverato al Real Hospital de Gracia. Lì, viene esaminato da Juan de Estanga, docente all’università di Saragozza, primario del reparto di Chirurgia, e da due maestri chirurghi, Diego Millaruelo e Miguel Beltran. Questi medici, avendo constatato la cancrena avanzata della gamba, concludono che l’unico modo di salvare la vita del malato è l’amputazione.
Quando testimonieranno davanti ai giudici, questi medici descriveranno la gamba come «molto flemmonosa e incancrenita», al punto di apparire «nera».
Verso la metà di ottobre, Estanga e Millaruelo procedono all’operazione: essi tagliano la gamba destra «quattro dita sotto il ginocchio». Anche se assopito dalla bevanda alcolica e narcotica usata a quei tempi, il paziente prova atroci dolori: «Nei suoi tormenti - diranno i testimoni - il giovane invocava di continuo e con molto fervore la Vergine del Pilar».
Uno studente di chirurgia, di nome Juan Lorenzo Garcìa, è incaricato di raccogliere la gamba tagliata e di sotterrarla degnamente nella parte del cimitero dell’ospedale riservata a questo uso. In quell’epoca di fede, il rispetto verso il corpo destinato a risuscitare imponeva che anche i resti anatomici fossero trattati con pietà. Garcìa testimonierà in seguito di aver seppellito il pezzo di gamba, orizzontalmente, «in una buca profonda un palmo», cioè ventun centimetri secondo la misura aragonese.

La potenza della Vergine
Dopo alcuni mesi di permanenza nell’ospedale, prima ancora che la sua piaga sia perfettamente cicatrizzata, Miguel si reca al santuario “del Pilar” distante circa un chilometro, e ringrazia la Vergine «di avergli salvato la vita, affinché potesse continuare a servirla e a manifestarle la sua devozione»; poi la prega con insistenza di «poter vivere del suo lavoro».
Nella primavera 1638, l’amministrazione dell’ospedale gli fornisce una gamba di legno e una stampella. Per sopravvivere, il giovane non ha altra soluzione che farsi “pordiosero”, cioè mendicante autorizzato dal Capitolo dei canonici del santuario del Pilar.
Saragozza conta allora 25.000 abitanti: la maggior parte si recano “a salutare la Vergine” ogni giorno. L’attenzione di questi innumerevoli visitatori è attirata dal viso sofferente di questo giovane storpio che sollecita la loro carità.
Miguel partecipa ogni giorno alla Santa Messa nel santuario; alla fine di questa, egli unge il suo moncone con l’olio delle lampade che ardono continuamente davanti alla statua della Madonna del Pilar. Il professor Estanga ha un bel spiegargli che queste unzioni avranno come effetto di ritardare la cicatrizzazione della sua piaga, Miguel continua il suo gesto di devozione: questo atto di fede nella potenza della Vergine prevale, per lui, sulle regole sanitarie.
All’inizio del 1640, Miguel rientra nel suo paese natale. Egli arriva a Calanda, a dorso di un asinello, nel mese di marzo. Il suo viaggio di circa 120 chilometri l’ha sfinito; ma l’accoglienza affettuosa dei suoi genitori gli restituisce le forze. Miguel sta per compiere 23 anni. Non potendo aiutare i suoi con il suo lavoro, ricomincia a chiedere l’elemosina.
Molti sono coloro che testimonieranno di aver visto il giovane mutilato nei villaggi dei dintorni di Calanda, a dorso di un asinello, con la gamba tagliata in vista, per fare appello alla carità degli abitanti.
Il 29 marzo 1640, si festeggia, quell’anno, il 1600° anniversario della «venuta in carne mortale» della Vergine Maria sulle rive dell’Ebro, secondo la convinzione della gente di quei luoghi. È qui l’origine della venerazione secolare degli spagnoli per la Vergine del Pilar.
Quel giovedì 29 marzo, Miguel si sforza di aiutare i suoi riempiendo di letame delle gerle caricate sul dorso dell’asinello. Lo fa nove volte di seguito, nonostante la sua difficoltà a reggersi sulla sua gamba di legno. Venuta la sera, rientra a casa, stanco, con il moncone più dolente del solito.
Quella notte, i Pellicer devono ospitare, per ordine del governo, uno dei soldati della Cavalleria reale che è in marcia verso la frontiera per respingere le truppe francesi: Miguel è costretto a lasciargli il suo letto e va a dormire su un materasso posato per terra, nella camera dei suoi genitori. Vi si corica, verso le dieci. Dopo essersi tolto la gamba di legno, si stende addosso un semplice mantello, troppo corto per coprire tutto il corpo, perché ha prestato la sua coperta al soldato, poi si addormenta…

Due piedi e due gambe
Tra le dieci e mezzo e le undici, la madre di Miguel entra nella camera, con in mano una lampada a olio. Essa avverte subito «un profumo, un odore soave». Sorpresa, solleva la lampada: dal mantello che copre suo figlio profondamente addormentato sporgono non uno, ma due piedi, «l’uno sull’altro, incrociati».
Colta dallo stupore, va a cercare il marito; questi solleva il mantello: non c’è dubbio, sono proprio due piedi, ognuno all’estremità di una gamba! Non senza difficoltà, riescono a svegliare il figlio. Prendendo a poco a poco coscienza di quello che è avvenuto, Miguel ne è meravigliato; le prime parole che gli vengono sulle labbra sono per chiedere a suo padre che «gli dia la mano e che lo perdoni per le offese che ha potuto fargli».
Questa reazione spontanea e immediata di umiltà, in lui che è il beneficiario di un prodigio, è un segno molto forte dell’origine divina di quest’ultimo. Quando gli si chiede, con emozione, se ha «qualche idea del modo in cui questo è avvenuto», il giovane risponde che non ne sa nulla, ma che quando è stato scosso dal suo sonno, «stava sognando che si trovava nella Santa Cappella di Nostra Signora del Pilar e che si ungeva la gamba tagliata con l’olio di una lampada, come aveva l’abitudine di fare».
Egli tiene subito per certo che è Nostra Signora del Pilar ad avergli riportato e rimesso a posto la gamba tagliata. Davanti al notaio, il lunedì seguente, i genitori affermano a loro volta di «giudicare e tenere per verità che la Vergine Santissima del Pilar ha pregato suo Figlio, Redentore nostro, e che da Dio ha ottenuto questo miracolo, grazie alle preghiere di Miguel, o perché tali erano le Sue vie misteriose».
Riavutosi dalla sua prima emozione, il giovane comincia a muovere e a palparsi la gamba. Osservandola, si scoprono su questa dei segni di autenticità: il primo è la cicatrice lasciata dalla ruota del carro che ha fratturato la tibia; vi è anche la traccia dell’asportazione di una grossa cisti, quando Miguel era ancora piccolo; due graffi profondi lasciati da una pianta spinosa; infine, le tracce del morso di un cane sul polpaccio.
Miguel e i suoi genitori hanno quindi la certezza che «la Vergine del Pilar ha ottenuto da Dio Nostro Signore la gamba che era stata sepolta più di due anni prima». Essi lo dichiareranno sotto giuramento e senza esitazione, davanti ai giudici di Saragozza.
Un giornale del tempo, L’Aviso Histórico, scrive in data 4 giugno 1640, il giorno prima dell’apertura del processo, che, nonostante le ricerche fatte nel cimitero dell’Ospedale di Saragozza, la gamba sepolta non è stata ritrovata: la buca che la conteneva era vuota!

Tutti sono sbalorditi
Fin dall’alba del 30 marzo, venerdì della settimana di Passione, ricorrenza della Beata Vergine Addolorata, l’incredibile notizia si diffonde in tutto il villaggio. Don Juseppe Herrero, vicario della parrocchia, arriva dai Pellicer, segito dal “justicia” che riunisce le funzioni di giudice di pace e di responsabile dell’ordine pubblico, dal sindaco e dal suo vice, dal notaio reale e da due medici di Calanda. Si forma una processione per accompagnare il giovane miracolato alla chiesa parrocchiale, dove lo aspetta il resto degli abitanti. Tutti, dicono i documenti, sono sbalorditi vedendolo di nuovo con la sua gamba destra, mentre l’avevano visto con una sola gamba fino alla sera precedente. Il miracolato si confessa, e riceve la santa Comunione nel corso della Messa di ringraziamento celebrata dal vicario.
Tuttavia, la gamba non ha, all’inizio, un bell’aspetto: colore violaceo, dita del piede ricurve, muscoli atrofizzati e, soprattutto, lunghezza inferiore a quella della gamba sinistra di alcuni centimetri. Ci vogliono tre giorni perché la gamba riprenda il suo aspetto normale, con la sua scioltezza e la sua forza.
Queste circostanze, diligentemente osservate e studiate nel corso del processo, confermano che non si tratta di un numero di illusionismo; esse provano che la gamba restituita è proprio la stessa di quella che era stata sepolta due anni e cinque mesi prima, a più di 100 chilometri di distanza…
Nel mese di giugno seguente, i testimoni affermano davanti ai giudici di Saragozza che Miguel «può appoggiare il tallone a terra, muovere le dita del piede, correre senza difficoltà». Si constata inoltre che, a partire dalla fine di marzo, l’arto ricuperato si è«allungato di quasi tre dita», e che è attualmente lungo quanto l’altro. Un solo segno non scompare: la cicatrice che forma un cerchio rosso nel punto in cui il pezzo di gamba si è riunito all’altro. È come un marchio indelebile del prodigio.
«Bisognerebbe quindi che venisse constatato un miracolo da un certo numero di persone sensate che non avessero alcun interesse alla cosa», affermava Voltaire. «E bisognerebbe che le loro testimonianze fossero registrate in debita forma: in effetti, se noi abbiamo bisogno di tante formalità per atti come l’acquisto di una casa, un contratto di matrimonio, un testamento, quante non ne occorrerebbero per appurare delle cose naturalmente impossibili?» (Voce “Miracle” del suo Dizionario filosofico). Ora, cent’anni prima, è avvenuta precisamente la stesura di un simile atto a Calanda. Il lunedì 1° aprile 1640, quarto giorno dopo il prodigio, il parroco e un prete vicario di Mazaleón, villaggio alla distanza di 50 km, si spostano con il notaio reale del luogo per verificare la realtà dei fatti e ne stendono un atto ufficiale.

Nessuna voce discordante
Alla fine dello stesso mese di aprile, la famiglia Pellicer decide di andare a ringraziare la Vergine del Pilar. A Saragozza, il Comune chiede che si apra un processo, perché sia fatta tutta la luce possibile sull’avvenimento. Il 5 giugno, quindi due mesi e una settimana dopo l’evento, si apre ufficialmente il processo canonico. Esso è pubblico e non a porte chiuse. Vi prendono parte più di cento persone di svariate condizioni sociali.
Contro l’affidabilità di questo processo, non si è mai sollevata nessuna voce discordante. Il 27 aprile 1641, l’arcivescovo pronuncia solennemente la sua sentenza. Egli dichiara «mirabile e miracolosa» la restituzione della gamba destra, precedentemente amputata, di cui ha beneficiato Miguel Juan Pellicer, nativo di Calanda.
Il miracolo di Calanda, impensabile eppure perfettamente attestato, è di natura tale da confortare la nostra fede nell’esistenza di un mondo invisibile, quello di Dio e del suo Regno eterno, al quale siamo chiamati a partecipare in quanto figli adottivi. È questa la realtà suprema ed eterna, alla quale dobbiamo riferire tutte le altre, come un uomo prudente ordina i mezzi al fine.
I miracoli ci rivelano soprattutto il Cuore amante e misericordioso di Dio per l’uomo, in particolare per l’uomo che soffre, che è nel bisogno, che implora la guarigione, il perdono e la pietà. Essi contribuiscono a fondarci in una speranza indefettibile nella misericordia di Dio e ci incoraggiano a dire spesso “Gesù, confido in Te!”.

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Il gusto e la pratica della semplicità

Posté par atempodiblog le 11 octobre 2015

giovanni xxiii

Oh, la semplicità del Vangelo, del libro della Imitazione di Cristo, dei Fioretti di san Francesco, delle pagine più squisite di san Gregorio, nei Morali: “Deridetur fusti simplicitas”, con quel che segue! Come sempre più gusto quelle pagine, e torno a esse con diletto interiore! Tutti i sapienti del secolo, tutti i furbi della terra, anche quelli della diplomazia vaticana, che meschina figura fanno, posti nella luce di semplicità e di grazia che emana da questo grande e fondamentale insegnamento di Gesù e dei suoi santi!

Questo è l’accorgimento più sicuro che confonde la sapienza del mondo, e si accorda egualmente bene, anzi meglio, con garbo e con autentica signorilità, a ciò che vi è di più alto nell’ordine della scienza, anche della scienza umana e della vita sociale, in conformità alle esigenze di tempi, di luoghi e di circostanze.

“Hoc est philosophiae culmen, simplicem esse cum prudentia”. Il pensiero è di san Giovanni Crisostomo, il mio grande patrono d’Oriente.

Signore Gesù, conservatemi il gusto e la pratica di questa semplicità che, tenendomi umile, mi avvicina di più al vostro spirito e attira e salva le anime.

San Giovanni XXIII

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Incoraggiamento reciproco

Posté par atempodiblog le 11 octobre 2015

Gospa Medjugorje

Messaggio di Medjugorje a Mirjana del 02/10/2015

“Cari figli,
sono qui in mezzo a voi per incoraggiarvi, riempirvi del mio amore e invitarvi nuovamente ad essere testimoni dell’amore di mio Figlio. Molti miei figli non hanno speranza, non hanno pace, non hanno amore.Essi cercano mio Figlio, ma non sanno come e dove trovarLo.
Mio Figlio apre loro le braccia, ma voi aiutateli a giungere tra le sue braccia.Figli miei, per questo dovete pregare per l’amore.
Dovete pregare moltissimo per avere quanto più amore possibile, perché l’amore vince la morte e fa sì che la vita continui.
Apostoli del mio amore, figli miei: unitevi in preghiera con cuore vero e semplice, per quanto lontani siate gli uni dagli altri.
Incoraggiatevi gli uni gli altri nella crescita spirituale, come vi sto incoraggiando io. Veglio su di voi e sono con voi ogni volta che pensate a me. Pregate anche per i vostri pastori, per coloro che hanno rinunciato a tutto per mio Figlio e per voi.
Amateli e pregate per loro. Il Padre Celeste ascolta le vostre preghiere.
Vi ringrazio”.

Padre Livio e la Regina della Pace

Commento di padre Livio di Radio Maria al messaggio di Medjugorje del 2 ottobre

I messaggi della Madonna sono parole preziose, una volta ha detto: “sono preziose, ma di esse vi verrà chiesto conto”, sono parole che entrano nel cuore, sono parole di luce, sono parole piene di amore.

Vorrei dire che due sono le parole, che caratterizzano questo messaggio in modo particolare.

La prima è la parola “amore”, che viene ripetuta tante volte, forse il messaggio in cui la parola “amore” risuona molte più volte che in qualsiasi altro messaggio.

Dunque la Madonna ci ama, è l’amore con il quale Gesù ci ama, è l’amore che deve entrare nei nostri cuori, è l’amore che noi dobbiamo dare agli altri. La fonte dell’amore è Dio, che viene a noi attraverso il Cuore di Maria che ci ama, ci dona questo amore, ci invita a far sì che quelli che cercano questo amore, cioè suo Figlio, grazie alla nostra testimonianza, lo possano trovare, con l’invito a pregare intensamente, perché noi riceviamo l’amore di Dio nella preghiera, nella preghiera personale, nei Sacramenti.

Dio ci dona il suo amore, cioè lo Spirito Santo e noi, guidati da questo amore, dallo zelo, dall’umiltà, dal desiderio di aiutare i fratelli, di salvare le anime, noi sotto la spinta di questo amore, diventiamo mani tese per coloro che cercano “suo Figlio, ma non sanno dove e come trovarLo”.

Mirjana ci ha detto una volta che se dovesse sintetizzare tutti i messaggi della Madonna e tutta la sua esperienza spirituale vissuta in tutti questi anni userebbe una sola parola: ”amore”, l’esperienza dell’amore.

L’amore è Dio, viene da Dio e che Dio ci dona e che Dio vuol donare agli altri. Come ha detto la Madonna anche nei messaggi dati a Marija: “date agli altri l’amore che Dio dà a voi”.

La seconda parola, che viene ripetuta tre volte, ma era già negli ultimi messaggi, è una parola che ci fa capire un po’ meglio la situazione nella quale ci troviamo, è la parola “incoraggiare”.

Noi, come Radio Maria, siamo andati per ben tre volte da Papa Benedetto XVI e tutte e tre le volte ci ha detto queste parole: “vi incoraggio, vi incoraggio a proseguire questa grande opera di evangelizzazione”.

La Madonna rivolge a noi questo incoraggiamento: “Sono qui in mezzo a voi per incoraggiarvi, riempirvi del mio amore e invitarvi nuovamente ad essere testimoni dell’amore di mio Figlio”.

Poi la Madonna ci dice: “incoraggiatevi gli uni gli altri”.

Nel messaggio del 25 Settembre dato a Marija usa una parola simile: “figlioli, esortatevi gli uni gli altri alla preghiera del cuore, perché la preghiera possa riempire la vostra vita”; e qui c’è a mio parere forse la medesima espressione: tra “esortatevi” e “incoraggiatevi” c’è molta affinità, ambedue i verbi vogliono dire la stessa cosa.

Quindi nel messaggio a Marja la Madonna dice: “esortatevi a vicenda nel pregare” e in questo messaggio: “incoraggiatevi gli uni gli altri nella crescita spirituale, come vi sto incoraggiando io”.

A mio parere, questo sta ad indicare uno sguardo, una preoccupazione della Madonna che è già emersa, specialmente negli ultimi messaggi, cioè la tentazione di scoraggiarci.

Siamo in situazioni difficili tutti quanti, non solo quelli che non credono, per cui “non hanno speranza, non hanno pace, non hanno amore”, ma anche noi, di fronte alla virulenza del male, ai problemi che per noi sembrano insolubili, rischiamo di scoraggiarci e lo scoraggiamento è sicuramente un’arma del maligno, una delle sue tentazioni più insidiose.

La Madonna una volta durante la guerra di Bosnia (1992/1995), quando non si vedeva la fine di questa guerra, durata quattro anni e mezzo, avvertì la gente: ”non smettete di pregare, perché il diavolo vuole darvi da intendere che mio Figlio non sia così potente da realizzare la Sua volontà”. Cioè, il diavolo molte volte ci prospetta le difficoltà come insolubili e il male come invincibile, è il solito ingannatore.

Dove non riesce con la seduzione, cerca di riuscire con lo scoraggiamento, per cui noi vediamo il male che dilaga, vediamo che siamo incapaci di risolvere i problemi, vediamo che satana ci avvolge nella sua tenebra e quasi ci vuol far intendere che “non ce la farai mai! Non ci riuscirai mai! Sono io il più forte!” Allora lì uno deve esercitare la fede e l’abbandono e dire: “No! Se satana è potente, Dio è onnipotente!” e quindi si vince così la tentazione dello scoraggiamento.

Molte volte abbandoniamo la preghiera, perché ci stanchiamo e la Madonna ci dice: ”esortatevi a pregare gli uni gli altri” e così nei momenti di scoraggiamento, nei momenti in cui il male imperversa, quando satana fa scoppiare, diciamo così, i suoi fuochi pirotecnici, e lui fa sempre un gran baccano, perché il male fa baccano, mentre il bene non fa baccano, noi dobbiamo incoraggiarci a vicenda.

Vorrei soffermarmi su questo argomento, cari amici, a volte non costa niente dire parole di incoraggiamento alla gente che le desidera, anche se siamo scoraggiati noi incoraggiamo gli altri!

Incoraggiamoli sulla via della preghiera, sulla via del bene, incoraggiamoli dicendo che Dio vince, alla fine vince, che Dio è onnipotente, che l’amore è onnipotente, come ha detto la Madonna in tanti messaggi bellissimi, proprio a Marija: “L’amore vincerà!”, “ricordatevi bene quello che vi dico, imprimetevelo bene in mente, l’amore vincerà!”. Quindi incoraggiamoci in questo senso!

Questo è il quadro del messaggio, la Madonna ci incoraggia ad aprire il cuore perché sia ricolmo del suo amore e noi possiamo essere testimoni dell’amore di suo Figlio a quelli che sono nelle tenebre e nell’ombra del male e non hanno speranza, non hanno pace, non hanno amore, e cercano Gesù ma non sanno dove trovarlo. “Molti miei figli non hanno speranza, non hanno pace, non hanno amore. Essi cercano mio Figlio, ma non sanno come e dove trovarLo”.

La Madonna dice: “Mio Figlio apre loro le braccia, ma voi aiutateli a giungere tra le sue braccia”, in che modo? Con la nostra speranza, la nostra pace, il nostro amore noi incoraggiamo, aiutiamo gli altri a giungere nelle braccia di suo Figlio.

E se non abbiamo questa speranza, amore e pace dobbiamo chiederla nella preghiera, cioè nella preghiera noi possiamo aprire il cuore e ricevere quanto più amore possibile e così possiamo essere strumenti nelle mani di Maria, per portare tanta gente a Gesù.

Poi la Madonna dice una bellissima frase che può diventare anche un pensiero di preghiera continua: “Veglio su di voi e sono con voi ogni volta che pensate a me”. Durante la giornata diciamo piccole preghiere, pensiamo alla Madonna, alla sua presenza, al suo amore, facciamo tutto per amor suo, chiediamo il suo aiuto.

Ogni volta che noi pensiamo a Lei, Lei veglia su di noi!

“Pregate anche per i vostri pastori, per coloro che hanno rinunciato a tutto per mio Figlio e per voi”. La Madonna ci chiede di pregare per i nostri pastori che sono riuniti in Sinodo, non dimentichiamo che hanno rinunciato a tutto per suo Figlio e per noi.

“Amateli e pregate per loro. Il Padre Celeste ascolta le vostre preghiere”, la Madonna ci dice di amarli e di pregare per loro perché il Padre Celeste ascolta le nostre preghiere. “Vi ringrazio” .

Che bellissimo messaggio cari amici, questa è la più grande opera di evangelizzazione che sia mai stata fatta nel tempo della Chiesa in questi due millenni. Nessuna generazione ha avuto la Grazia di avere Maria come Madre, come Guida, come Maestra!

Vogliamo ringraziare la nostra cara Madre che ci dà questa grande luce, questo grande conforto, questo grande incoraggiamento e la ringraziamo mettendo in pratica quello che ci dice.

Trascrizione dall’originale audio ricavata dal sito: Medjugorje Liguria

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Divina Maternità di Maria Santissima

Posté par atempodiblog le 11 octobre 2015

Divina Maternità di Maria Santissima (11 ottobre)
Autore: Dom Prosper Guéranger
Fonte: L’anno liturgico
Tratto: Santi e Beati

dolcezza

Il Titolo di Madre di Dio, fra tutti quelli che vengono attribuiti alla Madonna, è il più Glorioso. Essere la Madre di Dio è per Maria la sua Ragion d’Essere, il motivo di tutti i Suoi Privilegi e delle Sue Grazie. Per noi il Titolo racchiude tutto il Mistero dell’Incarnazione e non ne vediamo altro che più di questo sia Sorgente per Maria di Lodi e per noi di Gioia. Sant’Efrem pensava giustamente che credere e affermare che la Santissima Vergine Maria è Madre di Dio è dare una Prova Sicura della nostra Fede. La Chiesa quindi non Celebra alcuna Festa della Vergine Maria senza Lodarla per questo Privilegio. E così Saluta la Beata Madre di Dio, nell’Immacolato Concepimento, nella Natività, nell’Assunzione e noi nella Recita Frequentissima dell’Ave Maria facciamo altrettanto.

L’Eresia Nestoriana.
« Theotókos », Madre di Dio, è il Nome con cui nei Secoli è stata Designata Maria Santissima. Fare la Storia del Dogma della Maternità Divina sarebbe fare la Storia di tutto il Cristianesimo, perché il Nome era entrato così profondamente nel cuore dei Fedeli che quando, davanti al Vescovo di Costantinopoli, Nestorio, un prete che era suo portavoce, osò affermare che Maria era soltanto Madre di un uomo, perché era impossibile che Dio nascesse da una donna, il popolo protestò scandalizzato. Era allora Vescovo di Alessandria San Cirillo, l’Uomo Suscitato da Dio per Difendere l’Onore della Madre del Suo Figlio. Egli tosto manifestava il suo stupore: « Mi meraviglia che vi siano persone, che pensano che la Santa Vergine non debba essere chiamata Madre di Dio. Se Nostro Signore è Dio, Maria, che lo mise al mondo, non è la Madre di Dio? Ma questa è la Fede che ci hanno Trasmesso gli Apostoli, anche se non si sono serviti di questo termine, ed è la Dottrina che abbiamo appresa dai Santi Padri ».

Il Concilio di Efeso.
Nestorio non cambiò pensiero e l’Imperatore convocò un Concilio, che si aprì ad Efeso il 24 Giugno 431 sotto la Presidenza di San Cirillo, Legato del Papa Celestino. Erano presenti 200 Vescovi i quali Proclamarono che « la Persona di Cristo è Una e Divina e che la Santissima Vergine deve essere Riconosciuta e Venerata da tutti quale Vera Madre di Dio ». I Cristiani di Efeso Intonarono Canti di Trionfo, Illuminarono la Città e ricondussero alle loro dimore con fiaccole accese i Vescovi « venuti – gridavano essi – per Restituirci la Madre di Dio e Ratificare con la loro Santa Autorità ciò che era Scritto in tutti i cuori ». Gli sforzi di Satana avevano raggiunto, come sempre, un risultato solo, cioè quello di preparare un Magnifico Trionfo alla Madonna e, se vogliamo Credere alla Tradizione, i Padri del Concilio, per Perpetuare il Ricordo dell’Avvenimento, aggiunsero all’Ave Maria le Parole: « Santa Maria, Madre di Dio, Pregate per noi peccatori, adesso e nell’ora della nostra morte ». Milioni di persone recitano ogni giorno questa Preghiera e Riconoscono a Maria la Gloria di Madre di Dio, che un Eretico aveva preteso negare.

Maria Vera Madre di Dio.
Riconoscere che Maria è Vera Madre di Dio è cosa facile. « Se il Figlio della Santa Vergine è Dio, scrive Papa Pio XI nell’Enciclica Lux Veritatis, Colei che l’ha Generato merita di essere chiamata Madre di Dio; se la Persona di Gesù Cristo è Una e Divina, tutti, senza dubbio, devono chiamare Maria Madre di Dio e non solamente di Cristo Uomo. Come le altre donne sono chiamate e sono realmente madri, perché hanno formato nel loro seno la nostra sostanza mortale, e non perché abbiano creata l’Anima umana, così Maria ha acquistato la Maternità Divina per aver Generato l’Unica Persona del Figlio Suo ».

Maria e Gesù.
La Maternità Divina Unisce Maria con il Figlio con un Legame più forte di quello delle altre madri con i loro figli. Queste non operano da sole la generazione e la Santa Vergine invece ha Generato il Figlio, l’Uomo-Dio, con la Sua Stessa Sostanza e Gesù è Premio della Sua Verginità ed Appartiene a Maria per la Generazione e per la Nascita nel Tempo, per l’Allattamento con il quale lo nutrì, per l’Educazione che gli diede, per l’Autorità Materna Esercitata su di Lui.

Maria e il Padre.
La Maternità Divina Unisce in Modo Ineffabile Maria al Padre. Maria infatti ha per Figlio il Figlio Stesso di Dio, Imita e Riproduce nel Tempo la Generazione Misteriosa con la quale il Padre Generò il Figlio nell’Eternità, Restando così Associata al Padre nella Sua Paternità. « Se il Padre ci Manifestò un’Affezione così Sincera, dandoci Suo Figlio come Maestro e Redentore, diceva Bossuet, l’Amore che aveva per Te, o Maria, gli fece Concepire ben altri Disegni a Tuo riguardo e ha Stabilito che Gesù fosse Tuo come è Suo e, per realizzare con Te una Società Eterna, volle che Tu fossi la Madre del Suo Unico Figlio e volle essere il Padre del Tuo Figlio » (Discorso sopra la Devozione alla Santa Vergine).

Maria e lo Spirito Santo.
La Maternità Divina Unisce Maria allo Spirito Santo, perché per Opera dello Spirito Santo ha Concepito il Verbo nel Suo Seno. In questo Senso Papa Leone XIII chiama Maria Sposa dello Spirito Santo (Enc. Divinum Munus, 9 Maggio 1897) e Maria è dello Spirito Santo il Santuario Privilegiato, per le Inaudite Meraviglie che ha Operate in Lei.

« Se Dio è con tutti i Santi, afferma San Bernardo, è con Maria in Modo tutto Speciale, perché tra Dio e Maria l’Accordo è così Totale che Dio non solo si è Unita la Sua Volontà, ma la Sua Carne e con la Sua Sostanza e quella della Vergine ha fatto un Solo Cristo, e Cristo se non deriva come Egli è, né Tutto Intero da Dio, né Tutto Intero da Maria, è tuttavia Tutto Intero Dio e Tutto Intero di Maria, perché non ci sono due Figli, ma c’è un Solo Figlio, che è Figlio di Dio e della Vergine. L’Angelo dice: « Ti Saluto, o Piena di Grazia, il Signore è con Te. È con Te non solo il Signore Figlio, che Rivestisti della Tua Carne, ma il Signore Spirito Santo dal quale Concepisti e il Signore Padre, che ha Generato Colui che Tu Concepisti. È con Te il Padre che fa sì che Suo Figlio sia Tuo Figlio; è con Te il Figlio, che, per Realizzare l’Adorabile Mistero, apre il Tuo Seno Miracolosamente e Rispetta il Sigillo della Tua Verginità; è con Te lo Spirito Santo, che, con il Padre e con il Figlio Santifica il Tuo Seno. Sì, il Signore è con Te » (3a Omelia Super Missus Est).

Maria Nostra Madre.
Salutandoti Oggi con il Bel Titolo di Madre di Dio, non dimentichiamo che « avendo dato la Vita al Redentore del Genere Umano, Sei per questo Fatto Stesso Divenuta Madre Nostra Tenerissima e che Cristo ci ha voluti per fratelli. Scegliendoti per Madre del Figlio Suo, Dio ti ha Inculcato Sentimenti del tutto Materni, che respirano solo Amore e Perdono » (Pio XI Enc. Lux Veritatis).

Dalla Gloria del Cielo ove Sei, ricordati di noi, che ti Preghiamo con tanta Gioia e Confidenza. « L’Onnipotente è con Te e Tu Sei Onnipotente con Lui, Onnipotente per Lui, Onnipotente dopo di Lui », come dice San Bonaventura. Tu puoi Presentarti a Dio non tanto per Pregare quanto per Comandare, Tu sai che Dio Esaudisce Infallibilmente i Tuoi Desideri. Noi siamo, senza dubbio, peccatori, ma Tu Sei Divenuta Madre di Dio per Causa Nostra e « non si è mai inteso dire che alcuno di quelli che sono ricorsi a Te sia stato abbandonato. Animati da questa Confidenza, o Vergine delle Vergini, o Nostra Madre, veniamo a Te gemendo sotto il peso dei nostri falli e ci Prostriamo ai Tuoi Piedi. Madre del Verbo Incarnato, non disprezzare le nostre Preghiere, Degnati di esaudirle » (San Bernardo).

La Festa dell’Undici Ottobre.
Il 1931 ricorreva il XV° Centenario del Concilio di Efeso e Papa Pio XI pensò che sarebbe stata « cosa utile e gradita per i Fedeli Meditare e Riflettere sopra un Dogma così Importante » come quello della Maternità Divina e, per lasciare una Testimonianza Perpetua della sua Devozione alla Madonna, Scrisse l’Enciclica Lux Veritatis, Restaurò la Basilica di Santa Maria Maggiore in Roma e Istituì una Festa Liturgica, che « avrebbe contribuito a sviluppare nel Clero e nei Fedeli la Devozione verso la Grande Madre di Dio, presentando alle Famiglie come Modelli, Maria e la Sacra Famiglia di Nazareth, affinché siano sempre più rispettati la Santità del Matrimonio e l’Educazione della Gioventù. Che cosa implichi per Maria la Dignità di Madre di Dio lo abbiamo già notato nelle Feste del Primo Gennaio e del 25 Marzo, ma l’Argomento è Inesauribile e possiamo fermarci su di esso ancora un poco.

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La dignità di ogni persona è garantita dalla dignità della domenica

Posté par atempodiblog le 10 octobre 2015

Il lavoro è importante, ma anche il riposo. Impariamo a rispettare il tempo del riposo, soprattutto quello domenicale.

Tweet di Papa Francesco

domenica chiusi
Immagine tratta da: Fino alle 20. E chiusi di Domenica

Prima di tutto la necessità che ogni uomo abbia il riposo. Come dice la Bibbia: “Dio il settimo giorno si riposò”. Secondo: la famiglia. E’ tristissimo che una mamma che fa la commessa senta dire dal suo bambino: “Mamma, anche oggi te ne vai? E’ l’unico giorno che sono a casa!”. E’ necessario poi dire che l’economia non ha avuto alcun vantaggio, anzi, tenere aperto la domenica di fatto costituisce per i negozianti una perdita, specie per i piccoli negozianti. Terzo, c’è un discorso etico: una libertà senza verità, senza uno scopo, è un capriccio. Dietro c’è una grande battaglia ideologica, valoriale: Dio ci ha fatti per il riposo. La famiglia in primo luogo, il cuore dell’uomo, è la sede in cui Dio trova pace se l’uomo trova pace con se stesso e con la sua famiglia e gode del suo lavoro. [...] molti negozi, per esempio nel Nord Italia, cominciano a chiudere. Ci si rende conto che è un danno per la persona, per la famiglia e per la società. La dignità di ogni persona è praticamente garantita dalla dignità della domenica.

Mons. Giancarlo Bregantini

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Papa Francesco: calunnie, invidie e trappole vengono dal diavolo

Posté par atempodiblog le 9 octobre 2015

Papa Francesco: calunnie, invidie e trappole vengono dal diavolo
Interpretare male chi fa il bene, calunniare per invidia, tendere trappole per far cadere, tutto questo non viene da Dio ma dal diavolo. Il Papa commenta il Vangelo del giorno presiedendo la Messa del mattino a Casa Santa Marta ed esorta al discernimento e alla vigilanza.
di Sergio Centofanti – Radio Vaticana

 papa francesco

Rigidità dottrinali
Nel Vangelo di questo venerdì, Gesù scaccia un demonio, fa il bene, sta tra la gente che lo ascolta e riconosce la sua autorità, ma c’è chi lo accusa, sottolinea il Papa:

“C’era un altro gruppo di persone che non gli voleva bene e cercava sempre di interpretare le parole di Gesù e anche gli atteggiamenti di Gesù, in modo diverso, contro Gesù. Alcuni per invidia, altri per rigidità dottrinali, altri perché avevano paura che venissero i romani e facessero strage; per tanti motivi cercavano di allontanare l’autorità di Gesù dal popolo e anche con la calunnia, come in questo caso. ‘Lui scaccia i demoni per mezzo di Belzebù. Lui è un indemoniato. Lui fa delle magie, è uno stregone’. E continuamente lo mettevano alla prova, gli mettevano davanti un tranello, per vedere se cadeva”.

Discernimento e vigilanza
Papa Francesco invita al discernimento e alla vigilanza. “Saper discernere le situazioni”: ciò che viene da Dio e ciò che viene dal maligno che “sempre cerca di ingannare”, “di farci scegliere una strada sbagliata”. “Il cristiano non può essere tranquillo che tutto va bene, deve discernere le cose e guardare bene da dove vengono, qual è la loro la radice”.

Il diavolo anestetizza la coscienza
E poi la vigilanza, perché in un cammino di fede “le tentazioni tornano sempre, il cattivo spirito non si stanca mai”. Se “è stato cacciato via” ha “pazienza, aspetta per tornare” e se lo si lascia entrare si cade in una situazione peggiore. Infatti, prima si sapeva che era “il demonio che tormentava”. Dopo, “il Maligno è nascosto, viene con i suoi amici molto educati, bussa alla porta, chiede permesso, entra e convive con quell’uomo, la sua vita quotidiana e, goccia a goccia, dà le istruzioni”. Con “questa modalità educata” il diavolo convince a “fare le cose con relativismo”, tranquillizzando la coscienza:

“Tranquillizzare la coscienza. Anestetizzare la coscienza. E questo è un male grande. Quando il cattivo spirito riesce ad anestetizzare la coscienza si può parlare di una sua vera vittoria, diventa il padrone di quella coscienza: ‘Ma, questo accade dappertutto! Sì, ma tutti, tutti abbiamo problemi, tutti siamo peccatori, tutti…’. E nel ‘tutti’ c’è il ‘nessuno’. ‘Tutti, ma io no’. E così si vive questa mondanità che è figlia del cattivo spirito”.

Fare sempre esame di coscienza
Il Papa ribadisce le due parole, vigilanza e discernimento:

“Vigilanza. La Chiesa ci consiglia sempre l’esercizio dell’esame di coscienza: cosa è successo oggi nel mio cuore, oggi, per questo? E’ venuto questo demonio educato con i suoi amici da me?  Discernimento. Da dove vengono i commenti, le parole, gli insegnamenti, chi dice questo? Discernere e vigilanza, per non lasciare entrare quello che inganna, che seduce, che affascina. Chiediamo al Signore questa grazia, la grazia del discernimento e la grazia della vigilanza”.

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L’Inno di Edgar Allan Poe alla Vergine Maria

Posté par atempodiblog le 8 octobre 2015

L’Inno di Edgar Allan Poe alla Vergine Maria
Nell’anniversario della sua morte pubblichiamo una sua poesia dedicata alla Madre di Dio
Tratto da: Aleteia

los primeros pasos

Inno (1835)

Al mattino, al meriggio, al fosco crepuscolo

tu hai udito il mio inno, Maria!

In affanno e letizia, nel bene e nel male,

tu, Madre di Dio, ancora rimani con me!

Quando più liete per me scorrevan le ore,

e non una nuvola oscurava il mio cielo,

la tua grazia trepida guidava a te l’anima mia perché non si smarrisse;

e ora che il Destino per me più addensa le sue tempeste

e in me confonde presente e passato,

fa’ che almeno risplenda il futuro

e per me irraggi dolce speranza di te!

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Il sorriso di Maria…

Posté par atempodiblog le 8 octobre 2015

Il sorriso di Maria…

sorriso di maria

Non solo rappresentazioni di Maria Santissima assorta in preghiera, piangente ma anche sorridente. Vi presentiamo un capolavoro nella Cattedrale di Toledo. Nel centro del coro di fronte all’altare, la Vergine Bianca, una bellissima statua della Madonna che sorride mentre il bambin Gesù che tiene in braccio le accarezza il mento con un gesto affettuoso.

TOLEDO (SPAGNA): Anno 664.
Sant’Ildefonso, arcivescovo di Toledo (657-667), fu profondamente devoto al culto mariano e stre­nuo difensore della vera fede cristiana. Nel giorno dell’Assun­zione della Vergine Maria, la mattina presto Ildefonso entrò con alcuni sacerdoti nella cattedrale di Toledo e la trovò, con grande sorpresa, illuminata. Sul cancello della cappella stava Maria che lodò il fervore religioso del vescovo e gli consegnò una preziosa veste quale simbolo della sua protezione e della sua considerazione. Per lungo tempo, nella diocesi di Tole­do, venne celebrata un festa particolare per commemorare quest’apparizione.

Tratto da: Radio Maria Fb

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Il mestiere del prete è quello di salvare le anime immortali

Posté par atempodiblog le 8 octobre 2015

Sacerdote

Don Camillo: “Il mestiere del prete è quello di accaparrare le anime da spedire in Paradiso, via Vaticano”.

di Giovannino Guareschi

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Papa Francesco: no ai ministri di rigidità, Dio vuole misericordia

Posté par atempodiblog le 8 octobre 2015

Papa Francesco: no ai ministri di rigidità, Dio vuole misericordia
Guardiamoci dall’avere un cuore duro che non lascia entrare la misericordia di Dio. [...] Il Papa ha esortato a non resistere alla misericordia del Signore, credendo più importanti i propri pensieri o un elenco di comandamenti da osservare.
di Alessandro Gisotti  – Radio Vaticana

papa francesco

Il profeta Giona resiste alla volontà di Dio, ma alla fine impara che deve obbedire al Signore. Francesco ha sviluppato la sua omelia muovendo dalla Prima Lettura, tratta proprio dal Libro di Giona, e ha osservato che la grande città di Ninive si converte proprio grazie alla sua predicazione:

“Davvero fa il miracolo, perché in questo caso lui ha lasciato da parte la sua testardaggine e ha obbedito alla volontà di Dio, e ha fatto quello che il Signore gli aveva comandato”.

Ninive, dunque, si converte e davanti a questa conversione, Giona, che è uomo “non docile allo Spirito di Dio, si arrabbia”: “Giona – ha detto il Papa – provò grande dispiacere e fu sdegnato”. E, addirittura, “rimprovera il Signore”.

Se il cuore è duro, la misericordia di Dio non può entrare
La storia di Giona e Ninive, annota Francesco, si articola dunque in tre capitoli:  il primo “è la resistenza alla missione che il Signore gli affida”; il secondo “è l’obbedienza, e quando si obbedisce si fanno miracoli. L’obbedienza alla volontà di Dio e Ninive si converte”. Nel terzo capitolo, “c’è la resistenza alla misericordia di Dio”:

“Quelle parole, ‘Signore, non era forse questo che dicevo quando ero nel mio Paese? Perché Tu sei un Dio misericordioso e pietoso’, e io ho fatto tutto il lavoro di predicare, io ho fatto il mio mestiere ben fatto, e Tu li perdoni? E’ il cuore con quella durezza che non lascia entrare la misericordia di Dio. E’ più importante la mia predica, sono più importanti i miei pensieri, è più importante tutto quell’elenco di comandamenti che devo osservare, tutto, tutto, tutto che la misericordia di Dio”.

Anche Gesù non era capito per la sua misericordia
“E questo dramma – rammenta Francesco – anche Gesù lo ha vissuto con i Dottori della Legge, che non capivano perché Lui non lasciò lapidare quella donna adultera, come Lui andava a cena con i pubblicani e i peccatori: non capivano. Non capivano la misericordia. ‘Tu sei misericordioso e pietoso’”. Il Salmo che oggi abbiamo pregato, prosegue il Papa, ci suggerisce di “attendere il Signore perché con il Signore è la misericordia, e grande è con Lui la redenzione”.

No ai ministri della rigidità, il Signore ci chiede misericordia
“Dove c’è il Signore – riprende Francesco – c’è la misericordia. E Sant’Ambrogio aggiungeva: ‘E dove c’è la rigidità ci sono i suoi ministri’. La testardaggine che sfida la missione, che sfida la misericordia”:

“Vicini all’inizio dell’Anno della Misericordia, preghiamo il Signore che ci faccia capire come è il suo cuore, cosa significa ‘misericordia’, cosa vuol dire quando Lui dice: ‘Misericordia voglio, e non sacrificio!’. E per questo, nella preghiera Colletta della Messa abbiamo pregato tanto con quella frase tanto bella: ‘Effondi su di noi la Tua misericordia’, perché soltanto si capisce la misericordia di Dio quando è stata versata su di noi, sui nostri peccati, sulle nostre miserie …”.

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E’ bello essere figlio di santi genitori (di Padre Gheddo)

Posté par atempodiblog le 8 octobre 2015

E’ bello essere figlio di santi genitori – Padre Gheddo su “Avvenire”
Tratto da: Padre Piero Gheddo

Santi genitori

Ieri è cominciato il Sinodo sulla Famiglia, invito gli amici lettori a pregare per questa importante celebrazione della Chiesa cattolica.

Desidero solo raccontare la mia esperienza di essere nato da santi genitori (il giudizio spetta naturalmente alla Chiesa), che ha reso serena e anche gioiosa la vita mia e dei miei fratelli. In noi bambini la fede è entrata naturalmente come la lingua italiana, Rosetta e Giovanni erano davvero autentici credenti e imitatori di Gesù Cristo. Uno dei più bei ricordi che ho di loro è quando alla sera dopo cena (pranzo alle 12 e cena alle 19, come molti in Tronzano a quel tempo) si diceva assieme il Rosario seduti attorno al tavolo della cucina e noi bambini eravamo aiutati da mamma e papà a recitare l’Ave Maria, a tenere le mani giunte. E poco dopo ci portavano a letto. Nella camera matrimoniale c’era un bel quadro di Maria col piccolo Gesù in braccio, ci inginocchiavamo tutti davanti a quel quadro e recitavamo assieme le preghiere della sera.

Rosetta e Giovanni si erano sposati per amore, volevano dodici figli (uno più della nonna Anna!) anche se vivevano in una situazione economica precaria. Si fidavano della Provvidenza di Dio! Il loro amore era saldo come una roccia perché fondato su Dio. Erano “sposi per sempre”. Giovanni ha perso Rosetta a 34 anni (lei ne aveva 32) e le è rimasto fedele, anche se a Tronzano, dove era un personaggio stimatissimo anche come presidente dell’Azione cattolica dei giovani, aveva tante occasioni di risposarsi. Ma diceva: “Ho voluto tanto bene a Rosetta, che non potrei più voler bene così ad un’altra donna”.

Il 26 ottobre 1934 mamma Rosetta muore di polmonite e di parto con due gemelli di sette mesi (morti anche loro con lei), papà Giovanni e noi tre bambini ci siamo uniti alla famiglia della nonna Anna e della zia Adelaide, sorella maggiore di papà e direttrice didattica delle scuole di Tronzano.

Papà era un geometra e durante il giorno lavorava molto visitando in bicicletta le cascine e i paesi vicini, ma al mattino si svegliava alle cinque, per portarci alla Messa prima in parrocchia, che era alle sei.

Ricordo che papà era in coro dietro all’altare, io servivo la Messa ed ero incaricato, se lui non veniva quando il sacerdote distribuiva la Comunione, di andare a dirgli di venire e qualche volta papà dormiva!

Caro papà, lavoravi tutto il giorno e alla sera stavi alzato fino alle 22-23 per fare i conti e disegnare i tuoi lavori. Ma al mattino montavi la sveglia per non perdere la Messa, pur di portarci i tuoi bambini! Sono questi gli esempi che rimangono vivi nella nostra memoria di figli e ci educano ancora alla fede e alla vita cristiana.

I nostri genitori li aprivano al prossimo. La mamma, maestra elementare, da ragazza si dedicava gratuitamente ai bambini nell’asilo e nella scuola elementare e alla sera faceva scuola agli analfabeti adulti.

Educava noi bambini a distribuire metà dei doni di Gesù Bambino ai ragazzini che abitavano vicini a noi e non avevano parenti benestanti, come il papà e le sorelle di mamma Rosetta. La nostra casa era aperta ai poveri, a volte invitati a pranzo.

Papà Giovanni era chiamato “il paciere”, perché quando c’era un contrasto tra famiglie chiamavano lui che sapeva parlare di pace e di perdono ed era convincente. Non aveva nessun incarico ufficiale, ma metteva d’accordo famiglie divise facendole pregare assieme e risolvendo i loro problemi nelle eredità di case e terreni. Era chiamato anche “il geometra dei poveri”, perché faceva gratis o per poco le sue prestazioni per i poveri e per l’asilo delle suore.

Mamma Rosetta e papà Giovanni ci hanno trasmesso una grande fiducia in Dio, nel suo amore e Provvidenza. Ricordo bene che papà ripeteva spesso a noi tre ragazzini: “Dovete volervi bene e andare sempre d’accordo”.

Espressioni che ripetevano spesso: “La cosa più importante è fare la volontà di Dio” (mamma Rosetta), “Siamo sempre nelle mani di Dio” (Giovanni). Sul letto di morte, al marito che le diceva: “Se guarisci, faremo in altra maniera perché tutti questi figli ti hanno indebolita”, Rosetta ripeteva diverse volte: “Giovanni, faremo sempre la volontà di Dio”.

Certo papà ha sofferto moltissimo per la morte prematura della mamma (il loro matrimonio è durato solo sei anni, 1928-1934), ma aveva un carattere che educava anche senza parlare. Era sempre sereno, gioioso, aperto agli altri, sapeva giocare con noi ragazzini e alla sera dopocena, finito il Rosario in famiglia, ci chiedeva, uno per uno, come avevamo passato la giornata, la scuola, l‘oratorio, gli amici frequentati. Nelle lettere dall’Urss, non è mai triste o scoraggiato, ma pieno della speranza di poter tornare a casa, in quelle situazioni tragiche, a 20-30 sotto zero e le bombe nemiche. Ma lui scriveva che era un freddo secco e si sopportava bene! Non avrebbe dovuto andare in guerra perché vedovo e padre di tre figli minorenni, ma l’hanno mandato in prima linea in Russia perché non si era mai iscritto al Partito Fascista, non partecipava alle manifestazioni patriottiche e aiutava i perseguitati del regime trovando loro un lavoro.

Chiude la sua vita con un gesto che ricorda quello di San Massimiliano Kolbe ad Auschwitz: rimane tra i feriti intrasportabili mandando a casa il suo sottotenente più giovane. Offre la sua vita per lui, poi diventato sindaco democristiano di Vercelli due volte!

Rosetta e Giovanni dimostrano che si può vivere il Vangelo in una vita come quella di tutti, ma vissuta in modo straordinario. Tutti i credenti in Cristo sono chiamati alla santità, cioè all’imitazione di Cristo nella normale vita quotidiana. “Questa è la volontà di Dio, la vostra santificazione” scriveva San Paolo ai Tessalonicesi (1Ts, 4, 3). Non voglio delineare la biografia di mamma e papà in queste due paginette, ma papà, che è vissuto con noi a Tronzano fino al 1940 quando è andato in guerra, ci ha dato esempi di mortificazione perché diceva: “Bisogna mortificarsi nelle cose lecite per poter resistere in quelle illecite”. Non fumava, non beveva vino (se non qualche volta nei brindisi dei pranzi), non giocava al Lotto o d’azzardo (vizio comune anche a quei tempi!); e ci ricordava le virtù e le mortificazioni (fioretti) di mamma Rosetta.

L’Arcivescovo di Vercelli, mons. Enrico Masseroni, comunicandomi la sua decisione di iniziare la causa di canonizzazione (avvenuta il 18 febbraio 2006 a Tronzano vercellese), mi ha detto (testo registrato): «La Causa di beatificazione dei tuoi genitori mi interessa molto e la metto nelle mani di Dio. Io stesso ho avuto un papà straordinario e considero tuo papà del tutto esemplare, perché rappresenta una schiera di uomini dell’Azione cattolica. Anche mio papà aveva fatto la guerra. E mi fa piacere che le figure di tuo padre e di tua madre vengano additate come modello in un tempo come il nostro in cui manchiamo di modelli, un tempo di «aurea mediocrità». Anch’io sono dell’avviso che la chiamata di tutti alla santità dev’essere documentata con esempi concreti. Ricordiamo e onoriamo i tuoi genitori per ricordarne tanti, tantissimi altri». Ringrazio il Signore di essere il figlio primogenito di Rosetta Franzi e Giovanni Gheddo e raccomando a tutti gli amici lettori di pregare per questa causa di beatificazione, che la Chiesa crede utile come esempio di Vangelo vissuto da una normale coppia di sposi.

Padre Piero Gheddo,

missionario del Pime (Pontificio Istituto Missioni Estere), Milano.

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Il Papa affida alla Madonna del Rosario tutte le famiglie del mondo

Posté par atempodiblog le 7 octobre 2015

Il Papa affida alla Madonna del Rosario tutte le famiglie del mondo

All’udienza generale il Papa ha ricordato che oggi la Chiesa celebra la memoria della Beata Vergine Maria del Rosario. A Lei ha affidato le famiglie di tutto il mondo e il Sinodo sulla famiglia. Ha quindi invitato tutti i fedeli a imitare San Giovanni Apostolo: come lui – ha detto – “accogliete Maria nelle vostre case e fatele spazio nella vostra esistenza quotidiana” perché “la sua materna assistenza sia fonte di serenità e di forza”. Poi, così si è rivolto a giovani, malati e sposi:

“Cari giovani, la speranza che abita il cuore di Maria vi infonda coraggio di fronte alle grandi scelte della vita; cari ammalati, la fortezza della Madre ai piedi della croce vi sostenga nei momenti più difficili; cari sposi novelli, la tenerezza materna di Colei che ha accolto nel grembo Gesù accompagni la nuova vita familiare che avete appena iniziato”.

madonna

La preghiera del Rosario risale al secolo XIII e fu promossa in particolare dai Domenicani. Il 7 ottobre 1571, a Lepanto, nello Stretto che separa i Golfi di Patrasso e Corinto, la coalizione formata da Venezia, Spagna e Stato Pontificio ottenne una schiacciante vittoria contro la flotta turca. Questo evento ebbe risonanza in tutto il mondo cristiano e spinse San Pio V ad istituire una festa di ringraziamento che prese il nome di Santa Maria della Vittoria. Estesa nel 1716 alla Chiesa universale e fissata definitivamente al 7 ottobre da San Pio X nel 1913, venne in seguito denominata la festa del Rosario. Tante le raffigurazioni artistiche sulla Vergine del Rosario, in particolare il quadro custodito nella Basilica di Pompei in cui la Madonna viene rappresentata in trono con il Bambino in braccio fra San Domenico e Santa Caterina: la Vergine offre il Rosario alla Santa e Gesù al Santo. Sul significato che ha per i fedeli la preghiera alla Madonna del Rosario, Elvira Ragosta [di Radio Vaticanaha intervistato padre Alberto Valentini, mariologo monfortano:

R. – La preghiera del Rosario è stata detta un po’ la preghiera dei poveri, dei semplici, ma tutte le volte che io uso questa espressione penso ai poveri della Scrittura, agli anawim, che sono coloro che sono intimi del Signore. Soltanto le persone che hanno un’esperienza di fede e che hanno fatto un cammino riescono a pregare con la corona. La preghiera dei poveri, perché? Perché anticamente i dotti, i colti pregavano con i Salmi, 150 Salmi, e invece le persone che non potevano, pregavano con 150 Ave Maria. Non a caso erano lo stesso numero dei Salmi, fino all’aggiunta dei Misteri della Luce da parte di San Giovanni Paolo II.

D. – Come pregare con il Rosario?
R. – Il Rosario è una preghiera di meditazione, anzitutto, ha bisogno di silenzio, di quiete, ha bisogno di distensione. Le Ave Maria che si susseguono, precedute dal Padre Nostro e dal Gloria, sono delle meditazioni sulla storia della salvezza. Le preghiere di cui si compone la corona sono quelle fondamentali: la preghiera del Signore, del Padre Nostro; la prima parte dell’Ave Maria, che è l’annuncio alla Vergine, e la seconda parte, che è l’invocazione della Chiesa; e poi la glorificazione della Trinità. E’ quindi una preghiera densissima, che apparentemente può sembrare semplice, ma concentra i massimi dati della fede riuniti in una preghiera.

D. – La devozione alla Madonna del Rosario ha origini antiche, risale al 13.mo secolo, ma come si è evoluta e rafforzata fino ai nostri giorni?
R. – Le evoluzioni sono state tante nei secoli. Possiamo dire che soprattutto alcuni Papi hanno dato un impulso particolare al Rosario. Il primo è San Pio V, nel ricordo della battaglia di Lepanto e della vittoria dei cristiani, avvenuto proprio il 7 ottobre 1571. E’ stata quindi istituita questa festa in ricordo della protezione che hanno ricevuto dalla Vergine. Poi bisogna ricordare senz’altro Leone XIII, che soprattutto nella Enciclica Octobri mense del 1891 ha insistito sul Rosario. Lui, però, ripetutamente ha parlato della corona. Più vicino a noi c’è Paolo VI, il grande Paolo VI, che nella Marialis Cultus ha dedicato l’ultima sezione proprio al Rosario, dicendo che è una preghiera che deve convincere con la sua bellezza, non si può imporre. Non è necessario, se uno ha difficoltà, che preghi con il Rosario. Dobbiamo, però, essere conquistati – chi riesce – dalla bellezza di questa preghiera, gli altri possono fare anche altre preghiere. E’ però sempre un segno di maturazione cristiana. Poi naturalmente dopo Paolo VI abbiamo il Rosarium Virginis Mariae del 2002 di Giovanni Paolo II, il quale ovviamente era devotissimo. Anche questo Papa sappiamo che va sempre a Santa Maria Maggiore prima di impegni importanti e stamattina ha raccomandato la Chiesa e il Sinodo alla Vergine del Rosario.

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Il 6 ottobre 1882 nasceva don Dolindo Ruotolo…

Posté par atempodiblog le 6 octobre 2015

Il 6 ottobre 1882, alla vigilia della solennità della Vergine del SS. Rosario, nasceva don Dolindo…

tomba don dolindo

“Venite a bussare alla mia tomba… io vi risponderò”. (Don Dolindo Ruotolo)

tomba dolindo

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La speranza di tante spose, da un 6 ottobre di qualche secolo fa, si chiama Maria Francesca

Posté par atempodiblog le 6 octobre 2015

La speranza di tante spose, da un 6 ottobre di qualche secolo fa, si chiama Maria Francesca
di La Repubblica

Santa Maria Francesca delle Cinque Piaghe

Da tre secoli, cioè dal 6 ottobre del 1791, giorno della morte della Santa delle gravidanze impossibili, il 6 di ogni mese, migliaia di donne accorrono nei vicoli dei Quartieri spagnoli (Napoli), per entrare nella casa dove abitò Santa Maria Francesca delle cinque piaghe. Ad attenderle suor Giuliana, che dopo averle fatte accomodare sulla sedia miracolosa della Santa, ascolta le loro storie di donne che ne hanno provate di tutte per restare incinte, poi le sfiora il ventre con un reliquiario che contiene una ciocca di capelli e dei resti ossei della Santa dagli effetti ritenuti miracolosi.

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Napoli, la “santa delle mamme”: Maria Francesca delle Cinque Piaghe

Posté par atempodiblog le 6 octobre 2015

Napoli, la “santa delle mamme”: Maria Francesca delle Cinque Piaghe (al secolo Anna Maria Gallo)
Nei vicoli dei Quartieri Spagnoli, a Napoli, c’è la cappella di santa Maria Francesca delle Cinque Piaghe. Per tante mamme, e aspiranti tali, è la “santa della maternità”.
di Famiglia Cristiana

Maria Francesca delle Cinque Piaghe

Appena si entra nel Duomo di Napoli, sulla sinistra, c’è una cappella dedicata a Santa Maria Francesca delle Cinque Piaghe, prima donna napoletana ad essere santificata: sono in pochi a saperlo, ma Lei, insieme a San Gennaro è Compatrona della città.

In effetti, per capire la devozione verso questa santa non è al Duomo che bisogna andare, ma arrampicarsi in quel dedalo di vicoli e panni stesi qual è la zona dei Quartieri Spagnoli di Napoli. Chi ci capita in questi giorni vi trova un insolito pellegrinaggio di mamme e carrozzine, partorienti e bambini… papà speranzosi. Santa Maria Francesca, infatti, è per tutti la “Santa della maternità”: chi viene qui lo fa – quasi sempre – per chiedere “la grazia” alla Santa. Il dono più bello, la gioia più grande: diventare mamma!

La sedia della santa
Morta il 6 ottobre del 1791, è nella prima settimana di ottobre che i fedeli affluiscono maggiormente in quella che fu la sua abitazione, oggi un vero e proprio santuario in mezzo ai vicoli [...] E che Santa Maria Francesca non sia parsimoniosa in grazie lo capisci guardando le pareti della piccola sala dove c’è la statua della santa: è tappezzata di bavaglini e fiocchi rosa e azzurri. Nella sala accanto, invece, bisogna mettersi in fila per sedersi su quella che fu la sua sedia: chi desidera avere un figlio, si siede lì, abbraccia la reliquia e chiede la grazia; la chiamano la sedia dei miracoli…

“Ci vuole la fede”
“Attenzione a non minimizzare il tutto ad una sorta di rito propiziatorio”, ammoniscono le suore. “Chi viene qui deve innanzitutto avere fede”. Quella fede che ha ritrovato Barbara, mamma del piccolo Matteo Francesco Maria: “Siamo venuti dalla Sicilia a settembre 2009 e poi di nuovo a gennaio 2010. I medici non mi avevano dato speranze, ed oggi eccomi qui con mio figlio che ha da poco compiuto un anno”. Come lei tante altre mamme, napoletane e non, hanno storie simili da raccontare: “Vengono da tutt’Italia ed addirittura dall’estero”, ci spiegano; “addirittura qualche volta ci inviano i vestiti dall’estero per poggiarli sulla sedia e chiedere l’intercessione della santa”.

Napoli, la “santa delle mamme”: Maria Francesca delle Cinque Piaghe dans Santa Maria Francesca delle cinque piaghe Santa-Maria-Francesca-delle-Cinque-Piaghe
Messa al Santuario di santa Maria Francesca

Vico Tre Re a Toledo, 13 – Napoli

Una folla di “pance”
Andiamo via, districandoci tra la folla e le “pance” delle tante mamme accorse per la messa delle 12 che ricorda la santa: nel vicolo ci sono tanti carrozzine e tante “Maria Francesca”. Qualche mamma ha atteso un figlio per 8 anni, qualcun’altra, invece, chiede solo la benedizione della santa per i propri nascituri… Giuliana Francesca Maria, però, ha una storia diversa che ci racconta la mamma, stordendo con la forza della fede l’angoscia di una figlia malata. “A breve mia figlia dev’essere operata: è un intervento delicato.. Per questo ci affidiamo a Santa Maria Francesca”.

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