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La festa di Ognissanti ci apre la prospettiva del Cielo

Posté par atempodiblog le 22 octobre 2015

no ad halloween

Torniamo su un argomento: l’imminente festa di Halloween che abbiamo più volte affrontato, anche perché ogni anno se ne torna a discutere, soprattutto se la festa sbarca in parrocchia. La festa di Halloween, nella sua forma originaria, non ha niente di disdicevole per la fede, perché è la rielaborazione cristiana di feste ancestrali celtiche (da cui il nome stesso che significa «la vigilia di Ognissanti»).

È vero che, arrivata in America, attraverso i cattolicissimi immigrati irlandesi, deve poi la sua grande fortuna ad una «rilettura» neopagana e neogotica, alla quale non sarebbero estranei anche ambienti massonici. Ma spiegarne l’improvviso successo anche in Italia solo come un fenomeno consumistico o di colonizzazione culturale (e certamente è anche questo) è francamente riduttivo. Se tanta fortuna ha incontrato anche tra i nostri ragazzi, è anche perché fa leva su alcuni elementi come l’irrazionale, il magico, il rapporto con i morti che la nostra cultura razionalistica, o meglio scientista, vorrebbe eliminare del tutto, ma che invece sono parte essenziale dell’immaginario umano e specialmente di quello infantile e giovanile. Questo spiega fra l’altro il successo tra i ragazzi dei racconti di Harry Potter.

E se è giusto esprimere riserve sull’esaltazione di aspetti macabri e magici legati ad Halloween questa festa però può essere occasione per impegnarci:

ecco il compito della parrocchia, ma anche dei genitori e degli educatori a presentare anche ai più piccoli in maniera convincente, con la catechesi e la testimonianza, la bellezza e il significato delle celebrazioni del 1° e 2° novembre, sempre nell’ottica della Comunione dei Santi, cioè di quel legame profondo che come ci ricorda il «Catechismo della Chiesa cattolica», § 194-195 unisce a noi, che siamo pellegrini sulla terra, coloro che passati da questa vita stanno purificandosi, aiutati anche dalle nostre preghiere, e coloro che già godono della gloria di Dio e intercedono per noi.

di Toscana Oggi

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Adolescenti e maratone di alcol. La super-bevuta è nel weekend

Posté par atempodiblog le 22 octobre 2015

Adolescenti e maratone di alcol. La super-bevuta è nel weekend
Nuovi prodotti e sballo concentrato: come cambiano i riti collettivi
di Alessandra Di Pietro – La Stampa
Tratto da: Radio Maria

giovani e ubriachi
Bere è un modo per divertirsi, dice lo psicologo, «per anestetizzare la tristezza o migliorare una prestazione, che di solito consiste nell’apparire allegri e scatenati nella società dell’immagine e dei social»

Siamo i genitori che invecchiano con le All Star ai piedi e fanno l’aperitivo al wine bar sotto casa, ma quando ci troviamo davanti un figlio che torna a casa brillo dopo una festa di 16 anni, il cuore ci salta in gola e le domande si affollano: che danni alla salute si fa adesso e quali gli rimarranno dentro da grande? E se sale in macchina con qualche amico squinternato? C’è un modo per fargli capire che è meglio non bere a questa età, meglio iniziare il più tardi possibile e imparare a farlo con criterio? Su quali canali mi devo sintonizzare per capire, ascoltare e aprire un dialogo?

«Non viviamo in un mondo perfetto. Non basta dire ai ragazzi che l’alcol fa male perché smettano di berlo e non dovrebbe sorprenderci, basta guardare a noi adulti, forse siamo esenti da golosità, vita sedentarie, sigarette e aperitivi sotto casa?» Queste parole della sociologa Franca Beccaria, sono la perfetta introduzione a Il gioco della bottiglia. Alcol e adolescenti, quello che non sappiamo (Add editore) un reportage giornalistico tra storie di vita e pareri di esperti. Il libro nasce dall’esigenza di indagare l’allarme mediatico sul consumo di alcol tra i minori ma si muove nella certezza che il clamore e i divieti non risolvono un problema che c’è ed è reale.

I BINGE DRINKERS
Secondo i dati Espad (indagine europea che coinvolge circa 40 Paesi europei), in Italia due milioni di studenti negli ultimi 12 mesi hanno bevuto almeno una volta alcol, il 55% di loro lo ha fatto meno di dieci volte, quasi 400.000 (il 20%) una volta al mese, per circa 500.000 il consumo è stato più assiduo (fino a 20 volte o più durante l’anno). Se guardiamo i numeri, dice Sabrina Molinaro del Cnr, non ci sono impennate, ma aggiunge Beccaria che «il consumo è sfacciato e visibile anche se la legge vieta la vendita ai minori», regola violata giorno e notte altrimenti non staremmo qui a discuterne. Soprattutto aumenta la quantità di «binge drinkers», ragazzi che bevono solo ogni tanto, ma quella volta bevono più di sei bicchieri.

L’unica raccomandazione possibile per i minori è: ZERO ALCOL. Nel corpo ancora in crescita manca, o funziona a bassissimo regime, l’enzima che serve a metabolizzare l’alcol, questo vuol dire danni per fegato e apparato digerente, mentre il cervello è impegnato in una crescita delicata su cui è saggio non interferire. Per le ragazze, poi, il rischio è maggiorato da una ridotta capacità di smaltimento e dall’interferenza con i recettori degli estrogeni.

L’alcol è di sicuro la sostanza psicoattiva più dannosa, accessibile, economica e allo stesso la più diffusa nella nostra società essendo legale, ma farne il fenomeno numero uno della devianza dei ragazzi, significa creare uno stereotipo che racconta una parte degli adolescenti come fosse il tutto, ne riduce la loro complessità, permette di lavarci la coscienza con una sentenza moralista buttata lì – magari rimpiangendo i tempi andati come se fossero stati sempre migliori. L’abuso dell’alcol tra i ragazzi, invece, ci chiama in causa. Grande è stato lo stupore e l’imbarazzo ogni volta che gli adolescenti hanno evocato il bisogno di avere genitori presenti, autorevoli, capaci di essere un confine e di porre un limite. La serietà di Lavinia, una delle ragazze intervistate, quando dice: «Devi avere qualcuno cui dare conto quando ritorni, ti aiuta a tenerti entro i ranghi, eccome».

Prima di puntare il dito su di loro, è bene accendere una luce sopra di noi. E ascoltare quello che hanno da dirci, valorizzando le loro esperienze. La storia di Jacopo, un ragazzo astemio, ad esempio, è fantastica e la sua capacità di dare valore a ciò che per il gruppo è un disvalore («non farsi») è notevole. In Europa, e in particolare nella superalcolica Finlandia, stanno crescendo quelli che come lui non toccano alcol. Forse è il desiderio di distinguersi dalla massa? Bello! Perché non dare valore e visibilità a questi fenomeni? I ragazzi non sono tutti uguali e però li sintetizziamo tutti in un unico titolo, come se fossero una categoria sola. Presi come siamo dalle percentuali di chi ha comportamenti a rischio, ci dimentichiamo di guardare l’altra faccia della medaglia, tipo quel 44% che nell’ultimo mese non ha bevuto, o chi si tiene entro la misura di una birra al mese ma è una quantità distante dall’abuso che ci fa salire ansia e preoccupazione.

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