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L’Inno di Edgar Allan Poe alla Vergine Maria

Posté par atempodiblog le 8 octobre 2015

L’Inno di Edgar Allan Poe alla Vergine Maria
Nell’anniversario della sua morte pubblichiamo una sua poesia dedicata alla Madre di Dio
Tratto da: Aleteia

los primeros pasos

Inno (1835)

Al mattino, al meriggio, al fosco crepuscolo

tu hai udito il mio inno, Maria!

In affanno e letizia, nel bene e nel male,

tu, Madre di Dio, ancora rimani con me!

Quando più liete per me scorrevan le ore,

e non una nuvola oscurava il mio cielo,

la tua grazia trepida guidava a te l’anima mia perché non si smarrisse;

e ora che il Destino per me più addensa le sue tempeste

e in me confonde presente e passato,

fa’ che almeno risplenda il futuro

e per me irraggi dolce speranza di te!

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Il sorriso di Maria…

Posté par atempodiblog le 8 octobre 2015

Il sorriso di Maria…

sorriso di maria

Non solo rappresentazioni di Maria Santissima assorta in preghiera, piangente ma anche sorridente. Vi presentiamo un capolavoro nella Cattedrale di Toledo. Nel centro del coro di fronte all’altare, la Vergine Bianca, una bellissima statua della Madonna che sorride mentre il bambin Gesù che tiene in braccio le accarezza il mento con un gesto affettuoso.

TOLEDO (SPAGNA): Anno 664.
Sant’Ildefonso, arcivescovo di Toledo (657-667), fu profondamente devoto al culto mariano e stre­nuo difensore della vera fede cristiana. Nel giorno dell’Assun­zione della Vergine Maria, la mattina presto Ildefonso entrò con alcuni sacerdoti nella cattedrale di Toledo e la trovò, con grande sorpresa, illuminata. Sul cancello della cappella stava Maria che lodò il fervore religioso del vescovo e gli consegnò una preziosa veste quale simbolo della sua protezione e della sua considerazione. Per lungo tempo, nella diocesi di Tole­do, venne celebrata un festa particolare per commemorare quest’apparizione.

Tratto da: Radio Maria Fb

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Il mestiere del prete è quello di salvare le anime immortali

Posté par atempodiblog le 8 octobre 2015

Sacerdote

Don Camillo: “Il mestiere del prete è quello di accaparrare le anime da spedire in Paradiso, via Vaticano”.

di Giovannino Guareschi

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Papa Francesco: no ai ministri di rigidità, Dio vuole misericordia

Posté par atempodiblog le 8 octobre 2015

Papa Francesco: no ai ministri di rigidità, Dio vuole misericordia
Guardiamoci dall’avere un cuore duro che non lascia entrare la misericordia di Dio. [...] Il Papa ha esortato a non resistere alla misericordia del Signore, credendo più importanti i propri pensieri o un elenco di comandamenti da osservare.
di Alessandro Gisotti  – Radio Vaticana

papa francesco

Il profeta Giona resiste alla volontà di Dio, ma alla fine impara che deve obbedire al Signore. Francesco ha sviluppato la sua omelia muovendo dalla Prima Lettura, tratta proprio dal Libro di Giona, e ha osservato che la grande città di Ninive si converte proprio grazie alla sua predicazione:

“Davvero fa il miracolo, perché in questo caso lui ha lasciato da parte la sua testardaggine e ha obbedito alla volontà di Dio, e ha fatto quello che il Signore gli aveva comandato”.

Ninive, dunque, si converte e davanti a questa conversione, Giona, che è uomo “non docile allo Spirito di Dio, si arrabbia”: “Giona – ha detto il Papa – provò grande dispiacere e fu sdegnato”. E, addirittura, “rimprovera il Signore”.

Se il cuore è duro, la misericordia di Dio non può entrare
La storia di Giona e Ninive, annota Francesco, si articola dunque in tre capitoli:  il primo “è la resistenza alla missione che il Signore gli affida”; il secondo “è l’obbedienza, e quando si obbedisce si fanno miracoli. L’obbedienza alla volontà di Dio e Ninive si converte”. Nel terzo capitolo, “c’è la resistenza alla misericordia di Dio”:

“Quelle parole, ‘Signore, non era forse questo che dicevo quando ero nel mio Paese? Perché Tu sei un Dio misericordioso e pietoso’, e io ho fatto tutto il lavoro di predicare, io ho fatto il mio mestiere ben fatto, e Tu li perdoni? E’ il cuore con quella durezza che non lascia entrare la misericordia di Dio. E’ più importante la mia predica, sono più importanti i miei pensieri, è più importante tutto quell’elenco di comandamenti che devo osservare, tutto, tutto, tutto che la misericordia di Dio”.

Anche Gesù non era capito per la sua misericordia
“E questo dramma – rammenta Francesco – anche Gesù lo ha vissuto con i Dottori della Legge, che non capivano perché Lui non lasciò lapidare quella donna adultera, come Lui andava a cena con i pubblicani e i peccatori: non capivano. Non capivano la misericordia. ‘Tu sei misericordioso e pietoso’”. Il Salmo che oggi abbiamo pregato, prosegue il Papa, ci suggerisce di “attendere il Signore perché con il Signore è la misericordia, e grande è con Lui la redenzione”.

No ai ministri della rigidità, il Signore ci chiede misericordia
“Dove c’è il Signore – riprende Francesco – c’è la misericordia. E Sant’Ambrogio aggiungeva: ‘E dove c’è la rigidità ci sono i suoi ministri’. La testardaggine che sfida la missione, che sfida la misericordia”:

“Vicini all’inizio dell’Anno della Misericordia, preghiamo il Signore che ci faccia capire come è il suo cuore, cosa significa ‘misericordia’, cosa vuol dire quando Lui dice: ‘Misericordia voglio, e non sacrificio!’. E per questo, nella preghiera Colletta della Messa abbiamo pregato tanto con quella frase tanto bella: ‘Effondi su di noi la Tua misericordia’, perché soltanto si capisce la misericordia di Dio quando è stata versata su di noi, sui nostri peccati, sulle nostre miserie …”.

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E’ bello essere figlio di santi genitori (di Padre Gheddo)

Posté par atempodiblog le 8 octobre 2015

E’ bello essere figlio di santi genitori – Padre Gheddo su “Avvenire”
Tratto da: Padre Piero Gheddo

Santi genitori

Ieri è cominciato il Sinodo sulla Famiglia, invito gli amici lettori a pregare per questa importante celebrazione della Chiesa cattolica.

Desidero solo raccontare la mia esperienza di essere nato da santi genitori (il giudizio spetta naturalmente alla Chiesa), che ha reso serena e anche gioiosa la vita mia e dei miei fratelli. In noi bambini la fede è entrata naturalmente come la lingua italiana, Rosetta e Giovanni erano davvero autentici credenti e imitatori di Gesù Cristo. Uno dei più bei ricordi che ho di loro è quando alla sera dopo cena (pranzo alle 12 e cena alle 19, come molti in Tronzano a quel tempo) si diceva assieme il Rosario seduti attorno al tavolo della cucina e noi bambini eravamo aiutati da mamma e papà a recitare l’Ave Maria, a tenere le mani giunte. E poco dopo ci portavano a letto. Nella camera matrimoniale c’era un bel quadro di Maria col piccolo Gesù in braccio, ci inginocchiavamo tutti davanti a quel quadro e recitavamo assieme le preghiere della sera.

Rosetta e Giovanni si erano sposati per amore, volevano dodici figli (uno più della nonna Anna!) anche se vivevano in una situazione economica precaria. Si fidavano della Provvidenza di Dio! Il loro amore era saldo come una roccia perché fondato su Dio. Erano “sposi per sempre”. Giovanni ha perso Rosetta a 34 anni (lei ne aveva 32) e le è rimasto fedele, anche se a Tronzano, dove era un personaggio stimatissimo anche come presidente dell’Azione cattolica dei giovani, aveva tante occasioni di risposarsi. Ma diceva: “Ho voluto tanto bene a Rosetta, che non potrei più voler bene così ad un’altra donna”.

Il 26 ottobre 1934 mamma Rosetta muore di polmonite e di parto con due gemelli di sette mesi (morti anche loro con lei), papà Giovanni e noi tre bambini ci siamo uniti alla famiglia della nonna Anna e della zia Adelaide, sorella maggiore di papà e direttrice didattica delle scuole di Tronzano.

Papà era un geometra e durante il giorno lavorava molto visitando in bicicletta le cascine e i paesi vicini, ma al mattino si svegliava alle cinque, per portarci alla Messa prima in parrocchia, che era alle sei.

Ricordo che papà era in coro dietro all’altare, io servivo la Messa ed ero incaricato, se lui non veniva quando il sacerdote distribuiva la Comunione, di andare a dirgli di venire e qualche volta papà dormiva!

Caro papà, lavoravi tutto il giorno e alla sera stavi alzato fino alle 22-23 per fare i conti e disegnare i tuoi lavori. Ma al mattino montavi la sveglia per non perdere la Messa, pur di portarci i tuoi bambini! Sono questi gli esempi che rimangono vivi nella nostra memoria di figli e ci educano ancora alla fede e alla vita cristiana.

I nostri genitori li aprivano al prossimo. La mamma, maestra elementare, da ragazza si dedicava gratuitamente ai bambini nell’asilo e nella scuola elementare e alla sera faceva scuola agli analfabeti adulti.

Educava noi bambini a distribuire metà dei doni di Gesù Bambino ai ragazzini che abitavano vicini a noi e non avevano parenti benestanti, come il papà e le sorelle di mamma Rosetta. La nostra casa era aperta ai poveri, a volte invitati a pranzo.

Papà Giovanni era chiamato “il paciere”, perché quando c’era un contrasto tra famiglie chiamavano lui che sapeva parlare di pace e di perdono ed era convincente. Non aveva nessun incarico ufficiale, ma metteva d’accordo famiglie divise facendole pregare assieme e risolvendo i loro problemi nelle eredità di case e terreni. Era chiamato anche “il geometra dei poveri”, perché faceva gratis o per poco le sue prestazioni per i poveri e per l’asilo delle suore.

Mamma Rosetta e papà Giovanni ci hanno trasmesso una grande fiducia in Dio, nel suo amore e Provvidenza. Ricordo bene che papà ripeteva spesso a noi tre ragazzini: “Dovete volervi bene e andare sempre d’accordo”.

Espressioni che ripetevano spesso: “La cosa più importante è fare la volontà di Dio” (mamma Rosetta), “Siamo sempre nelle mani di Dio” (Giovanni). Sul letto di morte, al marito che le diceva: “Se guarisci, faremo in altra maniera perché tutti questi figli ti hanno indebolita”, Rosetta ripeteva diverse volte: “Giovanni, faremo sempre la volontà di Dio”.

Certo papà ha sofferto moltissimo per la morte prematura della mamma (il loro matrimonio è durato solo sei anni, 1928-1934), ma aveva un carattere che educava anche senza parlare. Era sempre sereno, gioioso, aperto agli altri, sapeva giocare con noi ragazzini e alla sera dopocena, finito il Rosario in famiglia, ci chiedeva, uno per uno, come avevamo passato la giornata, la scuola, l‘oratorio, gli amici frequentati. Nelle lettere dall’Urss, non è mai triste o scoraggiato, ma pieno della speranza di poter tornare a casa, in quelle situazioni tragiche, a 20-30 sotto zero e le bombe nemiche. Ma lui scriveva che era un freddo secco e si sopportava bene! Non avrebbe dovuto andare in guerra perché vedovo e padre di tre figli minorenni, ma l’hanno mandato in prima linea in Russia perché non si era mai iscritto al Partito Fascista, non partecipava alle manifestazioni patriottiche e aiutava i perseguitati del regime trovando loro un lavoro.

Chiude la sua vita con un gesto che ricorda quello di San Massimiliano Kolbe ad Auschwitz: rimane tra i feriti intrasportabili mandando a casa il suo sottotenente più giovane. Offre la sua vita per lui, poi diventato sindaco democristiano di Vercelli due volte!

Rosetta e Giovanni dimostrano che si può vivere il Vangelo in una vita come quella di tutti, ma vissuta in modo straordinario. Tutti i credenti in Cristo sono chiamati alla santità, cioè all’imitazione di Cristo nella normale vita quotidiana. “Questa è la volontà di Dio, la vostra santificazione” scriveva San Paolo ai Tessalonicesi (1Ts, 4, 3). Non voglio delineare la biografia di mamma e papà in queste due paginette, ma papà, che è vissuto con noi a Tronzano fino al 1940 quando è andato in guerra, ci ha dato esempi di mortificazione perché diceva: “Bisogna mortificarsi nelle cose lecite per poter resistere in quelle illecite”. Non fumava, non beveva vino (se non qualche volta nei brindisi dei pranzi), non giocava al Lotto o d’azzardo (vizio comune anche a quei tempi!); e ci ricordava le virtù e le mortificazioni (fioretti) di mamma Rosetta.

L’Arcivescovo di Vercelli, mons. Enrico Masseroni, comunicandomi la sua decisione di iniziare la causa di canonizzazione (avvenuta il 18 febbraio 2006 a Tronzano vercellese), mi ha detto (testo registrato): «La Causa di beatificazione dei tuoi genitori mi interessa molto e la metto nelle mani di Dio. Io stesso ho avuto un papà straordinario e considero tuo papà del tutto esemplare, perché rappresenta una schiera di uomini dell’Azione cattolica. Anche mio papà aveva fatto la guerra. E mi fa piacere che le figure di tuo padre e di tua madre vengano additate come modello in un tempo come il nostro in cui manchiamo di modelli, un tempo di «aurea mediocrità». Anch’io sono dell’avviso che la chiamata di tutti alla santità dev’essere documentata con esempi concreti. Ricordiamo e onoriamo i tuoi genitori per ricordarne tanti, tantissimi altri». Ringrazio il Signore di essere il figlio primogenito di Rosetta Franzi e Giovanni Gheddo e raccomando a tutti gli amici lettori di pregare per questa causa di beatificazione, che la Chiesa crede utile come esempio di Vangelo vissuto da una normale coppia di sposi.

Padre Piero Gheddo,

missionario del Pime (Pontificio Istituto Missioni Estere), Milano.

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